lunedì 11 agosto 2025

Posizione e situazione dell'essere


 

Quando mi pongo domande come queste:

Che cosa è l’essere? 

Perché deve esistere qualcosa piuttosto che il niente?

Chi è sono io?   

Perché proprio io qui e ora? 

Che cosa veramente desidero?

In questi casi mi penso come un raro e libero cominciamento. Pongo queste domande chiarendo da subito che io occupo un posto nel mondo, una situazione in cui mi rintraccio come proveniente da un passato.  Prendo coscienza di ciò che sono, di quel massifico inconosciuto che mi avvolge e scopro di essere banalmente in un mondo entro il quale mi oriento.

Proprio quando stavo per raggiungere delle cose, queste, le avevo perdute. Era tutto a portata di mano ed erano così evidenti. Ora, non mi resta che meravigliarmi. E chiedo piuttosto al mondo che cosa veramente sia tutto questo. Ogni cosa mi appare transitoria, passeggera, momentanea. E mi accorgo secondariamente che non ero alla sorgente, come non sono ora alla foce. Ero posizionato tra il principio e la fine come un quadrante senza lancette. E mi chiedo cosa siano l’uno e l’altro.  Muovendomi tra le cose cerco l’essere, e lo concepisco come l’insieme ordinato di esseri di cui io stesso faccio parte. 

Specifico che nel farne parte non vi è sempre una volontà del soggetto di farne parte. Facendone parte senza prenderne parte (mi) ritrovo un essere-cosa, un essere-oggetto, un essere-tra-esseri. Ecco che l’essere oggetto prende la forma di un determinato essere.  Fausto si girerà non perché è stato solo chiamato, perché primariamente ha udito il suo nome. 

Chiunque poteva possedere quel nome.   Vale a dire di ciò che è vivo e di ciò non lo è più, ciò che è reale e ciò che è illusorio: le persone e le cose. 

Ogni cosa è perché io ne faccio parte, e proprio perché io ne faccio parte ogni cosa è. Io invece, pur non essendo estraneo all’essere, sono diverso: diverso dagli esseri, diverso dalle cose, diverso in ciò che sono. Io non sono di fronte alle cose così come sono di fronte a me stesso, di fronte al mio essere. Io sono colui che chiede, interroga, vuole perché non sono mai abbastanza, mai totalizzante.  

Per quanto io possa tradurmi nella cosa davanti a me, resto sempre un essere per me stesso.   Sartre diceva che l’essere in-se non sa di sé dal momento che ne è completamente assorbito da sé. Solo il per-se è l’origine della negazione e sussiste per e attraverso la negazione. Io mi rendo conto di ciò che sono finché sono in grado di dire io non sono. 

Fausto non è una macchina perché è umano.  Fausto, come fondamento di sé è coincidente nell’essere con il sorgere della negazione. Egli si fonda in quanto nega di sé un certo essere o una maniera di essere. Ma se costituisco me stesso a cosa sto dicendo di essere questo piuttosto quest’altro, cioè mi costituisco oggetto e proiezione di me stesso, allora io non sono più come tale ciò che l’io in sé stesso è.  In altre parole, io non mi rendo conto di ciò che sono fino a quanto non mi concepisco oggetto di negazione. 

L’essere come essere me stesso o l’essere come io non sono di essere, è vicino e lontano, certo quanto inaccessibile, e può essere (ri) conosciuto non appena diventa qualcosa stabilmente. 

Lo stabilirsi dell’essere presso me sé stesso, mi rende ancora una volta una cosa-di-essere presso me stesso e quindi non più io vero. Ma la prova di poter far diventare essere un io autentico che essere non è nel suo fondamento non può risolversi. Ognuno di noi è un non-essere nell’essere; e non tutti gli esseri sono il non-essere che sono.   

L’essere si mostra cosi squarciato, con una falla nel suo stesso essere. Questo è il motivo per cui tendiamo quasi capricciosamente a concepire l’essere come il perfetto. L’essere non è perfetto perché è assoluto e non conoscibile. 

Solo il conoscere conferisce il primato alla cosa conosciuta, perché semplicemente solo le cose sono conoscibili; e nel conoscere la cosa conosciuta diventa essere, vita snaturata.


Fabio Squeo 

domenica 10 agosto 2025

L'amore portato dal vento

 

Molfetta in un tramonto d’estate. 

Riflessi di luci d’orate scintillano sulla superficie dell’acqua increspata del porticciolo. 

Quella curva insenatura sembra voler abbracciarti nella sua vecchia storia. 

Una piccola barca, come obelisco, posta in piena vista sul largo che si affaccia sul porto, si mostra sorretta da un’onda minacciosa. 

Ti ammonisce e ti ricorda sfida e amore per il mare.

Giovanna, una giovane scrittrice di storie del cuore, correva in quella brezza serale. Portava con sé una cartella piena di appunti da proteggere. All’improvviso, un colpo di vento le strappò via alcuni fogli, disperdendoli nell’aria.

«No!» gridò, cercando di afferrarli, ma ormai erano volati troppo lontani.

Fu allora che vide Luca. 

Un uomo semplice, indossava una camicia un po’ in disordine, raccoglieva con cura i suoi fogli preziosi.

Quando si avvicinò, Giovanna notò le sue mani signorili, e i suoi occhi blu come il colore della mare.

«Credo che questi siano tuoi» disse lui, porgendole i fogli.

«Sei una scrittrice?»

«Sì, ma senza grandi pretese» rispose Giovanna, sentendo un calore insolito salirle alle guance." 

Un attimo di silenzio e poi: «E tu?»

«Luca. Professore … o almeno, ci provo» scherzò lui, indicando la borsa sotto il suo braccio, tipica da insegnante.

La brezza continuava a spingere le due figure, ma nessuno dei due sembrava accorgersene. Erano entrambi presi dalla magia di quel momento.

Luca le sorrise: «Posso offrirti qualcosa al bar? Così rimettiamo in ordine questi fogli… e forse potresti parlami della tua vena artistica».

Giovanna annuì, come se le fosse stato impossibile rifiutare l’invito.
Mentre camminavano insieme verso un piccolo caffè nascosto tra mura antiche della città, sentì che quella sarebbe stata solo la prima di molte, moltissime passeggiate.

Perché a volte il destino ha il profumo della sorpresa e quella volta fu coplice una fresca brezza marina.

sabato 9 agosto 2025

I libri spezzano le catene del tempo


 

Un libro è fatto di un albero. 

È un insieme di parti piatte e flessibili (chiamate ancora "foglie") impresse con scarabocchi di pigmento scuro.

Basta un'occhiata e senti la voce di un'altra persona, forse qualcuno morto da migliaia di anni. 

Attraverso i millenni, l'autore parla, chiaramente e silenziosamente, dentro la tua testa, direttamente a te. 

La scrittura è forse la più grande delle invenzioni umane, che unisce persone, cittadini di epoche lontane, che non si sono mai conosciuti. 

I libri spezzano le catene del tempo, a dimostrazione che gli esseri umani possono fare magie.

 

 Carl Sagan

Come rendere interessante un racconto

 

Sono sicuro che conosci quella sensazione. Quella profonda soddisfazione mentale che provi dopo aver letto l'ultima pagina di un libro avvincente, o quando arrivi ai titoli di coda di un film che ti ha catturato come solo le grandi storie sanno fare.

Non sei l'unico! Il nostro cervello è programmato per le storie.

Gli animali trasmettono la conoscenza di cui hanno bisogno per sopravvivere attraverso l'istinto. Noi lo facciamo attraverso le storie. È per raccontare storie che abbiamo inventato lingue, alfabeti e canzoni. Le poesie di Omero venivano cantate intorno al fuoco, e favole e fiabe venivano usate per insegnare ai bambini a comportarsi bene.

Il neuroscienziato Daniel Willingham, il cui lavoro consiglio a chiunque si occupi di insegnamento e apprendimento, afferma che "le storie sono 'psicologicamente privilegiate', il che significa che (...) le persone trovano le storie interessanti, facili da capire e facili da ricordare".

A volte, evocare personaggi immaginari o mitologici è interessante anche per studenti di tutte le età che hanno difficoltà a vedere la scienza come interconnessa con altri ambiti del sapere, come le discipline umanistiche e le arti.

Ecco come una storia poterbbe essere resa più interessante:

Nell'antica mitologia greca, la Terra (Gaia) e il Cielo (Urano) avevano decine di figli e figlie. I più anziani e terribili tra loro erano i Titani, la prima generazione di dei e dee. Uno di loro era Theia, la madre di Selene, la Luna. E Theia è anche il nome di un antico pianeta che oggi non conosciamo, ma che in passato era molto vicino alla Terra. Gli scienziati gli diedero questo nome perché portò alla creazione della nostra Luna e, con essa, delle stagioni, degli tsunami e della vita sul nostro pianeta.”

Una storia inizia quando l'equilibrio iniziale viene interrotto.

Quattro miliardi e mezzo di anni fa, la Terra non era affatto come la conosciamo. Era un protopianeta, formatosi di recente da polvere cosmica agglomerata sotto l'attrazione gravitazionale. Non c'era aria da respirare, né oceani o mari. La sua superficie era una vasta distesa di magma. Il futuro della nostra casa non sembrava roseo.

La Terra non era fatta per la vita. La sua instabilità avrebbe portato a violenti cambiamenti climatici, con ere di desertificazione e glaciazione che ne avrebbero scolpito valli e creste. Forti venti e radiazioni provenienti dal Sole ne avrebbero spazzato la superficie, spazzando via la fragile atmosfera fino a cancellarla, proprio come su Marte.

Ma il Sistema Solare era ancora agli albori, e non solo la giovane Terra, ma anche gli altri conglomerati di polvere e roccia che sarebbero diventati i pianeti erano ancora instabili nelle loro orbite. Uno di questi era Theia, un protopianeta più piccolo della Terra.”

Dopo aver preparato il terreno e presentato i personaggi, la storia ha bisogno di un conflitto. Una forza trasformativa, spesso attraverso perdite e ostacoli.

Nella sua furiosa danza cosmica, Theia finì in rotta di collisione con la Terra. La violenza dell'impatto avrebbe potuto distruggere entrambi i pianeti, ma fummo fortunati. L'impatto avvenne esattamente all'angolazione giusta, alla velocità giusta, perché la Terra potesse sopravvivere, grazie alla sua massa molto maggiore.

Theia, tuttavia, non ce la fece. Forse sarebbe diventato un altro pianeta deserto rosso, proprio come Marte. Forse avrebbe orbitato attorno alla Terra senza vita e silenziosa. Ma non lo sapremo mai, perché la violenza dell'impatto lo distrusse. La collisione con Theia è uno dei milioni di eventi favorevoli che hanno portato alla nascita della vita sulla Terra.”

Ed eccola lì, ora l’attenzione è alta! La storia importa a chi legge.

Sotto l'incessante azione della gravità, alcuni dei frammenti più grandi di detriti espulsi nello spazio dall'impatto si sono compattati formando la nostra Luna.

Per un po' dopo la collisione, la Terra ha continuato a ruotare molto velocemente, ma lentamente, lentamente, la sua rotazione si è stabilizzata. La presenza della Luna e la sua influenza gravitazionale hanno contribuito a stabilizzare l'inclinazione assiale terrestre a circa 23 gradi.

Questa inclinazione significa che, mentre la Terra ruota attorno al Sole, è rivolta verso la nostra stella solo con una parte della sua superficie: l'emisfero settentrionale per sei mesi e l'emisfero meridionale per gli altri sei. È da qui che nascono le stagioni: durante l'anno, la Terra ruota sul suo asse inclinato come una ballerina, e il calore del Sole accarezza il suo corpo rotante.

Senza quei 23 gradi, avremmo terre in perenne estate e terre immerse nel buio e nel freddo tutto l'anno. In quelle condizioni, solo poche specie potrebbero sopravvivere, e in condizioni radicalmente diverse.

Ma Theia non ci ha dato solo la Luna e le stagioni. Ci ha anche protetto: l'impatto ha accelerato la formazione del nucleo fuso della Terra, responsabile del campo magnetico terrestre, che a sua volta protegge il pianeta dai venti solari, impedendo alla nostra atmosfera di essere spazzata via. Theia ci ha dato indirettamente l'aria che respiriamo grazie alla nostra atmosfera ricca di ossigeno.”

Quando una storia finisce, l'equilibrio viene ripristinato. Uno nuovo, a volte agrodolce.

Quello scontro violento di quattro miliardi e mezzo di anni fa, ha visto due giganti scontrarsi nel cielo. Fu un impatto violento e dopo, un'esplosione di detriti. Solo la Terra si è salvata. Nessuno altro corpo celeste ha visto il nostro pianeta guarire sotto la paziente forza di gravità, ma tracce di Theia sono ancora con noi: nella Luna che illumina i nostri cieli notturni, nell'aria che respiriamo, nella danza ciclica delle stagioni, nelle radiose aurore boreali generate dal nostro campo magnetico che devia i pericolosi venti solari. Nei giganteschi ammassi di metallo nascosti sotto la crosta del nostro pianeta, forse un residuo dell'antica superficie del pianeta, per sempre annidato sottoterra.”

In conclusione, gli studenti di oggi hanno davvero tutti i mezzi. Internet, intelligenza artificiale, libri di ogni genere, tutor disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 da tutto il mondo.

Non mancano i modi di come ottenere informazioni, ma faticano sempre di più a capire il perché.

Perché dovrebbe interessare un lavoro di apprendimento, se ChatGPT può sostituirsi a loro, può scrivere i loro saggi, può fare i loro calcoli, che senso ha?

Fare appello alla rilevanza della scienza e alla pura bellezza della conoscenza non è sufficiente. Per molti bambini, studiare significa solo memorizzare informazioni nella speranza di rigurgitarle correttamente quando l'insegnante glielo chiede. Dire loro che dovrebbero trovarle interessanti non funziona.

Le storie, a volte, funzionano. Non abbiate paura di raccontare storie che generano altre storie: la scienza si nutre di domande. Come facciamo a sapere che è successo questo? Quali erano le probabilità? Come sarebbe il nostro sistema solare se Theia non fosse mai esistita?

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