martedì 29 aprile 2025

I vantaggi di pensare positivo


Il pensiero positivo, caratterizzato da ottimismo, è affrontare le sfide della vita quotidiana con leggerezza d’animo e con uno spirito di solida speranza e atteggiamento costruttivo nelle relazioni sociali. 

Esso influisce significativamente sul tenore psicologico umano, favorendo la focalizzazione sulle soluzioni dei problemi senza il freno del pessimismo. 

Ci sono diversi aspetti su cui l’assunzione del pensiero positivo lavora, incentiva e migliora la qualità della vita.

Prima di tutto, salvaguarda e migliora la Salute Mentale, facendo diminuire stress e ansia, prevenendo il circolo vizioso dei pensieri negativi.
Aiuta a recuperare più rapidamente da fallimenti o traumi (es.: perdita del lavoro vissuta come opportunità di crescita).

Non meno importanti sono gli effetti benefici sul fisico. Studi su questo aspetto collegano l’ottimismo a pressione sanguigna più bassa e minor rischio di infarti.

Il Sistema immunitario ne viene rafforzato attraverso una risposta immunitaria più efficace.

Una mentalità positiva è associata a stili di vita più sani (esempio: dieta equilibrata, esercizio fisico); solidifica le relazioni Interpersonali, facilitando connessioni autentiche e creando reti di supporto.

Il Pensiero Positivo si rivela un ottimo complice per le comunicazioni costruttive in quanto i conflitti sono risolti con calma e tolleranza (esempio: discutere problemi lavorativi cercando compromessi).

I riflessi si vedono anche in ambiente lavorativo poiché l’atteggiamento positivo stimola idee innovative e promuove la collaborazione, evitando dubbi paralizzanti, sostituiti da azioni più produttive.

Caratterizza la mentalità di crescita, permettendo di percepire gli ostacoli come opportunità di apprendimento (esempio: un progetto fallito rivisto come lezione). Predispone la mente a cambiare strategie senza indurre scoraggiamenti.

Credere nel successo motiva a perseverare nelle iniziative, nonostante le difficoltà.
Gli ottimisti fissano traguardi più audaci (esempio: avviare un’impresa invece di cercare un lavoro sicuro); sanno riconoscere le difficoltà senza fossilizzarsi su di esse (esempio: accettare una diagnosi medica mentre si cerca attivamente una cura).

In definitiva, il pensiero positivo migliora la qualità della vita influenzando la salute, le relazioni e le performance, purché integrato con una valutazione realistica delle situazioni. 

 

lunedì 28 aprile 2025

Un esorcista al servizio della Chiesa

Don Gabriele Amorth
 

La lotta tra il bene e il male, nella storia del pensiero è sempre stato un tema simbolico e morale. Nel caso di Don Gabriele Amorth, la suddetta lotta è stata una realtà concreta e quotidiana.

Don Gabriele Amorth nasce a Modena il 1 maggio del 1925, muore a Roma nel 2016. Egli è noto per essere stato uno dei più noti sacerdoti esorcisti della Chiesa Cattolica, appartenente alla Società San Paolo. Fin da giovane si distingue per una fede profonda. Durante la seconda guerra mondiale partecipa alla resistenza come partigiano cattolico, ritrovando in essa gli stessi valori che lo hanno introdotto alla fede.  Svolse un ruolo attivo sempre in linea con la moralità e il senso di giustizia. Questa esperienza lo segnò intimamente, tanto da avergli rafforzato il senso e il significato di bene e di male come realtà storica, filosofica e spirituale.

Dopo la guerra, si iscrive a Giurisprudenza e matura, allo stesso tempo, la vocazione sacerdotale. Vi domanderete cosa c’entra la giurisprudenza con la vocazione sacerdotale: c’entra.

La sua iscrizione a giurisprudenza non fu un parcheggio o un ripiego, ma un passaggio fondamentale che gli fornì strumenti di riflessione razionale e rigore di pensiero. Dopo la laurea, entrò nella Società San Paolo e fu ordinato sacerdote nel 1954. Solo dopo trent’anni di attività pastorale, nel 1986 acquisì il ministero dell’esorcismo per mano del cardinale Ugo Poletti.

Cosa si intende per esorcismo? L’esorcismo è un rito pratico sacro della Chiesa Cattolica che ha come scopo di scacciare il demonio o liberare una persona o una casa dalla presenza maligna, nel nome di Gesù Cristo. L’esorcismo non è superstizione o una pratica di magia. Esso è sopra ogni cosa un sacramentale, vale a dire un segno sacro istituito dalla Chiesa. La pratica dell’esorcismo richiede fede, discernimento, umiltà, e una vita spirituale molto attiva.

Don Amorth è convinto che nel mondo la presenza del demonio sia un fatto “reale”.

Cosa intende per “reale”? 

Significa affermare con forza che Satana non è semplicemente una figura mitologica o il protagonista di un film dell’orrore: è piuttosto, ad avviso di Don Amorth, una persona spirituale vera e concreta, dotata di una intelligenza, di una volontà fuori dal comune. Questo è uno dei punti cardine del suo pensiero. 

Ma chi è il demonio? Il demonio è un angelo creato inizialmente buono da Dio. Dio crea sempre cose belle e buone. Questo angelo era bello, “pieno di luce” (da cui Lucifero), splendente, intelligente e pienamente libero. Si sentiva orgoglioso. Purtroppo questo orgoglio fuori misura l’ha portato a ribellarsi a Dio (suo Padre).

Egli si ribella a Dio; non vuole servirlo ma vuole essere servito; vuole mettersi al posto di Dio e fare esattamente le cose che fa Dio. Dio più volte lo richiama all’ordine ma egli non obbedisce e lo caccia, lo allontana: anzi gli crea un habitat caldo a sua misura: l’inferno. Ora quella luce che tanto splendeva in Lucifero, ora non splende più, la luce si è spenta: da angelo luminoso è diventato ombra, tenebra, oscurità. È diventato il principe delle tenebre.

Durante gli esorcismi, Don Amorth era fermo, sereno, senza mai lasciarsi intimidire dal demonio. Egli seguiva sempre il Rituale Romano, pregando con fede e autorità in nome di Gesù Cristo. Diceva nelle sue interviste che non era lui che combatteva il demonio, ma era la potenza della preghiera, di Gesù Cristo, della Madonna e dei Santi. 

Davanti alla possessione demoniaca, non mostrava paura perché già sapeva che il demonio aveva già perduto una prima battaglia con Cristo. Spesso Don Amorth lo provocava per sbugiardarlo. Egli riceveva le persone bisognose di un esorcismo solo se questa gente era già stata visitata da uno specialista medico o psichiatra. Egli stesso valutava i disturbi se erano di origine diabolica, psicologica o di altra natura, per evitare errori.

Un aneddoto che Don Amorth raccontava era quello sui “chiodi”. Egli raccontava che durante gli esorcismi le persone possedute dal demonio sputavano chiodi: chiodi e viti arrugginite, pezzi di vetro che si materializzavano nella bocca del posseduto, senza la presenza di sangue o ferite: Secondo lui (e anche secondo altri sacerdoti esorcisti) questi oggetti non erano stati ingeriti materialmente: venivano fuori materialmente dalla bocca del posseduto senza passare dallo stomaco. 

Con tutto questo, il demonio intendeva farsi non solo presenza, ma anche potenza.  Alcuni chiodi erano accompagnati da lunghe salivazioni nere e maleodoranti.  Ovviamente queste cose non erano viste come miracoli, ma come manifestazione dell’orrore: manifestazioni, queste, che confermavano la presenza di qualcosa di sovrannaturale.

In un altro episodio, Don Amormth racconta che uscì addirittura “una catena arrugginita” dalla bocca di una ragazza, sempre senza danni fisici visibili. Egli sentenziò così:

“Quando si combatte contro il demonio, si vedono cose che nessun medico o scienziato saprebbe spiegare”.

L’esorcista raccontava che, dopo che uscivano questi oggetti strani, come chiodi, catene e pezzi di vetro, egli li raccoglieva con attenzione, spesso usando dei guanti per evitare qualsiasi contaminazione sia fisico che spirituale. Li portava in chiesa e li metteva in un luogo separato e protetto, perché riteneva che questi oggetti potessero essere contaminati dal male. Alcuni oggetti venivano bruciati altri benedetti con la preghiera. Egli diceva:

“Non sono i chiodi a spaventare, ma il peccato. È il peccato il vero veleno che il demonio usa contro di noi”.

È il peccato la via d’ingresso del demonio. Il demonio non ha potere su di noi, comuni mortali, se non gli diamo noi il permesso volontario. Lui si serve dei nostri peccati per intervenire sulle vite delle persone. Quando una persona vive nel peccato, senza mai chiedere scusa, senza mai pentirsi, o cercare di migliorarsi, il demonio ha più libertà di agire nella sua vita. 

Per Don Amorth, anche se il demonio, nelle sue manifestazioni straordinarie, si manifesta, la vera causa è la “condizione spirituale” della persona. Il peccato è il vero “veleno” che consente al demonio di prendere il controllo. Sebbene gli oggetti strani come i chiodi possano impressionare, Don Amorth ci vuole dire che il male non sta nelle cose materiali, ma nelle scelte spirituali che facciamo. Bisogna vivere in mondo Santo attraverso la preghiera, dice don Amorth.

Un altro fenomeno inspiegabile nel contesto degli esorcismi e delle possessioni demoniache, spiega don Amorth, è che la persona posseduta “conosca e parli lingue antiche sconosciute”. Questo è un fenomeno noto come “Glossolalia”. 

La persona posseduta dal demonio sembra parlare lingue antiche senza averle mai studiate. In alcuni casi, queste lingue non sono moderne, ma lingue che risalgono al latino, all’ebraico, al greco antico. Quando l’esorcista utilizza il latino sacro, che è la lingua liturgica della Chiesa, il demonio potrebbe cercare di parlare in latino seppure in maniera distorta, come per mimare la sacralità senza poterla veramente toccarla.

Don Amorth riteneva che la preghiera fosse il fondamento della vita cristiana. La preghiera rappresenta il legame diretto con Dio, ed è fondamentale per mantenere viva una relazione con lui. Padre Amorth, per tutta la vita, ha incoraggiato i fedeli a pregare ogni giorno, anche solo con brevi preghiere come il Padre Nostro, o l’Ave Maria, ma sempre con il cuore sincero.

Pregare ovunque, anche sotto la doccia, aiuta a essere forti, a rafforzare la fede e a resistere alle tentazioni. 

di Fabio Squeo

domenica 27 aprile 2025

La favola del bosco sussurrante


 

In un bosco dove gli alberi parlavano sottovoce e le lucciole danzavano disegnando circoli d’oro nel cielo, viveva un scoiattolo di nome Luce.

La sua particolarità era un ciuffo d’argento che brillava sulla sua testa, dono di una stella cadente che lo aveva sfiorato da cucciolo.  

Il bosco, un tempo rigoglioso, si stava spegnendo: i fiori appassivano velocemente, i ruscelli mormoravano parole tristi e gli animali fuggivano, spaventati da un’ombra che serpeggiava tra i tronchi.  

Un mattino, Luce incontrò Aria, una cerva dagli occhi di cristallo che vegliava sul bosco da secoli.  

«La magia del Bosco Sussurrante sta svanendo», sussurrò lei. «Soltanto il tuo ciuffo d’Argento può riaccendere il Cuore della Foresta, sepolto nelle grotte dei Lupi Ombra».  

I Lupi Ombra erano creature leggendarie, guardiani del Cuore della foresta, ma nessuno li aveva mai visti. Deciso a salvare la sua casa, Luce partì in cerca delle grotte.

Lungo il cammino, incontrò Pinco, un picchio vanitoso che perse le piume per aver rubato un frutto magico. Per farsi perdonare il passato, offrì il suo aiuto per arrivare alle grotte dei Lupi Ombra.

La strada era lunga e la notte si avvicinava. Per fortuna si imbattette con Sira, una lucciola con le ali spezzate, che guidò lo scoiattolo nel buio in cambio di un pezzetto della sua bionda pelliccia.  

Giunto alla grotta, Luce non trovò lupi, ma alberi pietrificati dal dolore. Al centro, su un altare di radici, pulsava a battiti lenti il Cuore della Foresta, bloccato da una gemma verde opaca, posta da un malefico sortilegio. 

L’ombra malvagia che tutto incatenava, era in realtà uno spirito nato dalle lacrime non asciugate degli animali.

Per sconfiggerla, Luce fece un gesto inaspettato: raccolse una goccia di rugiada e la pose sulla gemma, dicendo: «Anche il dolore merita di essere ascoltato».  

La gemma si sciolse in un canto, e il ciuffo d’argento di Luce, toccando il Cuore della foresta, lo illuminò di vivo chiarore.

Il bosco rinacque, più vivo che mai. Gli uccelli tornarono a cantare. I ruscelli ripresero a zampillare allegramente. Gli alberi aprirono i loro rami cercando di abbracciare il cielo. Gli animali ritornarono nelle loro tane. L’intero bosco divenne spazio di vita e amore.

Da allora, si dice che quando una una goccia di rugiada cade, lì cresce un fiore che sussurra storie di coraggio e gentilezza.  


*Morale: A volte, un piccolo gesto può far rinascere a nuova vita. La forza più grande non è combattere le tenebre, ma accendere una luce con ciò che ci rende fragili. 

sabato 26 aprile 2025

Quanto è ancora difficile essere donna

 

Mi é capitato di leggere questa storia (che di seguito riporto integralmente) per indurre a riflettere su un problema per il quale si nota una tacita tendenza ad ignorarlo o quantomeno a sminuirlo. Credo che occorra fare uno sforzo per mettersi nei panni di coloro che vivono esperienze di privazione e di dolore. 

Probabilmente, per le donne la matrice patriarcale del problema affonda radici profonde nella nostra società, ma la psicologia del mondo sta cambiando e di questo prima o poi dovremmo rendercene conto.

"CAMILLE CLAUDEL, nata nel 1864, morta nel 1943. Dimenticata da tutti, sola, in un ospedale psichiatrico.

Che colpa aveva?

In un’epoca in cui alle donne era precluso l’accesso alla Scuola di Belle Arti di Parigi, Camille, giovane scultrice, si fece strada in uno dei mondi più chiusi e maschili di tutti: l’arte. Per poter studiare, frequentò gli atelier privati di artisti che, controcorrente, accettavano allieve donne. Fu così che conobbe Auguste Rodin, lo scultore più celebre del tempo. Tra loro nacque un’intensa relazione sentimentale e artistica: scolpivano insieme, si ispiravano a vicenda. Le loro mani plasmarono opere meravigliose, oggi custodite al Musée Rodin e al Musée d’Orsay.

Ma l’equilibrio si spezzò. Rodin, legato a un’altra donna da anni, alla fine la abbandonò. Lui rimase il maestro acclamato, l’uomo rispettato e celebrato, mentre Camille fu lasciata nell’ombra, ignorata, screditata. Non solo come donna, ma anche come artista. Le sue sculture non si vendevano, nessuno le commissionava più nulla. Isolata, diffidente verso il mondo, la sua vita si fece sempre più difficile.

A complicare tutto, la sua famiglia – potente, benestante, e imbarazzata da questa donna "scomoda", così libera e fuori dagli schemi. Suo fratello era Paul Claudel, poeta e diplomatico, uomo pubblico di prestigio. Fu proprio la famiglia a decidere di internarla. Camille, lucida, consapevole, scrisse per trent’anni lettere disperate a parenti e amici, chiedendo di essere liberata. Nessuno le diede ascolto.

Morì quasi di fame, il 19 ottobre 1943, in un ospedale pubblico. Nessuno dei suoi familiari partecipò al suo funerale. Il suo corpo fu sepolto in una fossa comune.

Oggi la storia ha finalmente reso giustizia al suo talento: le opere di Camille Claudel sono esposte accanto a quelle di Rodin, e a pochi chilometri da Parigi, un museo è interamente dedicato a lei.

Riflessione

Quante Camille ci sono nella storia? 

Quante donne geniali, anticonformiste, sono state silenziate, invisibili, perché troppo “moderne”, troppo “libere”, troppo “vive”? 

La vicenda di Camille Claudel non è solo una tragedia personale, è il simbolo di un sistema che ha soffocato talenti solo perché scomodi. Pensare che per decenni la sua voce non sia stata ascoltata, che la sua arte sia stata dimenticata, fa riflettere su quanto sia fragile la memoria collettiva – e quanto sia nostro dovere custodirla, proteggerla, farla brillare. 

Camille non ha avuto giustizia in vita, ma oggi, nel riconoscimento che finalmente le è stato restituito, troviamo la forza di riscrivere le storie dimenticate."


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