I figli sono nostri, ma non ci appartengono.
Abitano nel mondo che per i genitori è estraneo e nel quale
non è permesso entrare.
Vivono acconto ai noi ma contemporaneamente sono lontani.
Occupano un futuro a noi connesso e a senso unico.
Quantunque ci si sforzi a entrare nel loro mondo, si rimane
ospiti temporanei.
Si attiva una strana realtà che assomiglia molto a una
simulazione.
Ci accettano con riserva e con una grossa cauzione, determinata
dal bene che si tenta di trasmettere.
I figli sono le foto dei genitori ritoccate dal tempo trascorso e da una società in continua evoluzione.
L’immagine che si compone diventa l’opera d’arte, determinata
da una infinità di fattori non tutti riconducibili alla saggezza degli adulti.
Chi sia l’architetto del progetto, non è nelle nostre facoltà saperlo.
Chiniamo il capo e decidiamo come chiamarlo: destino o Dio?
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