Ognuno di noi è
contemporaneamente un bancario e un banchiere, amministra ed è padrone dei suoi
valori.
Custodiamo nel cuore una grande e
composita cassaforte.
In alcuni cassetti teniamo chiusi
sotto chiave e protetti da un’indecifrabile parola segreta, le nostre più belle
attese, le grandi speranze.
Queste, pur rimanendo nella sfera
delle possibilità, sono imbevute da un’inspiegabile certezza per la quale un
giorno le vivremo.
Periodicamente, il nostro
pensiero alberga in queste scatole e qui chiuso, nei momenti di beata
solitudine, esso trae un’inesauribile energia.
La banca della nostra interiorità
è sempre attiva per movimenti di cassa, consistenti in idee inutili, formali,
riempitivi di spazi casuali.
Queste pseudo-attività sono
sempre disponibili in quantità industriale e si consumano velocemente perdendo
ogni traccia di esistenza.
La banca del cuore ci offre
tantissimi conti correnti che mantiene sempre aperti anche quando sono
vuoti.
Sin da piccoli ci hanno insegnato
a depositare presunti valori per i quali, a causa di inesperienza, la
collocazione e il loro uso non ci appare chiaro ma che, per saggia
considerazione, accumuliamo alla rinfusa.
Il destino o la fortuna, decidete
voi, sorprendentemente accresce o deprime la considerazione di quegli antichi
depositi, contaminati dalla transitorietà e da un ingrato senso di
inappagamento.
In questa ideale banca esistono
anche dei cassetti in cui depositiamo una particolare tipologia di merce dotata
di potere magico. Il solo possesso ci rende felici e il loro uso è immune al
suo consumo o al decadimento del tempo.
Questi sono i nostri affetti più
cari; li custodiamo, non per paura di perderli, ma per avere un riferimento
interiore costante.
Nascondiamo anche a noi stessi un
tesoro che ci riserviamo di portarlo oltre la vita e che nel durante, ci dà un
senso per non sprecarla.
Per alcuni sfortunati, questi
cassetti appaiono vuoti poiché i loro occhi non si adattano all’intero campo
visivo.
La sensibilità di queste persone
passa per canali a stretta banda dove solo poche frequenze compongono una
realtà inevitabilmente approssimata.
Per tutti, la mancanza della
sensibilità addormenta l’anima e pone il vegetare sul trono di un’ignara
esistenza.
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