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giovedì 13 settembre 2012
mercoledì 12 settembre 2012
Frizzante o Naturale?
Cedendo ai vizi acquisiti, entrai in un bar per gustarmi un caffè.
Il barista, giocando d'anticipo, mi riempì il bicchiere di acqua minerale naturale e prima di posarlo sul banco mi chiese:
"frizzante o Naturale?".
Non avevo notato che avesse riempito il bicchiere con l’acqua naturale, però, poiché ero un cliente abituale, avevo supposto che fosse stato riempito con acqua frizzante, per cui, con un cenno di assenso risposi:
“Sì, frizzante, grazie!”.
Il barista con un gesto naturale quanto l’acqua che aveva precedentemente riempito, svuotò il bicchiere nel lavabo per riempirlo nuovamente con acqua frizzante.
Non immaginate il dolore che accusai!
Avrei potuto tranquillamente bere quel bicchiere di acqua naturale, se mi avesse dato il tempo di bloccarlo.
Probabilmente, qualcuno potrebbe tacciarmi di ingenuità o accattone di facili sentimenti, ma, nonostante i fiumi di acqua che si perdono nelle condutture malmesse dell’acquedotto, nonostante le tempeste d’acqua che si abbattono sulla nostra penisola, mi appare doveroso risparmiare anche quel bicchiere d’acqua.
Potrei apparire anche stupido, ma sento di voler correre questo rischio, se anche una sola persona si riconoscerà nei miei pensieri.
Se non sarà così, la foto che vedete in cima all'articolo ... ... consideratela un fotomontaggio!
Come ti vorrei
Una cara amica mi ha notificato questo commento degno di riflessione.
<<Già Mcluhan aveva detto "il mezzo è il messaggio" e Galimberti non fa che scagliarsi contro il demoniaco strumento... anche tu parli di "mancanza di anima", ma se invece fosse il contrario? Se, in assenza di un contatto fisico, permettesse maggiore scambio di pensiero, anche profondo? La questione è vecchia: è il mezzo che forma l'individuo o è l'essere umano che usa lo strumento che determinerà la sua funzione?>>
Il corpo è lo strumento mediante il quale io sono presente al tuo spirito e per il quale io sono capace di suscitare l’empatia.
Su questa base la mia anima si diletta con la tua.
Facebook è un’interfaccia in grado di sostituirsi al mio viso, alle mie reazioni alle mie emozioni, per ricavarne sensazioni di spirito umano dalle caratteriste proiettate dalle tue presunzioni, paure e in generale, debolezze.
Per esempio, nel caso in cui fossi timido, l’interfaccia di entrata (il mio atteggiamento davanti alla tastiera) filtrerebbe tutti quei segnali riconducibili alla timidezza e che davanti alla tua presenza fisica mi dichiarerebbero timido.
In seconda battuta, l’interfaccia di uscita (il tuo stato psicologico davanti alla tua tastiera) darebbe forma a una massa di informazioni fredde, libere dalle mie emozioni.
Poiché non è possibile prescindere dal proprio essere; tutto ciò che viene acquisito a destinazione subisce la formattazione del nostro modo di pensare e imbevuto dalla sensibilità che ci distingue.
Il risultato ultimo è quello di aver creato una situazione reale condizionata dai nostri sentimenti, debolezze e speranze.
Che ciò sia un bene o un male, non è un dato dimostrabile.
Che ciò sia utile, invece, appare più evidente se guardassimo il successo ottenuto da questo network.
Per conto mio, io vedo Facebook come un surrogato del “come vorrei che fosse”; un’ammissione implicita della diffidenza verso il proprio simile; un riparo dal giudizio diretto; un amico senza troppe pretese.
Facebook non può permettere lo scambio di sentimenti profondi poiché i cinque sensi umani sono già approssimati quando si usano nei rapporti diretti, figuriamoci quando in mezzo si pone la velocità della ADSL, i moltissimi commenti insulsi, la grande quantità di immagini cariche di molti e svariati significati.
Sono convinto che sia ancora meravigliosamente dolce rimanere incantato dalla bellezza degli occhi di una donna; osservare gli atteggiamenti impacciati di un bambino, l’euforia di un cane che scodinzola davanti al suo padrone.
Bellissimo anche avvicinarsi alla corolla di un bel fiore per sentire il suo profumo, dimenticando il tempo nel fissarsi sui suoi particolari, piuttosto che rimanere attaccati a poche frasi immesse da una lontana tastiera, quantunque dense di significato, ma che anestetizzano la vita.
lunedì 10 settembre 2012
Oltre il muro
Non tentare di scavalcare il muro,
non troverai nessuno ad attenderti.
In quel luogo, porteresti insieme le tue illusioni
per comporre le figure disegnate dai tuoi bisogni.
Lì, non cercare aiuto,
poiché sono solo ombre che vedi.
Se comunque lo facessi,
ti prego,
non dimenticare di sorridermi
è ciò che riuscirò a vedere di te!
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