martedì 5 luglio 2016

Quando a morire è una Lingua

 
 
Sul nostro pianeta si parlano circa 6.800 lingue. Ogni quindici giorni ne spariscono due e con esse muoiono antiche culture, usi, costumi, tradizioni, leggende, riti, medicine naturali.

Entro il 2100, il 90 per cento di tutti gli idiomi umani, sparirà per sempre. Le previsioni più ottimistiche dicono che soltanto la metà, sarà estinta. Quelle ormai irrimediabilmente perdute, secondo i calcoli dei linguisti, potrebbero essere tra quattro e nove mila.

Il 96% della popolazione mondiale utilizza soprattutto quattro lingue: il cinese mandarino, parlato da un miliardo di persone, come l’inglese, l’Hindi/Urdu (900 milioni) e lo spagnolo (450), seguito da russo, arabo, bengali, portoghese, giapponese, francese, tedesco, italiano. Il restante quattro per cento parla tutte le altre.

I ricercatori escludono dal rischio d’estinzione soltanto 600 lingue nel mondo, perché sono ancora insegnate ai bambini. In Canada e Stati Uniti, il 90% delle lingue native, non è appreso dalle nuove generazioni.

Su 300 lingue parlate sul territorio americano in età colombiana, soltanto dieci sono ancora utilizzate da gruppi superiori ai diecimila individui. In Australia si stanno estinguendo il 90% delle 250 lingue aborigene.

I quattro quinti degli idiomi sono usati da gruppi inferiori ai diecimila individui. Nell’area amazzonica peruviana soltanto cinque persone parlano ancora il Chamicuro.

Gli scienziati stimano che, in Africa su un patrimonio di 1.400 lingue 54 sono ormai estinte, 116 sono vicine all’estinzione, 250 sono minacciate e 600 in forte declino, ma in Sud Africa le lingue ufficiali sono solo l’inglese l’africaans.

In Asia meno di diecimila persone parlano circa la metà delle lingue autoctone. Nel ashmir il Brokshat è parlato da tremila persone, il burmese da 250, mentre nelle Filippine poche famiglie parlano ancora l’Arta. Il 90% degli idiomi umani non è presente su Internet.

I contenuti della Rete sono per il 68,4% in inglese; seguito dal giapponese con il 5,9%, dal tedesco con il 5,8% e dal cinese con il 3,9%. 

L’80% dei linguaggi esistenti non ha una forma scritta e la metà di essi è concentrata in otto paesi: Papua Nuova Guinea (832), Indonesia (731), Nigeria (515), India (400), Messico (295), Camerun (286), Australia (268) e Brasile (234).

Le regioni con la più alta biodiversità sono quelle più ricche anche dal punto di vista linguistico: le lingue parlate nelle isole, ad esempio, si sono sviluppate, come le specie viventi, in modo unico e completamente autonomo. Gli abitanti del piccolo Arcipelago di Vanuatu, nel Pacifico, parlano ben 110 lingue.

La perdita di lingue uniche, nella loro identità culturale e nei loro contenuti storici, (l’Igo, parlato da seimila persone nel Togo meridionale, molto probabilmente conserva tracce della migrazione africana occidentale) rende più difficile la nostra comprensione della diversità biologica.

I linguaggi utilizzati nelle foreste tropicali o sulle isole, sono notoriamente molto ricchi di vocaboli specifici per la descrizione della natura. Gli hawaiani chiamano i pesci con nomi che indicano il periodo di riproduzione, gli usi medicinali e i metodi per catturarli.

In Papua Nuova Guinea, le lingue locali comprendono centinaia di nomi diversi per ogni specie di volatile presente sulle isole, mentre il Pidgin, (un misto anglo-cinese diffuso in estremo oriente) ne comprende al massimo due.

Molti ricercatori studiano gli elementi strutturali della grammatica e del vocabolario, per capire se alcune regole fondamentali del linguaggio, abbiano valenza mondiale e se è possibile trovare un riscontro fisico nella struttura del cervello umano.

sabato 11 giugno 2016

Scrutini scolastici

 
 
 
 
 
 
 
Scrutini!  Una parola odiosa o una liberazione?
Un atto formale o una riunione sanzionatoria?
Secondo una definizione canonica, lo scrutinio dovrebbe intendersi come una riunione collegiale in cui si esprime un giudizio sul profitto e sulla condotta degli alunni.

Coloro che non sanno molto sulla questione, dovrebbero rimanere sorpresi per quanto sto per dire.

Permettetemi, prima, una domanda anticipatoria.
Esiste una riunione simile a quella di uno scrutinio?
Io credo proprio di no! Vi spiego perché.

I membri della riunione devono avere i seguenti requisiti:
  • Un congruo numero di anni di studio.
  • Conoscere (almeno sulla carta) una disciplina in modo didatticamente efficace.
  • Devono aver trascorso insieme agli alunni da due a sei e più ore settimanali in un arco temporale di almeno 200 giorni di frequenza.
  • Devono essere perfetti educatori.
  • Devono essere autorevoli e solerti lavoratori.
  • Devono avere doti da far invidia agli psicologi.
  • Devono essere comprensivi, autorevoli ma mai autoritari.
  • Devono avere solide basi morali.
  • Devono tener conto della famiglia di provenienza di ogni alunno e conoscerne la storia.
  • Devono essere disponibili ai bisogni didattici anche oltre le ore in classe.
  • Devono partecipare a riunioni dettate da esigenze organizzative.
  • Devono evitare assolutamente di ammalarsi, altrimenti ci sarebbero lezioni perse.   
  • Non devono arrabbiarsi, nè alzare la voce.
  • Devono presentarsi sempre in orario.
  • Devono instaurare buoni rapporti con tutti.
  • Devono rispondere a tutti gli ordini di servizio.
  • Devono mostrare interesse per le attività scolastiche ed extra-scolastiche, altrimenti niente bonus
  • Devono aggiornarsi senza mancare mai dagli impegni primari.
  • Devono mantenere tutti i requisiti precedenti fino ad almeno 67 anni.
  • Non devono criticare negativamente nessuno.
  • Devono cancellare i problemi personali e non parlare di problemi economici.
  • Devono essere sereni e felici.

Mi sono limitato ai requisiti più importanti. 

Capirete ora come sia difficile trovare soddisfatte queste condizioni in altri tipi di convegni!
 

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