Tenero, ingenuo bimbo che viso in terra frescura t’accarezzava.
Volevi sparger lo sguardo sull’umile panorama.
Scoprire la natura era l’ardor che inclinava il tuo corpo.
Ricurvo, protendevi tra fiocchi di polveri,
dove raminghe formiche spaventavi.
Annerite ginocchia, grigie manine e stropicciati vestiti,
erano i segni di battaglie che allora si dicevano giochi.
Gioivi della solitudine, perché eri padrone del mondo.
Nebbia nel tempo, ora riscopro me stesso.
Sì! Ancora curvo, ma per altri sentieri!
Felice mi ritrovo, per quei ricordi senza tramonti.
Mi scopro a respirar aria antica.
Il mio cuore è ancora bambino.