lunedì 22 luglio 2013

Enjoy your meal





ETT: Stranamente, Luigi, non hai fatto nessun riferimento al cibo inglese!
Non ti sarai forse abituato?

LUIGI: Certamente le stranezze alimentari dei britannici non mi hanno sorpreso! Conoscevo ciò che mi attendeva per cui ho fatto buon viso a cattivo gioco.

ETT: Quindi, non hai faticato molto a ignorare le delizie del palato?

LUIGI: Ett, queste non sono domande da porre a un professore che si astrae dalla materialità.

ETT: Allora perché brontolavi mentre assistevi ai tuffi dell’ananas nel sugo di pomodoro oppure mentre pensavi di bere il caffè che di espresso aveva soltanto il desiderio?

LUIGI: Infatti, non brontolavo … … conferivo con me stesso!

Riflettevo ad alta voce. Notavo la coerenza degli inglesi quando mangiano le jacket potatoes mentre noi le chiamiamo volgarmente patate non sbucciate. 

Inoltre, la loro fantasia è tale da superare antichi stereotipi alimentari per cui dolce e salato possono coesistere.

Per forzare la cultura alimentare tradizionalista mediterranea, cercavo di provar piacere a mangiare le patatine fritte dopo aver assaltato comicamente una pannocchia di mais finita rovinosamente fuori dal piatto.

Ti racconto l’avventura alimentare avuta il giorno d’arrivo. 

Dopo un’intera giornata trascorsa in tre aeroporti (Bari, Stoccarda e Heathrow), avevo una fame da lupo. 

Da perfetto gentleman, chiesi gentilmente alla mia host family un posto dove poter cenare (non volevo creare problemi a causa della tarda ora d’arrivo). 

Per mia fortuna, la gentile ospitante mi assicurò di aver già pronta la mia cena.

Vorrei che immaginaste la mia faccia nel vedere pochi fagioli galleggiare in una brodaglia saporosa.   

La fame spingeva il cucchiaio a raccogliere quanti più fagioli possibili con un colpo solo. 

Dopo poche cucchiaiate, rimase solo la brodaglia che non sapevo come smaltire per non apparire “viziato” alla mia ospitante. 

Cercai di limitare la brutta figura avventurando internamente probabili fette biscottate.

Purtroppo, esiste il limite a tutto e così allontanai lentamente la portata verso il centro del tavolo.

Quest’atto fu interpretato come “ho finito, voglio il secondo” e allora, la solerte inglese si precipitò verso il forno a microonde, da dove estrasse delle linguine annegate nella besciamella.

Mi venne da piangere!

Tirai fuori tutta la mia ipocrisia intrecciata con la signorilità per esclamare: wonderful!

Cercai di arrotolare quelle sfuggenti strisce di pasta con una pigra forchetta ma dopo soltanto pochi balzi e sconfinamenti, dichiarai tutta la mia sazietà e impossibilità di terminare quella cena luculliana.

La bassa probabilità di trovare pane sulla tavola inglese fu mitigata dalla sicurezza matematica di avere il dessert.

Chiedo la vostra clemenza nell’esprimere il giudizio sulle mie aspirazioni alimentari, ma come potevo mangiare un semifreddo alla menta quando ancora lo stomaco brontolava per la presenza d’aria.

Da navigato diplomatico, chiesi alla padrona di casa di uscire per una passeggiata digestiva, invece, come un cane randagio cominciai a cercare un locale che avesse qualcosa di solido e verosimile al mio cibo immaginario.

Qualche giorno dopo conobbi i nomi di quelle pietanze che ora, per motivi freudiani, sono stati rimossi.

ETT: Credo almeno che ti sia rifatto con la colazione inglese; è famosa per essere sostanziosa.

LUIGI: Un bicchiere di latte freddo, un’anfora con acqua color caffè, marmellata, burro, yogurt e due fette biscottate erano i protagonisti delle mie mattine, prima di correre verso la fermata del bus ed essere presente alle nove in punto in aula per la lezione.

Per fortuna che la mia passione per la lingua inglese ha reso corollario il mangiare.

domenica 21 luglio 2013

Accusar l'immenso


opera di Silla Campanini

Vola basso timido passero.

Sentir vorrei l'umil fruscio d'ali allegre.

Cuor mi prende 
a così dolce attimo che natura dona.

Messaggero d'amor, 
l'anima tutta incanta.

Allor, flesso nel pensar,
attendo.

Mirar perduti orizzonti,
in cerca d'arcobaleni, 
curvi dalla speranza d'accusar l'immenso.  


CLIL - experience


LUIGI: Può capitare che un professore, per motivi di auto-aggiornamento, debba trascorrere all'estero due settimane. In questo periodo, completamente avulso dalla routine della vita, egli sperimenta la novità dell’uso della lingua straniera e il confronto con una cultura di un popolo differente.

ETT: Sapendo della tua passione per la lingua inglese, suppongo che tu sia ritornato in Inghilterra.

LUIGI: Esattamente! In questa occasione però non ho avuto studenti cui badare poiché ero io stesso alunno.
La classe a cui ero iscritto la definirei europea; composta in massima parte da italiani e spagnoli, con unità sparse provenienti dall'Austria, Francia e Ungheria.

ETT: Una bella compagnia e soprattutto una novità assolutamente interessante per la tua esperienza.

LUIGI: Sì! Effettivamente ho ricevuto uno scossone da questa matta iniziativa.

ETT: Perché matta?

LUIGI: Se ti raccontassi di avere abbandonato la famiglia per quindici giorni e per giunta, di averlo fatto mentre erano in corso i lavori di strutturazione della casa dove vivo, saresti costretto a considerarmi perlomeno irresponsabile.

ETT: Tranquillo perché io ascolto e non giudico.

LUIGI: Allora, confermi la tua identità di extraterrestre e per tale, di essere superiore!

ETT: Avanti, non scherzare, continua a raccontare.

LUIGI: Ho trascorso quindici giorni sereni, attento soltanto ai piaceri umani; ho conosciuto persone dolci e disponibili; ho rivisto silenziosamente le mie stesse debolezze, timori e speranze in quei colleghi con cui ho condiviso intere giornate. Ognuno di loro, indipendentemente della nazionalità, ha nascosto i fardelli della vita ordinaria respirando l’aria di giovani spensierati studenti.

Gli italiani (i più malmessi con la lingua inglese) istintivamente si cercavano e tendevano a formare gruppo separato mentre gli spagnoli, numerosi come gli italiani, si mostravano molto ciarlieri, aperti alla varietà della comunità. 

Per molti miei colleghi (me compreso), la difficoltà dell’ascolto, legata ad improbabili pronunce o alla povertà di termini specifici in lingua, operava come la forza di gravità: dopo brevi tentativi nell'argomentare in inglese, si finiva per parlare nuovamente in lingua madre.

Nel corso dei quindici giorni una strisciante graduatoria di merito relativa ai migliori speaker ha preso forma. 

Tutti i partecipanti a questo divertente concorso hanno accettato con il sorriso il posto occupato e hanno gioito anche per i piccoli miglioramenti involontariamente ottenuti.

ETT: Qualcuno di loro ti ha impressionato in particolare?

LUIGI: Ovviamente, sì! Ho ancora in mente affabilità di Renato, la forza d’animo di Carmela, il brio di Margherita, la delicatezza di Enzo, l'eleganza d'animo di Luisa, la tenerezza di Concetta, la simpatia di Guido, lo stile riguardoso di Alfredo, l’allegria di Alejandro, il perenne sorriso di Irma, l’humor di Eladio, la socievolezza di Soledad, lo spirito gioioso di Istvan e Agnes.

A questi nomi si aggiungono molti altri che anche per poche parole scambiate, rimarranno nella mia memoria nostalgica.

ETT: L’esperienza in Inghilterra ha confermato le tue aspettative per ciò che riguardava la lingua e l’aggiornamento didattico?

LUIGI: Rispondendoti immediatamente con un sì, ti direi una mezza bugia. Come succede a tutti gli umani, ciò che ci raffiguriamo nella mente prima di iniziare un’avventura è sempre diverso da ciò che viviamo. 

Solo in seguito, dopo cioè aver miscelato l’accettazione della realtà con il ridimensionamento degli obbiettivi creati, si riconosce la soddisfazione per l’esperienza ormai trascorsa.

In ogni caso, i quindici giorni di permanenza in terra straniera hanno consentito l’innesto di piccoli automatismi mentali per cui la lingua parlata appare meno incerta. 

Inoltre, il vocabolario si arricchisce di termini che in Italia non sogneremo mai di usarli per via della bassa probabilità di richiamarli.

Per quanto riguarda l’aspetto didattico, il corso seguito in Colcheter ha offerto una panoramica sulla metodologia CLIL e una visione generale dell’ordinamento scolastico inglese. 

Ovviamente, la sospensione del giudizio relativo al confronto tra la nostra istituzione scolastica e quella inglese è obbligata per via dei termini di confronto non omogenei.

ETT: Ripeteresti questa esperienza?

LUIGI: Da inguaribile romantico, non posso negarlo. Amo vivere tra la gente sincera, “sentire” il sentimento, ascoltare chi ha bisogno dell’attenzione, vedere il mondo per allargare l’orizzonte della mente.

Siamo isole lontane che emergono dal mare per ammirare il sole. 

In fondo al mare, ogni isola appartiene alla stessa piattaforma che, fuori dall'acqua, si dimentica di considerarla.


Parlando di esami di stato 2013 con ETT.


 
Colgo l’occasione per raccontarti delle vicende legate alla mia esperienza di Commissario agli esami di maturità nel 2013, dove una miscela di debolezze umane inventa l’imprevedibile.

ETT: Ci risiamo? Avanti, hai solleticato la mia curiosità, inizia la tua cronistoria.

LUIGI: Nominato per acclamazione commissario, mi preparavo a vivere una nuova avventura nel mondo misterioso della scuola secondaria.

ETT: Dopo quasi trent’anni da docente, la scuola è ancora un mistero per te?

LUIGI: La scuola è fatta da persone che, come ben sai, sono sempre imprevedibili.
La novità di quest’anno mi consegnava un commissario ex-alunno e una classe di maturandi ottima dal punto di vista umano ma spensierata da quello puramente didattico.

ETT: Un commissario ex-alunno che ti avrà fatto pesare i tuoi 58 anni!

LUIGI: Infatti! Ti devo confessare che ho visto in lui qualcosa di mio.

ETT: Che cosa intendi, dicendo “di mio”?

LUIGI: Sedici anni orsono avevo la sua carica, la sua voglia di cambiare il mondo a colpi d’ariete.

ETT: L’esperienza ti ha spento o il mondo è cambiato?

LUIGI: Nessuna delle due motivazioni mi riguarda. L’esperienza mi ha insegnato a usare occhiali speciali attraverso i quali vedo ogni problema connesso con altri e quindi, dovendo riflettere, mi concedo tempo.

ETT: Sei diventato saggio?

LUIGI: Magari lo fossi! La saggezza la potrei paragonare alle frecce direzionali delle automobili: quando si cambia direzione occorre accenderle in modo che si sappia della volontà di non voler più seguire  la corrente corsia di marcia.

ETT: A furia di cambiare continuamente corsia potresti rischiare di girare a vuoto o di ritrovarti nello stesso punto di partenza.

LUIGI: Questo è uno dei tanti problemi della natura umana.

Ricollegandomi alla mia esperienza di commissario, ti presento i miei colleghi, fortunati o sfortunati compagni di viaggio a seconda come vorrebbero definirsi.

Inizio, per Lex Iulia maiestatis, con la presidente, una donna leggiadra nelle movenze, gentile nei modi e imperturbabile alle minacce ambientali. 

A dispetto del suo cognome che richiama gli orchi delle favole, ha mostrato lo stile del rispetto e quello dell’equilibrio in ogni fase del suo primo mandato. 

Queste qualità, come succede sempre, hanno i loro controvalori e cioè la necessità di impiegare tempi d’azione molto lunghi; non ricordo una precedente esperienza che mi avesse fatto tornare a casa così tardi regolarmente. 

Il tono della sua voce, tra il confessionale e il sussurro, influiva efficacemente nel demotivare discussioni animate tra i componenti della commissione. 

Tra le sue qualità negative è da includere il vizio del fumo. La boccata periodica di pura nicotina era la pausa obbligata della sua attività. 

Mi sono chiesto come sia possibile che anche una donna così apparentemente serena potesse dipendere dal tabacco!  

ETT: Una seconda occasione che ti permette di denunciare il mistero della razza umana, vero?

LUIGI: Per una persona che non ha mai fumato e che per giunta ama le donne, non può far passare inosservato questo particolare.

Proseguendo, ti posso riferire della seconda donna della commissione; insegna matematica da anni ed è l’immagine della forma fisica, dello slancio e del cuore. Se fosse nata nei tempi dei romanzi cavallereschi, sarebbe una figura simile a Don Chisciotte della Mancia. 

A disprezzo del pericolo, è sempre pronta a combattere i soprusi valutativi; inflessibile con gli studenti sordi ai suoi incoraggiamenti, è strenua combattente in difesa di quelli diligenti. 

Attacca il nemico con sguardi supplichevoli tentando sortite, prima esplorative e poi impositive. Nei momenti migliori non dà tregua al nemico reclamando il suo scalpo. 

Allo stesso modo si espone a una sonora sconfitta, le cui conseguenze riescono a chiuderla in sé. In tali occasioni, osservando l’umido dei suoi occhi, si comprende benissimo il dolore soffocato da quella foga inesplosa.

Esaurite le donne in commissione, focalizziamo l’attenzione sugli uomini. Occorre dare la precedenza al commissario d’italiano che ha rappresentato l’istituzione silenziosa, il vigile distaccato e attento al soppesare dei giusti valori degli esaminandi. 

La burbera figura che si aggirava tra gli spazi di aule rumorose, solo al distratto osservatore nasconde un cuore grande, incastonato nella rigida formalità delle regole di grammatica. Per richiamare un sorriso sulle sue labbra servono le campane a festa.

La parte della commissione riservata ai commissari esterni, annovera tre uomini molto diversi tra loro ma con un fattore comune: giudici imparziali delle umane miserie.

ETT: Dovrebbe corrispondere a una qualità che discende dal ruolo che ricoprono.

LUIGI: Immaginando un sistema scolastico congruente con la realtà in cui si opera, dovrei convenire. Purtroppo, applicare la normativa è sempre un’attività che rischia di essere soggettiva e se non ci fosse il buon senso di chi veste il ruolo, tutto risulterebbe fantasioso, creando premesse all'esercizio di una funzione in balia delle debolezze umane.

ETT: Voi umani siete bravi a giustificare le vostre inefficienze nascondendovi dietro il mantello delle imperfezioni.  

LUIGI: Tenendo conto che nonostante si operi con tanta buona volontà, non si riesce mai ad ottenere risultati perfetti o almeno soddisfacenti rispetto a situazioni che cambiano continuamente.

ETT: Senza voler sminuire la vostra autostima, vorrei ricordare che voi umani vi comportate come i vostri pesciolini rossi nell’acquario. Non immaginate nessun altro mondo che non sia un acquario. 

Credete di essere liberi, originali e vi arrogate di presunte qualità superiori mentre nel contempo pretendente di giustificarvi con argomentazioni banali le vostre debolezze. 

Comunque, non voglio aprire un nuovo fronte di discussione, ti prego di continuare con il tuo racconto.

LUIGI: Rimandando questa questione in altri momenti, riprendo la trama dai tre commissari esterni che hanno tentato di essere esattamente come il loro ruolo prevede. 

Il risultato ottenuto è stato di assistere a lunghe discussioni improduttive condite da tanti personalismi. 

Ho vissuto lunghe mattinate dibattuto tra la noia di assistere a interrogazioni inutili e la rassegnazione di dover partecipare alla commovente sceneggiatura postuma per l’attribuzione del voto giusto al maturando.

Se non fossi frenato dal segreto d’ufficio e dal rispetto che ho dei miei colleghi, avrei descritto ogni particolare. In ogni caso, è facile immaginare quanto animo si sia mosso.

ETT: Riconosco che in quanto a foga e passione, voi insegnanti non lesinate tempo quando intraprendete guerre di principio.

LUIGI: Hai proprio ragione! La categoria degli insegnanti è tra le più rappresentative per questa qualità.

Ci sono stati momenti in cui l’esame si sarebbe potuto interrompere, mandando al diavolo il mio programmato viaggio in Inghilterra.

Per fortuna che il furore umano non è una funzione costante ma sale come la gittata parabolica per poi ristabilirsi sul livello della consueta serenità.

ETT: Sembrerebbe che la saggezza umana sia una funziona aleatoria?

LUIGI: Fondamentalmente dovrei convenire. Gli umani sono obbligati dalla fisiologia ad alimentarsi e per questo, la chimica interna del corpo è responsabile delle diverse risposte alle stesse sollecitazioni esterne.   

ETT: Vorresti farmi intendere che una persona reagisce a una provocazione in modo diverso a seconda se ha fame o meno?    

LUIGI: Proprio Così! Sapendo questo, ho sempre tentato di non far mancare caffè cornetti ed espressini in tutte le mattinate d’esame.

ETT: Una forma di corruzione implicita!

LUIGI: La chiamerei una dolce predisposizione alla pazienza.

In conclusione, anche quest’anno gli esami di maturità si sono svolti con le stesse perplessità degli anni precedenti: gli attori cambiano, la trama del film è sempre la stessa mentre un anno di vita è trascorso.

Il 6 luglio, uscendo da scuola, ho pensato ai miei 18 ragazzi. Tutti si sono maturati. Molti con merito, qualcuno a fatica. Ognuno porterà con sé le facce dei professori, a volte severe, altre ironiche ma tutte tese a fissarsi nella memoria dell’età più bella e spensierata della vita.

ETT: Caro Luigi, ti si accende il cuore quando senti di doverti separare da qualcuno con cui hai condiviso tratti di vita.

LUIGI: E’ vero, ETT!  Confermo di soffrire di romanticismo.
Per fortuna che appena si chiude una parentesi di vita ecco un’altra che si apre.


ETT: Allora continua il tuo narrare così si aggiungeranno altri elementi al mio studio sugli umani.

(continua nel prossimo post)

sabato 6 luglio 2013

Arrivederci a Colchester



La vita si consuma nella routine e quando accade qualcosa di nuovo, si creano aspettative che hanno semplicemente il compito di rallentare il rientro nella routine.

Molte persone, l'accadere lo delegano al caso o attendono che siano gli altri a propiziarlo.

Se perdessimo meno tempo nel diffondere malumori o nel reclamare ragioni personali e lo impiegassimo per rispondere costruttivamente agli stimoli che ci giungono dall'esterno, avremmo un treno continuo di aspettative che farebbero rallentare anche la morte nel venirci incontro.

E' appena terminata l'ultima mia esperienza di commissario negli esami di maturità e ho accumulato molta tristezza nel dover ascoltare commenti negativi su tutto, iniziando dal caldo e a finire nella scarsa preparazione dei maturandi.

La poca fiducia che riponiamo nelle idee degli altri e tanto grande quanto più forte è la convinzione che le proprie idee siano quelle giuste.

La sedia del giudice è sempre quella più comoda.

Volo in Inghilterra per disintossicarmi e riprendere quel dialogo interiore necessario alla mia serenità.




giovedì 4 luglio 2013

Avevamo detto mai più



Molti di noi non avevano idea di chi fossero i ruandesi fino a che è diventato troppo tardi e 800mila di loro erano già stati massacrati. In questo momento sul destino del popolo rohingya incombe una grave minaccia. Violenti gruppi razzisti hanno distribuito volantini in cui minacciano di spazzare via questa piccola minoranza birmana. Sono stati trucidati bambini e commessi delitti raccapriccianti. Tutti i segnali dicono che sta per succedere qualcosa di orribile, se non agiamo.



I genocidi accadono perché non ci preoccupiamo abbastanza finché non diventa troppo tardi. Il popolo rohingya è pacifico e molto povero. Sono odiati perché hanno la pelle più scura e la maggioranza teme che stiano "rubando posti di lavoro". Sono 800mila e potrebbero sparire se non agiamo. Abbiamo fallito con troppi popoli, non falliamo di nuovo con i rohingya.

Il presidente birmano Thein Sein ha il potere, il personale e le risorse per proteggere i rohingya, basta una sua parola. Tra pochi giorni, arriverà in Europa per sfruttare commercialmente la nuova immagine di apertura del suo paese. Se i leader dell'UE lo accoglieranno chiedendo con forza di proteggere i rohingya, probabilmente li ascolterà. Raccogliamo 1 milione di persone e ricopriamo l'intera area che circonda la sede dell'incontro con i capi di stato europei con immagini di quello che sta accadendo in Birmania:



Torture, stupri di gruppo e delle vere e proprie esecuzioni: le organizzazioni umanitarie usano ormai il termine "pulizia etnica" per descrivere la brutalità in Birmania. Già oltre 120mila rohingya sono stati costretti a scappare, molti in campi di fortuna vicino al confine, mentre altri sono fuggiti usando imbarcazioni di fortuna, per poi affondare, morire di fame o essere fucilati dalle guardie costiere dei paesi vicini. Tutti i racconti concordano sul fatto che le violenze stanno aumentando: nei mesi scorsi il presidente Thein Sein ha dichiarato lo stato d'emergenza dopo un'altra serie di attacchi omicidi, e un massacro di massa è ormai solo una questione di tempo.

I genocidi non avvengono se i governi vi si oppongono, ma il regime birmano fino a ora si è schierato dalla parte sbagliata. Recentemente, un portavoce del governo ha ammesso che le autorità stavano addirittura imponendo alla popolazione rohingya un limite di due figli e forzando le coppie che volevano sposarsi a richiedere un permesso speciale. Esperti dicono che le autorità governative sono state dalla parte o addirittura hanno partecipato ad atti di "pulizia etnica". Il Presidente Sein è stato finalmente forzato a riconoscere quello che sta accadendo in Rohingya, ma fino a ora si è rifiutato di attuare piani per fermare la violenza e proteggere le persone in pericolo.

Finché non lo farà, il rischio di un genocidio incombe non solo sulla Birmania, ma sul mondo intero. Attraverso le loro relazioni commerciali, il primo ministro inglese Cameron e il presidente francese Hollande hanno un enorme potere contrattuale nei confronti di Sein: se gli faranno pressione affinché agisca quando lo incontreranno questo mese, si potrebbero salvare moltissime vite. Facciamo in modo che tutto ciò succeda. Abbiamo fallito con troppi popoli, non falliamo con i rohingya. 

Innumerevoli volte la comunità di Avaaz si è schierata dalla parte del popolo birmano nella sua lotta per la democrazia. Quando il regime ha reagito brutalmente contro i monaci buddhisti nel 2007, gli Avaaziani hanno donato centinaia di migliaia di dollari/euro/sterline per fornire supporto tecnico e formazione per gli attivisti in modo da aiutarli a superare il blocco delle comunicazioni. Nel 2008 quando un ciclone devastante ha ucciso almeno 100.000 birmani, mentre il regime militare impediva l'ingresso a tutti gli aiuti internazionali ufficiali, la nostra comunità ha donato milioni come aiuto umanitario direttamente ai monaci.

La nostra comunità non esisteva quando fu commesso il genocidio in Ruanda, 20 anni fa. Avremmo fatto abbastanza per impedirlo? Mostriamo ai rohingya cosa possiamo fare ora, per loro.

Con speranza e determinazione,

Luis, Jeremy, Aldine, Oliver, Marie, Jooyea e tutto il team di Avaaz.

mercoledì 3 luglio 2013

Arte nei bambini




I disegni dei bambini sono espressioni di idee non formattate, non scolpite dall'omologazione.

I disegni sono strani per gli adulti e assolutamente reali per qualsiasi bambino.

Il primo disegno vuol figurare un pesce che nuota appena sotto il pelo dell'acqua.

Un pesce rimane un pesce indipendentemente dalla regolarità della linea di confine.

Il messaggio psicologico è legato al mondo infantile affiorante a quello degli adulti i quali pretendono di vedere pesci muti e grossi invece di esseri allegri e ciarlieri (notate la bocca aperta).

La seconda figura è sicuramente quella maschile: dritta e speculare alla disegnatrice. 

Un uomo con la barba a becco, i capelli lisci e scomposti, braccia piccole e testa grossa... sono tutti segni della figura paterna (presente come attenzione e importanza ma anche con poca predisposizione ad un collegamento e raffronto fisico).

La terza figura può essere ricondotta ad una carrozzella o un'automobilina, con grandi ruote e un piccolo abitacolo ..... a misura di bimbi. 

Il viaggio o lo spostarsi, sono indicazioni di cambiamento, crescita.

L'armonia psicologica dei bambini dice loro che presto diventeranno GRANDI!

Il nostro segreto




poesia dedicata a una deliziosa bambina.



Sorprendimi amore 
per quel dolcissimo filo teso tra i nostri cuori.

Non hai bisogno di parole per sciogliere in me le tue paure.

Raccoglierò il mondo nelle tue manine
 perchè tu possa esserne padrona.

Vigilerò che non caschi nel nulla.

Ti sosterrò
 se lo scoprirai pesante.

Usalo per disegnare i tuoi desideri.

Inventa amore e disperdilo nell'aria.

Stringi lo straccio che cancellerà il grigio,
così che la tristezza duri per il tempo di riconoscerla.

Sporcati con i colori più belli delle emozioni.

Quando sarai sola,
mi riconoscerai nei tuoi disegni.

Un sorriso 
custodirà il nostro segreto.


martedì 2 luglio 2013

L'anima non può morire

Foto: Grazie per gli auguri!
Vi abbracciò tutti virtualmente!
Baci baci

Fisso l'immagine nel fumo del passato
e sollevar non posso il peso degli antichi ricordi.

Rivedo gioia in quel fresco sentore di pioggia,
che or nulla ripaga della cauta saggezza.

Scorre la scena della corsa senza fiato.

Viso al cielo,
gocce gravide di polline,
corrono tra le pieghe dei giovanili sorrisi.

Anche il respiro si fa greve alla festa dei gentili anni.

Eccomi steso sul prato,
abbraccio il sereno.

Il ruscello rumoreggia accanto,
 racconta i miei ardori.

Le farfalle amano essere inseguite dai miei occhi,
vogliono che indovini il fiore su cui si poseranno.

Che dire di quelle impaurite lucertole!
Le vedo già correre tra i sassi assolati.

Al disincanto,
 il profumo della primavera è ancor vivo.

Nella stretta dell'emozione 
mi adagio nella parte più bella dell'anima
e addormento la ragione.

Credo che l'anima non possa morire.




domenica 30 giugno 2013

Bello impossibile


Sono felice nel riportare questa storia

Dobri Dobrev, il barbone che ha donato 40.000€ in beneficenza

Indossa indumenti riciclati e scarpe autoprodotte e trascorre gran parte della sua giornata a chiedere l'elemosina. Dobri Dobrev oggi ha 98 anni, vive in Bulgaria, a Sofia.

Nonostante l'età, la sua parziale sordità e le sue precarie condizioni di vita ha portato a termine una ambiziosa missione: aiutare i più poveri e i più sfortunati.

Dobri Dobrev ha chiesto per anni i soldi ai passanti, arrivando a raccogliere oltre 40 mila euro. Ma per lui non ha tenuto nemmeno un centesimo.

Ha continuato a vivere con la sua piccola pensione statale di 80 euro e ha dato tutto il resto in beneficienza, come contributo per il restauro di chiese e monasteri e, soprattutto, per il pagamento di bollette di acqua e di energia elettrica degli orfanotrofi.

La sua storia toccante, un misto di bontà e di grande fede, sta facendo il giro di internet. Parlano di lui i social network, i blog, i giornali e le televisioni.

L'uomo con la barba, che ha perso gran parte dell'udito durante la seconda guerra mondiale, appare in foto e video, con didascalie che raccontano della sua vita.

Attraversa ogni giorno la città compiendo circa 25 chilometri a piedi. Si sposta dal suo piccolo villaggio alla capitale Sofia, dove spesso entra in chiesa per pregare per tutti coloro che ne hanno bisogno. Per i bulgari, questa non è una novità.

Dobrev è un appuntamento fisso per le strade della capitale, dove molti conoscono il suo nome ma pochi, a quanto pare, sanno che l'elemosina è destinata a progetti più grandi del suo sostentamento.

Certo, qualcuno obietterà che quei soldi donati per il restauro di chiese e monasteri si sarebbero potuti destinare a un'altra causa.

Ma anche i più scettici dovranno riconoscere che spesso la fede consente alle persone di credere in qualcosa di così importante da compiere grandi cose.

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