
Gli antichi greci, poco distratti dall’ubriacante tecnologia odierna, constatando che si nasce e poi si muore in un ciclo eterno del divenire, hanno tentato di cercare un nome all’elemento base soggetto della continua trasformazione.
Talete era convinto che fosse l’acqua, visto che sul pianeta è presente in gran quantità. Anassimene vedeva l'origine di ogni cosa nell'aria, Anassimandro tagliando la testa al toro, lo chiamava il “Tutto”.
In ogni logica, dal passato fino a oggi, è presente sempre qualcosa a cui riferirsi e dai cui, per implicazione, ricavare le motivazioni per spiegare la transazione, il mutare, il cambiamento, di ciò che ci arriva attraverso i sensi.
Una semplice constatazione ci permette di fissare l’idea della forza come elemento del cambiamento. Prendete due oggetti, metteteli vicini su un tavolo e secondo la fisica, dovrei dire che si attirano. Posso convincervi di questo, se facessi cadere uno di loro per terra. Allora vi direi che il pavimento ha attirato l’oggetto caduto e se si è rotto, capirete anche che quell’attrazione è stata violenta; fatale per l’oggetto fino al punto che si è trasformato in oggetti più piccoli.
Vi potreste chiedere, dov’era tutta quell’energia quando l’oggetto era sul tavolo. Un fisico vi direbbe che gli oggetti possiedono energia potenziale, cioè quella che potrebbe spendere, ma che si riservano per certe condizioni (come cadere dal tavolo).
Tutta la trama esiste se abbiamo i due oggetti o con un’altra parola, i due corpi.
Se abbandoniamo i formalismi della scienza, possiamo sostituire la parola energia con spirito della materia.
Sforzatevi di immaginare uno spirito livellato in gradi di raffinatezza e dalla quantità di elementi che riesce a compattare. La quantità di materia per unità di volume (densità) diventa l’indice di qualità dello spirito.
Più materia si accumula, meno raffinato diventa e meno evidente si mostra lo spirito. Una pietra è il muto esempio di uno spirito qualitativamente scadente. L’anima, invece, è l’espressione della qualità di uno spirito confacente all’essere umano. Ogni altra espressione della natura denota uno spirito derivante dalla graduazione della sua densità.
Se accettate, anche per gioco, questi assunti, possiamo divertirci a guardare il mondo e poi l’intero universo, come un ordine di spiriti in eterno dilemma tra raccogliersi nell’universale e retrocedendo qualitativamente o disperdersi, raffinandosi e celebrando la nobiltà dell’universo. Questo motore ha una logica che non possiamo spiegarci perché ne facciamo parte. Però ci affascina, perché noi esseri viventi e umani, abbiamo il privilegio di “vedere” il nostro spirito (anima) mentre siamo ancora materia.
Istintivamente facciamo spesso riferimento a questo rapporto tra spirito e materia. Usiamo parole come “forza del pensiero”, “telepatia”, “sesto senso” e “la vita oltre la vita”.
Romantica è l’idea dell’anima che si stacca dal corpo e vola in Paradiso.
Il momento della morte è piacevole per l’anima che si libera della bruta materia ed è invece, terrorizzante per il corpo che deve provvedere da sola alla sua emancipazione. L’abbandono dell’anima dal corpo lo declassa e per questo è costretto a contrarsi in cenere per unirsi al terreno e tentare un’altra avventura.
In quest’ottica, il dolore è la manifestazione dell’opposizione che fa il corpo a lasciare libera l’anima. La paura del dolore è la formidabile invenzione irrazionale messa in opera dal costruttore dell’essere umano, con obiettivo di far mantenere nei cento anni, il sodalizio tra corpo e anima.
I racconti di pre-morte di alcune persone, sembrano confermare queste fantastiche supposizioni.
Nel 1954, a soli 22 anni, una donna fu in pericolo di vita a causa di una grave emorragia e difficoltà respiratorie. Ecco il suo racconto:
“All’improvviso mi sentii attirata verso l’alto da una forza molto potente: prima uscii dalla stanza, poi mi mossi a gran velocità verso una luce di forte splendore. Non avevo più dolori… All’improvviso mi fermai con l’impressione di galleggiare sull’acqua. Avevo sensazioni indescrivibilmente belle, di nostalgia, amore, pace e benessere; tutto era assolutamente meraviglioso. Non sapevo dove mi trovavo, ma non importava, sapevo solo che volevo restarci per sempre. Ero sola, ma non mi sentivo tale. Sapevo che dovevo aspettare finché non fosse venuto qualcuno a parlarmi e sapevo anche, che da incommensurabili distanze, qualcuno stava venendo e si avvicinava a me a velocità inimmaginabile. Mi trovavo in un mondo sconfinato di nulla totale, dove esistevo soltanto io. La luce verso cui prima mi dirigevo, adesso era ovunque intorno a me: non più così sfavillante, ma più morbida, più dolce. Mi sentivo incredibilmente bene. Ora sentivo che qualcuno si avvicinava a me, superava i confini del mondo (o dello stato di coscienza?) in cui mi trovavo. Sapevo anche che stava venendo da destra rispetto a me. In pochi secondi lui entrò nel mio mondo, da una distanza di cento, mille anni luce; mi venne accanto e mi prese la mano destra. Appena mi ebbe preso la mano, io seppi che era il miglior amico che avevo. Seppi anche, che io ero una persona speciale per lui. Il brivido che mi percorse quando le nostre mani si toccarono, non è paragonabile a niente di ciò che avevo sperimentato sulla terra, nella vita che conosciamo… ”.
Se qualche brivido vi ha percorso la pelle, apprezzatelo!
È la vostra anima che si fa sentire attraverso quel rude strumento del vostro corpo.
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