(continuazione)
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ETT: Allora, attendo che mi disegni il
quadro di giovialità all’interno della tua commissione.
LUIGI: Iniziando a descriverti la prof di
italiano, devo ammettere per la seconda volta di essermi sorpreso.
La signorile
e stilizzata figura della collega, era molto lontana da quella che avessi
potuto associare al mio archetipo di professoressa di storia e letteratura
italiana.
Ai miei tempi lontani di studente, le
insegnanti di italiano spesso apparivano appesantite dalla cultura e, dando
ragione a Leopardi, a volte curve e un po’ bruttine.
In questo caso, la nostra prof
d’italiano si è imposta alta, elegante e con qualche vena d’ironia.
Il suo sguardo, apparentemente distratto,
girava nell’area della commissione come radar in pieno mare, pronto a riportare
a se l’essenza del sapere.
Il mistero si esaltava al termine dei lavori,
quando, inforcando occhiali da VIP, si accingeva al saluto di commiato.
Solo a posteriori posso comprenderla!
Poverina, ha dovuto leggere 45 temi in stile
ultra-moderno in cui vocabolario, lessico e grammatica erano frutto di grandi
rivoluzioni intellettuali dei miei maturandi.
Per fortuna che non ha potuto leggere
tracce storiche poiché avrebbe avuto un grave imbarazzo per rapportarle alle
sue antiche conoscenze.
La figura femminile del docente di italiano
non poteva passare inosservata per un grande intenditore di donne, quale era il
nostro bravo prof di elettronica.
Il maestro del “godi la vita” o del “ciclista”
o del “mare e amare”, è stata una presenza lieta all’interno di una commissione
che spesso tendeva alla seriosità.
Purtroppo, i miei ragazzi non sono mai stati
appassionati per la sua materia.
Qualcuno dei loro insegnanti, a furia di
ripetere che l’elettronica è una materia difficile, li ha inconsapevolmente
convinti ad abbandonarla o, addirittura, ad averne paura.
Se si vuole minacciare a morte uno
studente, basterebbe annunciargli una domanda in elettronica!
Il mio caro collega di elettronica, quindi,
non ha potuto esprimersi nel suo sapere; il tempo dedicato alle sue domande poste
agli studenti timorosi, era proporzionale alla quantità di conoscenze da
accertare, perciò dell’ordine di pochi minuti.
Questa snellezza delle interrogazioni, da
noi colleghi, è stata accettata felicemente, pensando così di finire prima delle
fatidiche due di pomeriggio il turno dell’esame orale.
Per questo motivo, era facile osservare il
collega ricurvo e con lo sguardo fisso su un cellulare nuovissimo appena comprato.
La curiosità discendente dalla sua professione
lo condizionava ad esplorare ogni funzione del telefono, cercando perfino soluzioni
alternative a quelle standard.
Il terzo membro esterno era la collega di
matematica. In questo caso, però, la figura istituzionale del rappresentante di
questa disciplina è stata rispettata.
Questa nostra collega, silenziosa, di
poche parole, dall’aspetto burbero, ha operato nella formalità del suo ruolo;
forse per questo motivo, il presidente di commissione ha voluto che fosse la
sua vice.
La matematica è un’altra materia che gli
studenti non molto studiosi non amano.
Purtroppo, quando una materia non piace,
anche chi la insegna diventa brutto e bisbetico agli occhi del discente.
La collega di matematica, in procinto di
pensionamento, sembrava insensibile o “abituata” alle bordate di sciocchezze
che i candidati potessero intentare.
La sua testardaggine nel chiedere il perché
su alcune disquisizioni matematiche, a qualche studente appariva provocatoria.
Non le bastavano le definizioni imparate a
memoria o qualche schizzetto?
Nella mente di questi particolari studenti,
era presente un sipario che doveva calare di lì a poco, per sempre sulla scena dello studio
di questa disciplina.
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