lunedì 17 giugno 2024

Resilienza all'insuccesso

 

Ricordo il giorno in cui mi sono sentito perso. Era un pomeriggio come tanti altri, uno di quei giorni che non si possono prevedere, ed ero seduto nella mia stanza, mentre nella mente si ripetevano quelle minacce irricevibili. La mia professione a cui avevo dato anima e corpo era lì, inutile a risolvere quella deprecabile situazione.

Non avevo soldi, ma avevo un conto in banca che reclamava un rientro immediato di dieci milioni di lire. In breve, non sapevo che fare. Mentre ero seduto lì, solitario, una vocina dentro di me cominciò a sussurrare un qualcosa che mi distoglieva da quell’enorme tristezza. Mi suggerì dei nomi che non c’entravano nulla in quella situazione. Quei nomi appartenevano a persone che stimavo per via di una generosità difficile da ritrovare nelle persone comuni.

E mentre riflettevo, iniziai a realizzare che ritrovarsi in brutta situazione non doveva significare la fine di un percorso iniziato con tanata fatica. Era semplicemente un capitolo che si chiudeva per aprirne uno nuovo completamente diverso dal precedente.

Quando scegliamo di seguire le nostre passioni e dare vita alle nostre idee, ci stiamo iscrivendo a un viaggio pieno di rischi e incertezze. Stiamo uscendo dalle nostre zone di comfort e ci stiamo dirigendo verso l'ignoto, armati solo della nostra convinzione e della nostra determinazione a riuscire.

E mentre la possibilità di cadere nuovamente è una prospettiva terrificante, è anche una parte essenziale del processo creativo. È, francamente, il prezzo che paghiamo per l'opportunità di fare la differenza, di lasciare il nostro segno nel mondo e di vivere una vita che sia veramente nostra.

Quando mi rialzai dalla sedia quel giorno, mi feci una promessa. Non avrei lasciato che quella battuta d'arresto mi definisse. Non avrei lasciato che la paura di un nuovo fallimento mi impedisse di perseguire i miei sogni. Avrei accettato il rischio, avrei accettato il viaggio e sarei stato pronto a perdere tutto di nuovo se fosse stato necessario per dare vita alla mia visione.

Questo è il messaggio che voglio condividere con voi oggi. Come creatori del proprio destino, dobbiamo essere disposti ad affrontare la possibilità di perdere tutto di colpo. Dobbiamo essere pronti a mettere tutto in gioco, a scommettere su noi stessi e sulle nostre idee, anche di fronte a probabilità schiaccianti.

Siamo spinti da un desiderio insaziabile di dare vita alle nostre idee, di fare la differenza nel mondo e di tracciare i nostri percorsi verso il successo.

Mettiamo cuore, anima e risorse nelle nostre idee, alimentati da una convinzione tremante, spesso fottutamente terrorizzata ma sempre determinata nelle nostre capacità e nel potenziale delle nostre idee.

In tutta questa esaltazione e speranza, c'è una realtà che ci fa riflettere e che affrontiamo a testa alta ogni singolo giorno: la possibilità di perdere tutto e di dover ricominciare.

È un pensiero che ci tiene svegli la notte, che ci rode i bordi della coscienza. Cerchiamo di metterlo da parte, di concentrarci sugli aspetti positivi, sul potenziale di grandezza. Ma la verità è che non possiamo ignorare i rischi intrinseci che accompagnano il percorso della vita. Ogni decisione che prendiamo, ogni strategia che implementiamo e ogni investimento porta con sé il potenziale di fallimento.

Accettare questa realtà non è un segno di pessimismo o debolezza. È un segno di resilienza. È un indicatore della nostra determinazione e della nostra volontà di affrontare le sfide che derivano dal perseguimento dei nostri sogni.

Quando accettiamo la possibilità di perdere tutto, ci liberiamo dalla paralizzante paura del fallimento. Riconosciamo che battute d'arresto e ostacoli non sono la fine della strada. Anche le nostre più grandi cadute in disgrazia sono opportunità per migliorare in ciò che facciamo, per crescere, imparare e far evolvere la nostra arte.

Troppo spesso, ci leghiamo emotivamente alle nostre idee e al nostro lavoro. Mettiamo cuore e anima nelle nostre creazioni e diventano un'estensione di noi stessi. Ma quando leghiamo la nostra autostima ai risultati, ci prepariamo alla delusione e al crepacuore.

Invece, i veri creatori che durano, imparano a coltivare un senso di distacco. Mantengono la loro passione e il loro impegno, ma capiscono che il loro valore come individui non dipende dal successo o dal fallimento del loro lavoro. Il loro valore è intrinseco, innato. Il lavoro è solo un'estensione.

 

domenica 16 giugno 2024

Ho preso 10 a scuola!

 



Durante la mia carriera di insegnante ero restio a mettere voti oltre 8. Mi rendevo conto che deludevo le aspettative di molti miei studenti. A maggior ragione quando nello stesso consiglio di classe c’erano colleghi che facevano fioccare i 9 e 10 come se fossero noccioline sul tavolo.

Ovviamente, io apparivo come il guastafeste di turno mentre quei generosi colleghi erano alfieri dell’insegnamento, vantandosi della simpatia degli studenti.

Vi confesso che spesso restavo senza parole quando al mio umile 6 si affiancava il 10 di un’altra materia. In quell’occasione il preside, rivolgendosi verso di me, poneva la classica domanda: “Professore, il suo 6 e proprio un 6?”.

Capite da soli perché quella stessa domanda non veniva fatta al collega che aveva messo il 10!

Poiché la valutazione generosa del mio collega non era un caso isolato, il mio collega giustificò il criterio che seguiva per assegnare il 10: “Preside, io non ho nessun problema ad assegnare il 10 se il ragazzo risponde a tutte le mie domande, d'altronde se è ammissibile la valutazione massima, perché non usarla!”

Il dirigente, come anche io, non poteva andare oltre alla sua domanda, anche perché tutto andava a vantaggio dello studente ed era salva la formalità della libertà di giudizio del docente.

Il problema ero io!

Nella mia valutazione facevo entrare un altro parametro poco istituzionale ma molto umano. Il 9 o 10 lo assegnavo anche quando l’allievo non rispondeva perfettamente a tutte le mie domande, ma mostrava una dedizione particolare allo studio e una sensibilità all’incoraggiamento che poteva aiutarlo a superare le residue difficoltà per migliorarsi ed emergere come intelligenza viva e rispettosa. Lo studente che studiava in modo forzoso (probabilmente lo faceva per accontentare i genitori), acquisiva il risultato dei suoi sforzi che alla fine si riassumeva nella memorizzazione di ciò che studiava. In realtà i concetti studiati erano pronti ad evaporare appena trascorso qualche giorno. Assegnavo voti esattamente in base alla completezza e chiarezza dei concetti studiati.

Mi capitò un caso di una ragazza che aveva copiato il compito dalla sua amica di banco. Lei tutta ansiosa di mostrarsi brava, chiese la verifica del suo lavoro. In quell’occasione, poiché il lavoro fu completo e corretto, assegnai un 10 che le fece brillare di gioia i suoi occhi. Mi fu chiaro che quella ragazza fino ad allora non aveva creduto in se stessa ma per cercare una gratificazione aveva copiato il lavoro dalla sua modesta, generosa e silenziosa compagna. Dopo qualche mese, quella stessa ragazza divenne una delle intelligenze più belle della classe.

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