Se vogliamo essere creativi, dobbiamo abbandonare
il terreno sicuro delle convenzioni e del pensar comune.
La maggior libertà si
paga con le ostilità dei conformisti.
L’inettitudine di coloro che consumano
energie ad ostacolare la novità, si serve di merce di scarsissima qualità per
giustificare l’incapacità e la rigidità di una mente chiusa.
La paura del nuovo espone il proprio
essere a confronti e lo impegna in nuove battaglie solitarie.
La stasi, l’amorfismo,
l’ignoto, il vuoto, sono sinonimi di un’unica realtà: la morte del pensiero.
Nietzsche, nel suo estremo pessimismo,
mostrava uno scoraggiamento di fondo, un senso di impotenza per ciò che sentiva
appartenere all’essere umano ma che rimaneva chiuso nel buio di un’etica di
comodo.
Egli era convito che la libertà più alta fosse quella discendente dal vincere i vincoli della morale.
Capite bene, che è difficile pensare ad
una società senza prigione se ammettessimo l’esistenza del peccato come
limitazione delle nostre prerogative.
La fuga nel futuro e il placebo della
speranza, rappresentano lo stucco di facciata di un muro che per definizione
separa, sostiene e protegge.
Ecco alcune esternazioni del filosofo, tratte dalla sua magnifica
opera “Volontà di potenza”:
(Presentimenti
del futuro! Celebrare il futuro e non il passato! Inventare il mito del futuro!
Vivere nella speranza!) Momenti fortunati! E poi lasciare ricadere il sipario e
ricondurre i nostri pensieri a obiettivi solidi e vicini! .........”
“Dove ci troveremo, solitari fra
solitari – perché questo saremo certamente un giorno, per effetto della
conoscenza – dove troveremo un compagno per l’uomo? Un tempo cercavamo un re,
di padri, di giudici veri. Poi cercheremo un amico – gli uomini saranno
diventati splendori e sistemi autonomi, ma saranno soli. L’istinto mitologico
sarà allora alla ricerca di un amico”
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