martedì 9 aprile 2024

La fretta come vizio della società moderna

 

La fretta è una nota molto comune del modo di agire del nostro tempo. Caratterizza la società di una inspiegabile necessità di risparmiare tempo. Non è escluso nessun settore da questo silente problema, iniziando dal lavoro, investendo la cultura, divorando il tempo libero, spogliando di emozioni i rapporti umani.

Nietzsche ci aveva avvertiti! Già nelle sue opere aggettiva la società moderna come società della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia che vuol “sbrigare”, “finire”, in fretta ogni cosa. Dunque, coglie la fretta come vizio di una cultura in decadimento.

Sottace una malata convinzione che dà valore alla cosa ottenuta con il massimo risparmio di tempo. Qualcuno confonde questo atteggiamento come efficienza, produttività, utile. Addirittura, risparmiare tempo o evitare la perdita di tempo tacitamente costituisce una virtù.

La tranquillità, l’ozio, diventano vizi da combattere per ridurli a piccoli e inevitabili frammenti di vita.

Le ricadute devastanti si hanno sull’essenza umana. L’uomo frettoloso è malato e i sintomi della malattia rendono il suo lavoro frustrante; perde inesorabilmente di saggezza e l’opportunità di riflettere. Così diventa ostaggio della sua febbrile esistenza, tutta rivolta a produrre, ad acquisire il massimo nel minimo tempo. 

Di conseguenza, si sente male quando si ferma; si sente incriminato perché non fa nulla. Anche quando deve riposarsi, l’iperattivo pensa di farlo in fretta.

In questo modo, il tempo della poesia, della musica, delle arti in genere, diventa un tempo clandestino. 

Si finisce di “perdere” la capacità di emozionarsi e ritrovarsi improvvisamente vecchi.

 

lunedì 8 aprile 2024

Che cosa è la vita?

 

Nel corso di un evento culturale, tre uomini ebbero una simpatica conversazione. Discussero appassionatamente su che cosa fosse per loro la vita.

Carlo era un medico ospedaliero e aveva trascorso buona parte della sua vita nelle corsie dell’ospedale, confrontandosi con pazienti di diversa estrazione sociale. Egli era abbastanza comprensivo e tollerante; aveva l’abitudine di lasciar credere ogni cosa su cui non era d’accordo.

Franco era in ingegnere informatico, preciso su ogni cosa e amante della rigida logica, per cui si mostrava insofferente nelle discussioni in cui si saltava da un argomento ad un altro, soltanto per aggiungere elementi nel discorso. In questi casi, si eclissava o spesso si estraniava dal dibattito.

Andrea invece era il classico divagante filosofo. Per lui ogni realtà doveva giustificarsi nella logica filosofica; era bravo nel seminare dubbi e porre sotto esame concetti scontati sui quali le persone comuni non ci pensano per niente. Fu così che il nostro Andrea iniziò la conversazione:

“Amici miei, vi siete chiesti che cosa è la vita? Cosa significhi per l’essere umano?”

Rispose subito Carlo: “La vita è espressione della biologia; sangue che circola nelle vene e organi che funzionano alla perfezione affinché noi possiamo pensare e reagire. Il concetto di vita non può prescindere dalla materia. Tutte le astrazioni del pensiero non potrebbero esistere in un cervello non funzionante a dovere!”

Mentre Carlo si esprimeva, Franco scuoteva la testa. Quando arrivò il suo turno di esprimersi, disse: “Carlo, non puoi ricondurre tutto alla biologia, altrimenti non avremmo nessun motivo per dichiararci vivi. Se parlo con te, io uso la mia logica che è soltanto mia. Tu potresti condividerla o rigettarla, ma ti avrò pur dato qualcosa per confrontarti e trarre soddisfazione al tuo essere e quindi, avere un segno per cui tu vivi. Nel mio campo, i computer sono depositari di una logica creata dall’uomo ed è spettacolare rivederla in azione quando eseguono i loro programmi. Un computer che funziona perfettamente non possiamo mai dire che vive! Sono curioso di conoscere il pensiero del nostro filosofo Andrea.”

I filosofi autentici non amano esibirsi con battute ad effetto, né mettersi in scena come brillanti pensatori, perché sanno che qualunque logica è opinabile e la verità assoluta nessuno la porta in tasca. 

In questo caso, per il piacere di discutere con i due vecchi amici, Andrea intervenne dicendo: “Signori miei, voi avete ragione entrambi! Il pensiero di ognuno di noi è influenzato dalla propria forma mentis: essenzialmente medica per Carlo e tecnica per Franco. Per fortuna vostra, il vostro pensiero si forma accontentandosi di una visione stretta del concetto. Con questo, non intendo riferirmi ad un pensiero superficiale, ma circostanziato sulle nozioni, imbevuto di materiale presente nel vostro campo di occupazione.

Per me, l’uomo non è una vita, ma ha una vita e pertanto è chiamato a gestirla nel miglior modo possibile. Per poter coltivarla, guidarla, amministrarla ha bisogno di una educazione che fornisce i mezzi in base alla al contenitore sociale in cui si trova. Per questo motivo le nostre vite prendono un senso diverso, originale e del quale discutiamo piacevolmente.”

Franco obiettò: “Secondo la tua teoria, Andrea, che senso avrebbe la vita?”

Andrea sorrise e rispose: “La vita ha valore e senso già di per sé in modo intrinseco, indipendentemente dalle connotazioni funzionalistiche ed utilitaristiche che cerchiamo di conferirle.”

A questo punto, Carlo chiuse la discussione: “Ragazzi, andiamo a gustare l’aperitivo che ci stanno preparando, così diamo un senso più materiale a ciò di cui discutiamo!”

I tra amici risero, accettando la piacevole proposta.

sabato 6 aprile 2024

L'ultima lettera ai miei diplomanti

 

Anche quest’anno la mia quanta classe ha terminato il percorso di studio. Questa volta, però, sarà per l’ultima volta, prima di annoverami tra i nuovi pensionati. Non ci penso e continuo a muovere la mia anima come se nulla fosse.

Come ogni fine anno mi resta un sapore agrodolce nel cuore; un altro anno scolastico è stato chiuso e altri 20 giovani colombe hanno spiccato il volo.

Ed ecco … arriva il momento del dubbio.  Mi chiedo: “Ho fatto tutto il possibile per loro?”

Temo di indagare in me stesso perché sarei tentato di lavarmi le mani e cercare giustificazioni costruite con l’aiuto degli ordini di sistema.

Potrei dire: “Ho fatto soltanto ciò che la funzione mi ha chiesto!”

Però davanti al giudice della coscienza non c’è assoluzione per nessun insegnante se anche uno solo degli studenti fallisce.

Un film di 20 episodi scorre nella mia mente … si ferma all’ultima scena: la seduta d’esame finale.

Osservo ognuno di loro, nudi dell’apparente arroganza, foglie tremanti prima di staccarsi dal ramo. Timidamente si approcciano a sostenere il primo vero confronto con le proprie responsabilità.

Sanno che riceveranno un numero come giudizio per ciò che hanno fatto nel corso dei cinque anni di scuola. Si leggono le tensioni interne e la tenerezza del sentimento giovanile.

Alcuni fanno scorrere parole sperando di non essere interrotti e poi costretti a cercare la risposta giusta; quei visi dei professori puntati su di loro sono fucili pronti a sparare e colpire al cuore del proprio orgoglio.

Altri, travolti dall’ansia, abbandonano la consapevolezza nella comprensione di chi li ascolta e si svegliano alla fine dell’esame.

I cavalli di razza, invece, scalpitano … attendono lo start per partire in galoppo e mostrare tutta la sapienza tecnica accumulata, sapendo che non sarà mai sufficiente a coprire le attese dei docenti.

Quando il film sarà terminato, come la quiete dopo la tempesta, arriverà il silenzio e il grande vuoto del futuro da riempiere con progetti di vita.

Caro alunno, prepara con attenzione il tuo disegno perché subito dopo averlo iniziato non potrai cancellarlo. Se le condizioni dovessero imporlo, perderesti tanto tempo prezioso che non ti sarà mai più restituito.

Parla al tuo cuore e chiedigli cosa ti piace fare … lui non ti dirà la bugia quantunque strana potesse essere la risposta.

Fare ciò che si ama non comporta sforzi.

Scegliti un lavoro che coincida con le tue passioni.

Quando avrai deciso cancella ogni perplessità e vai avanti con tutta la determinazione che puoi metterci. Vedrai le montagne spostarsi per farti largo… vedrai fiumi che cambiano percorsi … vedrai mari che si prosciugano …. Perché sanno dove vuoi arrivare.

Buona fortuna … io sarò nascosto tra i tuoi ricordi per incoraggiarti e impedirti di smarriti nelle difficoltà della vita.

giovedì 4 aprile 2024

Sentirsi poeta

 

Il poeta?
Una strana figura in una società meccanicistica!
Essere additato come poeta è un complimento a metà; in equilibrio tra la stranezza e la dolcezza. 
Per alcuni il poeta è un malato e la sua malattia è di secondo ordine, invisibile. 
È difficile assegnare un viso ad un poeta. L’immaginario collettivo lo vede come perso tra le nuvole, forse un po’ inebetito e senza problemi, se non quelli che si crea da solo.

Per quanto io possa sentirmi poeta, descriverlo, mi riesce difficile. Non perché non abbia parole, ma per quello spirito intimo, unico in ogni persona sensibile, che tende a mantenere uno stato di gelosa intimità con i propri sentimenti. 
Il poeta, tramite le parole, trasmette il suo mondo per risonanza, mantenendo un distacco fisico dall'esteriore.
Modulare i sentimenti con le parole è creare musica incantevole con lo spirito; è come spostare il mondo con i versi; è come rubare alla natura la sua semplicità, la sua armonia, il suo mistero annidato tra pelle e ossa di un corpo umano.
Mi ritrovo spesso a emozionarmi nel leggere una poesia. 
Ho l’impressione di non poter oltrepassare quel benedetto cancello che divide inesorabilmente le anime. L'emozione è dolce, trascende la materia, ti solleva da terra facendo volare il cuore laddove l’amore impera.

Il poeta non è mai triste! Sono le sue parole che potrebbero echeggiare tristezza, ma dentro di sè c'è pura gioia. Nel momento della declamazione del verso, il poeta libera scintille d'amore per la vita ed egli non è più nel suo corpo.

Non esistono grandi poeti (Dante, mi scusi), né poeti piccoli. Gli aggettivi in questo campo sono impropri. 
Chiunque riesce a far vibrare la propria anima è una poeta! 
Non ha bisogno di allori e se questi dovessero arrivare, egli non si spiega l’eccezionalità poiché essere un poeta non è un merito, è il naturale essere dell’animo umano.
Non siamo tutti poeti perché non siamo tutti fortunati per essere stati fucinati dallo stesso altoforno. Per essere sensibili è inevitabile aver conosciuto la forza dell’amore.
Se vuoi far nascere poeti, ama il mondo con tutta la generosità che ti è possibile. 
Se credi impossibile tutto questo, intorno a te ci saranno pochissimi poeti, chiusi tra i versi di una lontana letteratura del medioevo.  
 

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