domenica 18 maggio 2014

Gita a Praga(6)

Forse non tutti sanno che una gita scolastica solitamente prevede lunghe passeggiate a piedi tra vie e viottoli piene di negozietti traboccanti di souvenir. 

Una colonna di 45 persone non passa inosservata, specialmente se accompagnata da allegria o da vocii vivaci, frutto di scambi di punti di vista. 

La guida, solitamente affiancata dalla instancabile professoressa, era alla testa del serpentone che si snodava nel traffico praghese, mentre io e il collega ci accontentavamo di stare in coda.
ETT: Luigi, come al solito, sei stato il lumacone del gruppo.
LUIGI: Ti confesso che, nonostante il mio spirito giovanile, un po’ di stanchezza l’accusavo. 

Non volendo però mostrarla pubblicamente, coglievo in qualche precario sostegno l’idea della sedia e, simulando una riflessione o una pausa di ammirazione per le bellezze artistiche della città, ne approfittavo per bere il nettare del riposo. 

Il mio collega si chiedeva perché non si usassero i mezzi pubblici di trasporto, bus o metrò che fossero. 

Probabilmente, chi era in testa al gruppo aveva deciso per tutti che una sana e salutare attività fisica fosse ideale per miscelare il risparmio economico e l’abbraccio alla città di Praga.



Nel perdurare del passeggio, la mia immaginazione si soffermava su comode poltrone e rilassanti divani. 

Non ascoltavo più nemmeno il brontolio del mio collega che non aveva modo di gustarsi la sigaretta di rito. 

Niente caffè, poco cibo e poco sonno, non potevano indurre discorsi di alto contenuto scientifico. 


Cercando di dimenticare questa condizione di insoddisfazione, ci consolavamo in un umorismo di bassa leva, commentando e valutando le automobili di lusso parcheggiate come se fossero le nostre gloriose Fiat Cinquecento.


La collega di religione, abituata dai suoi lunghi pellegrinaggi, non dava nessun segno di cedimento.

Io e l’altro collega, ormai stabili in coda al serpente, cercavamo di rimanere attaccati al gruppo grazie a sguardi continui che ci legavano alla testa. 

Capitò che chiacchierando e ironizzando sulla nostra condizione di docenti accompagnatori stanchi, lo sguardo si spostò erroneamente su una persona che indossava abiti con gli stessi colori della nostra collega. 

Di lì a poco, non ci volle molto per capire che avevamo perso il gruppo.

 I tempi stretti per il rientro non ci permisero di esitare e immediatamente ci orientammo per il primo punto d’accesso alla metropolitana che ci avrebbe condotto al nostro albergo.
Sapemmo dopo che nessuna remora sopravvenne alla coscienza della collega rimasta sola alla guida del gruppo.


Si disse dopo che due docenti grandi e vaccinati non potevano perdersi in una qualunque capitale europea.

(continua)


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