domenica 6 agosto 2023

Il sentimento di paura

 

Dal dizionario, la paura è “stato d'animo, costituito da inquietudine e grave turbamento, che si prova al pensiero o alla presenza di un pericolo”.

La paura è una condizione dell’essere che teme per la propria sopravvivenza e si manifesta con una rottura dell’equilibrio psicologico e fisico, allertando, così, corpo e anima per la difesa comune contro la minaccia.


Il corpo e l’anima si alleano per la battaglia comune e per sconfiggere lo stesso nemico.

Il corpo utilizza strumenti che gli sono propri e cioè, stupidi.

Ripesca dalla propria memoria storica reazioni o atti comportamentali che, anche in modo ingiustificato, hanno prodotto risultati utili in situazioni analoghe.

Per esempio, se in eventi precedenti la paura è stata alleviata da un urlo prorompente, il corpo utilizzerà lo stesso sistema che in quel caso aveva sortito un effetto positivo. L’opportunità per la scelta dell’azione adotta è garantita soltanto dal ricorso storico.

La stupidità del criterio consiste nell’applicare la regola meccanicamente e indipendentemente dell’evento che ha scatenato la paura.

L’anima, raffinata, invece, utilizza tecniche molto più variegate e personalizzate con le caratteristiche del soggetto.

Il mondo dell’anima, diviso tra la razionalità e l’istinto, si rivela attraverso livelli di profondità di pensiero e della sensibilità emotiva.

Il pensiero conduce al pronosticare lo sviluppo dell’evento in corso per modulare il grado di pericolosità a cui si va incontro. La sensibilità sperimenta l’intensità del dolore imminente.

Unendo le tre tecniche si ottiene una combinazione che nella stragrande maggioranza dei casi è sbilanciata.

Si oscilla tra reazioni che vanno da quelle solo fisiche, con buio completo della razionalità e grande esperienza di dolore, per giungere a quelle fredde, impassibili con grande lucidità di pensiero e assenza di dolore.
 
Ognuno di noi si sceglie un posto in questa scala del “sentire” la paura.  
 

sabato 5 agosto 2023

Il tranello della speranza

 

 

La speranza è un concetto apparentemente bello: “Attesa fiduciosa, più o meno giustificata, di un evento gradito o favorevole. In senso soggettivo è aspirazione, spesso illusoria, a un vago avvenire di bene o di felicità; atteggiamento baldanzoso nei confronti della vita, stato d'animo d'incoraggiante o consolante fiducia, convinzione fiduciosa od ottimistica ( … di vincere, di riuscire), complesso di ambizioni e di progetti proiettati nel futuro. In senso oggettivo, è prospettiva o eventualità favorevole e positiva”.

Se riflettiamo un po’ emerge un subdolo antipatico significato.

Notate un senso di passività?

“Speriamo che domani sia una bella giornata” – Né io, né voi possiamo farci qualcosa … dobbiamo semplicemente attendere!

Siamo, però, consapevoli che la vita è oggi! L’attesa la consuma!

Affidarsi alla speranza significa arrendersi deponendo le armi … non muoversi più … attendere che qualcuno faccia qualcosa in vece nostra.

I religiosi “sperano” nell’opera di Dio. 

I cittadini “sperano” nel buon governo. 

I pacifisti “sperano” nella solidarietà tra i popoli.

Bisogna ammettere che la speranza ci chiede una fiducia incondizionata, senza garanzie e non offre altre scelte!

La speranza è un placebo contro la malattia della tristezza e del pessimismo.

La speranza è l’ultima a morire … ma questa è una menzogna!

La speranza è eterna! Continua ancora a vivere dopo di noi. 

 

venerdì 4 agosto 2023

Il concetto di "esistenza" secondo ETT


 

LUIGI: Caro Ett, mi ripeti che siamo troppo limitati per cui ci è impedito di compiere il grande salto evolutivo, indispensabile per “vedere” una realtà universale nuova. Mi spegni la speranza di cogliere qualche verità eccezionale. Permettimi ancora qualche domanda.

ETT: Avanti! Non esitare!

LUIGI: Secondo la tua teoria, eliminando una collocazione temporale del mio presente, io potrei essere in ogni punto dell’universo o essere parte di una unione cosmica riscontrabile in ogni elemento parte di esso. Non avrei una mia individualità. Non sarei una presenza autonoma. Non potrei riferirmi a nessun’altra realtà che sia diversa dalla mia. Con queste premesse, dove sarei io ora? Perché esisto?  Quale disegno giustifica la stessa mia esistenza nell’universo?

ETT: Le tue domande vanno ben oltre a ciò che le mie parole potrebbero rivelare.

In ogni caso, mi offri la possibilità di instaurare il dubbio nella mente umana e soffermare la vostra consapevolezza in ambiti meno assoluti.

Per fornirti subito qualche risposta, ho bisogno di puntualizzare qualche concetto che, per voi umani, sembra chiaramente assunto.

Per esempio, voi amate riferirvi come “Esseri umani”, cioè implicitamente ammettete, prima, di “essere” delle realtà permanenti in un punto preciso misurato nel concetto del tempo, e poi di qualificarvi “umani” nell’ambito della stessa realtà precedentemente ammessa come unica e vera.

LUIGI: Vuoi chi io dubiti sulla mia stessa esistenza?

ETT: No, voglio semplicemente focalizzare l’attenzione sull’idea del tuo esistere.

LUIGI: Uno dei nostri filosofi, portava a prova della nostra esistenza il pensare; questo non basta?

ETT: Per provare una realtà non si può estrarre la prova dal mondo per il quale si vuole la prova!

LUIGI: In questo caso, non si potrebbe mai addurre una prova definitiva, perché nessuno degli umani sarebbe capace di uscire dal suo mondo.

ETT: Benissimo, stai anticipando il mio pensiero.

LUIGI: Allora, continua! Sono ansioso di apprendere la tua conclusione.

ETT: Luigi, il vostro mondo non è né un divenire, né un permanere.

Se fosse una realtà in continua evoluzione, allora, fra un numero indefinito di anni-tempo, si giungerebbe a quella finale ed esso cesserebbe d’esistere.

In questo caso, la realtà a cui si giungerebbe, coinciderebbe con l’essenza dell’ “essere” che sarebbe il nulla.

Se fosse, invece, una realtà definita, sarebbe indipendente dal tempo e soggetta ad una evoluzione virtuale. 

Il mondo, rimarrebbe uguale a sé stesso e cambierebbe soltanto perché si rifletterebbe internamente in modo diverso. 

In quest’ultimo caso, l’essenza dell’essere coinciderebbe con l’immagine della consapevolezza d’essere nel punto del suo rivelarsi.

LUIGI: Stento a capire.

ETT: Prendi ad esempio un fiume e supponi che tu mi chieda se l’acqua del fiume è una realtà; se essa esiste e perché esiste.

I tal caso, l’acqua del fiume non può essere un divenire poiché quando giungerà al mare, essa cesserà d’esistere come acqua fluviale. 

Non può nemmeno essere un suo permanere, perché scorre e cambia continuamente rispetto ad un osservatore immobile. 

Il cambiamento non può che essere virtuale, legato alla posizione, allo stato e alla mente dell’osservatore. 

La realtà, concepita in questo modo, è l’idea consapevole di ciò che l’osservatore elabora con la sua mente e condizionata dalle variabili presenti nel contesto.

Quindi, esisterebbero tante realtà quanti sono i possibili punti di osservazione, i possibili stati mentali e le capacità elaborative dell’osservatore.

Dovendo la realtà essere una, si potrebbe concludere che la sua essenza ultima sarebbe, come nel divenire, il nulla.

LUIGI: La conclusione finale è “oltre me stesso c’è il nulla”?

ETT: No, Luigi! Non giungere a questa drastica conclusione.

Il nulla è il vuoto di pensiero che si crea utilizzando il paradigma mentale con il quale vi siete evoluti.

Devi intendere il nulla, non come assenza di qualcosa, ma come occupazione di qualcosa che sfugge al vostro pensiero.

 

giovedì 3 agosto 2023

Consolando un elettrone

 

Chi ha l’abitudine di parlare con se stesso, occasionalmente si sente muto, incapace di tirar fuori qualcosa che gli consenta di rivedersi nei propri pensieri. 

In tali casi, cerca un pretesto affinché, come lo spumante in bottiglia, faccia esplodere il tappo e creare quella gioiosa fontana di dolcezza. 

Se qualcuno crede ancora al caso, deve cominciare a ricredersi perché la vita, oltre ad essere un mistero, è anche burlona e una eccentrica progettista. 

Vagando tra i pensieri, mi gira per la mente una scena: vedo un elettrone girare forsennatamente intorno al proprio nucleo e in una piccolissima frazione di secondo, si concede di pensare.

Ma che diavolo sto facendo? 

Corro come un matto da sempre, esattamente come miliardi di miei consimili!

Sarà che egoisticamente corro per me stesso, sperando di essere notato come l’elettrone più veloce dell’universo?

Infatti, sono bravissimo a correre e non so far altro! 

Che brutto mondo però, essere nato per correre, senza un motivo e insieme con altre insignificanti presenze!”.

Vorrei confortare quell’elettrone, incoraggiandolo con queste mie parole:

“Piccolo elettrone, non penare nel cercare spiegazioni che non puoi ottenere, ma godi del tuo stato poiché in tè è presente l’energia dell’universo della quale non sei né padrone, né consapevole.

Tu stai girando intorno al nucleo per la forza d’amore che ti tiene in equilibrio tra il disperdersi nel nulla e il ritorno alle origini.
Continuando a girare contribuirai a mantenere la struttura dell’universo e vivere le emozioni delle tue accelerazioni.

Le tue paure derivano dalle battaglie a cui le passioni t’impongono di assistere.

I vizi e le virtù dell’uomo, sono le accelerazioni centrifughe e centripete a cui inevitabilmente sei sottoposto per il solo motivo di essere un elettrone”. 

Post più letti nell'ultimo anno