lunedì 4 marzo 2013

Innamorata della luna



 

C’era una volta una ragazza così fiduciosa nelle sue possibilità che gli bastava il solo desiderio per creare un sogno da inseguire e concretizzare.

Si chiamava Gina, era esuberante e vedeva la sua vita come una tavola imbandita a festa esclusivamente per lei.

I suoi genitori la coccolavano e confermano le sue aspettative avvolgendola di continui sorrisi e di grande sostegno al suo entusiasmo.

Divenne grande e la vita non le offrì grandi smentite, per cui il suo potenziale di positivismo rimase intatto per molto tempo.

Arrivò il giorno in cui a Gina balenò l’idea che la bellezza dell’universo non potesse prescindere dalla sua volontà.

In una delle notti limpide d’estate, guardando la luna se ne innamorò.

Da lontano la luna era così piccola da poterla tenere in una mano.

Pensò anche che se avesse avuto la possibilità di avvicinarla, la sua dimensione sarebbe stata tale da poterla abbracciare.

Le serviva semplicemente un’altissima rupe dalla quale staccare il salto deciso verso quella palla bianca.

Cercò tra i sentieri e le colline dei dintorni il posto adatto e finì per scovarlo esattamente come lo aveva immaginato.

Scelse una notte serena per compiere il suo gesto.

Quando giunse l’emozionante momento dell’abbraccio, Gina cominciò a correre a perdifiato lungo la salita della rupe che la innalzava fino a pretendere di portala direttamente sull’amata meta.

Purtroppo, la sua folle corsa ebbe una pausa!

Nel preciso momento in cui staccò il piede dalla rupe per compiere il grande balzo, ebbe un grave dubbio: Sarà possibile abbracciarla?

Da allora, Gina non c’è più tra i vivi.

Ora è nella favola e insegna al mondo che non esiste nulla che non si possa ottenere se la convinzione e tale da cancellare qualsiasi dubbio.
  

Piumini d’oca imbottiti di crudeltà

 
Per difenderci dal freddo niente sembrerebbe più indicato di una trapunta o di un giubbotto in piuma d’oca. I capi di abbigliamento o biancheria per la casa a base di piuma hanno ottenuto addirittura il titolo di ‘Prodotto naturale”, da preferire a quelli sintetici.
Ma dietro a tutto questo non si fanno i conti con il dolore e la sofferenza di milioni di animali.
Le piume dei trapuntini o dei giubbotti non provengono dai mattatoi, ma da fattorie industriali dove si allevano oche dal piumaggio particolarmente apprezzato, con caratteristiche particolari.
In questi allevamenti le oche vivono stipate in spazi angusti, tra gli escrementi e con pochissima aria a disposizione. Vengono brutalmente spennate vive nel sottocollo, petto e ventre. Interminabili minuti di agonia durante i quali gli animali svengono a causa del dolore e non raramente muoiono.

Qualora questo non avvenga, le oche, ricoperte di sangue sono ricacciate nelle stie a formare nuove piume da strappare.
E aziende di grido hanno fatto di questa produzione un fiore all’occhiello, arricchendosi grazie all’imbecillità e all’ignoranza della massa, incurante di questo scempio.
E non è più solamente un fenomeno d’èlite.
Gli allevamenti di oche da piuma molto spesso sono asiatici: ciò vuol dire che quel che è successo anni fa con la pelliccia di animale sta succedendo oggi con la piuma d’oca.
In pratica la produzione su larga scala e l’organizzazione meccanica delle filiere di allevamento e “raccolta” riescono a garantire una quantità notevole di materia prima, di prima, seconda e terza scelta, ma allo stesso contenuto di crudeltà.
Tratto da "ArticoloTre"

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