Quando sono solo, mi trovo in compagnia di
me stesso. Non pensate che sia un gioco di parole, perché coloro che si sentono
veramente soli, hanno perso la propria anima con cui dialogare. Senza la
compagnia della propria anima non esiste nessun’altra persona così disponibile
ad ascoltarci e capace di stimolare emozioni.
ETT: Mi hai
elencato solo pregi. Niente difetti?
Per mia fortuna, oltre all’anima, dispongo
di un inusuale compagno di dialogo che ho chiamato ETT: un extraterrestre che
stenta a capire le abitudini umane.
Nei miei momenti di malinconia questo mio
amico mi sostiene, richiamando quelle emozioni che restituiscono il senso del
mio respirare. Ognuno di noi dovrebbe nascondere una sveglia emotiva, pronta a
strombazzare appena la “normalità” della vita quotidiana ci assopisce.
Senza le emozioni, tutti i giorni sono
uguali, sovrapponibili, sono punti di una circonferenza che dicono di avere
compiuto infiniti giri, che faticano a distinguersi, finendo per dichiararsi
coincidenti. I due punti traducono la loro esistenza in eventi teorici per i
quali hanno compiuto giri fuori dalla consapevolezza e quindi, dalla certezza
di averli effettivamente compiuti.
LUIGI: Ci sei, amico
extraterrestre?
ETT: Sì, sono
accanto a te, sempre pronto ad ascoltarti.
LUIGI: Tu sei di
gran conforto, giacché noi umani siamo attenti ai bisogni personali e distratti
a quelli degli altri.
ETT: Attento, non
partire parlando male della tua stessa specie!
LUIGI: Non sono
così ipocrita da nascondermi dietro le parole.
ETT: Avanti, dimmi
cos’altro è successo.
LUIGI: In particolare,
nulla di straordinario. Forse è proprio questo che mi preoccupa. La società
umana tende a un lento degrado. I valori di un tempo si annebbiano o si
dissolvono per far posto ai nuovi.
Il rapporto
interpersonale si restringe alla propria famiglia. L’ambiente naturale è
continuamente minacciato. Interessi occulti si moltiplicano. L’egoismo allarga le proprie frontiere.
Dove finiremo,
procedendo con questo passo?
ETT: Mi rendo conto
che non sei allegro come al solito.
Per distoglierti,
prova a raccontarmi come hai vissuto gli esami di stato quest’anno.
LUIGI: Intanto,
questa volta ho deciso di allontanarmi da casa di una sessantina di chilometri.
La fame fa
apprezzare anche minestre riscaldate.
ETT: Intendi dire
che per necessità fai scelte che normalmente non faresti?
LUIGI: Esattamente!
Però, credo di
essere stato fortunato, perché ho trovato una commissione con pochi alunni da
esaminare e un cast di colleghi eccezionale.
ETT: Non vuoi abbandonare
ancora quella tua tendenza adulatrice?
LUIGI: Esagerare in
certi casi fa anche bene!
ETT: Sì, è vero!
Rischi, però, di apparire ipocrita.
LUIGI: Chi mi
conosce, sa che non lo sono.
Posso dire con
certezza che non indugio mai a mettere zucchero anche quando non serve.
ETT: Allora, dimmi
che cosa ti ha entusiasmato.
LUIGI: Beh, ci sono
tante piccole cose che compongono un quadro piacevole, per esempio, la sottile
ironia di Armando, La delicata formula dubitativa di Gaetano, il cuore generoso
di Giulia, la signorilità di Margherita, la gentilezza di Anna Maria, la
praticità di Fabio, La discrezione di Daniela e Antonio, la premurosa presenza
di Michele e infine, il rigor gentile di Francesco.
LUIGI: Tieni conto
che i miei colleghi leggeranno questo nostro discorso ed è norma che nei
convivi intellettuali eventuali i difetti diventano non pregi e così, perdono
il diritto a essere nominati.
ETT: Un’ottima
manovra politica! Comunque, non perdere tempo, inizia a raccontare con dovizia
di particolari questa tua nuova avventura.
LUIGI: Questa
esperienza è iniziata leggendo il mio nome nell’elenco dei commissari nominati
in una scuola a una sessantina di chilometri da casa. Un misto di mascherata
sorpresa e finto disappunto ha colorato la mia reazione alla notizia.
ETT: Credo di
intuire il motivo che sta alla base di questa rappresentazione di te stesso.
LUIGI: Ebbene, sì!
Il motivo si ricollega sempre a quei maledetti soldi che non bastano mai!
ETT: No, ti prego! Non
è il caso di ripetermi il solito sermone degli insegnanti mal pagati!
LUIGI: E’ terribile
ascoltare questo tuo ammonimento. Ormai anche gli extraterrestri si sono
annoiati ad ascoltare le stesse, antiche insoddisfazioni dei docenti della
scuola pubblica italiana.
ETT: Non ti deprimere
Luigi. Devi convenire sul fatto che se voi insegnanti non siete in grado di
risolvere i vostri problemi come potremmo farlo noi extraterrestri?
LUIGI: Hai ragione,
amico mio. Cercherò di sorvolare su questa questione, anche se è impossibile
spostare l’aria senza accusare l’odore quando ci si muove intorno al torpido.
Il 15 Giugno 2015
un gruppo di baldi rappresentanti del genere umano convengono in una struttura apparentemente
multifunzionale e spartana. Arrivano con i propri mezzi, attraversando un viale
soleggiato e sterrato, a tratti diroccato.
Il gentile e
accogliente personale scolastico, premurosamente si propone a guida per
instradare gli ospiti tra le braccia dei docenti membri interni della
commissione.
Poveretti questi’ultimi,
sono costretti a fare gli onori di casa essendo portatori sani del comune
malcontento della categoria.
ETT: Non ricascarci
con le rivendicazioni sindacali! Vai avanti.
LUIGI: Il
presidente, come la regola vuole, è già lì! È pronto per essere esaminato dei
suoi stessi commissari.
Se in quei momenti
si potesse entrare nei loro cervelli, non sarebbe difficile leggere:
“Speriamo che non
sia il solito matto legato alla sua funzione!”.
“Speriamo che abbia
le idee chiare e che non ci faccia perdere tempo con le sue fisime!” .
“Speriamo che ci
faccia finire quanto prima possibile!”.
A questo punto, i
primi segnali che giungono sono importantissimi per alleviare lo stato di
stallo emotivo.
Contemporaneamente,
anche la mente del presidente è in agitazione. Lo sguardo fisso nella direzione
che non punta a nessuno dei presenti, lascia immaginare il tipo dei pensieri
che corrono su e giù tra il talamo e l’ipotalamo: “Spero che tra questi non ci
sia qualche testa calda! Ho poca voglia di correre dietro le stupidaggini di
qualcuno depresso!”.
La guerra
sotterranea è partita!
Si trasformerà in
una pacifica convivenza o in una dichiarata contrapposizione di “chi sono io e
chi sei tu”?
Soltanto le ore
successive potranno sciogliere il dubbio.
ETT: Nel tuo caso,
come è andata?
LUIGI: Per fortuna
esistono in convenevoli!
ETT: A cosa ti
riferisci?
LUIGI: Noi umani
usiamo uno strano rito quando ci incontriamo per la prima volta.
ETT: Cioè?
LUIGI: Ci
avviciniamo, ci stringiamo la mano e con toni e sorrisi d’occasione, ci presentiamo
annunciando il proprio nome. Tranne una sorprendente ricomparsa di qualche
vecchia conoscenza, difficilmente si memorizza il nome del nuovo commissario.
In questi istanti
ci si gioca il massimo della reputazione. Noi umani lavoriamo molto di
fantasia. Il nostro cervello è eccezionale nel assemblare pensieri e giudizi
immediatamente.
ETT: Attento,
Luigi, stai denigrando la parte più importate del vostro corpo. Vi dite
razionali proprio grazie al vostro cervello.
LUIGI: Magari, il
cervello facesse sempre bene il suo lavoro!
ETT: Siete docenti
e si dà per certo che il vostro cervello funzioni bene!
LUIGI: No! Non mi
sono spiegato bene, ETT. Non intendo criticare i cervelli dei miei colleghi,
voglio riferirmi a quella cattiva abitudine imposta dalla biologia che costringe
il cervello a lavorare male.
ETT: Spiegati!
LUIGI: Siamo
intelligenti perché siamo dotati di due risorse importanti per qualificarci
come persone razionali e cioè, memoria e capacità di elaborazione.
Quando il
cervello lavora, si può dire che elabora (un po’ come fa la CPU dei computer).
Durante l’elaborazione lo stesso cervello prende informazioni dagli occhi e
dalle orecchie, le pasticcia e crea nuove informazioni raccolte in pensieri
espressi a parole.
Il lato debole di
questo sistema sta nel fatto che l’elaborazione è fortemente condizionata dalla
biblioteca già esistente (esperienza). Questo mal vezzo è una consuetudine
nella giurisprudenza. Ogni sentenza in un ambito nuovo fa da faro ai giudici
che successivamente dovranno decidere sui casi simili.
ETT: Forse ti
riferisci ai pregiudizi?
LUIGI: Anche
quelli, ma non soltanto quelli! Credo che il nostro cervello sia sempre ansioso
di darci una risposta sempre, comunque e immediata. E per perseguire questo
obiettivo, trova più comodo attingere informazioni dai suoi lavori precedenti
anziché valutare i nuovi casi, così come si presentano.
Il presidente aveva bisogno di seguire a tempo pieno il colloquio
dei ragazzi ma appariva abbastanza evidente il suo pragmatismo verso l’aspetto
burocratico.
Tenendo conto che
gioia e dolori sono i binari imprescindibili su cui corrono i treni dei
pensieri, il cervello non può non tenerne conto.
ETT: Probabilmente
il tuo discorso è interessante ma faresti meglio a rientrare nell’argomento
degli esami di stato.
LUIGI: Questa è una
dimostrazione evidente della mole di fantasia che impegna la mente umana.
Riprendendo il
discorso, la squadra dei commissari alla spicciolata si compone e si raduna in
una stanza riservata per compiere il primo atto: l’insediamento.
In questa fase, si
compiono le prime mosse che permettono di manifestare il carattere e lo stile
di ognuno di loro.
Come in una partita
di calcio, ecco una breve cronaca dell’incontro:
“L’arbitro fischia
e la partita -Esami di stato- inizia! Siamo nello stadio ITIS di una scuola
italiana.
Si affrontano, i
commissari interni contro gli esterni. È un incontro di fine stagione ed
entrambe le squadre appaiono stanche.
Dopo un lungo
campionato pieno di risultati altalenati, il morale dei giocatori è molto basso.
Anche le recenti disposizioni della federazione scuola sembrano aver disincentivato
calciatori e tifosi.
Purtroppo per loro,
questa partita si deve giocare.
Sono professionisti
e per questo onorano comunque il campionato.
Resta almeno la
consolazione del premio partita! Per gli esterni viene calcolato in minuti del
tempo di trasferta, riferendoli alle proprie regole d’ingaggio. Gli interni invece
possono contare sul gettone di presenza.
Le due squadre, dopo i primi minuti di studio,
tentano i primi attacchi. Si nota subito però che non vogliono farsi male. A
lento procedere, si scambiano la palla rimanendo praticamente a centrocampo.
Questa volta, l’arbitro
non ha un compito difficile. Appartiene anche lui alla stessa federazione e non
ha motivo per non adeguarsi alla flemma generale.
La partita dopo i
90 minuti terminerà e il risultato sarà uno zero a zero.”
ETT: Caro Luigi, t’inventi
pure la partita di pallone, ora?
LUIGI: La nostra
vita è piena di partite e sfide. Per fortuna, dimentichiamo quelle che
finiscono male e speriamo di ripetere quella che ci vedono trionfatori.
ETT: Questo
dovrebbe essere un motivo in più per comportarvi bene reciprocamente.
LUIGI: Magari si
riuscisse a mantenere sempre la coerenza tra ciò che si pensa e come si opera!
Comunque,
ritornando sulla cronaca scolastica, dopo aver individuato i martiri
“segretari” e la vice-presidenza, giunge il momento delle carte. Bisogna
visionare programmi, relazioni, attestazioni, documenti di classe.
L’entusiasmo
dei commissari è da ricercare in luoghi lontani dalla stanza adibita alle
operazioni commissione. Si parte subito con l’attività più importante in questa
fase: la formulazione del calendario dei lavori. Ottimo antidoto alla noia
incombente!
Tutti i commissari
esprimono il desiderio di accorciare al massimo la durata della sofferenza. Non
c’è nessuna contrarietà, ma soltanto solidarietà spinta fino all’auto-castigo.
Si decide che in alcuni giorni la commissione lavori fino alle 16.
Il primo giorno dei
lavori si chiude con l’illusoria prospettiva di evitare la prosecuzione dei
lavori nel dì successivo.
Ed ecco che nel
fatidico giorno libero, il presidente, imitando il re Carlo Alberto di Savoia,
famoso per i suoi tentennamenti, angustiato da un terribile dubbio emerso dalla
sua subcoscienza, intuisce che qualche documento non rispetta la forma e
riconvoca tutta la commissione anche per il giorno dopo.
Credo che non sia
lecito riportare in chiaro ciò che, crittografato, girava tra i pensieri dei commissari
esterni.
Ad ogni modo,
quando gli umani sono di qualità, anche un convivio obbligato si può
trasformare in un’occasione divertente per consumare il prezioso tempo vita.
Sono queste le occasioni in cui Armando e Fabio prendono la scena e con la loro
ironia divertono la compagnia.
Caffè, cappuccini,
cornetti e dolci sono ospiti fissi. Aiutano a sopportare la noia degli atti
burocratici e sono catalizzatori di un’incipiente empatia caratteriale. Non
sono di secondo piano le dolcezze femminili di cui la commissione annovera in
buona quantità.
Ho ancora negli
occhi lo stile mondano di Anna Maria, la squisitezza di Giulia, il sorriso accattivante
di Margherita e in coda, ma non meno importante, la delicata Daniela.
ETT: Non fingere,
Luigi! Sanno tutti della tua debolezza per le donne.
LUIGI: E’ vero, com’è
anche vero che è stato facile sintonizzare armonia di pensiero e simpatia
relazionale.
ETT: Le prove
scritte come sono andate?
LUIGI: Esattamente
come ogni anno! Si rinnovano le stesse pene per i ragazzi e le stesse grazie
dei commissari vigilanti! Insomma, tutto come un film già visto.
Si potrebbe
raccontare di qualcuno che non ricorda la data della festa della Repubblica Italiana,
di qualche altro che è costretto a relazionare su qualcosa che non conosce,
compreso la lingua inglese.
Ci sono, purtroppo, studenti che vivono male l’esame.
Si sentono oppressi da una responsabilità che non può cancellare lacune non
tutte derivanti dalle proprie incapacità.
ETT: Il sistema scolastico
sempre sotto accusa, vero?
LUIGI: Infatti, un
famoso detto dice “La lingua batte dove il dente duole”.
Ti riporto a
proposito, uno sfogo di uno di quei meravigliosi ragazzi.
<Arrivati all’ultimo anno,
ci si sente, ormai spesso, sentir dire: “Questi sono gli esami di MATURITÀ?!”-
“ Ci sarà un colloquio orale, non è ammissibile sbagliare” - “ Dovete
presentare davanti ai commissari esterni il vostro grado di maturità!” Una
volta terminato tutto, sarete persone mature”- “Sarete messi sotto pressione,
dovete far vedere quanto valete, per questo si chiama esame di maturità”.
Chissà perché, voi professori, ma ancor più voi Italia, vi ostinate a tenere
ancora in vita il concetto di “Esame di maturità”.
È impensabile
pensare che un colloquio orale (e scritto), dimostri se, Io Persona, debba
essere matura, incalzandomi un numero come voto finale per dimostrare quanto
valgo.
Non tutti,
messi sotto-pressione, riescono a mostrare la loro bravura e le loro abilità,
anzi, neppure i “migliori” ci riescono.
L’esame di
maturità, soprattutto quello orale, è una convenzione fine a se stessa, perché
è un lavoro atto ad accontentare i membri della commissione, a cui importa tutto meno che dello studente,
non per mancanza di rispetto, ma perché in tempi di crisi qualche centinaio di
euro di “bonus” può solamente giovare, e come biasimarvi.
Pochi sono
gli Umili che lo fanno perché amano il proprio lavoro e la scuola, pochi, ma ci
sono.
Prove
scritte in cui non puoi alzarti per andare in bagno, se non per casi urgenti e
dopo le 3 ore (e nemmeno un minuto nella terza prova), manco fossimo dei
deportati nei Gulag. Va contro ogni dignità e legge morale, ove i diritti
di una persona sono calpestati. Dove una persona, a causa di tensione, ansia e
spesso pressione, deve essere etichettata come mediocre perché non ha saputo
esporre un percorso studiato e ristudiato (e questo dice tutto).
Se per voi,
Italia, questo significa “maturità”, allora questi esami possono
tranquillamente prendere il nome di “ESAMI DI IMMATURITÀ”, altro che “Buona
Scuola”!
(PS - Non
provate a dirmi che il voto finale è solo un numero. È solo quello che ci
spinge a fare ogni giorno sempre di più. Se si combatte per vincere nulla,
allora non si combatte affatto)>
ETT: Caspita, Luigi! Questo, più che uno sfogo, è una denuncia di sistema
scolastico che non funziona. Oserei dire, un attentato al buon lavoro dei
professori.
LUIGI: Ecco, caro amico, questo è il motivo che mi rattrista
quando mi ritrovo a parlarti della scuola italiana e delle condizioni in cui i
docenti sono costretti a lavorare.
Una grande consolazione deriva da quei ragazzi brillanti di luce
propria, capaci di renderci orgogliosi e farci camminare attraverso campi
minati, mantenendo dignità e piacere per il nostro lavoro.
ETT: Ed è questo l’aspetto più bello di voi umani!
Orsù, Luigi, abbandona l’umor triste e vai avanti con il tuo
racconto.
LUIGI: Anche nei giorni delle correzioni, la commissione trascorse
il suo tempo nella lettura dei compiti e attribuzioni di voti. Operazioni
facili per i commissari interni poiché conoscitori degli attori; arduo, invece,
è il compito per gli esterni.
Il loro dilemma, in questi casi, è sempre lo
stesso: essere pragmatici e giudicare rigorosamente o comprendere, sorvolare e
adeguarsi alle illuminazioni del curriculum scolastico?
Ogni commissario esterno risolve il proprio dubbio addormentando a
turno cuore e cervello.
In questa diatriba, caffè, cornetti e focacce, hanno contribuito a
mantenere una buona serenità, sempre sostenuta da una biologia in perfetto
stato e da una psicologia bagnata da sorrisi e gentilezze.
Giunsero i giorni degli orali.
Probabilmente, è questo il tempo del rapporto umano più intenso
che si sviluppa tra i maturandi e la commissione.
Per i commissari esterni, i voti assegnati precedentemente cominciano
a prendere un volto e un’anima. I commissari interni diventano premurose
interfacce e l’orologio si erige a comandante delle operazioni.
Il presidente dall’alto della sua carica istituzionale si divide
tra il formalismo della verbalizzazione e la supervisione alla corretta
prosecuzione della sessione d’esame.
Personalmente, mi ha ricorda il capitano Achab di Moby Dick,
costretto a dimenarsi tra i rigori del suo equipaggio e il sentimento verso la
balena bianca.
ETT: Ti è apparso così furioso il presidente?
LUIGI: Noooo. Il presidente è un’amabile persona!
A prima vista sembra un pulcino caduto dal suo nido. Se non
fossero le bretelle a tenerlo dritto e sicuro, si potrebbe temere per una
precaria stabilità della sua esile figura.
Probabilmente, il poco che mostra fisicamente è compensato dal
molto che porta nella sua anima. Quindi, oltre lo sgancio delle bretelle,
nessuna minaccia è possibile che giunga dalla sua persona.
Il paragone con il capitano Achab devi interpretarlo nel senso
buono.
Ovviamente, sempre sostenuto dalla generosità delle sue segretarie
per le quali ammetto una sottostante gelosia.
Per non accusare nessun senso d’inferiorità braccavo la
vice-presidente, Daniela. Mi consolavo gustando la sua compagnia e
costringendola a parlare in inglese, dell’inglese; mi era impossibile parlare
d’altro. Sarebbe stato come essere ghiotto di dolci e rimanere indifferenti in
una pasticceria.
ETT: Probabilmente, anche gli esaminandi hanno subito l’influsso
della tua passione!
LUIGI: Puoi esserne certo! Purtroppo, in alcune occasioni, ho
dovuto frenarmi per non infierire sul loro amor proprio e far emergere la
scarsa vocazione per la lingua straniera.
Devo confessare che mi fa tanta rabbia assistere a colloqui dove è
evidente la capacità del ragazzo mentre sono malriposti interesse ed entusiasmo
per un veicolo di comunicazione così importante.
ETT: Le tue passioni non possono essere di tutti. Dovresti
saperlo!
LUIGI: Già! Per fortuna c’è stato qualche candidato che
miracolosamente parlava in inglese. Ahimè, ciò che sarebbe dovuto essere la
normalità, si è rivelata eccezionalità.
ETT: Penso che tu abbia raccontato abbastanza. Vorrei soltanto che
mi facessi una brevissima presentazione dei partecipanti a questa avventura.
Dovendo riferire tutto ai miei superiori, ho la necessità di portare le
emozioni umane che rappresentano il punto centrale su cui ci stiamo
concentrando.
LUIGI: Come potreste voi extraterrestre intuire le emozioni umane.
Queste fanno da contropartita a un sistema imperfetto del singolo umano che
dura al massimo un centinaio di anni.
Le emozioni danno il senso e la misura alle nostre esistenze; sono
i sensori che ci aiutano muoverci in un’area volutamente trafficata, evitando
le possibili dolorose collisioni.
ETT: Non esagerare con i tuoi preziosismi!
Non è vero che state cercando presenze intelligenti nell’universo?
LUIGI: Certo! E con questo?
ETT: Significa che non bastate a voi stessi, nonostante
l’autocelebrazione della miscela corpo, mente e anima.
LUIGI: Vedo che anche voi extraterrestri peccate di permalosità.
ETT: Ti sbagli!
Il tuo giudizio è desunto dalla distaccata traduzione soggettiva, su
cui io non posso intervenire.
LUIGI: Va bene, lascio a te l’ultima parola in questa questione e
concludo il mio racconto nel modo che mi hai suggerito.
Qualsiasi esperienza modifica l’animo umano. Ogni singolo atto,
ogni piccola parola, sono parti di un complesso mosaico che si compone con il
contributo di tutti i partecipanti.
Stare insieme a gente matta si diventa matti, acquisendo e poi
condividendo la stessa malattia, ma stando da soli s’impazzisce di una malattia
che è soltanto la propria.
Sono stato bene tra amici che per etichetta, ho chiamato
commissari e presidente.
Sono stato tra uomini e donne, umani. Non so se potrai capirmi,
ETT, quando parlo di sentimenti e di cuore. Queste cose non appartengono
all’apparire sono dell’essere e si notano negli sguardi, nelle movenze, nelle
pause e nelle inflessioni di voce. Tutto si miscela in ciò che è il rapporto
umano.
Ho apprezzato la bontà d’animo di Armando che usa l’ironia su se
stesso come carezza all’animo di chi gli è vicino. Questo buon amico dallo
sguardo basso, porta con sé il frutto di antiche battaglie, non tutte vinte ma
sicuramente sarà vincente l’ultima.
La professionalità gli appartiene e fa dei
suoi limiti stimoli di crescita. E’ capace di arrampicarsi sugli specchi per
rincorrere la propria immagine cercando di migliorarla. Parlare con Armando ci
si sporca della sua farina preziosa.
Ci sarebbe molto da dire sul conto di Fabio che come attore
esperto ha gemellato con Armando, portando clima di allegria in attività poco
creative. L’ironia di Fabio è quella a tocco di fioretto: attacco di punta con
ferita a guarigione immediata.
Mi ricorda Peter Pan e il suo pensiero felice,
necessario per volare e combattere il cattivo pirata ossessionato dagli
orologi. Guidato da una razionalità speculatrice, è un ottimo esempio
dell’ottimizzazione dei tempi umani e della pratica di rispetto. Ho contato
almeno tre volte il suo esordio nelle proposte di commissione con la classica
frase: “Siamo in democrazia?”.
Contrariamente a Fabio, Antonio ha occupato il posto del taciturno
pacifico del gruppo. Leggevo nella sua mente: “Non parlo non perché non ho
nulla da dire ma per risparmiarvi di ascoltare parole già dette”. La
tranquillità d’animo è la virtù dei forti di spirito.
Antonio usa le parole per
quello che servono senza fronzoli. Non so dirti perché ma osservando il suo
placido essere, mi girava in mente il detto: “Sotto la fredda cenere si nasconde l’ardente fuoco”.
Un altro uomo di poche parole è stato Francesco. Inconfondibile è
il suo stile, fondato sull’estrema cortesia, grande discrezione e nobiltà
d’animo. Conforme alla disciplina che insegna, ha mostrato ordine, precisione e
ubbidienza alla logica pre-programmata degli esami di stato.
Francesco ascolta
molto e pensa molto, esattamente come un programma in ROM, sempre attivo. Sarà
un caso, ma il suo cognome calza perfettamente col suo stile di rapportarsi al
prossimo.
Il più giovane degli uomini della commissione è stato Michele, un
uomo polivalente, in cerca del volano per prendere velocità. Sempre disponibile
e accomodante, trasforma i suoi modi di fare in fuochi di simpatia. Come tutti
i tecnici, predilige operare piuttosto che parlare.
Di Gaetano si potrebbe scrivere una biblioteca. Si approccia
attraverso i suoi occhiali con timida e reverente postura. Sperando che non
perda altri chili di peso, la sua trasparenza lo rende quasi un fantasma.
Lo
stile anni trenta del suo abbigliamento, giustifica ogni altro accessorio che
lo riguarda, cominciando dalla penna stilografica e finendo alla nera cartella
old-fashoned.
Sorprendentemente è un professore di geografia, disertore della
laurea in lingue. Sono evidenti le sue doti attinenti alla fede burocratica. Ho
scoperto che si diverte a fare il vicario.
Poveretto, io vedo in lui il
Cireneo, l'uomo che, secondo quanto riportato da tre dei quattro Vangeli, fu
obbligato dai soldati romani ad aiutare a trasportare la croce di Gesù, durante
la salita al Golgota per la crocifissione.
ETT: Non ti sbilanciare troppo, Luigi. Dopotutto, è sempre il
presidente della tua commissione!
LUIGI: Hai ragione, ETT. In ogni caso, posso contare sulla sua
equilibrata bontà d’animo per essere sicuro che accetti il mio umorismo.
Beh, credo che ora mi tocchi parlare delle donne della
commissione,
Trovo imbarazzante individuare la preferita, ma conto sul tuo
acume per scoprirla, leggendo tra le mie parole.
ETT: Non t’illudere, perché sono certo di averla già individuata!
LUIGI: Ti lascio alle tue certezze.
Inizio subito a parlati di Margherita, una donna decisa e capace
di dirti di tutto con il sorriso perenne sulle labbra. Questa qualità, io non
la considero cosa da poco. Personalmente, ho provato questo atteggiamento, cioè
a parlare mantenendo il sorriso fisso.
Ti giuro che è faticosissimo! Immagina
che i clown per evitare lo sforzo continuo, il sorriso lo disegnano sul viso con
il trucco. In questo modo possono mostrarsi continuamente sorridenti pur
essendo arrabbiati.
L’aspetto più marcante di Margherita, sta nel fatto che al
sorriso aggiunge una signorilità dei modi unica. Credo che lei abbia un’arma
letale per dissuadere e disarmare i suoi avversari.
La seconda donna che mi ha impressionato è stata Anna Maria,
merita il titolo di miss eleganza in commissione, non soltanto per i vestiti
che ha mostrato, quanto per il garbo dei movimenti e la dedicata attenzione
alle parole dei suoi interlocutori.
Accompagnata dai suoi occhiali da sole, ha
svolto con cura i suoi compiti di segretaria, nel senso più generale della
parola. Una nota di merito è da rilevare, visto l’enorme successo che ottiene
con i suoi alunni. Chissà se per qualcuno di loro è stata l’esca traditrice per
il disinnamoramento dalle materie tecnico-scientifiche.
Parlandoti di Giulia, non posso evitare mostrare il mio pieno
apprezzamento dei suoi vivaci e rotondeggianti occhi matematici. Giulia
personifica il giusto connubio tra l’essere contemporaneamente professoressa e
mamma.
Riesce a far convivere la rigorosità della matematica con la
flessibilità della sua comprensione. Lega i suoi alunni con un filo sempre teso
ma non troppo, capace guidarli come fa un locomotore con i suoi vagoni.
I suoi
rapporti con il prossimo trasudano di generosità e correttezza. Insomma, può
ambire al titolo di professoressa ideale.
Resta da descrivere l’ultima donna della commissione, Daniela,
lasciata per ultima soltanto perché insegna la mia materia preferita.
È facile
intuire che si tratta di una donna discreta e buona come la panna. Non ama
porsi in primo piano e questo, forse, per il gusto di essere scoperta e
apprezzata lentamente come si fa con un caffè bevuto a piccoli sorsi.
Concludo, presentando me stesso come un professore che insegna una
disciplina tecnica ma che spesso va in esilio, dedicandosi a ben altro.
Amante
degli affari di cuore, poeta e letterato mancato, ha voluto omaggiare la
commissione con questa piccola cronaca che ha avuto un unico obiettivo, donare
un po’ della personale sensibilità e cercare sempre il sorriso come trampolino
di lancio nei cuori del prossimo.
ETT: Ti confesso che mi ha fatto molto
piacere assistere a questa tua ennesima avventura.
I tuoi amici non mi vedevano, ma io
aleggiavo e chiacchieravo con te anche durante i colloqui.
Nella galassia, dove tornerò, porterò la
foto dell’intera commissione.
Parlerò di loro ai miei simili e per un
certo numero di megacicli temporali, i tuoi amici saranno personaggi studiati,
discussi e ammirati sul mio pianeta.
Mi auguro che, in una delle prossime notti serene, alzando lo
sguardo al cielo, ognuno di voi possa leggere il proprio nome disegnato con le
stelle.
Ciao a
Gaetano, Francesco, Armando, Fabio, Giulia, Anna
Maria, Daniela, Margherita, Marta, Michele,
Antonio,
Un extraterrestre, incapace ai sentimenti, tenta di onorarvi.
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