mercoledì 20 novembre 2024

Mia moglie è una guerriera (cronaca di un parto)

 

 

"Questa bambina nascerà oggi, in un modo o nell'altro".

Non sono rimasto particolarmente scioccato quando l'ostetrica l'ha detto. 

Era il nostro secondo figlio, quindi i segnali del travaglio erano familiari, inoltre la rottura delle acque era un chiaro segnale che il parto non sarebbe stato troppo lontano. Infatti, dopo poco tempo eravamo nella sala parto. 

Era una stanza diversa dall'ultima volta, ma comunque la sensazione era la stessa. In un angolo c'era un letto, in un altro una vasca per il parto e da qualche parte una macchina emetteva un segnale acustico. Le pareti erano di un caldo colore marrone, che si abbinava alle coperte del letto, ma nel complesso la stanza aveva un'atmosfera clinica.

Con l'avanzare della serata era diventato chiaro che il parto non sarebbe andato come previsto. Il lungo protrarsi dell'attesa con dolori lancinanti di mia moglie era una triste premonizione di ciò che stava per accadere. La bambina stava diventando piuttosto stressata e qualcuno dei medici stava pensando per un taglio cesareo d'urgenza. 

L'anestesista stava avendo molti problemi a farle l'epidurale e il mio amore era in preda a un'agonia più grande di quanto avrei mai potuto immaginare per un essere umano. 

Le labbra morsicate a sangue parlavano da sole per l'intensità del dolore in corso. L'ostetrica faceva del suo meglio per cercare di calmarla. Le infermiere erano lì intorno, in attesa del momento in cui avrebbero potuto aiutarla. Uno dei dottori si avvicinò a me e mi disse con voce calma: "Se si passa all'anestesia generale non puoi rimanere nella stanza, ti verrà chiesto di andartene, comprendi?"

Capii cosa stava dicendo e mi sentii terrorizzato.

Potevo vedere la frustrazione sul volto dell'anestesista, non dava nessun segno di cauto ottimismo. Mi fu detto di fare un passo indietro, di non avvicinarmi. 

Pochi minuti dopo il dottore venne da me e mi chiese di uscire dalla sala in silenzio. Mentre venivo scortato fuori dalla stanza detti un'ultima occhiata a mia moglie, in quel momento aveva un dolore così intenso che non credo si rendesse conto di cosa stava succedendo. 

La scena era completamente caotica. L'anestesista la supplicava di stare ferma, le infermiere facevano del loro meglio per aiutarla a calmarsi e i dottori erano impegnati a infilare elettrodi su ogni lembo di pelle disponibile. 

L'ostetrica era inginocchiata a terra e spingeva la testa tra le gambe aggrovigliate. Appoggiò uno stetoscopio sullo stomaco di mia moglie e, mentre me ne andavo, la sentii dire: "Non riesco a sentire forte il battito cardiaco della bambina".

Due secondi dopo ero solo in un corridoio deserto. Non ho idea di quanto tempo ho trascorso da solo, ma sono stati momenti terribili.

Mi sembrava che il tempo si fosse fermato. Volevo bussare alle porte e scoprire se stava andando tutto bene, ma sapevo che non potevo. Il silenzio assoluto del corridoio mi diventava assordante fino a stordirmi. 

Mi guardai intorno e come se non ci cossi stato prima, finsi di studiarlo. Era un lungo corridoio con doppie porte su entrambe le estremità e diverse piccole stanze che si diramavano da esso. Era piastrellato con un orribile colore bianco avorio, intimidatorio.

"Non riesco a sentire forte il battito cardiaco della bambina." Cosa significava? 

Significava solo che aveva difficoltà a localizzarlo? 

Significava che la bambina si era mossa e lei non riusciva a trovare la direzione in cui si trovava? O significava sofferenza della bambina. 

Sentivo la gola contrarsi, le lacrime formarsi mentre pensavo a quella possibilità. Sapevo che dovevo distrarmi da quei pensieri. 

Ho iniziato a camminare avanti e indietro nel corridoio. Ho guardato il soffitto e contavo le luci. Perché gli ospedali devono essere così luminosi? Tutte le stanze fuori dal corridoio avevano le luci spente. Ho pensato che fossero per lo più sale di risveglio e non avrebbero avuto bisogno di essere sempre accese.

Non riesco a sentire forte il battito cardiaco della bambina.” Le parole echeggiavano nella mia mente. Non avevo idea di cosa stesse succedendo oltre quelle porte del teatro. 

Mi sedetti e appoggiai la schiena al muro, fissando una stanza per lo più vuota proprio di fronte a me. Non so perché la fissavo. 

Pensavo, oggi dovremmo accogliere una nuova vita nel mondo, ma non sapevo quando … fra qualche minuto oppure serviranno ancora delle ore?

I pensieri mi stavano divorando dentro. Volevo rannicchiarmi, farli andare via. Le mie mani, appoggiate sulle ginocchia, iniziarono a tremare. A questo punto riuscivo a distinguere un orologio che ticchettava debolmente da un'altra stanza.

Pensai al nostro primogenito, a casa con i miei genitori. Si aspetterebbero la mia chiamata in questo momento. Quando riuscirò a chiamarli, cosa racconterò loro di queste mie ansie? Dovevo fermare questa agitazione, mi stava distruggendo, lo sentivo. Guardai il pavimento e provai a contare le piastrelle. Ce n'erano sei di larghezza, era facile misurarle. Quante saranno lungo il corridoio? Tutto serviva a distrarmi.

"Stai bene?"

Alzai lo sguardo. Un'infermiera era entrata nel corridoio. Come diavolo non l'avevo sentita entrare?

Spiegai la situazione, trattenendo quanta più emozione possibile. Non volevo che fosse coinvolta, sapevo che non c'era niente che potesse dire, non volevo che ci provasse.

"Beh, lì dentro sono in buone mani." Mi disse.

Con ciò entrò in una delle stanze, afferrò qualcosa e uscì dal corridoio silenziosamente come vi era entrata.

Il silenzio mi circondava di nuovo facendomi ostaggio. L'orologio si era fermato? Perché non riuscivo a sentirlo? Mi fermai e lo ascoltai. Stava ancora ticchettando, avevo camminato in perfetta armonia con esso senza rendermene conto. Ora che mi ero fermato, tutti i pensieri che avevo evitato mi inondarono la mente. Mi sedetti di nuovo, le lacrime mi scorrevano sulle guance. Mi strofinai il viso per asciugarmi, gli occhi mi bruciavano.

Mi alzai, mi fermai davanti alla porta della sala operatoria, sforzandomi di sentire qualcosa provenire dall'interno. Non riuscivo a sentire alcun suono. Continuai a camminare, contando ancora le piastrelle mentre camminavo. Vidi il mio riflesso nella finestra tra il corridoio e una delle stanze e quasi non mi riconobbi.

Mi voltai in fondo al corridoio e fissai di nuovo le porte della sala operatoria. Non avevo idea di quanto tempo fosse trascorso. Tornavo indietro verso di loro, passavo e ripassavo. L'ho ripetuto molte volte, ogni volta sperando che la porta si spalancasse mentre arrivavo vicino.

Poi all'improvviso il silenzio fu rotto. Attraverso le porte della sala operatoria giunsero ​​gli inconfondibili suoni di una bambina che piangeva.

Mi sedetti nuovamente sulla sedia più vicina. Questa volta lasciai che le lacrime scorressero liberamente.

Cinque minuti dopo l'ostetrica uscì dalla porta e mi permise di rientrare vedere il nostro neonato.

"Stanno entrambi bene, tua moglie si riprenderà alla grande. Tua figlia ha fatto un po' di capricci ... ha impiegato un bel po' di minuti per respirare da sola, ma ora sta benissimo. Non preoccuparti, la bambina ha sempre avuto ossigeno durante quel periodo ora va tutto bene".

Non passò molto tempo che fui accanto a mia moglie.  Noi tre eravamo ancora insieme in quella sala operatoria che fino a poco tempo prima, fissavo le sue porte d'ingresso. 

Con il braccio proteso su mia moglie, guardai verso il corridoio e ancora una volta vidi il mio riflesso nella finestra. 

L'immagine che mi sorrideva, sembrava una persona molto diversa da quella che solo pochi istanti prima camminava avanti e indietro ansiosamente.

Ormai Bianca è al mondo con noi.

Mia moglie è una guerriera! 


martedì 19 novembre 2024

Chi sei?

 

Man mano che si avanza in età, le presentazioni di sé stessi intimidiscono sempre di più. 

Come ci si può presentare se non si è consapevoli di sé stessi? 

Il momento più angosciante della vita è quando qualcuno ti chiede "Chi sei?" 

È una domanda a cui non hai mai dato una risposta soddisfacente, ma soprattutto definitiva. Tutta la vita non è altro che uno sforzo per conoscere il proprio sé. Il cuore soffre per il desiderio di familiarizzare con qualcuno che ti riconosce per ciò che si è veramente. Quando bussi alla porta del tuo vicino e ti chiede: "Chi sei?", potremmo rispondere "Magari lo sapessi!"

Le nostre presentazioni ci vengono imposte dalla nostra famiglia, cultura, etnia, religione e professione. Siamo tutti soddisfatti delle nostre apparenze fabbricate, viviamo nel nostro raggio di visione e finiamo come sono finiti i nostri predecessori e finiranno i nostri successori. Solo coloro che hanno osato conoscere sé stessi hanno lasciato le tracce delle loro impronte nel passare del tempo.

Non solo gli orientali, come i santi indiani e i filosofi buddisti, hanno sottolineato l'importanza di conoscere sé stessi, ma anche la storia occidentale è arricchita da tali contese e concezioni. La saggezza senza tempo greca del "Conosci te stesso" è ciò che ha tracciato la strada per la teoria delle forme di Platone, il cogito ergo sum di Cartesio, l'etica di Spinoza, l'Übermensch di Nietzsche e il Sisifo di Camus.

Tutte queste innovazioni dell'uomo non sono altro che indirizzate a colmare il vuoto originato dall'incoerenza, dovuta all'oblio del proprio sé. Considerando l'estensione dell'universo, l'unica conoscenza che l'uomo può avere con certezza è quella di sé stesso. Ma questa storia non ha ancora una conclusione.


lunedì 18 novembre 2024

Felicità: Avere il controllo di sé

 

Un giorno, Dario, un addetto al magazzino merci di un supermercato vinse alla lotteria un premio di molti milioni di euro. L’uomo era profondamente religioso e aveva lottato per tutta la vita per provvedere alla moglie, Barbara e ai suoi tre figli. La lotteria sembrava essere la ricompensa che lui e la sua famiglia finalmente meritavano dopo una lunga vita di fede e sacrificio.

Dopo qualche settimana ritirò un assegno da un milione di euro come prima parte dell’intero premio. Con quei soldi si comprò un ranch e dei cavalli. Mise da parte dei soldi per mandare i figli al college. Comprò delle case per i membri della sua famiglia. Donò dei soldi alla sua chiesa. E due anni dopo si chiuse nella sua camera da letto, si puntò un fucile al petto e premette il grilletto. Un suo amico riferì che Dario avrebbe detto: "Vincere alla lotteria è la cosa peggiore che mi sia mai capitata".

Christopher Reeve è nato nel 1952 da una famiglia benestante di New York. Con la mascella scolpita e di bell'aspetto, Reeve ha condotto la sua giovane vita adulta concedendosi ogni agiatezza. Aspirante attore, nel 1978 ottenne il ruolo di Superman in un film di Hollywood ad alto budget. Così guadagnò milioni e diventò una delle celebrità più riconoscibili al mondo. Pertanto condusse una vita lussuosa, spendendo i suoi soldi in belle case, belle auto, feste di lusso e la sua passione per l'equitazione. Poi nel 1995, Reeve è cadde da cavallo, si ruppe due vertebre della colonna vertebrale e rimase sulla sedia a rotelle.

Dopo l’incidente, Reeve è diventato un sostenitore dei disabili e ha trascorso il resto della sua vita a raccogliere fondi per la ricerca sul midollo spinale. È stato il primo sostenitore famoso della ricerca sulle cellule staminali. Reeve in seguito affermò che il suo incidente lo aveva aiutato ad "apprezzare di più la vita". Notò che c'erano "persone fisicamente abili più paralizzate di me" e una volta commentò: "So ridere. So amare. Sono un ragazzo molto fortunato".

È facile concludere queste storie dicendo: "Sì, ok, ho capito. I soldi non comprano la felicità. Quindi dimmi cosa mi rende felice!".

Intanto non esiste una "formula" per essere felici. Quindi, per prima cosa, dobbiamo chiarire cosa sia realmente la felicità e, forse ancora più importante, cosa non sia. Probabilmente non sai cosa ti rende felice

Secondo gli studi dello psicologo Daniel Kahneman, gli esseri umani sopravvalutano costantemente il valore o il piacere di ciò che non hanno e sottovalutano il dolore o la perdita di perdere qualcosa che hanno. Tutti siamo programmati in questo modo. Per qualche ragione, Madre Natura ha voluto che l'avversione alla perdita sembra essere programmata in noi dall'evoluzione.

In effetti, non solo siamo pessimi nel predire cosa ci renderà felici o infelici in futuro, ma la ricerca dello psicologo di Harvard Dan Gilbert ha ripetutamente dimostrato che siamo pessimi anche nel ricordare cosa ci ha resi felici o infelici in passato.

Il motivo è che la nostra mente non è in grado di ricordare ogni piccolo dettaglio dell'esperienza, né è in grado di prevedere ogni dettaglio dell'esperienza. Di conseguenza, la nostra mente prende la visione generale di un'esperienza (passata o futura) e riempie gli spazi vuoti.

Se ciò che ricordiamo è stato in qualche modo doloroso e spiacevole, diamo per scontato che tutto fosse doloroso e spiacevole. Se, nelle nostre fantasie future, tutto ciò che possiamo immaginare sono gli aspetti piacevoli ed eccitanti di un'esperienza, la nostra mente va avanti e riempie gli spazi vuoti e presume che tutto nella situazione sarà fantastico.

La felicità, come altre emozioni, non è qualcosa che ottieni, ma piuttosto qualcosa che abiti. Quando sei furibondo e tiri fuori parolacce, non sei consapevole del tuo stato di rabbia. Non stai pensando: "Sono finalmente arrabbiato? Lo sto facendo bene?" No, sei in cerca di sangue. Abiti e vivi la rabbia. Tu sei la rabbia che fortunatamente poi svanisce.

Proprio come una persona sicura di sé non si chiede se è sicura di sé, una persona felice non si chiede se è felice. Semplicemente lo è.

Ciò implica che la felicità non si ottiene di per sé, ma piuttosto è l'effetto collaterale di una serie particolare di esperienze di vita in corso.

Questo si confonde molto, soprattutto perché la felicità è così tanto pubblicizzata in questi giorni come un obiettivo in sé e per sé. Acquista X e sii felice. Impara Y e sii felice. Ma non puoi comprare la felicità e non puoi raggiungerla. Essa è uno stato di essere.

La felicità non è piacere.  Anche se il piacere è fantastico, non è la stessa cosa della felicità. Il piacere potrebbe essere correlato alla felicità, ma non la causa. Chiedi a qualsiasi tossicodipendente come è andata la sua ricerca del piacere. Chiedi a un adultero che ha distrutto la sua famiglia e perso i suoi figli se il piacere alla fine lo ha reso felice. Chiedi a un uomo che ha quasi mangiato fino alla morte quanto felice lo ha fatto sentire la ricerca del piacere.

Il piacere è un falso dio. La ricerca mostra che le persone che concentrano la loro energia su piaceri materialistici e superficiali finiscono per essere più ansiose, più instabili emotivamente e meno felici a lungo termine. Il piacere è la forma più superficiale di soddisfazione della vita e, quindi, la più facile.

Il piacere è ciò che ci viene commercializzato. È ciò su cui ci fissiamo. È ciò che usiamo per intorpidirci e distrarci. Ma il piacere, sebbene necessario, non è sufficiente. C'è qualcosa di più.

La felicità non richiede di abbassare le proprie aspettative.

Condurre la vita è come guidare un'auto. Ci sono diverse destinazioni verso cui possiamo guidare, alcune piacevoli, altre spiacevoli; alcune ricche ed emozionanti, altre povere e terrificanti. Tutti presumono che la loro felicità sia determinata dalla destinazione verso cui guidano. In effetti, ne siamo così convinti che passiamo la maggior parte della nostra vita concentrati nel guidare verso la migliore destinazione possibile e nel raggiungerla il più velocemente possibile, preferibilmente più velocemente di chiunque altro.

L’esperienza dimostra che non è il luogo dove stiamo diretti che ci renderà felici a lungo termine, ma il controllo che abbiamo sulla guida.

Le persone che sentono di avere poco o nessun controllo su dove stanno andando, sperimentano bassi livelli di felicità, indipendentemente dalle destinazioni e dalle esperienze che hanno lungo il percorso.

Puoi essere ricco, famoso, avere tutto ciò che hai sempre desiderato, ma se senti di non averne il controllo, non sarai infelice. Ti sei mai chiesto perché così tante celebrità e milionari diventano tossicodipendenti o addirittura si uccidono?

Puoi essere di classe media, avere pochi beni, un pessimo lavoro, ma se senti di avere il controllo sulla tua vita e sul tuo destino, allora sarai felice. Sicuramente hai incontrato persone così nella tua vita (se non è così, visita un paese del terzo mondo; rimarrai sbalordito da quanto siano felici molte di quelle persone).

Quindi il trucco è imparare ad avere più controllo sulle nostre vite, a sentire di avere più controllo su dove finiamo e come ci arriviamo.

domenica 17 novembre 2024

Una lettera d'amore giunta in ritardo


Ci sono giorni in cui mi sembra di non riuscire a tenere tutto insieme, momenti in cui il peso del mondo mi schiaccia, rendendomi difficile respirare. Mi scuoto facilmente. Mi sento persa, sopraffatta e sola.
Ma poi, c'eri tu.
La tua presenza da sola era come una boccata d'aria fresca. Quando tutto sembra andare in pezzi, tu sei lì, a darmi i piedi per terra con la tua calma. Trasformi la mia mente sconvolta in qualcosa di bello. In qualche modo, sai sempre le parole di cui ho bisogno. Per ricordarmi che anche nei momenti più bui, c'è speranza e c'è amore. E io lo merito.
La tua comprensione offre conforto quando le parole falliscono e la tua forza mi spinge quando la mia si esaurisce.
Con te, il caos non scompare: è sempre lì, ma diventa gestibile. Sopportabile. Rendi il carico più leggero, semplicemente condividendolo.
Ricordo di averti respinto più volte, temendo di poterti trascinare giù con i miei problemi irrisolti. "Ma ho scelto di essere coinvolta. Di essere trascinata. Siamo in questo insieme", hai detto.
Quella notte ho pianto fino ad addormentarmi.
Nel mezzo del mio caos, mi hai portato un senso di pace che non sapevo di poter trovare. Ti dico sempre quanto sono in soggezione nel poter provare così tanto. Ma non è il tipo di troppo che è travolgente. È il tipo che mi aiuta ad affrontare la mia giornata.
Mi insegni a trovare la bellezza nella follia, ad apprezzare i piccoli, silenziosi momenti di gioia che spesso vengono oscurati dalle richieste della vita. Mi ricordi di respirare, di fare le cose un passo alla volta e di credere che andrà tutto bene.
Il tuo amore è un gentile promemoria che non sono sola. Con te al mio fianco, sono più forte e più fiduciosa. Il pensiero di svegliarmi per un altro giorno era banale e insipido finché non ti ho incontrato. Mi hai dato una ragione per avere qualcosa da aspettare con ansia. Ogni giorno.
Quindi, nel mezzo del mio caos, c'è gratitudine. Gratitudine per la tua presenza, per il tuo amore e per il sostegno che mi dai. In un mondo che spesso sembra opprimente, tu sei il mio rifugio sicuro, la mia calma nella tempesta, la mia luce.
Grazie per essere lì, per essere te. Nel mezzo del mio caos, sei tu che mi riporti a me stessa, ricordandomi costantemente la mia forza e il mio valore.
Prometto di essere anche il tuo rifugio sicuro. Potrei non darti ancora la stessa quantità di pace e conforto, ma se c'è una cosa che posso fare adesso, è restare al tuo fianco per tutto il tempo che vorrai.

 

sabato 16 novembre 2024

Essere filosofi per necessità


 

Ti è mai capitato di accusare un vuoto, barcollando sull'orlo di una crisi esistenziale? Con la mente che corre, il cuore triste, sentendoti più solo di un singolo calzino nell'asciugatrice del cosmo?

A volte, questa ruota del criceto che chiamiamo vita ci lascia completamente perplessi.

In quei momenti la filosofia, quel dolce nettare di saggezza, può essere la tua zattera di salvataggio nei mari tumultuosi del malessere moderno. È tempo di imbarcarsi in un'odissea di auto-scoperta che farebbe fare a Socrate un balletto celebrativo.

"Qual è il significato di tutto ciò che ci gira intorno?"

Trovare l'anima gemella e propagare una stirpe di piccoli umani?

Scalare i vertici aziendali fino a diventare un Paperone?

Collezionare premi e medaglie come se la vita fosse uno sport olimpico?

Un giorno mentre ero seduto alla mia scrivania a sprofondare nelle mie letture, mi sono capitati gli scritti di un filosofo. Albert Camus postulava che il significato della vita nasce dal confronto con la sua intrinseca assurdità e dall'abbracciare la libertà associata. Sbalordito, come una piuma agitata al vento, volli approfondire quella linea di pensiero.

Il filosofo affermava di mettere in discussione le norme sociali e governare i valori della vita attraverso la lente filosofica.

Gli stoici, ad esempio, predicavano sull'arte di distinguere ciò che è sotto il tuo controllo da ciò che non lo è.

Non riesci a controllare il meteo? Non agitarti per la pioggia.

Non riesci a sopportare il cattivo atteggiamento del tuo collega?

Non versare lacrime torrenziali, lascialo perdere!

Ciò a cui puoi impegnarti è mantenere un imperturbabile giardino Zen interiore. Con la calma stoica, smetterai di concentrarti sui piccoli dolori della vita e concentrerai l'energia sulle poche cose che rientrano effettivamente nella tua sfera di influenza.

Oppure prendiamo spunto dall'antico testo del Buddismo. Mentre gli occidentali tendono a considerare piacere e felicità come sinonimi, i buddisti tracciano una distinzione più sottile. Ma la vera felicità, affermano, emerge dal calmare la mente e trascendere i desideri di piaceri effimeri. Ridefinendo la felicità come pace interiore, ci liberiamo dal ciclo incessante di desiderio, indotto dalla società.

Ciò non significa che devi rinunciare a tutti i piaceri terreni e indossare un saio. Dovresti assolutamente continuare a crogiolarti nelle semplici gioie della vita, come fare il bagno al sole del mattino, inalare il profumo paradisiaco della testa del tuo bambino o trangugiare un boccale di birra. La chiave è allentare la presa a pugno bianco su quelle sensazioni passeggere. È più facile abbracciare il presente quando non sei costantemente aggrappato a un futuro che potrebbe non dispiegarsi mai.

Hai bisogno di un altro motivo per cui la filosofia è la spezia segreta della tua esistenza insulsa?

venerdì 15 novembre 2024

Approccio alla felicità


Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda sono tra i paesi più felici al mondo. Danno priorità all'equilibrio, all'uguaglianza e alla semplicità. Lavorano meno ore. Trascorrono del tempo con i propri cari. Hanno fiducia nelle loro comunità e nei loro governi. È più di una tendenza.

I ricercatori lo chiamano "coesione sociale". È il segreto che tiene insieme la loro felicità e riguarda principalmente semplicità, connessione, appagamento e comunità. Questi sono valori fondamentali che modellano il modo in cui vivono, interagiscono e definiscono il successo personale. I nordici credono che meno possa essere di più e che la felicità possa essere silenziosa, persino ordinaria. La Danimarca ha persino un istituto di ricerca sulla felicità, che esplora perché alcune società sono più felici di altre.

Una filosofia chiave è racchiusa nel lagom.

In svedese, significa "la giusta quantità". Lagom investo tutto che dà equilibrio. È scegliere abbastanza, ma non troppo. Nei nordici, la maggior parte delle persone fa pace con la moderazione. Non vivono per accumulare; vivono per divertirsi. L'idea di "abbastanza" non è vista come un acquietamento. È vista come la libertà di vivere senza dipendenza. Hai spazio per respirare, goderti la vita e trascorrere del tempo con la famiglia e gli amici. Avere appena abbastanza significa avere tempo e spazio per relazioni, riposo e creatività.

C'è anche hygge, un concetto danese per intimità e comfort.

Immagina di sederti accanto a un fuoco, avvolto in una coperta, condividendo un pasto con gli amici. Non c'è pressione per impressionare. Questo è hygge. È creare calore e godersi la presenza. Non hai bisogno del lusso per essere felice in esperienze come queste. Hygge ci insegna che la gioia è semplice. Sono le esperienze quotidiane che contano. Quelle vengono ricordate per tutta la vita, soprattutto quelle condivise.

Gli studi dimostrano che forti legami sociali sono collegati alla felicità. I ​​paesi nordici attribuiscono un grande valore alle relazioni e alla comunità. Le persone trascorrono del tempo insieme senza distrazioni, apprezzando la connessione faccia a faccia. Per la maggior parte delle persone, le relazioni vengono prima del lavoro. Le persone non vivono per lavorare; lavorano per vivere. L'equilibrio tra lavoro e vita privata non è solo una parola d'ordine, è parte integrante della cultura nordica.

Anche la società nordica apprezza il sisu, soprattutto in Finlandia.

Sisu significa resilienza e forza interiore, in particolare quando si tratta delle sfide della vita. Pensalo come coraggio misto a calma. I paesi nordici sperimentano inverni lunghi e bui, eppure sono tra i più felici. Non hanno un sole splendente o condizioni perfette. Ma hanno resilienza e prospettiva. Hanno imparato che la felicità non consiste tanto nel sfuggire al disagio. È accettare e adattarsi ai cicli della vita.

Il sisu aiuta le persone a perseverare e a trovare un significato, anche durante i lunghi e bui inverni. Invece di cercare di sfuggire ai disagi della vita, si adattano, accettano e vivono la loro vita migliore nonostante il disagio. Anche i legami sociali sono un valore potente nei paesi nordici. Amicizia, famiglia e senso di comunità sono considerati essenziali per una bella vita.

In Svezia, c'è il fika, un rituale quotidiano di ritrovo con amici o colleghi per un caffè per connettersi. Non è solo una pausa caffè. È una pausa per la connessione umana. Fika insegna che rallentare per stare con gli altri è una priorità, non un ripensamento. Il tempo sociale intenzionale rafforza i legami e riduce lo stress.

Anche la fiducia è fondamentale. Le società nordiche apprezzano l'uguaglianza e il rispetto reciproco. L'uguaglianza è fondamentale per una buona vita. Il modello nordico funziona grazie alla sua equità. Il divario di ricchezza è molto più piccolo. Le tasse sono alte, ma queste tasse tornano indietro in modi che danno a tutti accesso all'assistenza sanitaria, all'istruzione e all'alloggio. Non vedono questo come un sacrificio, ma come un investimento nel futuro di tutti. È un ciclo che mantiene felice la maggior parte delle persone.

Le tasse elevate finanziano l'istruzione gratuita, l'assistenza sanitaria e i sistemi di supporto. I paesi nordici godono di alcune delle migliori statistiche sanitarie al mondo. Questo è un tipo di "rete di sicurezza" che la maggior parte dei paesi non sperimenta. Le ricerche dimostrano che aumenta la soddisfazione della vita, rimuove l'ansia per i bisogni di base e crea fiducia e sicurezza. Le persone si fidano l'una dell'altra e delle loro istituzioni. Questa mentalità crea un senso di sicurezza.

Un alto livello di fiducia dà alle persone un senso di stabilità e libertà. Non sono spinte a "farcela" da sole o a competere costantemente. Si affidano a una società che valorizza il benessere per tutti. La fiducia garantisce la libertà che apre lo spazio alla felicità nella vita di tutti i giorni.

Poi c'è la legge jante, un codice culturale non detto nei paesi nordici. La legge jante scoraggia l'esibirsi o il vedersi migliori degli altri. Sebbene possa sembrare restrittivo, crea una società in cui le persone si sentono uguali, rispettate e umili. C'è la sensazione che i contributi di tutti siano importanti, indipendentemente dal loro lavoro o status. Un senso di uguaglianza che garantisce pace e sicurezza.

Un altro concetto, friluftsliv, o "vita all'aria aperta", parla dell'amore norvegese per la natura. Le persone trascorrono del tempo all'aperto ogni giorno, indipendentemente dal meteo. La natura non è solo uno scenario; è essenziale. Gli studi dimostrano che stare nella natura riduce lo stress e aumenta la felicità.

La Finlandia ha persino scuole pubbliche nella foresta per bambini piccoli. La natura diventa parte della loro educazione alla felicità. In Norvegia, le persone dicono spesso: "Non esiste il cattivo tempo, solo i vestiti sbagliati". È un piccolo esempio della loro mentalità: la vita non è perfetta, ma di solito c'è un modo per adattarsi. Un modo per trovare appagamento in ciò che hai invece di desiderare ciò che non hai.

Quindi, tutto questo cosa induce a pensare?

L'approccio nordico alla felicità impone di riconsiderare il modo di vivere, cioè chiede di rallentare e dare valore alla semplicità. La vera felicità è trovare appagamento nell'equilibrio, gioia nella connessione e forza nella resilienza. La teoria nordica della felicità insegna che "quanto basta" è più importante per la nostra felicità di quanto pensiamo. La teoria nordica della felicità non promette beatitudine in ogni momento. Promette stabilità e tranquillità. Si basa su valori radicati: fiducia, uguaglianza e responsabilità reciproca.

Non cercano un'esperienza di picco. Stanno creando una vita che sembra completa, giorno dopo giorno. Forse il segreto della felicità non è trovare ciò che non abbiamo. Forse è notare ciò che abbiamo già. I nordici vedono la felicità come accessibile, non ambiziosa. La teoria nordica della felicità non suggerisce solo nuove abitudini. È una mentalità, un modo di ripensare la felicità. Non è solo una teoria; è una rivoluzione silenziosa su come vivere la tua vita migliore.

giovedì 14 novembre 2024

L'universo è la mente di Dio?


 

È il cervello il luogo dell'illusione? In effetti, non esiste un mondo fisico. Esiste solo un mondo di coscienza, il che significa che la mente non trascende il cervello. Significa che tutto è mente.

Questi pensieri sarebbero stati considerati assurdi ai tempi semplici della teoria atomica classica. Il mondo era chiaramente fisico, e questo era facile da dimostrare. Se si scomponeva tutto, era tutto composto da particelle fisiche chiamate atomi. E, se hai studiato in po’ di chimica a scuola, saprai che ogni atomo ha un nucleo di neutroni e protoni, orbitato da elettroni. E questo è tutto.

Poi è arrivata la teoria quantistica. Ora ci sono quark e bosoni e leptoni e fermioni e tanto altro ancora.

La fisica quantistica è strabiliante. Nel 1926, il fisico Erwin Schrödinger suggerì per la prima volta che le particelle elementari a volte si comportano più come onde. Questa è la famosa dualità onda-particella. E diventa davvero significativa (e decisamente inquietante) con quello che viene chiamato "l'effetto osservatore". Ne hai sentito parlare? C'è qualcosa nell'osservare effettivamente una di queste onde che la fa collassare in una particella.

La luce assume un curioso comportamento; quando viene osservata dall’occhio umano, diventa particelle in movimento, altrimenti prende la sua veste naturale, cioè quella ondulatoria.

Ci si chiede a quale velocità potrebbe avvenire la comunicazione fra due fronti d’onda lontani tra loro, se al semplice puntamento dello sguardo la trasformazione è già avvenuta.  Poiché la vista acquisisce le informazioni attraverso la luce, le particelle dovrebbero comunicare a una velocità maggiore della luce stessa affinché lo sguardo constati la nuova forma assunta.  Questa conclusione trova netta contrapposizione al principio indiscutibile che non c’è nulla di più veloce della luce.

L'idea di un universo cosciente non è nuova. Molto prima della fisica quantistica, i filosofi hanno esplorato l'idea. Il filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) scrisse di das Absolute. L'assoluto. Descrisse l'universo come un tutto onnicomprensivo e unificante. E per Hegel, questo tutto unificante era una mente. Essendo l'assoluto di ogni cosa, ciò significa che ogni cosa è una mente o dipende da una mente, una posizione filosofica nota come idealismo assoluto. Le cose fisiche sono illusorie.

George Berkeley (1685-1753) la pensava in modo simile, credendo che gli oggetti siano dipendenti dalla mente. Anche lui era quello che potresti definire un immaterialista. Esiste una visione del mondo strettamente correlata chiamata panpsichismo, che è la convinzione che sebbene gli oggetti possano essere fisici, sono intrisi di mentalità, persino di coscienza. Il panpsichismo è una delle più antiche credenze filosofiche del mondo, risalente a Talete (c. 624-545 a.C.), un filosofo greco molto prima dell'epoca di Platone.

Un universo cosciente è anche insito nel panteismo di Baruch Spinoza (1632-1677). Spinoza credeva che tutto fosse Dio. (Hegel fu così impressionato da Spinoza che una volta disse: "O sei uno spinozista o non sei affatto un filosofo").

L'idea è persino discussa oggi nei circoli scientifici. Un recente incontro di fisici e filosofi ha avuto luogo al Marist College di Poughkeepsie, New York, per discutere la questione di un universo cosciente. Non è stato deciso nulla (tipico negli incontri di scienziati e filosofi), ma l'idea di incontrarsi su un argomento del genere sarebbe sembrata assurda non molti anni fa.

Quindi cosa significherebbe se l'universo fosse cosciente? Se fosse una mente? O una mente?

Bene, varrebbe la pena chiedersi di chi sia la mente, e questo porta all'idea che l'universo sia Dio (secondo il panteismo di Spinoza) o almeno che sia nella mente di Dio. Una visione filosofica del mondo chiamata panenteismo (distinta dal panteismo) sostiene che Dio è l'universo, ma Dio potrebbe anche essere più dell'universo. L'universo è una parte di Dio, nella mente di Dio. Devo confessare che mi piace molto questa idea. Mi piace l'idea che Dio più o meno "pensi" l'universo in essere. Non ha più senso immaginare l'universo nella mente di Dio piuttosto che Dio che si prende la briga di "creare" l'universo? Ritirarsi nel suo laboratorio per mettere insieme un universo con materiale che ha comprato in qualche supermercato celeste? E poi sedersi in disparte, osservandolo come se fosse un intricato trenino nella cantina di un tizio? Conosci quel bambino. Con il suo cappello da ingegnere? Spingere un interruttore e guardare il treno serpeggiare intorno alla piccola città che ha costruito finché sua madre non lo chiama per cena? Quel bimbo non può essere Dio?

mercoledì 13 novembre 2024

Gestire il dolore dopo una relazione interrotta


 

Non c'è modo di attutire il colpo quando si tratta di accettare che il cambiamento è una parte inevitabile della vita. Tutti noi possiamo avere difficoltà ad accettare il cambiamento.

Eppure, più cerchiamo di combattere l'inevitabile, più può essere difficile accettare questi cambiamenti. La vita è imprevedibile e l'unica costante nella vita è il cambiamento. Gestire i cambiamenti nelle nostre relazioni, specialmente nelle storie d'amore, può essere difficile. Molti di noi si lanciano attivamente in una relazione dando per scontato che non c'è una data di scadenza o che nulla cambierà in futuro. Si intraprendono le relazioni con la prospettiva del "qui e ora".

Ci avviciniamo ai partner in base a dove ci troviamo nella nostra crescita. Ci rivolgiamo a ciò che è comodo e familiare perché siamo programmati per cercare ciò che risuona con le nostre prime esperienze. Da un lato, questo può darci un senso di continuità. D'altro canto, possiamo essere predisposti a scegliere un partner che risuona con il nostro trauma non guarito o con la nostra educazione tossica semplicemente perché è "comodo".

Quando scegliamo un partner in base a cose che non abbiamo affrontato o disfatto, stiamo scegliendo ciecamente ciò che ci sembra "familiare" e ciò che di solito risuona con il nostro dolore. Quindi, un partner può essere scelto per disperazione di non essere soli; o per auto-sabotaggio o comportamento autolesionista nella speranza che le cose saranno diverse questa volta. Queste dinamiche sono ciò che identifica la teoria della coazione a ripetere di Freud.

Tuttavia, il nostro partner ideale è qualcuno che ci fa sentire visti, ascoltati, apprezzati, desiderati e amati. Ci apre gli occhi su tutte le relazioni pessime precedenti e sulle amicizie del bel tempo e su quanto fossero superficiali. Il nostro partner diventa il nostro compagno di viaggio e il nostro migliore amico. Ci capisce in un modo che la maggior parte delle persone non ha. Questa capacità di relazionarsi con noi è dovuta al fatto che li abbiamo lasciati entrare nella nostra intimità; hanno visto le parti di noi che chiudiamo al resto del mondo. Vedono le nostre vulnerabilità, le nostre ansie sociali, il nostro dolore, le nostre speranze e i nostri sogni.

Quando stabiliamo una relazione sana significa che siamo riusciti ad andare oltre la "maschera" sociale dell'altro. Ci innamoriamo della sua stranezza, del suo ottimismo, della sua intelligenza e del suo senso dell'umorismo. Riconosciamo come la sua tossicità infantile possa aver limitato parte della sua capacità di "diventare adulti" e quindi ci prendiamo per mano e cresciamo insieme nelle aree in cui siamo carenti.

Iniziamo a capire la sua storia e, di conseguenza, iniziamo a capire noi stessi. Impariamo gli uni dagli altri e riconosciamo quanto siamo speciali ai suoi occhi in base alla maschera che mostra al mondo esterno, rispetto alla persona vulnerabile visibile in privato.

Col tempo, diventa qualcuno di cui ci rendiamo conto di aver bisogno. Impariamo a contare sul proprio partner per ricevere supporto emotivo e incoraggiamento. Ci sentiamo elettrizzati quando riceviamo il nostro solito messaggio mattutino con le parole "Ehi, buona giornata". Iniziamo a riconoscere gli eventi quotidiani all'interno della relazione e la prevedibilità che offre. Impariamo che attraverso queste espressioni di coerenza e affidabilità, ci sentiamo anche al sicuro.

Un giorno, però, la realtà può cambiare e a volte, i cambiamenti sono immediati così da scombussolare l’anima. I motivi possono essere di vario genere: forse abbiamo incontrato un nuovo amico e ha aperto nuove prospettive. Oppure, forse la carriera ha portato nuove responsabilità per cui dedicare più tempo al lavoro ha mortificato la relazione.

Altre volte, il cambiamento è meno ovvio e si sviluppa nel tempo. Potrebbe essere il risultato di problemi di salute che sono emersi e hanno preso il sopravvento nelle nostre vite. Oppure, forse uno dei partner vive un periodo di depressione o ansia.

Gestire queste sfide spesso include elaborare il lutto per la "vecchia" relazione e imparare ad adattarsi a nuove dinamiche, insieme. Eppure, è anche così che molti partner iniziano ad allontanarsi e a cercare di gestire le cose da soli invece di rivolgersi all'unica persona che dovrebbe essere lì per il supporto.

Una dura verità è che non tutti i siamo emotivamente attrezzati per affrontare il trauma del cambiamento. Cresciamo al nostro ritmo e solo se siamo aperti e ricettivi. La crescita procura sofferenza; arriva con realizzazioni e verifiche della realtà e sfida le nostre percezioni sulle cose, spingendo a riformulare il modo in cui vediamo noi stessi e ciò che abbiamo vissuto.

Un modello di semplice impacchettamento e abbandono di una precedente relazione tramite messaggio di testo o e-mail, potrebbe non essere sufficiente in una relazione perdurante, il che può mettere molta pressione psicologica che fa perdere i riferimenti assunti come sicuri già da tempo. Per questo motivo, potrebbero insorgere seri problemi dopo il troncamento della relazione.

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