martedì 3 dicembre 2024

Io sono io e la mia circostanza


 

Viviamo in un mondo in cui accadono così tanti disastri e cose brutte che percepiamo sempre come “brutto” un evento che si concretizza negativamente rispetto alle nostre aspettative, invece di vederlo come una espressione di un fatto naturale. L’esempio di questo problema, preso dalla prospettiva esistenziale, è dato dall’essere pessimisti nella visione della vita e ritenere ciò che accade “cattivo" (si dimentica che il giudizio o l'opinione sulle cose non equivale a esporle). Alla fine, quel tipo di visione si trasforma fatalistica, per cui gli individui credono che la vita sarà brutta soltanto perché sta succedendo.

Come è possibile separare ciò che è “reale” (così com’è) e da ciò che è “giudizio”? La distinzione oggi è diventata arbitraria poiché le persone spesso pensano (o vedono) che il mondo sia come lo percepiscono. Questo crea un boomerang per cui se ci aspettiamo è qualcosa di brutto, alla fine succederà qualcosa di brutto.

Anche nell’attesa si salta dal possibile e si affonda nel reale. È per la sua realtà che si aspetta ciò che si aspetta. Per la natura stessa dell’attesa, la possibilità viene attirata nel reale, nasce da esso e ad esso ritorna”. Martin Heidegger, Essere e tempo.

In altre parole, tutto ciò che pensiamo, che sia sperato; previsto; pensiero; ecc., torna sempre da noi e quindi il mondo è inseparabile dalla nostra vita. Il reale non significa che sia indifferente o distinto dalla nostra stessa esperienza. Il mondo non si distacca mai dalla nostra esperienza di esso, ma piuttosto si fonde e si adatta in base alla percezione che abbiamo del mondo reale stesso. Gli oggetti naturali, ad esempio, devono essere sperimentati prima che possa verificarsi qualsiasi teoria su di essi. Pertanto, tutto ciò che ci viene in mente (sia attraverso l'intuizione che tramite i sensori) deriva dal modo in cui sperimentiamo l'oggetto e non semplicemente accettandolo ciecamente come presupposto.

L'esempio più concreto di questa analisi discende dalla diversa e variabile forma di donazione della realtà alla coscienza. Questa ricaduta motiva le differenze e determina unicità nella qualità della comprensione tra una persona e l'altra. La stessa realtà può dar luogo a comprensioni diverse a seconda del modo in cui la stessa realtà appare (data) a coscienze diverse. Ad esempio la prospettiva di una montagna assunta da parte di geologo sarà diversa da quella di un poeta, un alpinista, un agricoltore, poiché ad ognuno di loro viene data la stessa realtà pur avendo una coscienza diversa.

Se c'è qualcuno che si preoccupa per sé stesso e afferma di essere pessimista, potrebbe dirsi di avere una visione pessimistica del mondo. Sembra così che la parola “personalità” dia delle sfumature alla realtà fornendo caratteristiche “personali” e quindi, uniche.

Vale a dire, ciò che fa pensare a un uomo "quello che è" può dare problemi nella misura in cui l'uomo è intrappolato entro i propri confini di pensieri che ha creato per sé stesso.

Il “reale” o la “realtà oggettiva” non è indifferente al soggetto e che noi lo percepiamo sempre o lo indirizziamo intenzionalmente verso l’oggetto stesso. Che cosa significa? Significa qualsiasi esperienza vissuta è contaminata dalla visione del mondo a cui cediamo. Quando percepiamo il mondo come a portata di mano, diamo sempre un certo contesto o storia ai fenomeni che otteniamo, rendendo così la nostra vita connessa al mondo circostante e non esserne mai separati.

In un certo senso, il concetto di un mondo “visto” soggettivamente, dipendente dagli umori e dalle circostanze intorno all’uomo, è trattato anche da Josè Ortega y Gasset. Famosa è la sua affermazione “io sono io e la mia circostanza e se non salvo questa non salvo neppure me”. Con tale asserzione il filosofo intende sottolineare l'unicità della vita di ogni essere umano, non trasferibile (nessuno può vivere al posto mio) e determinata da circostanze spaziali e temporali. Nel senso che nasco in un determinato tempo e luogo e, in conseguenza di ciò, la mia vita assume determinate caratteristiche. La tipicità e la molteplicità delle circostanze rende unica la vita. Le circostanze determinano il singolo individuo. Senza tali circostanze non si può riferire a nessuna vita.

lunedì 2 dicembre 2024

Amore o schiavitù?

 

Marta era una donna molto attiva, sempre presa da mille impegni dentro casa. La cosa straordinaria era che sebbene soffrisse di questo stato di cose, continuava a rispondere alle esigenze di famiglia con grande responsabilità. Più volte aveva espresso tale insoddisfazione al marito che, giustificato dal lavoro prolungato in tutta la giornata, non sapeva far di meglio che consolarla.  

Un giorno Marta ebbe una conversazione interessante con un anziano uomo all’interno del supermercato. La necessità di essere a casa per preparare il pranzo e attendere il rientro dei figli da scuola, la condizionava nei movimenti che apparivano bruschi.

“Non si affanni, signora … la vita è breve, faccia tutto con calma.” Le disse un signore.

Marta si girò verso l’uomo e rispose: “Noi donne abbiamo molto da fare e spesso siamo sovraccariche di stress a causa delle faccende domestiche, della cura dei figli, dell'essere moglie e del destreggiarsi tra tante responsabilità, per cui non possiamo perdere tempo.”

“Evidentemente, non avrete neanche abbastanza tempo per divertivi?” L’uomo domandò.

“Beh, non solo questo. A volte le troppe faccende impediscano alle donne di socializzare o perseguire i propri sogni. E di tutto questo l’uomo non sa o fa finta di non sapere!”

“Comunque posso assicurarle che per molti uomini vedere la moglie occupata nelle faccende di casa è uno stimolo costante per amarla di più!”

Marta rimase sorpresa e chiese: “Mi vuole spiegare perché un uomo potrebbe amare di più una donna stressata?”

"Deve sapere che agli uomini piace vedere le loro mogli fare i lavori domestici perché ricorda le loro madri." Rispose con un mezzo sorriso.

“Ma lo sa che è strano ciò che mi dice?” Marta si stava quasi innervosendo.

“Non voglio prenderla in giro. Le sto dicendo che per molti uomini, vedere le loro mogli occuparsi dei lavori domestici, le fa amare di più perché evoca gli stessi sentimenti di amore che provavano per le loro madri quando svolgevano quegli stessi compiti!”

“Guardi, buon uomo, vedere la moglie oberata di lavoro non è amarla, bensì schiavizzarla!” Replicò a tono duro.

“Il problema è che questi uomini sono cresciuti, guardando le loro madri gestire tutto in casa, e che quei ricordi creano affetto. Quindi, quando vedono le loro mogli fare lo stesso, rivivono quelle emozioni.”

Marta rimase in silenzio per un momento per elaborare quelle parole.

Infine, la sua risposta fu: “Questa mentalità potrebbe essere la ragione per cui molti uomini non intervengono per aiutare le loro mogli nei lavori domestici? Mi sembra assurdo! Anzi, è anche irritante pensando che alla fine della giornata noi donne arriviamo fisicamente ed emotivamente esausti. 

In molti casi, lavoriamo silenziosamente, ci amareggiano, ci perdiamo sotto il peso delle responsabilità di famiglia e tutto questo se non viene compreso dall’uomo, è soltanto perché gli fa comodo. 

L’amore che una donna servizievole induce nell’uomo è soltanto una stupida credenza che la tradizione patriarcale si è inventata per giustificare l’ego maschile.”

Il "Libro rosso" di Jung


 

Nel suo singolare “Libro rosso, Liber Novus”, Carl Gustav Jung si è immerso nella spiritualità e nell’anima, e ciò ha costituito la base di tutte le sue opere e quindi della moderna psicologia positiva. Le opere che scaturiscono dal suo contenuto mostrano la sua vera maestria spirituale, e infatti contiene il nucleo di tutti i suoi scritti successivi. Fu qui che sviluppò le sue principali teorie sugli archetipi, sull'inconscio collettivo e sul processo di individuazione, che avrebbero trasformato la psicoterapia da cura dei malati di mente in un mezzo per lo sviluppo superiore della personalità, che le conferisce la sua mole e fascino universale. È lo psichiatra più olistico che abbia mai incontrato. In quanto indagine su cosa significhi essere umani, il suo “Libro rosso” trascende la storia della psicoanalisi e ci dà molto, molto di più.

Di seguito riporto alcuni estratti.

Scrive Jung “Gli anni di cui vi ho parlato, in cui inseguivo le immagini interiori, sono stati il ​​periodo più importante della mia vita. Tutto il resto deve derivare da questo. Tutto cominciò in quel periodo, e i dettagli successivi non contano più. Tutta la mia vita è consistita nell'elaborare ciò che era sgorgato dall'inconscio e mi inondava come un torrente enigmatico e minacciava di spezzarmi. Quella era la materia e il materiale per più di una sola vita. Tutto ciò che più tardi fu soltanto classificazione esteriore, elaborazione scientifica e integrazione nella vita. Ma allora fu l’inizio luminoso, che conteneva tutto”.

A proposito della “follia” scriveva: “Accetta la tua follia. Lascia che la luce della tua follia risplenda e all'improvviso ti albeggerà. La follia non è da disprezzare e da non temere, anzi dovresti darle vita... Se vuoi trovare delle strade, non dovresti nemmeno disprezzare la follia, poiché costituisce una parte così grande della tua natura... Sii felice che tu puoi riconoscerlo, perché così eviterai di diventarne la vittima. La follia è una forma speciale dello spirito e si attacca a tutti gli insegnamenti e le filosofie, ma ancor più alla vita di tutti i giorni, poiché la vita stessa è piena di follia e in fondo del tutto illogica. L'uomo tende alla ragione solo per potersi stabilire delle regole. La vita stessa non ha regole. Questo è il suo mistero e la sua legge sconosciuta. Ciò che chiami conoscenza è un tentativo di imporre qualcosa di comprensibile alla (follia della) vita”.

Jung mette in guardia dall’impazienza dicendo: “Nessuno può risparmiarsi l’attesa e la maggior parte non sarà in grado di sopportare questo tormento, ma si getterà con avidità sugli uomini, sulle cose e sui pensieri, di cui da quel momento in poi diventerà schiavo. Da allora sarà stato chiaramente dimostrato che quest'uomo è incapace di resistere al di là delle cose, degli uomini e dei pensieri, ed essi diventeranno così il suo padrone ed egli diventerà il loro pazzo, poiché non potrà stare senza di loro, finché anche la sua anima non diverrà un campo fruttuoso.”

Sono le nostre profondità interiori a guidarci.

Egli conduce alle profondità, alla terra dove posso vedere le altezze. Senza le profondità, non ho le altezze. Può darsi che io sia in alto, ma proprio per questo non ne prendo coscienza. Ho quindi bisogno del fondo per il mio rinnovamento. Se sono sempre in alto, li consumo e il meglio mi diventa atroce... Nel tuo punto più basso non sei più distinto dai tuoi simili. Non te ne vergogni e non te ne penti, perché nella misura in cui vivi la vita dei tuoi simili e scendi alla loro bassezza, sali anche nel sacro fiume della vita comune, dove non sei più un individuo su un alto monte, ma un pesce tra i pesci... Se vivi la vita comune al livello più basso, allora diventi consapevole di te stesso. Se sei alle tue altezze, allora sei il tuo meglio, e diventi consapevole solo del tuo meglio, ma non di quello che sei nella vita generale come Essere... Non amiamo la condizione in cui siamo abbassati, anche se o piuttosto proprio perché solo lì raggiungiamo una chiara conoscenza di noi stessi”.

domenica 1 dicembre 2024

Osservare e sorprendersi


 

Ci sono momenti in cui mi ritrovo inaspettatamente commosso. Nella maggior parte dei casi, questi momenti nascono dalle circostanze ordinarie, quelle che ai più non dicono niente.

Un giorno, mentre ero in fila alla cassa del supermercato, osservavo ciò che succedeva tra un padre e il figlio (forse) di tre anni. Il bimbo stava tirando via dal fermaglio del bancone una busta di patatine. La forza dello strappo aumentava mentre fallivano i tentativi di ottenere la bustina. Il padre, cercando di aiutarlo, spiegava al figlio che occorreva sfilare la busta anziché tirarla.    

Quindi ho pensato che il bimbo tirava la busta per portare a sé le patatine, mettendo in secondo piano come liberare la busta. Tutto questo è banale se ci fermiamo all’apparenza del gesto del bambino, ma quando tocchi “l’essenza” dell’atto, scopri un peso sorprendentemente filosofico.

Ed esempio, quando Newton guardò la mela cadere (il momento che presumibilmente portò alla sua scoperta della “gravità universale”), la sua attenzione non si fissò sulla mela stessa. Probabilmente, stava scrutando il tessuto cosmico dietro di esso, lo splendido arazzo del cielo. Siamo inclini ad essere affascinati da ciò che possiamo vedere, ma è l’invisibile che modella veramente la nostra esistenza. Forse è quello che dovremmo chiamare il “tessuto cosmico” di Newton.

Ma Newton non era soltanto un genio. I documenti mostrano che anche la sua ricerca fu una lotta solitaria. Tendiamo a pensare che i geni siano sempre soli, non è vero? Essere soli, immergersi in pensieri che non possono essere condivisi con gli altri: sicuramente è qualcosa che tutti sperimentiamo.

Ma forse è stato proprio grazie a questa solitudine che è riuscito a scoprire le leggi dell'universo. Riflettendo sul suo atteggiamento, provo un misto di fascino e una punta di romanticismo.

Sarebbe meraviglioso affrontare la solitudine e come Newton, arrivare a scoprire sempre qualcosa di nuovo. Nel mio caso, potrei scoprire il gusto e la pace di bere un buon caffè mentre il sole ti accarezza il viso in una bella giornata.

Essere commossi dall'essenza di Newton non riguarda solo i suoi successi. È perché anche noi stiamo in qualche modo inseguendo quella “verità cosmica” che lui cercava. Tutti sono attratti da leggi invisibili o da qualche esistenza più grande. Viviamo in un mondo spiegato dalla scienza e dalle teorie, eppure siamo ancora attratti dall’inspiegabile.

La “gravità universale” di Newton sembra simboleggiare non solo una forza fisica, ma “qualcosa” che attrae i nostri cuori. Potrebbe essere un'emozione indescrivibile o i misteri della vita. Alla fine, la sua essenza non sta solo nello scoprire “leggi” nascoste nel mondo, ma nel modo stesso in cui ha vissuto, nell’essere attratto e nel perseguire quel “fascino” invisibile.

Newton deve aver iniziato da ragazzo. Guardando le stelle, ascoltando il vento, alle prese da solo con domande a cui nessuno poteva rispondere: un ragazzo che alla fine ha fatto grandi scoperte. Possiamo identificarci con questo atteggiamento. 

Anche noi viviamo alla ricerca di leggi invisibili, attratti da qualcosa di invisibile. E quando ce ne rendiamo conto, il mondo ci sembra improvvisamente un po’ più bello, un po’ più profondo. Ci sentiamo come se potessimo entrare in empatia con quella bellezza che Newton cercava.

Purtroppo dobbiamo fare i conti con la realtà. Mentre mi sposto vicino a Newton, mi ritrovo ancora a preoccuparmi per le notifiche del mio iPhone. Siamo attratti dalla gravità della “realtà”, più pesante di qualsiasi forza fisica, che insegue la nostra vita quotidiana.

Eppure, se ci fermiamo un attimo e prendiamo in prestito lo sguardo di Newton per osservare il mondo, lo scenario che solitamente trascuriamo appare diverso. Proprio come una mela che cade può rivelare i segreti dell'universo.

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