giovedì 13 marzo 2025

La bellezza dell'anima

David Hume

 Un famoso pensatore di nome Hume scrisse: “La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva”.

Con il permesso di Hume, avrei espanso la sua massima, così: “La bellezza del mondo esiste nell’anima di chi lo vive”.

Capirsi e comprendersi sono attività che ti fanno viaggiare dentro l’anima e ti lasciano un alone di piacere a cui non si riesce a dare una motivazione utilitaristica.

Quando viaggi nel mondo dell’anima i tempi di reazione si allungano quasi come non voler abbandonare il gusto di una cioccolata che lentamente si scioglie in bocca.

Sembri attonito e confuso perché non sei abituato a quelle sensazioni.

La maggior parte della nostra vita la consumiamo fuori dalla nostra anima. Occasionalmente, qualche film, presentazione teatrale, qualche libro, ci lascia rientrare per pochi minuti o, se fortunati, per poche ore.

Il “voler bene” è l’invito ufficiale a entrare nel mondo dell’anima.

Questo mondo non è inoperoso, è intenso nei sentimenti e nelle attività materiali. Non si manifesta in modo roboante, ma in maniera discreta e silenziosa.

In questo mondo non esiste la formula del commercialista: “Dare/Avere”.

I concetti di interesse, rendimento, profitto sono stati inventati per conquistare il benessere materiale e assicurarsi una lunga esistenza sul globo terrestre anche a discapito di altri.

Quando il tempo che passa ci chiede il conto allora scopriamo di aver sempre avuto l’anima.

Ci rammarichiamo perché a suo tempo è stata sempre nascosta o perché non l’abbiamo usata per far vibrare il cuore, per gonfiare i nostri polmoni del piacere di esistere.

In quegli istanti, inevitabilmente la mente ci riporta a colui che ci ha dato per quasi cento anni un tesoro in custodia del quale abbiamo fatto poco uso.

Confideremo, allora, sulla sua bontà perché un giorno si possa scoprire che la materia vivente ha un’anima e l’uomo nella natura ha avuto il privilegio di rendersene conto.

mercoledì 12 marzo 2025

La lente della percezione


 

La realtà è un costrutto mentale. Vedi ciò che ti aspetti di vedere. Tutto ciò che fai è influenzato da come tu vedi il mondo.

Se vedi ostacoli, agisci con cautela.

Se vedi opportunità, ti prendi dei rischi.

Se credi di essere sfortunato, noterai ogni cosa negativa che accade e darai meno peso agli aspetti positivi.

Puoi vedere il fallimento come la fine o come una lezione.

Puoi vedere il cambiamento come una perdita o come una crescita.

È la scelta di percezione che guida il nostro comportamento.

Ciò che vedi, credi. Ciò in cui credi, agisci. Inoltre, ciò su cui ti concentri si espande.

Se ti fissi sui problemi, questi crescono.

Se passi alle possibilità, queste si espandono.

È la percezione al lavoro.

Quanto spesso ti perdi qualcosa perché sei bloccato in un punto di vista?

Restiamo intrappolati in routine e supposizioni. Ma un piccolo cambiamento può rivoluzionare tutto.

Prendi le relazioni, ad esempio. Potresti vedere qualcuno con un carattere difficile. Ma se cambi il tuo focus, potresti vedere le sue lotte. La sua umanità. Quel piccolo cambiamento di prospettiva altera l'intera interazione.

Se vuoi cambiare, cambia il modo in cui vedi le cose.

Non forzare la realtà a cambiare. Cambia il modo in cui ti relazioni con essa.

La mente filtra la realtà, mostrandoti ciò che pensa sia più importante. Questo ciclo costruisce la tua realtà. Ognuno ne ha una. È il modo in cui interpreti le tue esperienze. Due persone possono affrontare lo stesso evento ma reagire in modo completamente diverso proprio perché lo vedono in modo diverso. Ma tu controlli il filtro. Puoi cambiare i tuoi risultati, interrompendo il tuo ciclo di realtà. Cambia la tua visione e cambi la tua vita. Non è solo un discorso di auto-aiuto. È psicologia.

Gli psicoterapeuti cognitivi lo insegnano.

Cambiando i pensieri, cambi emozioni e comportamenti. 

Devi uscire dalla "facilità cognitiva" per fare le cose in modo diverso. Non puoi fare la stessa cosa più e più volte e aspettarti nuovi risultati.

Se vuoi fare le cose in modo diverso, devi vedere le cose in modo diverso, da una prospettiva diversa.

Ma per interrompere il ciclo, devi vedere il ciclo: come agisci o come vivi.

Cambiando la tua percezione, non vedi solo nuove possibilità, le crei. Inizi ad agire in modi che si allineano con questa nuova visione.

La conoscenza del tuo ciclo di vita mette le cose in prospettiva. È la chiave per fare le cose in modo diverso. Cambiare la tua prospettiva non cambia solo le tue azioni, cambia la tua vita. Vedi i problemi in modo diverso. I cambiamenti più grandi derivano dal vedere ciò che è sempre stato lì.

Trascuri le cose perché il tuo cervello filtra ciò che non si adatta alla tua attuale visione del mondo. Si chiama attenzione selettiva.

Ti concentri su ciò che ritieni importante e ignori il resto. Se riesci a cambiare ciò che vedi, vedrai il cambiamento che desideri. A volte, hai bisogno di uscire da te stesso per vedere chiaramente. C'è un nome per questo: auto-distanziamento. Invece di vedere un problema dalla tua prospettiva, immagina di dare consigli a un amico.

La distanza ti aiuta a pensare in modo più obiettivo.

Ottieni chiarezza facendo un passo indietro e vedendo il quadro generale. Devi anche migliorare la tua capacità di avere più prospettive contemporaneamente. C'è un termine per questo: pensiero dialettico. È la capacità di vedere entrambi i lati di una situazione e trovare una via di mezzo.

Lo scrittore e saggista F. Scott Fitzgerald ha detto: "La prova di un'intelligenza di prim'ordine è la capacità di tenere a mente due idee opposte contemporaneamente e di mantenere comunque la capacità di funzionare".

Vedere il cambiamento o, meglio ancora, cambiare ciò che vedi diventa continuo una volta che ti apri ad esso.

Continui a evolverti, continui a fare domande, continui a cambiare. E questa è una buona cosa. Eraclito disse: "Non puoi entrare due volte nello stesso fiume". Tutto scorre, tutto cambia. La tua prospettiva deve adattarsi. Ogni nuova esperienza rimodella il modo in cui vedi il mondo. Questa costante evoluzione è la chiave per la crescita.

Per fare le cose in modo diverso, regola la tua lente.

Cambia il tuo focus, sfida le tue convinzioni e assumi nuove prospettive. Il mondo cambia mentre cambia la tua mente. Ricorda, la percezione crea la realtà. Vedendo le cose in modo diverso, apri la porta a nuove azioni, possibilità e una nuova vita.

Il potere di cambiare inizia da come scegli di vedere. 

Il tuo mondo cambia non perché lo chiedi, ma perché decidi di vederlo in modo diverso. 

È così che inizia il vero cambiamento.

martedì 11 marzo 2025

L'ottimismo del professore


Incontrai una persona che sembrava provenire da un altro pianeta.

Mi chiese quale fosse la mia attività.

Io, senza esitazione, risposi: “Sono un professore!”

Inspiegabilmente domandò ancora: “Che cosa fa un professore?”

Pensando che volesse una risposta più profonda, stimolai tutta la mia cultura per assecondarlo.

Così, dissi: “Il professore è una guida nella formazione culturale dell’alunno. Egli, come un ponte, si stende sulle sponde del fiume dell’ignoranza e consente al discepolo di attraversarlo, sapendo che dopo il passaggio, dovrà ritirarsi per consentire al discepolo di costruire i suoi ponti in piena autonomia”.

Lo sconosciuto non sembrava convinto delle mie parole, anzi, dava segni di perplessità, per cui aggiunsi: “Non pensi che sia così?”.

Mi rispose immediatamente confermando che le mie parole davano bene l’idea del professore, ma creavano un certo stridore con la realtà dei fatti, o meglio, con ciò che gli alunni mostravano.

Il mio interlocutore asseriva che spesso passava davanti a gruppi di ragazzi che, attendendo l’inizio delle lezioni, si scambiavano idee ad alta voce. Il clima che traspariva non era di piacevole attesa per un’attività imminente mirata all’accrescimento culturale con compiacimento per il bello e l’utile del sapere. Si notava scarsa voglia di entrare in luogo non amico, di restare seduti per circa sei ore in una stanza scarnamente addobbata, vedere e ascoltare i professori che si alternano tra loro, presentando argomenti slegati tra loro e spesso poco interessanti.

Raccontava che uno dei ragazzi diceva: “Io a casa sto bene!” – “Ho Internet, posso chattare con chiunque, ascoltare musica, informarmi navigando a piacere su web ammalianti e pieni di attenzione ai miei click… e il tempo mi passa senza accorgermene!”

Un altro dei ragazzi interviene obiettando: “Sì è vero quello che dici, però la scuola serve; un giorno dovremmo trovar lavoro e costruirci un futuro sicuro per noi e per la famiglia che formeremo e … ”.

Non aveva terminato di esporre il suo pensiero che subito fu interrotto da un altro amico:

“Ma dove hai sentito queste parole?” – “Da Mamma e Papà che già lavorano o dalla televisione che diffonde prototipi di idee?” – “Io sento sempre lamentele, non si trova lavoro, i lavoratori sono in agitazione, altri devono gestirsi la cassa integrazione, altri ancora sono in esubero.” – “Di buono sento solo le vincite milionarie alle lotterie e le assicurazioni dei governi che in l’Italia, tutto sommato, si vive bene!”

La discussione si interruppe improvvisamente al suono della campanella che richiamava mestamente gli studenti a entrare nelle classi e bere un altro bicchiere di ricino.

Non ebbi parole pronte e convincenti per replicare al mio interlocutore.

Egli però, capì che i professori sono inguaribili ottimisti e finché saranno innamorati del loro lavoro si prodigheranno per dare il massimo. 

A loro basta “grazie professore!” per rinnovare la carica interiore e sminuire i problemi della scuola italiana.

lunedì 10 marzo 2025

Il soggetto e la sua esistenza (una crisi liberatoria)

 

L'uomo di oggi si trova dinanzi ad un paradosso: senza Dio e senza miti. 

Liberatosi da ogni pregiudizio, egli interpella le forze della razionalità per signoreggiare sulla realtà. Ma il malessere che ostinatamente cerca di comprendere e combattere, gli ricade addosso, imponente e ingigantito.  Vivere è come essere circondati da migliaia di api che ti inseguono: devi tenerti lontano/a. Vivere è, altresì, come tenere lontana la morte, averne la meglio. 

Questo è un tema vicinissimo agli esistenzialisti del ‘900, laddove vi è all’origine dell’essere, non l’Essere parmenideo, ma l’esistenza transeunte dell’uomo in quanto uomo-limite: un uomo che vede la propria vita sorgere nel mondo come qualunque altra vita che si definisce dopo e muore senza poter replicare dopo.   

Secondo la concezione esistenzialistica, l’uomo non è definibile, in quanto all’inizio non è niente e, dirà Sartre: [l’uomo] … sarà solo in seguito, è sarà quale si sarà fatto.  

Si parte da un primo condizionamento: la nascita. Nasciamo e ci muoviamo lentamente nella direzione di un intento emancipativo di ogni condizionamento, attraverso una progettualità sempre diversa e rielaborata, sempre trascinata su continui ostacoli che devono essere superati; tutto, poi, si interrompe, finisce con uno scacco al re: la morte. 

Cessazione di ogni progettualità: un viaggio tragico ed eroico insieme, dirà Sartre. 

Sartre, oltretutto, presenta la vita come “un viaggio senza biglietto”, in cui essa [la vita] è un percorso fatto di interminabili percorsi e di interminabili approdi pur non avendone uno solo. Sartre immagina di trovarsi su di un treno, di essere in viaggio. Ma non ha il biglietto. Non può averlo perché il viaggio che sta portando a termine è il viaggio della vita. 

La vita dell’uomo trova il suo significato nel vissuto, nel già visto, nel già visitato e rivisitato. Se non vi piace la parola “vissuto”, potreste sostituirla con “storia”. Il significato appartiene alla storia, non alla vita in quanto espressione “esistenziale”. Ma Sartre, prende, per così dire, la vita di peso: il vissuto resta un “processo opaco”, perché lo puoi raccontare, ma non riviverlo. 

Raccontare è dissotterrare la vita, darle una seconda chance.   Una vita dissotterrata, per quanto riacquisita è vita passata, conclusa; non è più una presenza a sé, è presenza in sé, lontana da sé, altra da me. 

In quello scatto, in quella fotografia scattata ad Amsterdam nel 1991, ci sono io, pur non essendoci più. Potremmo dire: io c’ero ed ero il poter essere che ero e che non sono più. 

 di Fabio Squeo

 

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