Credo che i problemi possano
soltanto intuirsi quando questi non si vivono sulla propria pelle.
Si sente parlare di “mala sanità”
in Italia e tale termine è più memo chiaro nel suo significato ma assume un
sapore di dileggio nel momento in cui diventi vittima.
L’aspetto che più fa rabbia nel
riferirsi a questa malattia sociale è l’impersonalità delle azioni e quindi sulla
ricaduta delle responsabilità.
La cattiva educazione, per
esempio, è impersonale, se ne discutiamo in generale, per cui il maleducato è
una sorta di idea comportamentale deprecabile ma non punibile in quanto
teoricamente non personalizzabile.
Esistono alcuni settori dello stato,
dove è facile attaccare la parola “mala”: mala-sanità, mala-scuola,
mala-giustizia, ecc.
Chiunque abbia fatto esperienza
in questo ambito capisce bene a che cosa mi sto riferendo.
L’arte di rispondere rigidamente alle
regole di protocollo, trascendendo dall’aspetto umano delle relazioni e con le
intenzioni di focalizzare in ogni situazione il proprio interesse, credo che
sia il seme da cui germoglia la parola “mala”.
Un prof che svolge il proprio
programma e determina le proprie valutazione in base al proprio tornaconto in
risposta al servizio che deve svolge, trascurando tecniche e modi per compierlo
nel rispetto delle persone con cui interagisce, ovviamente, contribuisce alla
“mala”-scuola.
Gli effetti della “mala” nell’ambito
dell’istruzione si riscontrano a lungo termine, condizionando per sempre la
mente dei discepoli.
Allo stesso modo nell’ambito
sanitario, un medico che dirige (“dirigente-medico” etichetta posta sui camici),
sottovalutando l’aspetto umano o non considerandolo per niente, in nome della
pratica efficiente e di interesse del suo operato, aiuta a diffondere la mala-sanità.
La mia esperienza diretta su
questa questione mi ha lasciato amareggiato e disincantato, avendo in mente il
giuramento di Ippocrate sbandierato dalla categoria.
Riporto la parte inziale del testo deontologico dei medici.
“Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e
psichica dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e
della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di
razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in
tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni
istituzionali o sociali nelle quali opera.”