Canti poetici (7/10/2025)

 

Le forme del male

 

Le forme del male, ho scandagliato.

Le ho scoperte nella coltre grigia dell'indifferenza,

nell'odio ancestrale,

negro, come rappreso inchiostro,

nello sguardo sbieco e osceno dello stupratore,

volto alle forme in sboccio d'una fanciulla.

Ladro d'innocenza, nella morte della verità.

Morte data col coltello dell'opportunismo,

nel conveniente falso offerto a vergini menti,

nel punto esatto dove il cinismo,

putrescente, gelido, si nega al grido d'aiuto,

alla Speranza, all'essenza medesima d'un cuore umano.

E strie, ma chiare, anche in me,

ove l'intenzione candida collide con l'errore

e di benevola, stolida assoluzione,

ricopro le scorie.

    di Mario Cammarota 

 

Moldova

 

Oh Moldova,

appartata e pensierosa,

giaci sui tuoi declivi

e sogni le antiche glorie!

 

Procedi per l' aspro sentiero del riscatto,

fiera dei tuoi frutti delle vigne generose...

 

Le tue mille anime danzano un' hora sfrenata,

dimentiche, per un tempo breve, dei tuoi figli lontani...

 

Oh Moldova, appartata e ridente,

oltre le tue tristezze, i tuoi malumori...

 

Eppure vedi un futuro palesarsi tra le nebbie.

Forse nel sorriso dei bimbi sulle multicolori altalene, 

forse nella fierezza dei tuoi avi,

o nelle cupole tese al cielo delle tue chiese...

 Nell' oro d' esse è forse il brillio del domani!

    di Mario Cammarota 

 
 
Sulla Storia

 

Storia, ti guardo di sottecchi, 

nel tempo in cui hai srotolato la tua matassa d'anni...

 

Non fosti, non sei sincera; vane, vigliacche le tue promesse!

Adulando promettesti paradisi, progresso;

Ad ogni incendio giurasti rapido spegnimento e cenere sottile,

innocua di leggerezza!

 

Chi fu, con somma menzogna e retorico vizio, 

a definirti "Magistra vitae"?

Non ricordo il  Nome, meschino aruspice, falso profeta!

 

Tu, storia, ripeti impudica i tuoi atti protervi e avvelenati...

Mostri ad ogni passo le tue oscene, raggrinzite nudità...

E non cedi, ma torni in perpetuo moto!

 

Hai marchiato menti e cuori,

rinnovato eterni odii,

rabbie ancestrali!

 

Percorri, sfrontata, i secoli,

E non dimentichi, non fai dimenticare...

Quali più perniciose tragedie

Progetti, più contundenti?

Non hai requie, sfrenata meretrice, mai sazia di corpi.

Come fosse godimento a te il tuo mestiere!

  

 di Mario Cammarota 
 

 
 
Oh parola
 
Oh parola,
sepolta da cuori accesi, 
improvvidi d'antica rabbia.

Risorgi viva, 
dalle tue remote scaturigini!
 
Scompagina il versoosceno degli atti,
copulanti con la morte!
 
Ammaestra 
e orienta del tuo ancestrale raziocinio,
il pensiero umano,
Sconvolto!
 
Della tua blandizia,
usa orientare gli umani
a nuovo intendimento.
 
Ché l' uomo sia nell' uomo
confidente 
e conscio della sacertà dell' esistere! 
 di Mario Cammarota 
 
Svela quella nuvola
 
Gravida e panciuta
Di pioggia i primi
Palpiti d' autunno ...
 
L' anima mia ripiega
su se stessa, nel
resinoso, scabro
Alveo della malinconia...
 
Lacrime sorgono
come gocce d'affanno
dall' angolo estremo
dei miei occhi...
 
Inaridisce il fulgido
estivo pensiero
e si fa opaca rimembranza...
 
Ricordi lunatici appaiono
confusamente ai miei occhi, 
corrucciati ,
 pesano sui giorni,
rendono greve il passo...
 
Più tardi, solo più tardi
bricioli d' allegria apriranno
varchi all'amato inverno,
che nel freddo respira la gioia festiva, 
che promette rinnovato slancio presago
al mio cuore pigro,
alla coscienza mia
assopita e frale.
 di Mario Cammarota 
 

 Il rombo
 
 
Tonitruante il rombo
Del cannone grigio acido
Che nella notte di fosforo
Penetra il silenzio;
 
Scalpiccio di piedi
Fuggenti sul selciato
Consunto della vecchia
Gaza, umido di fresco sangue;
 
È là, il rifugio di fango
E calce, capanna o poco più,
 
È là salvezza o egualmente
Morte, nel tragico gioco
Della probabilità, del Caso! 
 
Onnivoro destino
Che non distingue pianto
D' infante da lamentose
Lacrime di vecchio, oppure
Strilli muliebri, farciti
Di disperazione e affanno;
 
È là questa giostra lugubre
Che al cessare del rombo
Sarà sonno o decesso!

Là ove non crescono
Più fiori, ove il grigio
È colore dominante,
Tinta della disperazione,
Dell' ignavia del mondo
Lontano, malato d' indifferenza.
 di Mario Cammarota 
 

 Routine
 
È grigio l' andare.
 
Ogni giorno
Che appare
Per percorsi
Adusi, occlusi
Al divino cambiamento.
 
Torpidamente ripetere
la stessa nota,
non crea sinfonia...
 
E pure ricadi nella
stessa viziosa apparenza,
che fare ciò che altri fa.
Indossare lo stesso vestimento, 
sia la vera originalità.
 
Spezzare questo cerchio.
Evadere svelti da questa
comune, annoiata cella,
è il vero trionfo.
 
L' aria Leggera, rinnovata, 
il cielo puramente limpido, 
l' eterna catarsi , 
l' incontro cordiale col proprio, 
esclusivo,
Destino.

 di Mario Cammarota 
 
Il muro
 
Non io alzai
Questo muro
Sbrecciato
Al culmine
Di vani desideri;
 
Non io divisi
La mia anima
Solerte al mondo ,
Diversa dal mondo;
 
Non io bestemmiai
Odio, vendetta, libidine
D' invidia!
 
Un mattino , grigio
La sua parte, aprii
Gli occhi e guardai
Lontano, oltre l'estreme
Colline , e il mostro,
Il Leviatano cementato
Di bava di sopruso,
Già sporgeva l' ombra
Sua bruna sui campi
Spogli, al di qua del suo
Essere immane, ponderoso
Di massa acre e aggressiva!
 
Era il contraltare della
Mia trasparente coscienza?
 
 di Mario Cammarota 
 
 Di ninfa...
 
Di ninfa impubere
Questo canto esalato
Che il satiro accolse
Al fondo del suo
Sgraziato impulso.
 
Le mani nodose, bramose
D' innocenza, livide
D' innumeri peccati,
Affondarono nella
Carne inconsapevole,
E nel desiderio avvelenato
Strinsero a sé la creatura...
La foresta, buia e densa,
Distratta dal vento astuto,
Si contaminò di quel contatto ,
Mai più fu rifugio lieto
E conforto al camminatore
Leggero e devoto , che di
Quel verde faceva liturgia...
Gelida restò, immota, grigia
Negli alberi e nelle infiorescenze,
Muta alle stagioni cangianti,
Avvinta all' empio sortilegio
Che inane l' avvolse e imprigionò.
 di Mario Cammarota 
 

Di troppi...
 
Di troppi ricordi
M' obera il giorno,
Da quando si sporge
Dal balcone d' aurora
A quando le membra
Riposa sui cuscini
Del serico, purpureo,
Pigro occidente...
M' accade d' udire parole
Già udite quando gli occhi
Dono al sole infante
E il pensiero vaga
Per opposti sentieri,
Incrociando visioni
Beate con bruni vessilli
A mezz' asta.
 Di questa congerie infinita ,
Concrezione di molteplici
Sostanze senza peso
E consistenza,
Materiale di risulta
Di coscienza,
Farei edificio trasparente,
Urna di tempo trascorso,
Residenza d' anima e chiesa
Consacrata a quanto di vita
Resta. 
 di Mario Cammarota 
 
 Nemesi
 
Fatale, vindice,
Punitrice di umane
Scorie d' odio,
Di tiranniche oppressioni;
Nemesi, attornia
Il male, incoronalo
D' infausti presagi;
Nell' assedio tuo
S' odano all' intorno
Grida di pentimento,
Tardivi miserere e
Il sangue versato
Sia perimetro al tuo
Assalto schietto;
Tu vestita di giustizia
E spietatezza, indomita,
Sfrena i tuoi destrieri,
Nel disordinato scalpiccio
S' odano canti celesti
E lamenti rassegnati...
Sii la luce della verità
Ai giusti , flagello ai rei!
Nemesi, tu, nella purezza,
Più pura umanità rechi.  
 di Mario Cammarota 
 
 
Sospeso
 
A un sogno sospeso,
al passato suo smorto,
lo sguardo fisso.
 
Nel tremulo notturno,
sciabordio dell' acqua.
del fiume morente.
 
Nel mare, lo vidi perplesso,
se ancora attingere attimi
dal tempo vivente
 o nel buio assoluto e assorbente
dissolvere pensieri e figura,
ché d'esso restasse vago
il ricordo d'un'ombra al
margine del molo,
 senza contorno.
 di Mario Cammarota 
 

Dietro le sbarre
 
Vivo la mia penitenza.

A volte tornano in mente antiche penitenze
di scuola ancor più antica.
Ahi , quelle nuda ginocchia sul gelido pavimento.
 
Ancor richeggia la voce del maestro
così lontana e indistinta.
 
Poi che altrove fu il mio
pensiero, come inaridito per rabbia vindice.
Sì che errai! 
Ma lui errò pure.


Quando mi crocifisse al mio
ludico chiacchiericcio,
sol per solitudine intrapresa,
a colmar il vuoto brunito,
sorprese il cuor 
nel seno d'una visione insulsa.
 
Or, la vecchia ardesia
è geometria di sbarre,
un getto di luce che disegna
quadrati sull' impiantito,
lercio al levar del sole.
 
Sul viso anemico del mio compagno
si colora il pentimento,
del quale divido il pane del rimpianto.
 
Uccisi con leggerezza, 
quasi mi vedessi a uno specchio,
d'un solo insulto di coltello,
il mio rivale in amore.
 
Era una mattina arsa d' agosto,
Mi sembrò giusta per l' esecuzione,
bollente il mio cuore tradito.
 
Come in onirica fusione,
entrambi morimmo diversamente.
 
Ora, accarezzando i ferri incrociati,
il tramonto irrora
irrompendo con una speciale voluttà,
brande e muri, visi e anime.
 
E sono ancora in ginocchio,
il volto a un dito dalla vecchia
ardesia, la voce del maestro
persa nella lettura d'un grigio racconto.
 
Forse era il De Amicis?
 di Mario Cammarota 
 
É meravigliosa una donna innamorata.
La senti completamente tua.
Fa cose che ti sorprende.
Ti fa stare al centro delle sue attenzioni … anche quando non ci sei.

Per lei le tue parole sono importanti, dolci, appassionanti.

Non devi chiedere nulla perché sa già tutto quello che vuoi e ti piace.

Il tempo si ferma quando ti pensa e se ti deve aspettare anche l’eternità diventa un secondo.

Non ci sono ostacoli, pregiudizi o paura!
Le sa soltanto che vuole stare con te!

É innamorata!
 
 
 
Un cuore grande é gentile, è attento a non ferire; parla con rispetto e le sue parole trasudano di amore.

Un cuore grande conosce le tue difficoltà ma non ne fa cenno;
esalta invece le tue buone qualità.
Non racconta nulla di sé perché pone attenzione soltanto su di te.

È d’accordo con le tue idee, non perché ti vuole blandire o adulare, ma perché si mette nei tuoi panni e assume il tuo punto di vista.

Un cuor gentile fa del sentimento la sua guida; ha capito che siamo tutti bisognosi di amore e sa che soltanto
creando buone relazioni si vive meglio.
Un cuore gentile è triste quando assiste alla violenza; rifugge la volgarità e chiede a Dio perché.

Un cuore grande vorrebbe il mondo buono e si chiede perché è così difficile essere buoni.

Un cuore gentile ti vuole accanto perché insieme si migliora tutto il mondo.
 
 
 
Eppure mi manchi.

Non so dirti quanto.

Ma tanto da confondermi la ragione.


Gira il mio tempo 

e tu come un filo invisibile 

ti attorcigli sui mei pensieri.

 

Non riesco a dar direzione ai miei desideri e a imprigionare la mia voglia di te.


Immagino di parlarti, poi di abbracciarti. 

Sento il calore del tuo corpo che esalta ogni mio tenero sentimento. 

Rivivo la gioia del tuo sorriso, innamorato anche del suono delle tue parole.


Nell’estasi incontrollabile, ho il dubbio che il tempo non esista.

Ogni emozione si blocca sulla tua immagine che si agita nel riflesso di un momento incancellabile.


Il mio respiro si attarda e la mente fugge tra i milioni di stelle per perdermi nel mondo perduto dei romantici.

 

Ecco che variopinte emozioni corrono ovunque sotto pelle.

Delicate sensazioni sorgono in un incanto magico.

Mescolano sussulti che solo l’amore sa comandare in quel modo ...

e così resto bloccato nella fantasia  dove mi ritrovo con il cuore stretto al tuo.

 

 
 
Non sai quanto grandi sono le nuvole quando non ci sei.

Non sai anche per quanto tempo il mio respiro si ferma al tuo pensiero.

Eppure, c’è qualcosa si sospende nell’aria che spiega una magia racchiusa nel cuore.

Sì! É un trambusto silenzioso che gonfia le vene e lascia libere emozioni.

Le mie parole fuggono per vie sconosciute lasciandomi in balia dell’incanto.

Ma tu non puoi capire cosa succede in quel posto difficile da inchiodare … se non conosci le sue tempeste.

Chissà perché ogni cuore batte se sa di non aspettarsi nulla. 
Forse perché spera testardamente che la sua eco possa risevegliare il dormiente mondo delle emozioni,
gelato dal grigiore di una vita vuota.

Vai cuore mio.
pulsa ancora,
accelera i tuoi battiti,
ho ancora qualcuno
che ti dà motivo per continuare.

Se non ti sentiró più … 
significherà che sarò disperso nella fredda nebbia della materia.
 
 

 
Quando non ho pensieri 

ecco ... mi cadi nella mente.


Forse dovrei dire che ti penso,

ma mi adombra di pensier leggero.


É più vero dirti che mi appari davanti agli occhi con il tuo sorriso senza eco .... fino a toccarmi le labbra.


Allora, non mi resta che ingoiarti per costringerti a scendere giù, fino nello stomaco e poi farti risalire come un irresistibile sfarfallio.

Sì, devo rassegnarmi a sentirti come nuvola nel mio respiro e immaginarti disegnata in un fumetto di un racconto d’amore.


Eppure c’è profumo di te nell’aria … vedi, anche il vento ti è complice, agita passione senza permesso.


Ho un cuore troppo piccolo per contenerti e troppo debole per trattenerti…

obbedisce alla legge dell’amore che ti vuole libera,

radiosa di emozioni,

ed io, servo suo gentile, continuo a cantarti.

 


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