LUIGI: ETT, ci sei? Sono appena tornato da
Praga. Voglio raccontarti tutto.
ETT: La tua euforia mi sorprende!
Non avevi giurato di non partecipare a
nessun altro viaggio di istruzione?
LUIGI: Credo proprio di essere incoerente
sotto questo aspetto.
ETT: Invece sì! Tutti sanno che in fondo al tuo animo insiste
ancora l’amore per i tuoi ragazzi.
LUIGI: Sei gentile, Ett, a dirmi questo!
Comunque, nella vita di ogni uomo esistono momenti in cui sorgono domande per
le quali trovare risposte convincenti sembra impossibile.
Il conflitto tra la razionalità delle
azioni da compiere e i sentimenti che queste muovono, induce a chiedersi perché
esistiamo.
La nostra vita è fatta di regole. Esse sono
le linee guida nei rapporti interpersonali e contemporaneamente portano con sé
limitazioni all’espansione dell’anima. Dall’altra parte ci sono i sentimenti
che sono riservati, intimi e bisognosi di un ossigeno difficilmente reperibile
in gran quantità. Questa dualità ci conduce ad assumere maschere ad essere
attori nel film dell’esistenza.
ETT: Intendi dire che voi umani avete paura
ad esporvi. Temete di non essere veri scienziati, bravi tecnici e preparati
professori, se si mostrano i sentimenti. Temete di apparire infantili, deboli e
forse anche inconsistenti, se vi commuovete pubblicamente oppure se si usano
sorrisi, carezze, abbracci. Insomma, tutto ciò che è sentimento deve essere
tenuto dentro, da mostrare solo nell’intimità della propria famiglia o
all’interno della ristretta cerchia di amici veri.
LUIGI: Sì, è proprio così!
La gita scolastica è proprio una delle
occasioni in cui il formalismo dell’aula scolastica subisce scossoni.
I ragazzi provano, esitanti, a rompere la
breccia della formalità mentre i docenti accusano i colpi e lentamente la
corazza dell’apparire mostra qualche crepa.
ETT: Dai, su! Abbandona momentaneamente le
tue divagazioni filosofiche ed inizia a raccontarmi in dettaglio come è andata
questa nuova escursione in terra straniera.
LUIGI: Devo subito dichiararti che ero
comandato a sorvegliare dodici apostoli.
ETT: Così pochi?
LUIGI: Avrei molto da dire a tal riguardo.
Finirei però per perdermi in ulteriori riflessioni che mi allontanerebbero del
raccontare i fatti della gita scolastica.
Per inciso vorrei giustificare questo basso
numero di partecipanti tirando in ballo il costo del biglietto di
partecipazione e di una inesistente politica di integrazione della vita
scolastica con quella esterna all’aula.
ETT: Cioè?
LUIGI: Credo che i ragazzi vedono un
sipario che si alza entrando nella scuola e che si chiude uscendo. Sentono la
scuola come un mondo separato dal loro habitat. Molti vi entrano costretti e
non vendono l’ora di uscirne. In questo senso, ad alcuni la gita scolastica può
apparire un prolungamento (sebbene ludico) della vita scolastica.
Riprendendo il racconto, devo informarti
che eravamo in quarantacinque: 42 studenti e 3 docenti.
Il destino è un abile architetto quando
disegna l’intreccio caratteriale di più persone costrette a condividere tempi e
spazi di esistenza.
Solo un grande stratega è capace di
combinare in una miscela perfetta tre profili d’anima così diversi.
Una prof di religione, tutto cuore e
sincerità, insieme ad un ingegnere tanto pratico quanto satirico, erano i miei
due compagni e colleghi di viaggio.
Armati di tanta disponibilità e bendati ai
rischi che portavano legati al collo, i tre tranquilli docenti accompagnatori si
sono fatti trovare in una mattina di maggio all’aeroporto di Bari, pronti per
volare con 42 giovincelli verso il cielo di Praga.
Le parole check-in suonavano di pratica
spaziale per i neo passeggeri volanti. Le raccomandazioni fornite in partenza dagli
organizzatori della gita risuonavano lontane e forse incomprensibili, fino al
punto da ripensare alle dimensioni del bagaglio a mano o agli oggetti vietati da
portare insieme quando il mezzo di trasporto è un aereo.
Ultimate le pratiche di rito e cioè la
distribuzione dei biglietti d’aereo e la raccolta dei recapiti telefonici, la
comitiva si avvia al gate, per superare la barriera dei controlli per poi entrare nella gabbia d’acciaio pressurizzata e pesante di svariate tonnellate.
(continua nella prossima pubblicazione)
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