mercoledì 9 agosto 2023

Lotteria comunicativa

 

 
Invidio chi ha sempre qualcosa da dire e che ritiene che quello che dice è importante per l’uditorio.

Le risposte che trovo per me stesso sono così insufficienti che trovo arrogante proporle agli altri.

Vi racconto una breve storia.

Partecipavo ad una riunione dalla quale dovevano emergere proposte organizzative per lo sviluppo di un progetto presente soltanto nella mente dei partecipanti.

Seguii ed ascoltai con molta attenzione interventi dotti, ma che mi imbrogliavano la mente.

Volevo alzare la mano e dire:

 -Ma che hai detto? 
- Ho udito tante belle parole ben miscelate in un fraseggio elegante ma non ho capito niente!

Non ho avuto il coraggio di intervenire e dichiarare il mio buio mentale!
Immaginate che figura avrei fatto?

Silenziosamente continuai ad ascoltare gli altri conferenti, pensando di avere un problema personale ed essere incapace di cogliere le sottili implicazioni del mio oratore.

Finì che mi annoiai!

Molti ripetevano la stessa cosa come se tra gli ascoltatori ci fossero ebeti e pensionati in dormiveglia.

Alla fine, il mio telefonino mi salvò!

Squillò tra lo stupore di tutti ed io, mostrandomi falsamente dispiaciuto, uscii dalla sala di riunione.

Rientrai dopo la ricreazione dello spirito e, per non apparire estraneo al dibattito, feci un intervento senza pretese.

Rimasi sorpreso per il credito suscitato! 
Avevo perso parte del dibattito e sentivo di essere in tema.


Mi resi conto che avrei potuto dire qualunque cosa e il risultato sarebbe stato uguale, con la semplice differenza di allungare il tempo del dibattito.

Al termine della riunione, il verbalizzante scrisse il riassunto delle nuvole di parole, cadute a pioggia sull'assemblea.

Qualcuno, me compreso,  uscendo dalla sala, si chiedeva: 
"Ma che cosa abbiamo deciso?".


Presumendo che ogni partecipante avesse le esatte coordinate di quel progetto, la probabilità che tutti stessimo parlando dello stesso oggetto, era già un valore percentuale minore di cento.

Aggiungiamo, come formaggio su una minestra comune, la voglia di protagonismo, la superficialità, l’incompetenza, la forma impropria di espressione, la malafede, l’ipocrisia, l’assecondare di circostanza, l’interesse, le inibizioni e i divieti psicologici e tanto altro ancora, otteniamo una lotteria comunicativa.

Questo quadro scoraggerebbe chiunque, dotato di un minimo di razionalità, ad intervenire nel dibattito.

Il silenzio appare la scelta del saggio.

Il saggio potrebbe, in alcuni casi, considerare dannoso il suo silenzio perché “vede” prima l’errore per sé e poi per quello che di riflesso provocherebbe alla comunità tacendo.

Decidendo di parlare, il saggio lo fa esprimendosi con semplici concetti e con poche parole.

Quando il saggio ritorna nel silenzio, l’uditorio deve avere compreso il beneficio ottenuto e il valore aggiunto al colloquio.

Soltanto in questi casi, aver parlato si rivela più importante del silenzio.
 

martedì 8 agosto 2023

Sei nel mio sorriso

 


Guarda nel mio cuore.
Puoi vedermi morire.

Cerca la mia anima.

Impregnala con il tuo profumo.
Truce il tuo pensiero arde.

Avvolgila nel tuo calore.
Sento Il tuo respiro scavar profondo.

Colmala di romantica nostalgia,
combatterò l’oblio.

Consegnami il conforto del percepirti,
dimenticherò la solitudine.

Convincimi che la tua vita si prolunghi nelle mie gioie,
germoglierà orgoglio.

Aiutami a nascondere al mondo il vile dolore,
appenderò lacrime alle ciglia per brindare al tuo amore.

Accompagnami nelle mie incertezze,
indugerò nelle emozioni per acuir vigore.

Usa il mio sorriso come traccia del tuo esistere.

Il mio cuore ha imparato a battere con te,
 non smetterà fino quando
non mi tenderai la mano dal Paradiso.

Innamorato di te

 


Ho imparato a volare per lasciare la materia ai bruti.


  Qualche passo tra le nuvole.... e sono sempre con te.

Ho scoperto di tremare al tuo cospetto.
Dicono che sono emozioni.

Ho dimenticato di contare i miei anni....
forse perchè sono sempre innamorato di te?

 

lunedì 7 agosto 2023

La banca emotiva

 

Una delle abitudini o necessità ( decidete voi ) diffuse nella nostra società è quella di possedere un conto bancario.

Qualche poveraccio avrebbe da indispettirsi per quanto sto per dire, ma promettendo di non insistere molto su questo argomento, mi permetterei di usare tale riferimento per riflettere su un concetto apparentemente immaginario e al quale ci riferiamo solitamente con le parole “cortesia”, “gentilezza”.

Sono convinto che se fossimo sempre coscienti sul fatto che un atteggiamento aperto, gioviale, improntato sull’essere positivi, propositivi e onesti con il prossimo, costituiremo un piccolo paradiso terrestre personale che trascineremmo ovunque la nostra persona si sposti.

Vi sarà certamente capitato di avvistare da lontano un amico che definiamo simpatico, potete, quindi, focalizzare la vostra mente sulle vostre reazioni. 

Concorderete con me che il sorriso è il primo sintomo che appare sul vostro viso. 

Inconsapevoli, tendete a direzionarvi lungo la traiettoria di congiunzione con il vostro amico e contemporaneamente, le braccia si muovono allontanandosi dal corpo, speranzose di un imminente e possibile abbraccio.

Questo meraviglioso scenario si compone perché il vostro amico è un conto bancario emotivo dal quale, in questo momento, state prelevando emozioni. 

Sarebbe bello immaginarci circondati dai conti bancari emotivi sui quali, attraverso i nostri comportamenti predisponenti, gentili, affabili e comprensivi, riusciamo a depositare continuamente credito emotivo per poi disporre di una grande riserva di fiducia e stima. 

Nei momenti bui della vita queste banche speciali sono sempre a disposizione, pronte a restituire ciò che nei momenti di abbondanza avevamo depositato.

Sorridendo ripercorriamo la pubblicità televisiva promossa da qualche banca on-line che, con obiettivo diverso, vorrebbe ricalcare questo mio pensiero.

Ditemi quanti amici avete?

Oppure, quanti conti emotivi avete acceso nella vostra vita?

La considerazione più sensazionale che si potrebbe evidenziare costituisce il fatto che ciò che si deposita non costa nulla ed è sempre in abbondanza, ma che si trasforma in un farmaco salva vita nei momenti più inattesi della nostra vita.

Uno dei più grandiosi depositi che si possano effettuare nella banca emotiva, è determinato dall’ascolto empatico dell’amico.

Agire automaticamente a causa della convinzione che sia più importante capire ancor prima di farsi capire, è la chiave per essere eletti come la persona più simpatica del mondo. 

Quando si ascolta veramente un amico, lo facciamo con tutto il fisico: orecchie, occhi, temperatura corporea, lato destro e lato sinistro del cervello.

Il corpo ci fa da tramite per il cuore e l’anima, e questi ultimi, assumono il ruolo di protagonisti assoluti. Il feedback è visibile a occhio nudo. 
Esso lo rivediamo nelle emozioni che corrono in corrente alternata a 20.000 volt.

Vestite per qualche attimo i panni dell’amico che si sente ascoltato in questo modo faraonico. 

E’ facile immaginare il privilegio di vivere questa esperienza. 

In tali circostanze si respira aria di terapia psicologica, si entra in uno stato di intimità per il quale la fiducia nell’interlocutore scorre a fiumi.

Si concretizza una situazione irreale per cui non si capisce bene chi in quel momento sta ricevendo e chi sta donando. 

Le due persone mutuamente si influenzano, creando quell’alone empatico che solleva entrambi dal mondo vegetale. 

In definitiva ci si espone a una situazione di rischio per il quale solo l’integrità della persona riferita ai suoi sani principi di vita può garantire quell’equilibrio tra il coraggio di esporsi e la considerazione dei sentimenti coinvolti. 

Tutto questo è reso possibile da una maturità psicologica a 360 gradi, ottenibile, né per età né per sola cultura, ma attraverso un processo di crescita mentale voluto e inseguito per tutta la vita.
 

domenica 6 agosto 2023

Il sentimento di paura

 

Dal dizionario, la paura è “stato d'animo, costituito da inquietudine e grave turbamento, che si prova al pensiero o alla presenza di un pericolo”.

La paura è una condizione dell’essere che teme per la propria sopravvivenza e si manifesta con una rottura dell’equilibrio psicologico e fisico, allertando, così, corpo e anima per la difesa comune contro la minaccia.


Il corpo e l’anima si alleano per la battaglia comune e per sconfiggere lo stesso nemico.

Il corpo utilizza strumenti che gli sono propri e cioè, stupidi.

Ripesca dalla propria memoria storica reazioni o atti comportamentali che, anche in modo ingiustificato, hanno prodotto risultati utili in situazioni analoghe.

Per esempio, se in eventi precedenti la paura è stata alleviata da un urlo prorompente, il corpo utilizzerà lo stesso sistema che in quel caso aveva sortito un effetto positivo. L’opportunità per la scelta dell’azione adotta è garantita soltanto dal ricorso storico.

La stupidità del criterio consiste nell’applicare la regola meccanicamente e indipendentemente dell’evento che ha scatenato la paura.

L’anima, raffinata, invece, utilizza tecniche molto più variegate e personalizzate con le caratteristiche del soggetto.

Il mondo dell’anima, diviso tra la razionalità e l’istinto, si rivela attraverso livelli di profondità di pensiero e della sensibilità emotiva.

Il pensiero conduce al pronosticare lo sviluppo dell’evento in corso per modulare il grado di pericolosità a cui si va incontro. La sensibilità sperimenta l’intensità del dolore imminente.

Unendo le tre tecniche si ottiene una combinazione che nella stragrande maggioranza dei casi è sbilanciata.

Si oscilla tra reazioni che vanno da quelle solo fisiche, con buio completo della razionalità e grande esperienza di dolore, per giungere a quelle fredde, impassibili con grande lucidità di pensiero e assenza di dolore.
 
Ognuno di noi si sceglie un posto in questa scala del “sentire” la paura.  
 

sabato 5 agosto 2023

Il tranello della speranza

 

 

La speranza è un concetto apparentemente bello: “Attesa fiduciosa, più o meno giustificata, di un evento gradito o favorevole. In senso soggettivo è aspirazione, spesso illusoria, a un vago avvenire di bene o di felicità; atteggiamento baldanzoso nei confronti della vita, stato d'animo d'incoraggiante o consolante fiducia, convinzione fiduciosa od ottimistica ( … di vincere, di riuscire), complesso di ambizioni e di progetti proiettati nel futuro. In senso oggettivo, è prospettiva o eventualità favorevole e positiva”.

Se riflettiamo un po’ emerge un subdolo antipatico significato.

Notate un senso di passività?

“Speriamo che domani sia una bella giornata” – Né io, né voi possiamo farci qualcosa … dobbiamo semplicemente attendere!

Siamo, però, consapevoli che la vita è oggi! L’attesa la consuma!

Affidarsi alla speranza significa arrendersi deponendo le armi … non muoversi più … attendere che qualcuno faccia qualcosa in vece nostra.

I religiosi “sperano” nell’opera di Dio. 

I cittadini “sperano” nel buon governo. 

I pacifisti “sperano” nella solidarietà tra i popoli.

Bisogna ammettere che la speranza ci chiede una fiducia incondizionata, senza garanzie e non offre altre scelte!

La speranza è un placebo contro la malattia della tristezza e del pessimismo.

La speranza è l’ultima a morire … ma questa è una menzogna!

La speranza è eterna! Continua ancora a vivere dopo di noi. 

 

venerdì 4 agosto 2023

Il concetto di "esistenza" secondo ETT


 

LUIGI: Caro Ett, mi ripeti che siamo troppo limitati per cui ci è impedito di compiere il grande salto evolutivo, indispensabile per “vedere” una realtà universale nuova. Mi spegni la speranza di cogliere qualche verità eccezionale. Permettimi ancora qualche domanda.

ETT: Avanti! Non esitare!

LUIGI: Secondo la tua teoria, eliminando una collocazione temporale del mio presente, io potrei essere in ogni punto dell’universo o essere parte di una unione cosmica riscontrabile in ogni elemento parte di esso. Non avrei una mia individualità. Non sarei una presenza autonoma. Non potrei riferirmi a nessun’altra realtà che sia diversa dalla mia. Con queste premesse, dove sarei io ora? Perché esisto?  Quale disegno giustifica la stessa mia esistenza nell’universo?

ETT: Le tue domande vanno ben oltre a ciò che le mie parole potrebbero rivelare.

In ogni caso, mi offri la possibilità di instaurare il dubbio nella mente umana e soffermare la vostra consapevolezza in ambiti meno assoluti.

Per fornirti subito qualche risposta, ho bisogno di puntualizzare qualche concetto che, per voi umani, sembra chiaramente assunto.

Per esempio, voi amate riferirvi come “Esseri umani”, cioè implicitamente ammettete, prima, di “essere” delle realtà permanenti in un punto preciso misurato nel concetto del tempo, e poi di qualificarvi “umani” nell’ambito della stessa realtà precedentemente ammessa come unica e vera.

LUIGI: Vuoi chi io dubiti sulla mia stessa esistenza?

ETT: No, voglio semplicemente focalizzare l’attenzione sull’idea del tuo esistere.

LUIGI: Uno dei nostri filosofi, portava a prova della nostra esistenza il pensare; questo non basta?

ETT: Per provare una realtà non si può estrarre la prova dal mondo per il quale si vuole la prova!

LUIGI: In questo caso, non si potrebbe mai addurre una prova definitiva, perché nessuno degli umani sarebbe capace di uscire dal suo mondo.

ETT: Benissimo, stai anticipando il mio pensiero.

LUIGI: Allora, continua! Sono ansioso di apprendere la tua conclusione.

ETT: Luigi, il vostro mondo non è né un divenire, né un permanere.

Se fosse una realtà in continua evoluzione, allora, fra un numero indefinito di anni-tempo, si giungerebbe a quella finale ed esso cesserebbe d’esistere.

In questo caso, la realtà a cui si giungerebbe, coinciderebbe con l’essenza dell’ “essere” che sarebbe il nulla.

Se fosse, invece, una realtà definita, sarebbe indipendente dal tempo e soggetta ad una evoluzione virtuale. 

Il mondo, rimarrebbe uguale a sé stesso e cambierebbe soltanto perché si rifletterebbe internamente in modo diverso. 

In quest’ultimo caso, l’essenza dell’essere coinciderebbe con l’immagine della consapevolezza d’essere nel punto del suo rivelarsi.

LUIGI: Stento a capire.

ETT: Prendi ad esempio un fiume e supponi che tu mi chieda se l’acqua del fiume è una realtà; se essa esiste e perché esiste.

I tal caso, l’acqua del fiume non può essere un divenire poiché quando giungerà al mare, essa cesserà d’esistere come acqua fluviale. 

Non può nemmeno essere un suo permanere, perché scorre e cambia continuamente rispetto ad un osservatore immobile. 

Il cambiamento non può che essere virtuale, legato alla posizione, allo stato e alla mente dell’osservatore. 

La realtà, concepita in questo modo, è l’idea consapevole di ciò che l’osservatore elabora con la sua mente e condizionata dalle variabili presenti nel contesto.

Quindi, esisterebbero tante realtà quanti sono i possibili punti di osservazione, i possibili stati mentali e le capacità elaborative dell’osservatore.

Dovendo la realtà essere una, si potrebbe concludere che la sua essenza ultima sarebbe, come nel divenire, il nulla.

LUIGI: La conclusione finale è “oltre me stesso c’è il nulla”?

ETT: No, Luigi! Non giungere a questa drastica conclusione.

Il nulla è il vuoto di pensiero che si crea utilizzando il paradigma mentale con il quale vi siete evoluti.

Devi intendere il nulla, non come assenza di qualcosa, ma come occupazione di qualcosa che sfugge al vostro pensiero.

 

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