sabato 10 maggio 2025

Il mio augurio a Papa Leone XIV


 

Buon viaggio, mio caro Papa.

Ti sei presentato ai fedeli con il nome del re della savana. 

Forse intendi ruggire ai duri di cuore.

Forse intendi mostrare con convinzione e forza l’idea che solo con l’amore si può guidare un popolo smarrito tra idoli illusori, verso la loro coesistenza pacifica.

 

Nel tuo primo discorso hai ripetuto più volte la parola pace, facendola risuonare nuova e sorprendente.

I commentatori televisivi si sono presa la briga di contarla 10 volte. Probabilmente per far notare al grosso pubblico che per il Papa la pace è al centro dei suoi pensieri.

 

Tu sei convinto che chi dovrebbe sentirla, già da molto tempo, è distratto dai bagliori di potenza, e sordo ai richiami della gente umile che vorrebbe un mondo unito nel bene comune.

 

E sì, ti sto augurando il buon viaggio perché sono sicuro che il tuo compito non sarà facile. Il tuo predecessore, Francesco, ha fatto del suo meglio e nonostante tutta la sua bontà, abbiamo ancora tante guerre sparse per il mondo.

 

Purtroppo, ci sono molte trappole tessute da egoismi sparse un po’ ovunque … tutte tese a frenarti e a suggerirti di allinearti alle idee plastificate di molti pseudo-condottieri che dicono di operare per il bene del proprio paese.

 

Tu però, sei stato istruito, oltre che dagli uomini, anche da Dio e quindi la tua voce sarà sincera, decisa e non conoscerà fatiche. 

Lo hai dimostrato imparando sul campo molte lingue, così non ci saranno alibi e spazi per pretestuose incomprensioni.

 

Ti vogliono modellare come “americano”, attribuendoti tutto ciò che rende negativa quella parola, specialmente in questi ultimi tempi,

 

Ti vogliono un po’ di destra, un po’ di sinistra, un po' più conservatore e un po' più progressista.

Ognuno tira la tua cinta per portarti nel proprio orto.

 

Credo però che manipolare un matematico poliglotta, sia difficile per tutti. 

Se i 133 cardinali ti hanno scelto, un solido motivo deve esserci. 

Aggiungo, inoltre, che quei votanti del conclave, non sono ingenue anime buone; ognuno di loro ha tenuto conto con il peso dei loro anni e la santità delle loro intenzioni, delle tue buone qualità, dei tuoi grandi propositi e delle reali tue capacità per portare gloria alla chiesa mondiale e di perseguire il bene per tutta l’umanità.

 

Hai un sorriso comunicativo che mi vanto di vederlo simile al mio. 

Hai un tono di voce, un accento che, pur da non perfetto italiano, crea empatia. 

I ponti che vuoi costruire hanno già i cantieri aperti nella nostra simpatia.

 


giovedì 8 maggio 2025

Scegli l'amore vero


 

Vuoi sapere cos'è la vera ricchezza?

Non è un conto in banca o un'auto scintillante.

È amore: puro, incondizionato e vero. È nel modo in cui lui ti ascolta, si presenta quando serve, rimane leale e ama senza aspettarsi nulla in cambio. 

In un mondo ossessionato dalle "cose", ricorda: la vita più ricca si costruisce sull'amore.

Cosa ti attrae davvero di qualcuno?

Non è il suo conto in banca, è il modo in cui ti fa sentire al sicuro, come se fossi a casa. Un uomo che ti dedica il suo tempo senza fretta, la sua piena attenzione senza distrazioni e la sua protezione senza controllo, ti sta dando qualcosa che i soldi non possono comprare.

I fiori appassiscono, ma la coerenza dura. I regali eleganti non possono sostituire la sensazione di sicurezza emotiva. I diamanti brillano, ma niente brilla di più dell'essere amati profondamente da qualcuno che misura il proprio valore in lealtà, rispetto e cura.

Scegli quel tipo di amore: è il vero tesoro.

La ricchezza può rendere la vita comoda, ma l'amore le dà uno scopo. Le donne che hanno sperimentato ricchezze materiali spesso desiderano qualcosa di più profondo: stabilità emotiva, un luogo sicuro, un partner che le veda per quello che sono, non per quello che rappresentano.

Ecco perché una donna che ha tutto potrebbe innamorarsi di un uomo con poco, tranne un cuore straordinario.

I soldi non possono ridere con te alle 2 del mattino, sostenerti quando la vita ti spezza o crescere con te attraverso le sfide. Ma l'amore vero e costante, sì!

Non è che le donne non apprezzino l'ambizione o le cose belle: le apprezzano. Ma hanno imparato che una villa solitaria vale molto meno di una piccola casa piena di calore e connessione.

L'uomo più ricco non è sempre quello con più soldi, è quello con una lealtà incrollabile. Anche con poco, dà tutto: si fa vedere quando gli altri se ne vanno.

L'uomo ricco dentro sceglie la sua donna perché è la sua vera anima gemella, non uno status symbol o un corpo perfetto.

Quel tipo di uomo trasforma una vita ordinaria in qualcosa di straordinario. Non insegue fama o applausi, solo la possibilità di amare profondamente una donna. 

E in quell'amore, lei si sente più ricca di quanto qualsiasi quantità d'oro potrebbe renderla.

Scegli un amore vero, costante e duraturo.

L'amore vede tutto: chiaramente, profondamente, anima ad anima. La più grande ricchezza che un uomo possa donare non è nel suo conto in banca, ma nel suo cuore. 

In un mondo ossessionato dall'ostentazione dei beni, l'uomo che ama senza aspettarsi nulla in cambio è quello che lei si aggrapperà per sempre. È lui che lei sceglierà, quello che la fa sentire al sicuro, quello che diventa la sua casa. 

Scegli un amore che valorizzi la tua anima più di una scintilla superficiale.

 

La mamma scrive alla sua briciola d'amore

 

 

Ho aspettato nove mesi per conoscerti. 

Ho immaginato il tuo viso ancor prima che tu nascessi. 

Tu, con quegli occhioni blu, mi sei apparsa in sogno e mi hai donato il tuo primo sorriso.

Eri così bella, dolce e candida che io e papà non potevamo non chiamarti BIANCA.

Papà non ci credeva ma io, dopo quel sogno, avevo già la certezza del tuo arrivo. 

Quando eri nella mia pancia, hai percepito tutti i miei stati d’animo, le mie paure, le mie difficoltà.

Se ero felice, tu facevi le capriole.

Se ero triste, mi accarezzavi.

Se mi sentivi soffrire per la mia asma, tu eri lì, pronta a tranquillizzarmi, dicendomi: “Tranquilla mamma, andrà tutto bene!”.

A quei colpi di tosse che ti spaventavano, rispondevi con il timido calcetto, ricordandomi: "Mamma sono con te!"

Anche il momento del parto non è stato semplice per noi. 

Quel brutto cordone, stringendoti il petto, ti faceva soffrire, ma tu sei stata fortissima perché la voglia di conoscerci era più forte della natura stessa.

Abbiamo unito le forze come solo noi sappiamo fare e finalmente sei nata. 

Finalmente ho ascoltato il tuo primo pianto.

Finalmente ho sentito il tuo profumo e ammirato i tuoi occhioni blu.

In quel momento, c’è stata l’esplosione di vita, l’emozione più grande, il pianto di gioia, l’orgoglio di avercela fatta, la FELICITÀ. 

Qualche ora di distanza da te, mi ha fatto crescere l’ansia di rivederti, anche se ero distrutta e provata.

Sei tornata da me e ci siamo coccolate, nutrite del nostro amore. 

Quello ci bastava per stare bene. 

Non sei una bimba che pretende tutte le attenzioni, perché già sapevi, fin da quando eri in pancia, che sarebbe stato difficile per la tua mamma dividersi tra te e il tuo fratellino.

Oggi, spesso rimani lì, ferma, che ci guardi, mentre papà ed io ci imbattiamo nei “terribili due anni” del tuo fratellino. 

Ed anche allora non mancano i tuoi sorrisi di comprensione che spesso sono di conforto.

Tu sei molto di più di una neonata, molto di più di una bimba di pochi mesi, sei il nostro sole, la nostra forza, la nostra adrenalina.

Io e papà ringraziamo ogni giorno la vita per averti con noi e aver reso più completa la nostra bellissima famiglia.

❤️ la tua mamma, Sonia♥️

mercoledì 7 maggio 2025

Dalla follia alla resurrezione: la filosofia dell’anima

 

Nel campo della letteratura del Novecento emerge una figura inconfondibile: una poetessa dalle forti emozioni, le sue poesie risuonano ancora nell’anima e nella carne di chi legge. Questa poetessa ha attraversato mille peripezie e con la sua voce ha cantato l’inno della fragilità dell’essere umano. Le sue opere poetiche vanno lette non come semplici poesie, ma come un testamento lirico, con una forma di filosofia incarnata: un viaggio nel mondo della poesia che si traduce come una riflessione sull’esistenza.

Mi riferisco alla poesia di Alda Merini. Alda Merini nasce il 21 marzo 1931 a Milano in viale Papiniano n. 57, all'angolo con via Fabio Mangone e muore il 1 novembre del 2009, lasciando ai milanesi e al mondo una eredità poetica molto potente. Il destino, dal canto suo, volle comunque far coincidere il giorno della sua nascita con lo stesso giorno in cui si è celebrata la giornata Mondiale della Poesia: un segno quasi profetico per colei che sarebbe diventata una delle voci più originali della letteratura italiana contemporanea.

Alda Merini era nata in una famiglia modesta della piccola borghesia milanese, Il padre Nemo Merini, era un dipendente di una agenzia di assicurazioni “Le assicurazioni Generali”; mentre la madre Emilia Painelli, era un’umile casalinga. Nonostante le difficoltà economiche, la famiglia assegnava un valore importante alla cultura e all’educazione. Fin da giovane, Alda Merini, non ha mai nascosto il suo talento per la scrittura. 

La Merini stessa ha spesso raccontato di aver vissuto un’infanzia tranquilla e semplice. Intorno ai quindi anni visse due esperienze particolarmente forti: amara la prima, dolce la seconda: Come prima esperienza, Alda Merini, tenta di accedere al liceo classico Parini di Milano, uno dei più prestigiosi della città, ma qui fu respinta all’esame di ammissione: non per mancanza di capacità, ma per una sola insufficienza in italiano. L’esperienza della bocciatura fu per lei molto dolorosa, tant’è che la ricordava in molte interviste con una certa amarezza. Tuttavia, la bocciatura al liceo classico non segnò un fallimento, bensì fu il preludio di una nuova storia d’amore con la scrittura, un nuovo percorso creativo autonomo e fuori dagli schemi.

Alda Merini fu una poetessa autodidatta che trovò la sua voce al di là delle istituzioni culturale e accademiche. La seconda esperienza che Merini ci ricorda è quella che possiede il dolce epilogo: sempre intorno ai quindici anni, grazie alla conoscenza del professor Giacinto Spagnoletti, le sue prime poesie furono pubblicate, rivelando al mondo una voce già matura. Lei racconta di essere stata felicissima per aver ottenuto una recensione dal professore, tant’è che corse dall’amato padre per condividere tutta la sua gioia.

Il professor Giacinto Spagnoletti, oltre a essere un grande umanista e studioso del pensiero, era anche un ottimo scopritore di talenti: fu infatti uno dei primi a riconoscere le qualità artistiche della giovane Alda Merini. Negli anni ’50 e ’60, Alda Merini viene ricoverata per un mese nella clinica Villa Turro a Milano per sintomi compatibili al disturbo bipolare. Anche se, tengo a precisare che, non esiste una data ufficiale in cui ad Alda Merini fu diagnosticato il disturbo bipolare, perché tra gli anni cinquanta e sessanta la terminologia psichiatrica era differente da come la intendiamo oggi. 

Infatti, io parlo di “sintomi compatibili” alla malattia, senza dover definire la malattia. Sta di fatto che Alda Merini alternava momenti di intensa creatività, iperattività e senso di onnipotenza con momenti di profonda depressione e crisi interiore. Divenne instabile emotivamente, aveva visioni, deliri, paranoie, momenti di oscurità della mente. Il referto medico dell’epoca parlava di una “psicosi maniaco-depressiva”, che sarebbe il vecchio nome del “disturbo bipolare”.

Dunque, con grande dispiacere, nel 1964, avvenne il vero e primo ricovero di Alda Merini. Venne ricoverata presso l’Ospedale Psichiatrico “Paolo Pini” di Milano, una delle principali strutture manicomiali italiane dell’epoca. Questi ricoveri verranno menzionati e ricordati per tutta la vita per la brutalità dei trattamenti.   

I trattamenti a cui fu sottoposta erano elettroshock, sedativi, pasticche di contenimento, ricoveri prolungati. I pazienti di questo ospedale erano spesso trattati più come internati e non come malati. Le degenze duravano anni e la struttura tendeva ad annullare l’identità della persona. I ricoverati venivano spogliati dei propri effetti personali, rasati e uniformati. Il contatto con le famiglie era limitato o inesistente.

La poesia, nel manicomio, fu il suo modo di sopravvivere, anche se le era spesso impedito di scrivere. In seguito, nella raccolta di poesia “La terra Santa” del 1984, trasformò questa esperienza manicomiale in poesia, con versi duri, profondamente umani e visionari. 

Lei scrive:          “Il manicomio è una grande prova,

      è un lungo esercizio di pazienza.

      È una scuola di dolore e di rabbia

      ma anche di grande sapienza.

      Là dentro non si è mai soli,

      anche se si è disperati.

      La solitudine è un lusso

      concesso ai sani.

      Ma noi che siamo al di là

      della frontiera del male,

      abbiamo conosciuto il silenzio

      come abisso,

      e la parola

     come resurrezione”.

Questa sua poesia mostra la capacità di Alda Merini di rovesciare e trasformare il trauma in poesia. Il manicomio non è solo un luogo di dolore, ma una esperienza limite che mette a nudo la verità della persona. Per lei scrivere era salvarsi dal dolore. Secondo Alda Merini, l’esperienza del manicomio non è solo un luogo di prova esistenziale, dove la sofferenza annulla l’essere: ma al contrario, lo richiama alla vita. 

In questa poesia, Alda Merini non va alla ricerca della commiserazione o della pietà, né racconta o spiega il suo bipolarismo in termini clinici. Offre una visione etica e poetica allo stesso tempo. Con questa poesia, la poetessa rompe qualunque silenzio e riafferma l’umanità anche in quei luoghi austeri e senz’anima dove ogni cosa può essere negata. 

In Merini la poesia diventa filosofia vissuta: non solo attraverso concetti astratti, ma tramite l’esperienza diretta. La sua scrittura, anche dopo la sua morte, resiste al tempo e combatte contro l’oblio dell’anima in un mondo sempre più omogeneo e disumanizzato. 

Alda Merini, dunque, non è solo una vita straordinaria capace di emozionare, ma è sopra ogni cosa una filosofa dell’anima, capace di interrogare la verità con la stessa luminosità della poesia. Come una filosofa, scava nell’essere umano con la parola poetica, è afferra con mano le perle della sofferenza, della malattia mentale, dell’amore, della maternità, della solitudine, di Dio.

Scriverà in una delle sue poesie: “La poesia non cerca seguaci, cerca amanti”.

Cosa vuole insegnarci Alda Merini? Alda Merini ci lascia un messaggio di speranza e di amore: Non dobbiamo vergognarci davanti al dolore, perché esso può trasformarci in conoscenza, in valore umano e spirituale. E non dobbiamo temere la poesia. La poesia deve conoscerci; essa deve esprimersi nel cuore di ognuno di noi, laddove il mondo ci vorrebbe tutti zitti. 

Estratto dal libro "Lo sguardo nel tempo della filosofia" di Fabio Squeo

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