E' umiliante per il genere umano gestire il senso della propria esistenza come una banale contesa di ragioni.
Non può essere una convenienza politica o un interesse di parte a stabilire se il dolore di un popolo sia vero o falso.
Assistere alla diatriba tra la chiesa e le autorià turche per contendersi un giudizio su un evento storico di grave violenza verso l'umanità, disorienta.
Quanto vale una vita umana? Vale meno se si considera una gruppo, una etnia o una razza?
I massacri della popolazione cristiana (armeni, siro cattolici, siro
ortodossi, assiri, caldei e greci) avvenuti in Turchia tra il 1915 e il
1916 sono ricordati dagli armeni come il Medz yeghern, “il
grande crimine”.
Le uccisioni cominciarono nella notte tra il 23 e il 24
aprile 1915, quando furono eseguiti i primi arresti tra l’élite armena
di Costantinopoli. L’operazione continuò nei giorni successivi.
In un
mese più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori,
poeti e parlamentari furono deportati verso l’interno dell’Anatolia.
Lo sterminio e la deportazione di massa della popolazione cristiana
dell’Armenia occidentale erano stati decisi dall’impero Ottomano a causa
delle sconfitte subite all’inizio della prima guerra mondiale per opera
dell’esercito russo, in cui militavano anche battaglioni di volontari
armeni.
Dall’inizio del 1915 gli armeni maschi in età da servizio
militare erano stati concentrati in “battaglioni di lavoro”
dell’esercito turco e poi uccisi, mentre il resto della popolazione era
stato deportato verso la regione di Deir ez Zor in Siria con delle marce
della morte, che coinvolsero più di un milione di persone: centinaia di
migliaia morirono per fame, malattia, sfinimento o furono massacrati
lungo la strada.
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