La vita di una persona attraversa innumerevoli
intervalli vuoti in cui si consuma il tempo attendendo qualcosa, riposta in un
futuro completamente oscuro alla ragione e avvolta in una ipnotica speranza
illusoria.
Si finisce per lasciar scorrere il tempo in modo inutile e vivendo realmente soltanto quei pochissimi momenti a cui appendere il significato ultimo
del nostro respirare.
Camminiamo imitando i ciechi nel battere il bastone per
riconoscere gli ostacoli, pur avendo occhi buoni.
Inconsapevolmente, viviamo per nutrirci, litighiamo
per affermarci, lavoriamo per accumulare lo stesso danaro che spendiamo in
frivolezze.
In definitiva, consumiamo il tempo vita in attesa di godere qualcosa
che in alcuni casi non arriva mai.
Ciò che conta realmente è sempre lì davanti ai nostri
occhi e alla portata di tutti.
Purtroppo, fantasiose barriere psicologiche
dividono e classificano idee per aggettivare in modo presunto ed egoistico qualunque
realtà.
Le cose importanti sono sempre le più semplici e si
rivelano a dimensione umana.
Sono i sorrisi, le buone maniere, il rispetto
reciproco, il senso dell’amicizia, la sensibilità dei sentimenti e in ultimo, l’amore.
Purtroppo, porre l’attenzione di queste “cosette”
ci si vergogna, così le riserviamo per il privato.
Ecco che togliendo le ore
per il sonno, il tempo del lavoro e stanchezza permettendo, i momenti per
vivere le “cosette” si riducono a pochissime occasioni.
Allora, ci si riscopre
vecchi e incapaci di comunicare con i giovani quando senza molto allenamento, proviamo
a vivere come si dovrebbe.
“Get a move on” è stata una opportunità per tutti i
partecipanti a uscir fuori dai binari della consuetudine e della formalità istituzionale
e a ricordare a tutti noi che l’allegria, il gesto simpatico, la solidarietà
comune, lo sguardo amichevole, una parola dolce, sono strumenti da usare sempre
se vogliamo una vita intensa di emozioni e che valga la pena di vivere.
Tutti i ragazzi sono stati eccezionali, compresi i
più vivaci che forse hanno mostrato meno la museruola omologante della società
normalizzata.
Per quanto mi riguarda e credo di interpretare anche
i sentimenti dei miei colleghi, questa esperienza mi ha riempito di spirito
umano, concedendomi vivere venti giorni in assoluta distensione e sempre con il
sorriso ospite fisso sul mio viso.
Grazie a Rita, Maria, Emanuele, Emanuela, Sergio,
Davide B., Davide F., Nicolò, Matteo, Giovanni, Domenico, Francesco, Vincenzo
Salvatore, Corrado, Mauro, Mirco, Andrea.
Abbiamo condiviso tempo, spazi e consumato nel modo
migliore il tempo vita.
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