La vita è una ripetizione di eventi interpretati da sentimenti mascherati con stati
d’animo volubili.
Non ci rendiamo conto, ma sono innumerevoli le azioni
ripetute che ci ritroviamo a compiere. Perfino le speranze entrano in questo
strano gioco.
Abbiamo preso la buona abitudine di rinnovarle in continuazione.
Per fortuna che non hanno scadenza, altrimenti saremmo stati
costretti al riciclo per non deturpare l’ambiente psicologico.
Se facessimo un conto sommario, sottraendo dal totale tempo
vita, quanto ne consumiamo a rifare le stesse cose, la durata della nostra
esistenza si ridurrebbe all’infanzia.
Forse questo è uno dei motivi per cui è
difficile crescere e diventare adulti ... in tutti i sensi.
L’esame di Stato è una delle occasioni in cui la monotonia
dell’essere prende il sopravvento.
In queste occasioni, una serie di azioni
formali si ripetono fino alla completa rassegnazione dell’intelligenza.
Ovviamente, il punto di vista in questione è quello di un docente
che non crede più sull’utilità dell’opera in cui si cimenta.
Non credo di sbagliarmi molto, e non è necessario essere
grandi osservatori per notare l’aria noiosa che si addensa intorno alla
commissione mentre è nel pieno svolgimento del suo mandato.
Se non avente ancora capito a che cosa mi riferisco, vi offro
un aiutino.
Ogni anno, alla fine di giugno, 8 o 9 persone si radunano per
giudicare la “maturità” di un gruppo di alunni.
Questi signori devono marcare con un voto la qualità di ogni
esaminando.
Si tratta di una specie di etichetta che i futuri maturandi si
porteranno al collo in ricordo di una esperienza quinquennale.
Ma non illudetevi, perché i poveri commissari non possono
smentire il “giudizio” espresso dal consiglio di classe. Questo è il biglietto da visita con il quale ogni studente si presenta agli
esami di stato.
Allora? Quale funzione hanno i commissari?
Se volete capirci qualcosa (di più o meno serio) dovreste
girovagare fra le carte ministeriali esplicative che giungono soltanto al
presidente di commissione.
Si tratta di un mondo di norme costruite per
disciplinare i possibili futuri ricorsi legali.
La vera realtà, invece, è possibile trovarla negli stati d’animo degli
alunni.
In quella riposa il lavoro dei docenti; qui ci sono i risultati
(positivi o negativi) di quei professori che hanno tentato di dare il meglio di
se stessi.
Certamente, i professori non lo avranno fatto per lo stipendio, né per paura di
un improbabile controllo e ancor meno, per un’ambizione riposta in altre
direzioni.
Gli studenti, per fortuna, sentono ancora l’importanza di
questa tappa della loro vita.
Quest’ardore, queste emozioni, sono i flutti di
vita che vengono inalati nell’entusiasmo calante dei commissari d’esame per
rimanere vivi intellettualmente e non abbandonarsi completamente al passo lento
della noia.
Per evitare di non aver chiaro in mente il senso
che mi coglie quando mi sento inutile, mi rileggo la definizione di noia:
“La noia
è uno stato di insoddisfazione, temporanea o duratura, nata dall'assenza di
azione, dall'ozio o dall'essere impegnato in un'attività sostenuta da stimoli
che si recepiscono come ripetitivi o monotoni o, comunque, contrari a quelli
che si reputano più confacenti alle proprie inclinazioni e capacità.
Quando la
noia assume le proporzioni di una sensazione più accentuata e dolorosa si parla
di tedio.”
Purtroppo, anche
quest’anno la pantomima degli esami di Stato si è ripetuta!
Non fraintendetemi però, non voglio trasmettere un messaggio
negativo, magari legato alla scarsa professionalità dei docenti.
L’intendimento
vuole muovere la coscienza per una presa di consapevolezza su un principio
d’esistenza che ritengo importante.
La natura umana se non riforma se stessa continuamente tende
a perdere quelle prerogative che le sono proprie.
Mi riferisco alla creatività,
alla gioia di esistere e in fondo, a quella sottile non dichiarata fede di voler
rappresentare la propria individualità in termini di unicità universale.