martedì 24 luglio 2012

Comunicazioni silenziose


 

Le esperienze di vita sono intrinsecamente non comunicabili. 

Possono certamente essere scritte e raccontate, ma non trasmettono il profondo vero senso. Arrivano al lettore o all’ascoltatore con parole ordinate in frasi che hanno un accurato senso logico, ma prive di peso.

Il protagonista potrebbe infuocarle con la sua foga, il suo calore e il tono di voce, ma otterrebbe solo attenzione e vaga interpretazione di un vissuto non suo.

Alcuni rimangono impressionati dall’enfasi, dallo stato di agitazione, dalle reazioni straordinarie del comunicatore, ma difficilmente, il senso dei contenuti tocca l’anima nella direzione giusta.

Una situazione simile è riscontrabile vedendo un film. Dimenticando se stessi nel buio della sala cinematografica, entriamo nella trama, nella sensibilità degli attori e siamo condizionati dalle loro esternazioni, ma è necessario attendere la fine del film, per ricomporre a freddo tutti gli elementi psicologici che danno il contenuto alla trama.

Nel momento in cui si vuol comunicare un’esperienza vissuta, l’ascoltatore promette e non manterrà la promessa, che comprenderà il senso dopo, mentre subito offre la sua solidarietà e consolazione.

Non intendo dichiarare un’ipocrisia diffusa, che in alcuni casi potrebbe anche esserci, ma di un modo di rispondere all’esperienza del prossimo, “naturale”.

Ho sperimentato l’impossibilità di camminare e di manifestare in pubblico l’handicap. 

Vi assicuro che si è protagonisti di una comunicazione silenziosa molto articolata e presente nella maggioranza delle persone, indipendentemente se si è conosciuti o no.

La malattia o l’handicap, è “visto” inconsciamente come un male che si vuole esorcizzare e si tenta un’emarginazione sotterranea della persona colpita.

A livello di coscienza, poiché l’emarginazione non è una virtù, si reagisce con atti esteriori formali di solidarietà.

Questa interpretazione “cattiva” delle reazioni del prossimo, le riscontriamo in modo palese (assenza di coscienza) anche tra gli animali, i quali addirittura, minacciano l’esemplare menomato che chiede sostegno dal gruppo.

Se ci fate caso, le occhiate che vogliono apparire fugaci o casuali, le pause di colloquio che si notano alla vista di una persona menomata, sono momenti intensi di comunicazione senza parole.

I contenuti del colloquio nascosto sono chiarissimi e fanno molto male a chi, oltre al danno, riceve la beffa. 

lunedì 23 luglio 2012

Premio per una vita d'amore


Non posso sapere a quanti di voi è successo di rimanere immobili e impotenti davanti a un genitore sofferente, debole e arreso alle offese di un corpo invecchiato. 

Il gigante morale, il binario che ti guidava, in quel momento sembra appartenere alla storia. 

Effettivamente, si ha l’impressione di aprire un libro antico e attraverso i ricordi rivedere le scene dei bei momenti affettivi, le temute reazioni educative, le dolcissime premure di una mamma. 

Non riesco a evitare di inumidirmi gli occhi, quando il pensiero, come un ologramma, mi stampa la sua foto davanti e con un meccanismo automatico inizia a girare scene di un film che conosco molto bene.

So benissimo che tutti attraverseremo quella coda scomoda della vita, ora però, sono convinto che qualunque realtà che il destino potrà riservare, si ricorderà che il silenzio di chi vuol bene o la stretta di una mano giovane, è il premio per una vita consumata nell’amore. 

Verità camaleontiche




Si racconta di una donna che era convinta di avere un angelo custode che l’accompagnava ovunque e le dava conforto e protezione. 

In ogni occasione di incertezza o di paura, il suo pensiero si rivolgeva al suo angelo e miracolosamente tutto sembrava semplificarsi con la massima serenità. 

Con il procedere degli anni, nuove idee scaturite da una filosofia di vita mutata, minarono la fede in questo angelo. 

Gli atteggiamenti della donna cambiarono radicalmente e la presunzione unita con l’arroganza costituiva il tratto più evidente di questo suo nuovo profilo. 

Il tempo, che passa per tutti, le pose davanti alla sua consapevolezza i primi problemi legati all’età matura e capitò quindi che si ammalasse. 

La nuova filosofia di vita che aveva adottato non le dava nessun riferimento per ricavar conforto mentre la malattia che la colse si aggravava. 

La povera donna finì in coma e nel tempo dell’abbandono momentaneo della nostra vita, rivide l’angelo. 

Piangendo, si rivolse a lui chiedendo perdono per la volubilità della sua fede. 

Nella frenesia della supplica gli chiese: 

“Perché ti sei adeguato alla mia meschinità?” –
“Sei stato sempre presente nei miei momenti difficili!” –
“Perché mi hai abbandonata?” -

L’angelo, irradiando serenità, rassicurò la donna rispondendo:

“Non ti ho mai abbandonata.” -
“Nei momenti in cui non mi vedevi, io ero dentro di te mentre tu guardavi fuori”.

La storia di questa donna è molto comune e mette in risalto che la vita è sempre un processo di consapevolezza che passa attraverso innumerevoli verità fortemente condizionate dall’esperienza del dolore.  

 

sabato 21 luglio 2012

Non posso ignorarti



Bimbo mio, non posso ignorarti.

Il tuo tenero cuoricino rende morbido anche quel rude, polveroso giaciglio.

Ignaro della cattiveria degli uomini, trovi pace solo nel sonno.

Schivo all’indifferenza dei grandi uomini della terra, li rendi ridicoli, svuoti le loro parole e smascheri la loro ipocrisia.

Sebbene tu sia nato sullo stesso mio pianeta, la logica divina non ha trovato un miglior posto per accoglierti.

Non ti occorre molto per dormir sereno,
se non un cencio che ti ripara da mosche e zanzare,
se non la tua pelle nera che ti ripara dal sole africano.

Dormi bambino mio e lascia che il mio cuore pianga in silenzio.
Non vorrei svegliarti per ricordarti di avere fame.

Il mio letto questa sera sarà più duro.

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