giovedì 5 ottobre 2017

Il tesoro nascosto


Ognuno di noi è contemporaneamente un bancario e un banchiere, amministra ed è padrone dei suoi valori.

Custodiamo nel cuore una grande e composita cassaforte.
In alcuni cassetti teniamo chiusi sotto chiave e protetti da un’indecifrabile parola segreta, le nostre più belle attese, le grandi speranze. 

Queste, pur rimanendo nella sfera delle possibilità, sono imbevute da un’inspiegabile certezza per la quale un giorno le vivremo. 

Periodicamente, il nostro pensiero alberga in queste scatole e qui chiuso, nei momenti di beata solitudine, esso trae un’inesauribile energia.

La banca della nostra interiorità è sempre attiva per movimenti di cassa, consistenti in idee inutili, formali, riempitivi di spazi casuali. 

Queste pseudo-attività sono sempre disponibili in quantità industriale e si consumano velocemente perdendo ogni traccia di esistenza.

La banca del cuore ci offre tantissimi conti correnti che mantiene sempre aperti anche quando sono vuoti. 

Sin da piccoli ci hanno insegnato a depositare presunti valori per i quali, a causa di inesperienza, la collocazione e il loro uso non ci appare chiaro ma che, per saggia considerazione, accumuliamo alla rinfusa.

Il destino o la fortuna, decidete voi, sorprendentemente accresce o deprime la considerazione di quegli antichi depositi, contaminati dalla transitorietà e da un ingrato senso di inappagamento.

In questa ideale banca esistono anche dei cassetti in cui depositiamo una particolare tipologia di merce dotata di potere magico. Il solo possesso ci rende felici e il loro uso è immune al suo consumo o al decadimento del tempo. 

Questi sono i nostri affetti più cari; li custodiamo, non per paura di perderli, ma per avere un riferimento interiore costante.

Nascondiamo anche a noi stessi un tesoro che ci riserviamo di portarlo oltre la vita e che nel durante, ci dà un senso per non sprecarla. 

Per alcuni sfortunati, questi cassetti appaiono vuoti poiché i loro occhi non si adattano all’intero campo visivo. 

La sensibilità di queste persone passa per canali a stretta banda dove solo poche frequenze compongono una realtà inevitabilmente approssimata.

Per tutti, la mancanza della sensibilità addormenta l’anima e pone il vegetare sul trono di un’ignara esistenza.   

lunedì 2 ottobre 2017

Il potere


Il potere, nel comune pensare, si connota di un significato intrinseco riconoscibile come senso di sopraffazione.

Esercitare il potere si concilia poco con l’autorevolezza dell’uomo.

Idealmente con la parola “potere” rincorriamo l’idea del “tutto possibile”.

Manifestare forza è un modo di esorcizzare l’intima paura discendente dalla consapevolezza dei limiti umani.

Nell'ultimo secolo l'essenza del potere umano si è svelata con un significato del tutto particolare: malvagità. 

Ci si illude pensando che il potere non proviene né da Dio né dalla natura, ma piuttosto da un patto che gli uomini stipulano tra loro.

Allora, che cosa dovrebbe ancora temere l'uomo, se Dio è morto e il lupo non è altro che uno spauracchio per bambini? 

La Rivoluzione Francese ha solidificato la convinzione che il potere sia in sé malvagio. 

Il detto “Dio è morto” e l'altra enunciazione per “il potere è in sé malvagio”.


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