martedì 31 luglio 2012

Artefici del proprio destino


 
L’idea che il destino sembra accanirsi contro alcuni sfortunati non può che essere frutto di una reazione al dolore in quanto esso è impersonale, agisce in relazione alle nostre azioni e al clima emotivo che creiamo intorno a noi. 
Il destino è la somma delle decisioni prese nel passato. Esso è assunto come responsabile dello stato attuale. Tale stato, condizionato dalla consapevolezza dei risultati raggiunti, diventa guida per scelte ulteriori nella continuità delle sensazioni in essere. 
Il destino, in seguito a decisioni assunte, si arricchisce di nuovi elementi e prospetta scelte più variegate, accrescendo, così, l’incertezza. 
L’ampio ventaglio delle scelte in incremento riduce la possibilità di cogliere riferimenti dal passato (esperienza) e favorisce decisioni condizionate dallo stato emotivo in cui si vive.   
Riproponendo tale concetto con un esempio figurato, il destino è assimilabile alla forza che spinge nuvole e provoca bufere giustificate da un quadro meteorologico che si forma intorno al pianeta. 
Giochi di alta e bassa pressione, condizionate dalla geografia della terra e dalle leggi dell'astronomia, localizzano aree della terra dove il cielo è sereno e altre zone dove invece il maltempo infierisce. 
In relazione al quadro meteorologico complessivo, non è razionale affermare che il maltempo abbia la volontà di insistere nei luoghi già flagellati da molto tempo, se le condizioni per le quali il maltempo si forma, permangono. 
Le correnti sono riconducibili alle emozioni. Esse in negativo rappresentano le basse pressioni mentre in positivo, le alte. 
I sentimenti negativi, similmente alla bassa pressione che richiama nuvole, buio, pioggia, tuoni e lampi, allo stesso modo essi si conciliano con la tristezza, il rancore, l'odio, la gelosia e ogni sorta di malanimo.
È necessario attendere l’azione di una causa esterna affinché il quadro emotivo cambi e i sentimenti positivi entrino in azione per mutare lo stato emotivo generale. 
Il sopraggiungere dell’alta pressione porta con sé l’ottimismo, l'allegria e una rinnovata fiducia nel futuro.
In fondo ad ogni teoria, riscopriamo quasi sempre l’uomo come artefice della trama con cui tesse la propria esistenza.

 

lunedì 30 luglio 2012

La mia colazione

 
Torno nel passato a riscoprir sapori dimenticati.

Vibra l’anima al profumo del latte spento tra i secchi pezzi di pane.

Cuore di un bambino appeso all’amore di una mamma che del latte ne fa tesoro.

Non ci sono biscotti dorati, barrette di cereali, yogurt ai mirtilli, frutta fresca, cioccolato, e altra bontà del palato.

Soltanto una tazza con un grande cucchiaio!

Umile, accanto alla brocca, attende il bicchiere d’acqua che per nobiltà prende il nome di “naturale”, soltanto per richiamare il rubinetto di casa come fonte sorgiva di tanta freschezza e sincero sapore.

Sono cresciuto con quella tazzona!

Credo che non conteneva solo latte e pane.

Nascosto nel tempo della colazione,
 si celava lo spirito del tempo antico,
 fatto di cose semplici e di sguardi d’amore.

Quello spirito,
che ancor oggi mi solletica il palato
 e bagna di emozioni il mio cuore.

 Sì!
 mi apre a ventaglio l’intera vita.

domenica 29 luglio 2012

Accarezzo il tuo cuore



Accarezzo il tuo cuore
perché essere soli è come rimaner sospesi nel vuoto.

Ti donerei emozioni 
in modo che tu potessi trattener respiro 
e alimentare la speranza per  sconfiggere il vile dolore.

Inventerò qualcosa 
per spingere il tuo equilibrio verso la serenità.

Fisserò sulle ali della generosità le mie parole 
perché possano volare su in cielo 
e appenderle alle stelle.

Vorrei che da lassù
tu possa guardarle nelle notti tristi.

Vorrei che esse brillassero,
rubando fulgida luce
a guardia della tua tenerezza.

Sono sicuro che tutte le stelle del firmamento 
si allineerebbero
per intercedere in favore del tuo sorriso,
sincero
dolce
ampio come tutto l’universo.

Quando il tuo animo si sarà rasserenato,
ritirerò dolcemente la mia mano.
La poserò sul mio cuore,
per rubarti ciò che ti rende
meravigliosamente donna. 

Quanto posso essere felice?



Ci si chiede spesso se la felicità sia possibile per tutti gli esseri viventi. 

Si ha l’impressione che il destino distribuisca gioie e dolori  come se volesse misurarne la quantità.

Indipendentemente dal credo personale, io suppongo che ogni presenza vivente sul globo terrestre sia destinata ad occupare un posto nell’ordine della catena alimentare, della scala sociale, della dimensione dell’anima. 

Mi riferisco ad una sorta di gradualità che assegna precisi valori di sensibilità e felicità ad ogni essere vivente. 

In questa fantasiosa scala di valori, l’essere umano occupa il posto più alto mentre il singolo individuo si colloca in un preciso punto in questo sotto universo espanso. 

In questo senso, ognuno di noi nasce con una potenza d’amore mediante la quale ha il compito di esprimersi nella propria vita. 

Il fatto straordinario consiste nell’idea che la graduazione non è limitativa, né esprimibile attraverso il confronto.

Per offrirti un esempio figurato, immagina un’infinità di scatole, ognuna con un proprio volume. 

Tutte le scatole vorranno riempirsi al massimo delle loro possibilità, ma nessuna crederà di poter contenere di più di quanto potrebbe, solo perché ha la coscienza della presenza di altre scatole più voluminose. 

Nel caso degli esseri umani, essi nascono come puntini in una sfera di possibilità. 

Ogni uomo, condizionato dal luogo punto sfera delle possibilità, esprime il massimo delle sue potenzialità, pur disponendo in termini di misura, risorse illimitate.

Prendendo in considerazione l’esempio precedente, ognuno di noi è una scatola con un volume determinato dal luogo delle possibilità; non ci sono limiti al volume, ma per quel volume egli si esprimerà attraverso i valori dell’umanità. 

La sfera delle possibilità ha una sola direzione ed è quella per cui essa deve continuare ad espandersi in devozione ad una logica che sovrasta le nostre possibilità di razionalizzare.

In termini più semplici, tutti possiamo essere felici e non esiste nessun limite che si possa opporre alla quantità di felicità raggiungibile. La sfera delle possibilità è composta da infiniti punti ed è pronta ad espandersi all’infinito. 

Siamo noi stessi gli unici responsabili della quantità di felicità esprimibile; noi stessi decidiamo del volume della scatola.   

venerdì 27 luglio 2012

Il seme della volontà


L’animo sereno concilia con l’oblio del dolore vissuto e, come un grande incendio boschivo, prepara il terreno per una nuova e rigogliosa vegetazione. 

La vita, con lo scorrere del tempo, è ricca di sorprese; essa riesce a investire nel dubbio qualsiasi certezza per ridipingerla con colori diversi.

Le certezze guidano determinati atti senza esitazione o involvono una perizia rivelatrice di abilità, destrezza. 

Esse nascono dalla convinzione intima di un’idea, un concetto eletto a verità assoluta personale. 

Si tratta di un assioma che si dimentica nella propria coscienza, ma che emerge attraverso i nostri atti senza indugi, perplessità e timori di errore.

Per questo motivo, dichiararsi convinti che l’amore non esista o che non ci siano persone per le quali si possano vivere momenti di tenerezza, rivela la propria sudditanza al dolore e l’elevazione assiomatica dell’isolamento come unica, possibile e certa soluzione dei problemi nell’ambito sociale.  

La degenerazione di questa anomala certezza conduce inevitabilmente alla morte dell’anima, al suo affogamento in atti ripetitivi, insulsi, i quali hanno l’unico scopo che è quello di far trascorrere il tempo e di far coincidere la morte dell’anima con quella fisica mediante il sopraggiungere della vecchiaia. 

Nei casi di caratteri deboli, invece, si assiste a un lento procedere verso la pazzia, cioè, l’abbandono della logica comune, oppure, si entra in un conflitto dichiarato con la società. 

In quest’ultima evenienza, le diverse sortite sono la cattiva educazione, il mancato rispetto per il prossimo e per finire, nei casi estremi, alla pratica della delinquenza.

Nella convinzione, quindi, cresce il seme della volontà, come il cafone all’interno dell'albicocca; essa indurisce la volontà perché si possa portare a termine l’obietto stabilito dalla convinzione.

La ferrea volontà è garanzia di successo totale. 

Non a caso, Dante, nella divina commedia, ha scritto:

 “Amor, ch'a nullo amato amar perdona”. 

La convinzione del sentimento d’amore, piantato come assioma, sgretola qualsiasi muro. 

La persona oggetto di vero amore non può resistere. 

La giustificazione sta proprio nel tipo di valore da cui nasce il moto dell’anima. 

L’amore, essendo uno strumento che implica il bene della persona a cui è rivolto, non può essere assolutamente rigettato in nessun modo, poiché l’obiettivo primario dell’uomo, inteso come sistema corpo-anima, rappresenta proprio la sopravvivenza. 
  

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