La storia dell’uomo è anche quella dell’allargamento dei suoi confini legati allo spazio, al tempo e al sapere.
Dalle colonne d’Ercole, passando prima dalla scoperta dell’America, per poi toccare il suolo lunare, si è sentita la prima fase di uno spasimo conoscitivo dell’uomo.
Le ultime esplorazioni spaziali, condotte con le sonde che vagabondano per l’universo, ci fanno capire che c’è ancora molta strada da percorrere per giungere al confine materiale dell’universo.
I confini del tempo stretti da un passato brevissimo e da un futuro senza dimensioni, sono ancora da determinare e quindi, il valore del suo allungamento è impensabile. Se si vuole allungare qualcosa, è necessario avere coscienza della sua lunghezza.
Per quanto riguarda il sapere, non sarebbe necessaria nessuna spiegazione circa il suo espandersi, visto che non siamo nemmeno entrati nella fase del sapere.
Condizionati dai nostri limiti, possiamo solo presumere.
Implicitamente, questo stato di presunzione della conoscenza lo dichiariamo con continue dimostrazioni pseudo - logiche che si adducono a sostegno di tesi che nascono e rimangono nel mondo delle idee.
Per esempio, vi potrei chiedere: “Che valutazione dareste su un trattato che riguarda i giochi dei colori di luce, fatto da un comitato di miopi che hanno vissuto in ambienti chiusi, dove timidi raggi di sole arrivano solo a tratti?”.
Non c’è risposta a questa domanda!
Socrate diceva di essere consapevole di non sapere: lo presero per un matto, inebetito dalla senilità.
Cristo ha giustificato la stupidità degli uomini perché operano senza sapere quello che fanno.
Nel medioevo, in pieno stato confusionario, si uccideva senza un motivo evidente, forse per precauzione al pensare.
Per queste semplici ragioni è intuibile perché tutto è ancora in divenire.
La formica che si affanna a spostare la sua pagliuzza è lì, vicino a un bambino che gioca con la sua paletta. La mamma, seduta sulla base di vecchio tronco d’albero già da tempo abbattuto, attende il calar del sole. Lo sguardo al cielo apre la mente ai suoi pensieri cercando il più lontano possibile il motivo della vita.
Ed ecco che la vita, la morte, l’amore e il paradiso sono interrogativi che sorprendono.
Dante ha collocato l’inferno nelle buie, infuocate e paurose viscere della terra, il purgatorio sulle minacciose, fredde e faticose montagne, il paradiso nella serenità e calda lucentezza dei cieli.
Se permettete, io abolisco l’inferno, ma estendo il purgatorio, dalla nostra amata terra fino agli estremi confini dell’universo.
Il nostro Creatore, dopo che ha inventato un grande giocattolo, chiamato Universo, ha sparso un’altra sostanza, estranea alla materia, con cui è riuscito a produrre un amalgama. Questa, non si è sempre legata bene con tutti i corpi. Casualmente, ha visto che in certe condizioni, essa prende una consistenza più omogenea e tende a modificarsi, migliorandosi e trasformandosi. Questo meccanismo è stato così apprezzato, che il grande Regista, mantiene alto il suo interesse, seguendo con molta passione e pazienza il decorso.
Egli verifica continuamente il suo stato e lo aiuta, lo stimola, affinché possa attraversare con disinvoltura tutti i passi evolutivi.
Sta aspettando che arrivi il giorno in cui quella piccola nuvoletta, parte di se stesso, ritorni nell’area dell’ultrauniverso dominata dalla più alta essenza.
Nessun commento:
Posta un commento
Esprimi il tuo pensiero