domenica 30 novembre 2014

Mala-sanità?





Credo che i problemi possano soltanto intuirsi quando questi non si vivono sulla propria pelle.

Si sente parlare di “mala sanità” in Italia e tale termine è più memo chiaro nel suo significato ma assume un sapore di dileggio nel momento in cui diventi vittima.

L’aspetto che più fa rabbia nel riferirsi a questa malattia sociale è l’impersonalità delle azioni e quindi sulla ricaduta delle responsabilità.

La cattiva educazione, per esempio, è impersonale, se ne discutiamo in generale, per cui il maleducato è una sorta di idea comportamentale deprecabile ma non punibile in quanto teoricamente non personalizzabile.

Esistono alcuni settori dello stato, dove è facile attaccare la parola “mala”: mala-sanità, mala-scuola, mala-giustizia, ecc.

Chiunque abbia fatto esperienza in questo ambito capisce bene a che cosa mi sto riferendo. 

L’arte di rispondere rigidamente alle regole di protocollo, trascendendo dall’aspetto umano delle relazioni e con le intenzioni di focalizzare in ogni situazione il proprio interesse, credo che sia il seme da cui germoglia la parola “mala”. 

Un prof che svolge il proprio programma e determina le proprie valutazione in base al proprio tornaconto in risposta al servizio che deve svolge, trascurando tecniche e modi per compierlo nel rispetto delle persone con cui interagisce, ovviamente, contribuisce alla “mala”-scuola.

Gli effetti della “mala” nell’ambito dell’istruzione si riscontrano a lungo termine, condizionando per sempre la mente dei discepoli.

Allo stesso modo nell’ambito sanitario, un medico che dirige (“dirigente-medico” etichetta posta sui camici), sottovalutando l’aspetto umano o non considerandolo per niente, in nome della pratica efficiente e di interesse del suo operato, aiuta a diffondere la mala-sanità. 

La mia esperienza diretta su questa questione mi ha lasciato amareggiato e disincantato, avendo in mente il giuramento di Ippocrate sbandierato dalla categoria.

Riporto la parte inziale del testo deontologico dei medici.

Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera.”

venerdì 21 novembre 2014

I due uccellini




Un ramo oscillava al vento. 

Nascosto tra le foglie, un nido proteggeva un uccellino. 

Non pigolava ma aveva paura del vento. 

Amava il sole perché era caldo e luminoso.

Trascorreva le giornate cercando di veder oltre le foglie.

Un giorno, un'ombra apparve! 

Era un uccelletto un po' più grande. 

Era bello, tutto colorato.

Svolazzava di ramo in ramo perché gli piaceva conoscere il mondo che lo circondava.

Durante uno dei suoi frenetici voli, si posò sul ramo dove quell’uccellino timoroso attendeva di crescere.

Fu un attimo e si piacquero.

I due uccellini sembravano conoscersi da molto tempo.

Iniziarono a cinguettare insieme. 

Poi seguirono lunghi racconti. 

Si scambiarono segreti ed insegnamenti.

Non passò molto tempo, quando cominciarono a saltellare insieme.

Erano passi di danza e piccoli voli.

Sicuramente volevano volare insieme, liberi nell’aria primaverile.

Si dividevano tutto anche le piccole prede che catturavano giocando insieme.

Le nuvole erano lontane e la pioggia alla fine arriva.

Un nido tutto per loro, serviva.

Occorrevano ali grandi per costruirlo e poi bisognava anche scegliere il più bell’albero della zona.

L’amore mette le ali e le fa crescere se non si guarda in basso.


Si sa! Il tempo non aspetta nessuno.
 
E la primavera non dura molto.
  

Al Signor Criminale




   
Questa settimana hanno pubblicato su una rivista la storia di un uomo che ha ucciso suo figlio di appena due mesi, schiacciandogli le costole e sbattendogli la testa contro il lato della culla.  

Non indovinerete mai come il giornalista ha chiamato questo mostruoso personaggio.

Si riferiva a lui come "Frustrato papà"  !!!

Sicuramente un nome più neutro di "papà" sarebbe stato preferibile in questo contesto;  "genitore", per esempio.  
(Del resto, anche "frustrato" sembra delicato per la circostanza.)

I giornalisti dovrebbero porre più attenzione nello scegliere le parole da usare quando devono raccontare certe storie. 

"Mamme, papà e bambini" sono parole che potrebbero essere accettabili nel raccontare storie di marachelle o di pic-nic scolastici, ma non appartengono ai casi di abusi sui minori, povertà, o di delinquenza giovanile.

La stessa indignazione scattò per la descrizione fatta ad un uomo che dopo aver rapinato la filiale di una banca si dileguò a piedi

Il giornalista, nel raccontare la storia, disse:  

"... il signore è fuggito a piedi."

Questo uso bizzarro della parola "signore" per fare riferimento a un rapinatore di banche è simile alla tendenza degli scrittori di applicare il titolo onorifico "Signor" ai criminali.  

A meno che la pubblicazione ha una politica specifica, nessun buon senso suggerirebbe di offrire rispetto al criminale chiamandolo "signore".

mercoledì 19 novembre 2014

Non si può piacere a tutti

 
 
 
I'm not trying to please everyone. 
There's a famous saying in English that you should pay attention to:
"Something for everyone is something for no-one".
And it's true.
If you try to please everyone, you'll actually never please anyone. 

And to make it worse, you'll lose yourself in the process.
Everybode shouldn't pay attention to things that don't matter.

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Ricordo a me stesso di essere una persona che vive nel mondo ma che non gli appartengo.
Siamo astri gloriosamente unici ed isolati, virtualmente interagenti.
Biologicamente condizionati e psicologicamente dipendenti.
Nulla ci appartiene se non per una necessità di valere qualcosa nella proiezione del film della natura.
Recitiamo una parte di una trama ignota, pretenziosa e sempre in modellamento.
Ci Illudiamo di separare e di definire importanti alcuni aspetti rispetto ad altri.... intanto passano i cento anni.  
 

martedì 18 novembre 2014

Uno strano mondo

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[Dopo le polemiche feroci, le scuse con le lacrime agli occhi. Il fisico britannico Matt Taylor, dell'Agenzia spaziale europea, che si era attirato le ire di mezzo mondo per una camicia "sessista", chiede perdono e si commuove in diretta tv.

Scuse commosse da parte del fisico britannico Matt Taylor dell'Agenzia spaziale europea (Esa). Lo scienziato aveva attirato su di sé molte critiche per la camicia sgargiante, con immagini di pin-up senza veli, che indossava mercoledì mentre descriveva le fasi dell'atterraggio sulla cometa del lander Philae staccatosi dalla sonda Rosetta. 

"Ho fatto un grande errore e ho offeso molte persone", ha detto scoppiando in lacrime. "Sono molto dispiaciuto di questo", ha aggiunto. Il fisico, che aveva anche mostrato un tatuaggio colorato con il disegno di Philae e Rosetta, per la camicia sessista era stato attaccato anche dal Guardian, che in un post pubblicato su un suo blog affermava: "L'Esa può far atterrare un robot su una cometa. Ma non riescono ancora a vedere la misoginia che hanno sotto il naso".]

Non bastono 10 anni di viaggio nell'universo di un piccolo robot per rimanere attoniti, compiaciuti e festeggiare un evento epocale.

Bisogna scendere in basso nella pochezza dei sentimenti finti ed erigere a lestofante uno scienziato che veste una camicia particolare su un corpo tatuato. 

Il crimine sta nel messaggio nel quale occhi "attenti" leggono una grave offesa alle donne.

Le donne vanno rispettate e amate nei fatti, non con onorevoli proclami e non può essere un disegno su una camicia (seppure offensivo per una morale da spettacolo) a pregiudicare un forte, genuino e radicato sentimento presente in ogni animo veramente buono.

Quel povero scienziato, costretto a rinnegare se stesso con uno scusante pianto finto, ha dovuto adeguarsi alle regole di un sistema ipocrita. 

In alternativa, sarebbe stato cacciato dalla sua squadra di lavoro.
Sarebbe bastato un po' di buon senso del responsabile della comunicazione per consigliare all'irruente scienziato una camicia consona all'evento a cui partecipava.

Preferirei che le donne fossero rispettate realmente nella vita di tutti i giorni e non attraverso una pantomima per idioti.



giovedì 13 novembre 2014

Aiuto, ho preso un due a scuola.




 

Carlo:  Ciao Paolo, come va?

Paolo:  Potrebbe andare meglio!

Carlo:  Qualche problema?

Paolo: Sì, oggi ho preso una impreparazione a scuola.

Carlo: Ma che t’importa!

Paolo: Prova a sentirla tu, mia madre! 
Rompe sempre con “ studia, studia, studia”. 
Figurati che cosa mi dirà quando saprà del due in Sistemi.

Carlo:  Caspita, sei riuscito a tirargli un due! 
Non é cosa semplice con quel prof!

Paolo: Che fai, mi prendi in giro?

Carlo: Intendevo dire che ti sarebbe bastato poco per evitare la figuraccia.

Paolo: Hai forse dimenticato come funziona la scuola? 
Ci sono giorni in cui non fai assolutamente niente ed altri che ti impongono di restare chiuso in casa per 24 ore.
Allora, gli amici, la ragazza, la palestra, vanno cancellati?

Carlo: Beh, non sono io che dovrei difendere i prof, però qualche colpa dovresti pure averla.

Paolo: Da quando ti sei diplomato sei passato dalla loro parte?

Dimmi tu, come facevo a rispondere a quelle domande stravaganti.

Mi ha chiesto che cos’è lo switch, pensa un po’,  studiato l’anno scorso!!!

Posso ricordarmi tutto?

Non parliamo del fatto che mi ha chiesto anche di concetti di cui non avevo neanche gli appunti!

Ormai, devo ricordarmelo sempre: i prof hanno sempre il coltello dalla parte del manico e godono a farci del male!

Carlo: Calmati, Paolo, la rabbia non ti fa vedere le cose come realmente sono.

Io ora frequento l’università, un altro mondo, e posso dirti che i prof fanno quello che possono per il bene degli alunni. 

Non puoi arrabbiarti perché ti chiedono troppo, se così fosse, dovresti arrabbiarti anche con il tuo allenatore che ti fa correre e sudare senza farti giocare la partita di pallone.

Paolo: Che vuoi dire?  Devo subire e accettare in silenzio?

Carlo: Credo che dovresti accettare le tue esperienze negative come sfida a migliorarti. 

Parla con il tuo prof, chiedi spiegazioni, manifesta la voglia di impegnarti, sii sincero e responsabile delle tue azioni e vedrai in lui un tuo alleato. 

Ricorda che per un prof è più facile regalarti un otto che castigarti con un due. 

L’otto, non conquistato, regala sorrisi e simpatie mentre il due meritato produce rancore e diffidenza.

Inoltre, il prof è con te quasi tutte le mattine ad attendere i tuoi progressi e a favorire la tua libertà mentale.

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