mercoledì 30 aprile 2025

Il valore della filosofia quotidiana (Russell)

 

La saggezza è l'ideale che anima il pensiero di Russell più di ogni altro.

Russell era, dopotutto, un filosofo, e "filosofia" deriva da parole greche che significano "amore per la saggezza". Ma la saggezza ha un aspetto inevitabilmente pratico ed etico che manca in gran parte dell'opera filosofica.

La conoscenza può essere specialistica o astratta, strumentale o puramente fine a sé stessa; ciò che conta è che sia corretta. La vera saggezza, d'altra parte, non è solo una questione di correttezza. Deve essere in qualche modo un arricchimento della vita. Quando ci viene presentata una cosiddetta saggezza priva di questa qualità, la riconosciamo come vuota, vacua, inautentica.

Molti insegnanti e studenti di filosofia oggi ritengono che la disciplina sia minacciata, non solo dai tagli ai finanziamenti, ma da un cambiamento culturale più pervasivo e meno quantificabile, che tende a misurare il valore solo in termini strumentali e monetari. Ma quando i filosofi cercano di difendere la loro disciplina, la questione del perché la filosofia sia importante a volte si intreccia con la loro stessa autostima.

Più precisamente, forse, quando cercano di proteggere la filosofia, stanno anche proteggendo il loro sostentamento. C'è un'ironia in questo, poiché i filosofi spesso si presentano come pensatori che raggiungono una suprema oggettività in relazione a qualsiasi questione affrontino.

Non sto suggerendo che i filosofi debbano rinunciare a insistere sul valore della filosofia, o che la loro competenza collettiva nel ragionamento e nella storia della filosofia non sia qualcosa di cui essere orgogliosi. Ma la questione della loro oggettività riguardo al significato della filosofia ci offre una buona ragione per ascoltare le opinioni di Bertrand Russell su questo argomento.

Russell era più di un filosofo: era anche un matematico, un attivista per la pace, un educatore, un divulgatore della scienza moderna e un critico culturale. La portata e la diversità della sua opera lo rendono idoneo a commentare il valore della filosofia, poiché apprezzava il rapporto tra la filosofia e altri tipi di indagine. E Russell più di una volta si è dimostrato impegnato nella ricerca della verità anche quando ciò metteva a repentaglio la sua vita professionale o entrava in conflitto con i suoi lavori precedenti.

Nel suo saggio del 1946 "Filosofia per laici", Russell discute la natura, lo scopo e l'importanza della filosofia. Elenca una serie di domande che appartengono alla ricerca filosofica: "Sopravviviamo alla morte in qualche senso, e se sì, sopravviviamo per un certo tempo o per sempre? La mente può dominare la materia, o la materia domina completamente la mente, o entrambe hanno, forse, una certa indipendenza limitata? L'universo ha uno scopo? O è guidato da una cieca necessità? O è un mero caos e confusione, in cui le leggi naturali che crediamo di trovare sono solo una fantasia generata dal nostro amore per l'ordine? Se esiste uno schema cosmico, la vita ha in esso più importanza di quanto l'astronomia ci porterebbe a supporre, o la nostra enfasi sulla vita è mero provincialismo e autocompiacimento?"

È sorprendente che Russell si concentri qui sulle questioni più "cosmiche" della filosofia; questioni che molti riconoscerebbero come ampiamente religiose oltre che filosofiche. Tipicamente, Russell professa il suo agnosticismo, affermando di non poter rispondere a tali domande e di non credere che nessun altro possa farlo. Ciononostante, continua: "La vita umana sarebbe impoverita se venissero dimenticate, o se si accettassero risposte definitive senza prove adeguate".

Uno scopo importante della filosofia, quindi, è quello di mantenere vivo l'interesse per queste domande e di esaminare attentamente qualsiasi risposta che possa essere proposta.

Russell rilancia un'antica concezione della filosofia come stile di vita, insistendo sul fatto che le questioni di significato e valore cosmici abbiano un'urgenza esistenziale, etica e spirituale. (Naturalmente, cosa potremmo intendere con tali termini è un altro problema con cui i filosofi devono confrontarsi).

Nella tradizione greca antica, Russell ci ricorda, la filosofia non era semplicemente un esercizio teorico, e i filosofi non erano solo – o per niente – pensatori professionisti. "Socrate e Platone erano scandalizzati dai sofisti perché non avevano obiettivi religiosi", scrive, e aggiunge che molti degli antichi filosofi greci "fondarono confraternite che avevano una certa somiglianza con gli ordini monastici di epoca successiva".

Socrate sostiene nella Repubblica che la ricerca della verità da parte del filosofo implica il riorientamento di tutta la sua anima verso il bene, nonché la chiarificazione teorica di cosa sia l'anima e in cosa consista il suo bene. Aristotele sviluppò questa idea attraverso la sua etica della virtù, che mostra come il nostro carattere possa essere formato, in pratica, in accordo con ciò che è bene per noi: la nostra felicità e la nostra realizzazione come esseri umani.

Russell si colloca in questa tradizione, sostenendo che "se la filosofia deve svolgere un ruolo importante nella vita di uomini che non sono specialisti, non deve cessare di promuovere un qualche stile di vita".

Individua differenze chiave tra gli approcci filosofici e religiosi al vivere bene: la filosofia rifiuta qualsiasi appello all'autorità di una tradizione o di un libro sacro, e il filosofo non dovrebbe tentare di fondare una chiesa.

Russell evidentemente considerava l'autoritarismo l'essenza della religione, e su questa base la sua filosofia è decisamente antireligiosa. Uno scetticismo eticamente orientato è al centro della sua concezione di un modo di vivere propriamente filosofico. Per Russell, la filosofia dovrebbe condurre alla pace – alla serenità personale e alla pace nel mondo.

"Il dogmatismo è un nemico della pace e un ostacolo insormontabile alla democrazia (...)"

Anche una minima formazione filosofica, sostiene, ci insegnerebbe a vedere oltre le "sanguinarie assurdità" predicate in nome di interessi nazionalisti e settari – e anche, va aggiunto, in nome della democrazia.

Russell e il Cristianesimo

Il dissenso di Bertrand Russell da quella che ai suoi tempi era ancora la fede cristiana convenzionale può essere spiegato in parte dal suo background e dalle sue prime influenze. Sua nonna lo educò come unitariano, il che significava che "la punizione eterna e la verità letterale della Bibbia non gli venivano inculcate", come afferma nella sua autobiografia. Come i suoi genitori liberi pensatori, Russell fu colpito dalla filosofia utilitaristica di John Stuart Mill, che incontrò per la prima volta da adolescente. Ma la sua critica al Cristianesimo era dovuta anche alla ferrea integrità intellettuale con cui affrontava ogni questione che riteneva degna di riflessione.

All'età di 14 anni Russell iniziò a mettere in discussione i principi della fede cristiana – tra cui il libero arbitrio, l'immortalità personale e l'esistenza di Dio – e all'età di 18 anni li aveva già rifiutati tutti.

Tuttavia, la stessa integrità intellettuale che rese Russell incapace di accettare le credenze religiose gli impedì anche di abbracciare l'ateismo. Proprio come il filosofo scozzese del XVIII secolo David Hume, Russell mantenne un atteggiamento scettico nei confronti delle questioni metafisiche. Spiega questa posizione molto chiaramente in un saggio del 1953 sul suo agnosticismo, dove afferma che "è impossibile, o almeno impossibile al momento attuale, conoscere la verità su questioni come Dio e la vita futura di cui si occupano il cristianesimo e le altre religioni".

Teoricamente, l'agnosticismo è molto diverso dall'ateismo, poiché atei e teisti condividono la convinzione che la conoscenza di tali questioni sia raggiungibile – e, in effetti, che loro l'abbiano raggiunta mentre i loro oppositori non ci sono riusciti. Tuttavia, da un punto di vista pratico, Russell ammette che l'agnosticismo può avvicinarsi molto all'ateismo, poiché molti agnostici sostengono che l'esistenza di Dio sia così improbabile da non meritare di essere presa seriamente in considerazione.

In "Perché non sono cristiano", Russell descrive l'esistenza di Dio come "una questione ampia e seria" e rifiuta alcuni degli argomenti teistici classici: l'argomento della causa prima, l'argomento del disegno e l'argomento morale.

La conferenza critica anche il personaggio di Gesù presentato nei racconti evangelici. In particolare, Russell rifiuta l'idea dell'inferno: "È una dottrina che ha portato la crudeltà nel mondo e ha inflitto al mondo generazioni di crudeli torture; e il Cristo dei Vangeli, se si potesse considerare come lo rappresentano i suoi cronisti, dovrebbe certamente essere considerato in parte responsabile di ciò".

Sebbene Russell sembri spesso nei suoi scritti tendere verso una posizione quasi atea, il suo agnosticismo è rafforzato dal riconoscimento che la parola "religione" non ha un significato ben definito. "Se si intende un sistema di dogmi considerato indiscutibilmente vero", scrive, "è incompatibile con lo spirito scientifico, che rifiuta di accettare dati di fatto privi di prove e sostiene inoltre che la certezza assoluta sia difficilmente raggiungibile".

L'articolo sull'agnosticismo fu pubblicato in un'epoca in cui i critici della religione venivano spesso considerati comunisti; Russell contrasta questa ipotesi sottolineando che il tipo di comunismo sostenuto dal governo sovietico corrisponde alla sua definizione di religione dogmatica e che pertanto "ogni autentico agnostico deve opporvisi".

È chiaro che un'avversione appassionata al dogmatismo permea sia la sua critica dell'oppressione religiosa e del moralismo, sia la sua dottrina più positiva dell'agnosticismo filosofico. Russell sembra talvolta orientarsi verso la convinzione che il modo in cui si crede, e non solo ciò che si crede, sia eticamente significativo – una convinzione che sarà accolta da qualsiasi persona religiosa riflessiva.

La religione si basa sulla paura?

L'aspetto più incisivo della critica di Bertrand Russell alla fede religiosa è la sua affermazione che la religione si basa sulla paura e che la paura genera crudeltà. Le sue argomentazioni filosofiche contro l'esistenza di Dio potrebbero non toccare la vita di molte persone comuni, ma la sua argomentazione più psicologica sulla paura deve essere presa sul serio da tutti noi.

Nella sua conferenza del 1927 "Perché non sono cristiano" – tenuta alla sezione londinese sud della National Secular Society – Russell espresse il suo punto con la chiarezza che lo contraddistingueva:

"La religione si basa principalmente e principalmente sulla paura. È in parte il terrore dell'ignoto e in parte il desiderio di sentire di avere una sorta di fratello maggiore che ti starà accanto in tutti i tuoi problemi e le tue controversie. La paura è la base di tutto: la paura del misterioso, la paura della sconfitta, la paura della morte. La paura è la madre della crudeltà, e quindi non c'è da stupirsi se crudeltà e religione siano andate di pari passo. È perché la paura è alla base di queste due cose."

Senza dubbio, in questa occasione stava predicando ai convertiti.

In realtà, la diagnosi di religione di Russell presenta due elementi.

 Il primo è che la fede religiosa è un sintomo di paura: consapevoli che le nostre vite sono precarie e vulnerabili, cerchiamo la protezione di una divinità potente, per confortarci con un'illusione di sicurezza.

 Il secondo è che la paura è un sintomo di religione: in particolare, le dottrine di punizione sia in questa vita che nell'aldilà inducono i credenti ignoranti a vivere inutilmente nella paura.

Non c'è dubbio che questa analisi abbia una certa fondatezza su entrambi i punti; forse spiega con sufficiente precisione le cause e gli effetti della fede religiosa in un numero significativo di casi.

Ma questi casi rappresentano la religione stessa o ne sono una distorsione?

Ci concentreremo qui sul cristianesimo, poiché è questa la tradizione che interessava principalmente Russell. Mentre Russell argomenta come se il suo rifiuto della fede che genera paura e del dogma che induce la paura provenisse da una prospettiva atea, la tradizione cristiana stessa contiene una vigorosa critica della paura. La Prima Lettera di Giovanni, ad esempio, enuncia il principio fondamentale secondo cui "Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore", e suggerisce che paura e amore siano incompatibili tra loro:

"Non c'è paura nell'amore, ma l'amore perfetto scaccia la paura; perché la paura ha a che fare con la punizione, e chi teme non ha raggiunto la perfezione nell'amore".

In effetti, Russell riecheggia questo sentimento in un saggio del 1912 su "L'essenza della religione", dove scrive che "la paura tende sempre più a essere bandita dall'amore, e in ogni culto migliore la paura è completamente assente". Ma non aveva bisogno di fare riferimento a nessun testo biblico per sostenere che "la paura è la madre della crudeltà", perché è un fatto psicologico fondamentale che l'amore sia inibito e distorto dalla paura.

Nel XVII secolo, Spinoza – che Russell descrisse come "il più nobile e il più amabile dei grandi filosofi" – invocò la Prima Lettera di Giovanni per attaccare la persecuzione dei non conformisti da parte della Chiesa riformata olandese. Il violento dogmatismo testimoniato da Spinoza è esattamente il tipo di cosa sottolineata dagli atei moderni che affermano, come Russell, che la religione è una forza dannosa nel mondo. 

Ma Spinoza attaccò le forme "superstiziose" di credenza religiosa, caratterizzate dalla paura, come una pericolosa perversione di un insegnamento cristiano più puro presente nel Nuovo Testamento. Facendo precedere il suo Trattato teologico-politico da un versetto della Prima Lettera di Giovanni, Spinoza insinuò che la Chiesa stesse fallendo proprio rispetto a quegli standard etici cristiani che rivendicava come propri.

Un altro esempio di critica cristiana della paura si può trovare nell'analisi di Kierkegaard del concetto teologico di peccato. Tradizionalmente, l'orgoglio è stato identificato come la forma fondamentale di peccaminosità, ma Kierkegaard sosteneva che la psicologia umana fosse oscurata da una combinazione inscindibile di orgoglio e paura, entrambi ostacoli all'amore. Ciò significa che l'ideale cristiano di amore ci impone di combattere sia contro l'orgoglio che contro la paura, di unire umiltà e coraggio. Secondo la teologia kierkegaardiana, la religione timorosa è una religione peccaminosa.

Questi due brevi esempi suggeriscono che la tradizione cristiana abbia le risorse non solo per riconoscere le pericolose conseguenze della paura, ma anche per analizzarle attentamente e fornire una risposta spirituale. Tuttavia, questo non è il tipo di prospettiva che Russell era disposto a esplorare nella sua opera filosofica. Era certamente riluttante a invocare la dottrina cristiana del peccato originale, presumibilmente perché era strettamente associata al moralismo vittoriano che, con suo disappunto, perdurò a lungo nel XX secolo.

Ma i suoi discepoli atei potrebbero sorprendersi nello scoprire che, in privato, Russell trovò un significato nel concetto di peccato. Nella sua autobiografia, Russell descrive una visita, nel 1952, a una piccola chiesa greca, dove si rese conto di "un senso di peccato" che, con suo stupore, lo "influenzò profondamente" nei sentimenti, ma non nelle convinzioni. Se Russell avesse seguito Kierkegaard nel prestare maggiore attenzione a tali "sentimenti", avrebbe potuto avvicinarsi alla comprensione che la paura è un problema religioso, e non solo un problema di religione.


martedì 29 aprile 2025

I vantaggi di pensare positivo


Il pensiero positivo, caratterizzato da ottimismo, è affrontare le sfide della vita quotidiana con leggerezza d’animo e con uno spirito di solida speranza e atteggiamento costruttivo nelle relazioni sociali. 

Esso influisce significativamente sul tenore psicologico umano, favorendo la focalizzazione sulle soluzioni dei problemi senza il freno del pessimismo. 

Ci sono diversi aspetti su cui l’assunzione del pensiero positivo lavora, incentiva e migliora la qualità della vita.

Prima di tutto, salvaguarda e migliora la Salute Mentale, facendo diminuire stress e ansia, prevenendo il circolo vizioso dei pensieri negativi.
Aiuta a recuperare più rapidamente da fallimenti o traumi (es.: perdita del lavoro vissuta come opportunità di crescita).

Non meno importanti sono gli effetti benefici sul fisico. Studi su questo aspetto collegano l’ottimismo a pressione sanguigna più bassa e minor rischio di infarti.

Il Sistema immunitario ne viene rafforzato attraverso una risposta immunitaria più efficace.

Una mentalità positiva è associata a stili di vita più sani (esempio: dieta equilibrata, esercizio fisico); solidifica le relazioni Interpersonali, facilitando connessioni autentiche e creando reti di supporto.

Il Pensiero Positivo si rivela un ottimo complice per le comunicazioni costruttive in quanto i conflitti sono risolti con calma e tolleranza (esempio: discutere problemi lavorativi cercando compromessi).

I riflessi si vedono anche in ambiente lavorativo poiché l’atteggiamento positivo stimola idee innovative e promuove la collaborazione, evitando dubbi paralizzanti, sostituiti da azioni più produttive.

Caratterizza la mentalità di crescita, permettendo di percepire gli ostacoli come opportunità di apprendimento (esempio: un progetto fallito rivisto come lezione). Predispone la mente a cambiare strategie senza indurre scoraggiamenti.

Credere nel successo motiva a perseverare nelle iniziative, nonostante le difficoltà.
Gli ottimisti fissano traguardi più audaci (esempio: avviare un’impresa invece di cercare un lavoro sicuro); sanno riconoscere le difficoltà senza fossilizzarsi su di esse (esempio: accettare una diagnosi medica mentre si cerca attivamente una cura).

In definitiva, il pensiero positivo migliora la qualità della vita influenzando la salute, le relazioni e le performance, purché integrato con una valutazione realistica delle situazioni. 

 

lunedì 28 aprile 2025

Un esorcista al servizio della Chiesa

Don Gabriele Amorth
 

La lotta tra il bene e il male, nella storia del pensiero è sempre stato un tema simbolico e morale. Nel caso di Don Gabriele Amorth, la suddetta lotta è stata una realtà concreta e quotidiana.

Don Gabriele Amorth nasce a Modena il 1 maggio del 1925, muore a Roma nel 2016. Egli è noto per essere stato uno dei più noti sacerdoti esorcisti della Chiesa Cattolica, appartenente alla Società San Paolo. Fin da giovane si distingue per una fede profonda. Durante la seconda guerra mondiale partecipa alla resistenza come partigiano cattolico, ritrovando in essa gli stessi valori che lo hanno introdotto alla fede.  Svolse un ruolo attivo sempre in linea con la moralità e il senso di giustizia. Questa esperienza lo segnò intimamente, tanto da avergli rafforzato il senso e il significato di bene e di male come realtà storica, filosofica e spirituale.

Dopo la guerra, si iscrive a Giurisprudenza e matura, allo stesso tempo, la vocazione sacerdotale. Vi domanderete cosa c’entra la giurisprudenza con la vocazione sacerdotale: c’entra.

La sua iscrizione a giurisprudenza non fu un parcheggio o un ripiego, ma un passaggio fondamentale che gli fornì strumenti di riflessione razionale e rigore di pensiero. Dopo la laurea, entrò nella Società San Paolo e fu ordinato sacerdote nel 1954. Solo dopo trent’anni di attività pastorale, nel 1986 acquisì il ministero dell’esorcismo per mano del cardinale Ugo Poletti.

Cosa si intende per esorcismo? L’esorcismo è un rito pratico sacro della Chiesa Cattolica che ha come scopo di scacciare il demonio o liberare una persona o una casa dalla presenza maligna, nel nome di Gesù Cristo. L’esorcismo non è superstizione o una pratica di magia. Esso è sopra ogni cosa un sacramentale, vale a dire un segno sacro istituito dalla Chiesa. La pratica dell’esorcismo richiede fede, discernimento, umiltà, e una vita spirituale molto attiva.

Don Amorth è convinto che nel mondo la presenza del demonio sia un fatto “reale”.

Cosa intende per “reale”? 

Significa affermare con forza che Satana non è semplicemente una figura mitologica o il protagonista di un film dell’orrore: è piuttosto, ad avviso di Don Amorth, una persona spirituale vera e concreta, dotata di una intelligenza, di una volontà fuori dal comune. Questo è uno dei punti cardine del suo pensiero. 

Ma chi è il demonio? Il demonio è un angelo creato inizialmente buono da Dio. Dio crea sempre cose belle e buone. Questo angelo era bello, “pieno di luce” (da cui Lucifero), splendente, intelligente e pienamente libero. Si sentiva orgoglioso. Purtroppo questo orgoglio fuori misura l’ha portato a ribellarsi a Dio (suo Padre).

Egli si ribella a Dio; non vuole servirlo ma vuole essere servito; vuole mettersi al posto di Dio e fare esattamente le cose che fa Dio. Dio più volte lo richiama all’ordine ma egli non obbedisce e lo caccia, lo allontana: anzi gli crea un habitat caldo a sua misura: l’inferno. Ora quella luce che tanto splendeva in Lucifero, ora non splende più, la luce si è spenta: da angelo luminoso è diventato ombra, tenebra, oscurità. È diventato il principe delle tenebre.

Durante gli esorcismi, Don Amorth era fermo, sereno, senza mai lasciarsi intimidire dal demonio. Egli seguiva sempre il Rituale Romano, pregando con fede e autorità in nome di Gesù Cristo. Diceva nelle sue interviste che non era lui che combatteva il demonio, ma era la potenza della preghiera, di Gesù Cristo, della Madonna e dei Santi. 

Davanti alla possessione demoniaca, non mostrava paura perché già sapeva che il demonio aveva già perduto una prima battaglia con Cristo. Spesso Don Amorth lo provocava per sbugiardarlo. Egli riceveva le persone bisognose di un esorcismo solo se questa gente era già stata visitata da uno specialista medico o psichiatra. Egli stesso valutava i disturbi se erano di origine diabolica, psicologica o di altra natura, per evitare errori.

Un aneddoto che Don Amorth raccontava era quello sui “chiodi”. Egli raccontava che durante gli esorcismi le persone possedute dal demonio sputavano chiodi: chiodi e viti arrugginite, pezzi di vetro che si materializzavano nella bocca del posseduto, senza la presenza di sangue o ferite: Secondo lui (e anche secondo altri sacerdoti esorcisti) questi oggetti non erano stati ingeriti materialmente: venivano fuori materialmente dalla bocca del posseduto senza passare dallo stomaco. 

Con tutto questo, il demonio intendeva farsi non solo presenza, ma anche potenza.  Alcuni chiodi erano accompagnati da lunghe salivazioni nere e maleodoranti.  Ovviamente queste cose non erano viste come miracoli, ma come manifestazione dell’orrore: manifestazioni, queste, che confermavano la presenza di qualcosa di sovrannaturale.

In un altro episodio, Don Amormth racconta che uscì addirittura “una catena arrugginita” dalla bocca di una ragazza, sempre senza danni fisici visibili. Egli sentenziò così:

“Quando si combatte contro il demonio, si vedono cose che nessun medico o scienziato saprebbe spiegare”.

L’esorcista raccontava che, dopo che uscivano questi oggetti strani, come chiodi, catene e pezzi di vetro, egli li raccoglieva con attenzione, spesso usando dei guanti per evitare qualsiasi contaminazione sia fisico che spirituale. Li portava in chiesa e li metteva in un luogo separato e protetto, perché riteneva che questi oggetti potessero essere contaminati dal male. Alcuni oggetti venivano bruciati altri benedetti con la preghiera. Egli diceva:

“Non sono i chiodi a spaventare, ma il peccato. È il peccato il vero veleno che il demonio usa contro di noi”.

È il peccato la via d’ingresso del demonio. Il demonio non ha potere su di noi, comuni mortali, se non gli diamo noi il permesso volontario. Lui si serve dei nostri peccati per intervenire sulle vite delle persone. Quando una persona vive nel peccato, senza mai chiedere scusa, senza mai pentirsi, o cercare di migliorarsi, il demonio ha più libertà di agire nella sua vita. 

Per Don Amorth, anche se il demonio, nelle sue manifestazioni straordinarie, si manifesta, la vera causa è la “condizione spirituale” della persona. Il peccato è il vero “veleno” che consente al demonio di prendere il controllo. Sebbene gli oggetti strani come i chiodi possano impressionare, Don Amorth ci vuole dire che il male non sta nelle cose materiali, ma nelle scelte spirituali che facciamo. Bisogna vivere in mondo Santo attraverso la preghiera, dice don Amorth.

Un altro fenomeno inspiegabile nel contesto degli esorcismi e delle possessioni demoniache, spiega don Amorth, è che la persona posseduta “conosca e parli lingue antiche sconosciute”. Questo è un fenomeno noto come “Glossolalia”. 

La persona posseduta dal demonio sembra parlare lingue antiche senza averle mai studiate. In alcuni casi, queste lingue non sono moderne, ma lingue che risalgono al latino, all’ebraico, al greco antico. Quando l’esorcista utilizza il latino sacro, che è la lingua liturgica della Chiesa, il demonio potrebbe cercare di parlare in latino seppure in maniera distorta, come per mimare la sacralità senza poterla veramente toccarla.

Don Amorth riteneva che la preghiera fosse il fondamento della vita cristiana. La preghiera rappresenta il legame diretto con Dio, ed è fondamentale per mantenere viva una relazione con lui. Padre Amorth, per tutta la vita, ha incoraggiato i fedeli a pregare ogni giorno, anche solo con brevi preghiere come il Padre Nostro, o l’Ave Maria, ma sempre con il cuore sincero.

Pregare ovunque, anche sotto la doccia, aiuta a essere forti, a rafforzare la fede e a resistere alle tentazioni. 

di Fabio Squeo

domenica 27 aprile 2025

La favola del bosco sussurrante


 

In un bosco dove gli alberi parlavano sottovoce e le lucciole danzavano disegnando circoli d’oro nel cielo, viveva un scoiattolo di nome Luce.

La sua particolarità era un ciuffo d’argento che brillava sulla sua testa, dono di una stella cadente che lo aveva sfiorato da cucciolo.  

Il bosco, un tempo rigoglioso, si stava spegnendo: i fiori appassivano velocemente, i ruscelli mormoravano parole tristi e gli animali fuggivano, spaventati da un’ombra che serpeggiava tra i tronchi.  

Un mattino, Luce incontrò Aria, una cerva dagli occhi di cristallo che vegliava sul bosco da secoli.  

«La magia del Bosco Sussurrante sta svanendo», sussurrò lei. «Soltanto il tuo ciuffo d’Argento può riaccendere il Cuore della Foresta, sepolto nelle grotte dei Lupi Ombra».  

I Lupi Ombra erano creature leggendarie, guardiani del Cuore della foresta, ma nessuno li aveva mai visti. Deciso a salvare la sua casa, Luce partì in cerca delle grotte.

Lungo il cammino, incontrò Pinco, un picchio vanitoso che perse le piume per aver rubato un frutto magico. Per farsi perdonare il passato, offrì il suo aiuto per arrivare alle grotte dei Lupi Ombra.

La strada era lunga e la notte si avvicinava. Per fortuna si imbattette con Sira, una lucciola con le ali spezzate, che guidò lo scoiattolo nel buio in cambio di un pezzetto della sua bionda pelliccia.  

Giunto alla grotta, Luce non trovò lupi, ma alberi pietrificati dal dolore. Al centro, su un altare di radici, pulsava a battiti lenti il Cuore della Foresta, bloccato da una gemma verde opaca, posta da un malefico sortilegio. 

L’ombra malvagia che tutto incatenava, era in realtà uno spirito nato dalle lacrime non asciugate degli animali.

Per sconfiggerla, Luce fece un gesto inaspettato: raccolse una goccia di rugiada e la pose sulla gemma, dicendo: «Anche il dolore merita di essere ascoltato».  

La gemma si sciolse in un canto, e il ciuffo d’argento di Luce, toccando il Cuore della foresta, lo illuminò di vivo chiarore.

Il bosco rinacque, più vivo che mai. Gli uccelli tornarono a cantare. I ruscelli ripresero a zampillare allegramente. Gli alberi aprirono i loro rami cercando di abbracciare il cielo. Gli animali ritornarono nelle loro tane. L’intero bosco divenne spazio di vita e amore.

Da allora, si dice che quando una una goccia di rugiada cade, lì cresce un fiore che sussurra storie di coraggio e gentilezza.  


*Morale: A volte, un piccolo gesto può far rinascere a nuova vita. La forza più grande non è combattere le tenebre, ma accendere una luce con ciò che ci rende fragili. 

sabato 26 aprile 2025

Quanto è ancora difficile essere donna

 

Mi é capitato di leggere questa storia (che di seguito riporto integralmente) per indurre a riflettere su un problema per il quale si nota una tacita tendenza ad ignorarlo o quantomeno a sminuirlo. Credo che occorra fare uno sforzo per mettersi nei panni di coloro che vivono esperienze di privazione e di dolore. 

Probabilmente, per le donne la matrice patriarcale del problema affonda radici profonde nella nostra società, ma la psicologia del mondo sta cambiando e di questo prima o poi dovremmo rendercene conto.

"CAMILLE CLAUDEL, nata nel 1864, morta nel 1943. Dimenticata da tutti, sola, in un ospedale psichiatrico.

Che colpa aveva?

In un’epoca in cui alle donne era precluso l’accesso alla Scuola di Belle Arti di Parigi, Camille, giovane scultrice, si fece strada in uno dei mondi più chiusi e maschili di tutti: l’arte. Per poter studiare, frequentò gli atelier privati di artisti che, controcorrente, accettavano allieve donne. Fu così che conobbe Auguste Rodin, lo scultore più celebre del tempo. Tra loro nacque un’intensa relazione sentimentale e artistica: scolpivano insieme, si ispiravano a vicenda. Le loro mani plasmarono opere meravigliose, oggi custodite al Musée Rodin e al Musée d’Orsay.

Ma l’equilibrio si spezzò. Rodin, legato a un’altra donna da anni, alla fine la abbandonò. Lui rimase il maestro acclamato, l’uomo rispettato e celebrato, mentre Camille fu lasciata nell’ombra, ignorata, screditata. Non solo come donna, ma anche come artista. Le sue sculture non si vendevano, nessuno le commissionava più nulla. Isolata, diffidente verso il mondo, la sua vita si fece sempre più difficile.

A complicare tutto, la sua famiglia – potente, benestante, e imbarazzata da questa donna "scomoda", così libera e fuori dagli schemi. Suo fratello era Paul Claudel, poeta e diplomatico, uomo pubblico di prestigio. Fu proprio la famiglia a decidere di internarla. Camille, lucida, consapevole, scrisse per trent’anni lettere disperate a parenti e amici, chiedendo di essere liberata. Nessuno le diede ascolto.

Morì quasi di fame, il 19 ottobre 1943, in un ospedale pubblico. Nessuno dei suoi familiari partecipò al suo funerale. Il suo corpo fu sepolto in una fossa comune.

Oggi la storia ha finalmente reso giustizia al suo talento: le opere di Camille Claudel sono esposte accanto a quelle di Rodin, e a pochi chilometri da Parigi, un museo è interamente dedicato a lei.

Riflessione

Quante Camille ci sono nella storia? 

Quante donne geniali, anticonformiste, sono state silenziate, invisibili, perché troppo “moderne”, troppo “libere”, troppo “vive”? 

La vicenda di Camille Claudel non è solo una tragedia personale, è il simbolo di un sistema che ha soffocato talenti solo perché scomodi. Pensare che per decenni la sua voce non sia stata ascoltata, che la sua arte sia stata dimenticata, fa riflettere su quanto sia fragile la memoria collettiva – e quanto sia nostro dovere custodirla, proteggerla, farla brillare. 

Camille non ha avuto giustizia in vita, ma oggi, nel riconoscimento che finalmente le è stato restituito, troviamo la forza di riscrivere le storie dimenticate."


venerdì 25 aprile 2025

Il pensiero gentile


Il pensiero è un dono di Dio; se poi è anche gentile fa miracoli al posto suo.

Regalandolo, moltiplica se stesso, fa piacere a chi lo riceve e genera gioia interiore. 

Esso è un bene magico che si dona senza perderlo. Forse Dio ha voluto donarci qualcosa di sé, per darci un segno della sua onnipotenza?

Il pensiero può istruirsi, abbellirsi; può essere profondo e delicato contemporaneamente; può essere tenero e discreto.

Il pensiero gentile può sorprendere e stende ponti verso l'amicizia vera, quella disinteressata, volta al solo piacere di stare insieme.

Il pensiero è una risorsa a molteplicità infinita, rinnovabile, disponibile in larga scala, a costo zero e a valore indefinibile.

Di Dio si dice di tutto... però, ammettetelo, in questo caso è originale!

Il pensiero anticipa la realtà, caratterizza l’azione, produce un risultato. Dimostriamo il nostro carattere dalle azioni che intraprendiamo. 

Le azioni sono spinte dagli stimoli dettati dal pensiero. 

L’atto rivela ciò in cui veramente crediamo. Riveliamo quindi il nostro credo dalle azioni sviluppate. Quest’ultime smentisce il pensiero diverso da quello che ha ispirato l’azione. Il corpo con le sue posture fa da testimone.

La chiarezza del pensiero guida infallibilmente il pensante verso la meta; come un treno in corsa sui binari.

Un pensiero felice ti porta in luoghi gioiosi, espande l’anima, porta fiducia e gioia ovunque.

Il corpo che porta un pensiero felice assume posture di legame e fiducia nel prossimo. Difficilmente si ammala e, se dovesse succedere, non lo farebbe sembrare, poiché sarebbe già in ripresa.

Il pensiero positivo cancella dalla memoria il male subito, non concede rimpianti, lamentele, nostalgie. Esso riempie di energia il corpo e lo stimola all’azione.

Il pensiero è il frutto dell’albero del sapere.


giovedì 24 aprile 2025

Un messaggio a tutto cuore

 

Puoi avere difetti, essere ansioso e perfino essere arrabbiato, ma non dimenticare che la tua vita è la più grande impresa del mondo. Solo tu puoi impedirne il fallimento. 

Molti ti apprezzano, ti ammirano e ti amano. 

Ricorda che essere felici non è avere un cielo senza tempesta, una strada senza incidenti, un lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni.

Essere felici è smettere di sentirsi una vittima e diventare autore del proprio destino. 

È attraversare i deserti, ma essere in grado di trovare un'oasi nel profondo dell'anima. 

È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita.

È baciare i tuoi figli, coccolare i tuoi genitori, vivere momenti poetici con gli amici, anche quando ci feriscono.

Essere felici è lasciare vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice. È avere la maturità per poter dire: "Ho fatto degli errori". 

È avere il coraggio di dire "Mi dispiace". 

È avere la sensibilità di dire "Ho bisogno di te". 

È avere la capacità di dire "Ti amo". Possa la tua vita diventare un giardino di opportunità per la felicità ... che in primavera possa essere un amante della gioia ed in inverno un amante della saggezza.

E quando commetti un errore, ricomincia da capo. Perché solo allora sarai innamorato della vita. Scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta. Ma usa le lacrime per irrigare la tolleranza. Usa le tue sconfitte per addestrare la pazienza.

Usa i tuoi errori con la serenità dello scultore. Usa il dolore per intonare il piacere. Usa gli ostacoli per aprire le finestre dell'intelligenza. Non mollare mai ... Soprattutto non mollare mai le persone che ti amano. Non rinunciare mai alla felicità, perché la vita è uno spettacolo incredibile.

PAPA FRANCESCO

mercoledì 23 aprile 2025

Il sogno di Luca

 

Era il giorno del suo compleanno ed era triste, aveva pochi amici e una grande difficoltà nel comunicare. Luca vedeva il mondo cattivo, lontano dalla sua sensibilità. Una sera, rientrando in casa molto presto, si rifugiò nel letto per abbandonarsi alla lettura.

Non riuscì a leggere molte pagine poiché il sonno lo rapì.

Sognò di un amico molto speciale. Non usava parole, ma le sue idee gli arrivavano molto chiaramente. Infondeva fiducia e serenità, come se fosse una persona che conoscesse da molto tempo.

Forse era un angelo, ma a Luca non importava questo, gli bastava solo il piacere di stargli vicino per continuare a osservarlo.

L’angelo gli prese la mano e come se salisse su un arcobaleno, variopinto di emozioni, lo condusse in un luogo che non riusciva a descrivere.

Si vedevano due persone che davano l’idea di giustificarsi dinnanzi a una figura immensamente dolce nei modi e nell’essere.

La curiosità di Luca, gli impose di chiedere al suo angelo, dov’era e chi erano quelle persone che parlavano.

L’angelo, si aspettava la domanda e disse:

Luca, quelle due persone provengono dal tuo mondo e ora non possono più ritornavi. In questo momento, si conciliano con l’angelo della pace, prima di entrare in Paradiso”.

Il cuore di Luca cominciò a battere a mille e nonostante tantissima emozione, volle assistere al loro colloquio.

Il più anziano sembrava avere una settantina d’anni e appariva molto dispiaciuto per aver lasciato la terra. Sebbene fosse lontano, si capiva benissimo che cosa dicesse.

Ho condotto una vita impegnando tutto il mio tempo per accumulare denaro. Soltanto ora mi sono accorto di aver trascurato tantissimi altri valori. Ero convito che col denaro avrei potuto ottenere tutto. Infatti, ho avuto tante comodità, tante sottomissioni e pochissimi sorrisi sinceri. Sono stato il falso orgoglio dei miei figli, perché ora litigano per la divisione dei miei beni. Non merito di andare in Paradiso”.

L’angelo della pace ascoltò l’uomo con tantissima commozione e concesse per l’ultima volta che alcune lacrime gli scendessero sul viso.

La seconda persona che si apprestava a parlare, era molto giovane, dimostrava di avere una trentina d’anni. Appariva molto dimesso per cui si aspettava di essere redarguito dall’angelo della pace.

Impacciato e con molto dolore, iniziò a raccontare:

Non sono riuscito a fermarmi! Ero molto deluso, senza prospettive e abbandonato da tutti. Sentivo di essere l’ultimo miserabile della terra!”.

L’angelo non aggiunse nulla, ma gli permise di mandare un messaggio al mondo da cui si era staccato.

Amici miei, nei momenti più tristi non abbattetevi per esorcizzare il dolore, ma superatelo riflettendo sul valore della vostra vita.

Pensate per esempio a una banconota da 500 euro, è forse difficile da scambiare, ma è anche improbabile da rifiutare, se vi venisse regalata.

La stessa banconota manterrebbe il suo valore nonostante che si presenti spiegazzata, accartocciata, sporcata con le più fantasiose schifezze, purché si mantenesse integra”.

L’intensità emotiva prodotta dal messaggio fece in modo che Luca si svegliasse improvvisamente nel cuore della notte.

Luca si rese conto che l’avere e l’apparire pesano pochissimo sul piatto della bilancia che tiene in equilibrio il peso del proprio valore.

 

martedì 22 aprile 2025

Ciao Papa Francesco

 


Addio amico mio, Papa Francesco,

forse era tardi e dovevi andare,

ma qui siamo soli senza di te.


Eri tu che ci raccontavi di Dio

ed io ci credevo.


Piangevo con te quando parlavi di quelle guerre assurde che seminano dolore.


Scusami se qualche volta ho dubitato di quelle tue deboli parole che intendevano scuotere il mondo.

 

Sebbene ti rendevi conto di quanto fossero inascoltate, tu insistevi a ripeterle. 


Rinnovavi continuamente le tue preghiere, 

speravi di vincere la sordità dei potenti; 

speravi di abbattere i muri dell’odio.


Ma tu che potevi fare di più?


Il buon Dio lascia accadere ciò che non vogliamo e si affida ai generosi come te per lasciare ancora le porte aperte alla salvezza del mondo.


Io ho creduto alle tue parole 

perché sei stato un uomo come me,

perché hai sofferto come me,

perché sei un uomo giusto.


So bene quanto sia difficile entrare nei cuori chiusi di chi è perso nelle debolezze umane.


Riconosco che le armi del bene spesso appaiono spuntate, silenziate dai boati dei bombardamenti e dalla tragica musica delle mitragliatrici.


Ora sei lassù.

Racconta a tutte le anime pure del Paradiso, 

le tue difficoltà per voler aggiungere un po’ di bene a questo mondo.


Lamenta il tuo lavoro incompiuto 

per quei bambini tuttora sotto le bombe, giustificate dagli aggressori con forsennate motivazioni.


Porta con te quelle tristi immagini di donne e bambini che, anche oggi, allungano la loro scodella vuota per veder rivolto un mestolo appena pieno di cibo.


Spiega loro perché non hai avuto più lacrime per commuovere coloro che continuano a credersi tutori di una giustizia egoista.


Caro Francesco mio, 

ti ho amato come un padre,

ti ho ammirato per aver avuto il coraggio di esporti come uomo e non come un inutile rappresentante di Dio.


Continuo a credere nella bontà dell’uomo soltanto perché tu sei stato un esempio.

 

Sei stato un Papa speciale 

perché ti sei mostrato buono, sincero, debole, 

capace di trasformare l’umiltà e la fede in mezzi per aprire nuovi orizzonti ...

e seminare speranza in futuro (purtroppo ancora lontano) dove un giorno potremmo sentirci veramente fratelli.


Lascia che una lacrima scorra sul mio viso per te … 

nel mentre il mio sorriso di gratitudine ti onora nell'accompagnarti nella casa della pace eterna.

 

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