domenica 3 dicembre 2023

Il figlio divino

 

Sam era un bambino molto silenzioso e paziente. Molto diverso dagli altri bambini della sua età, pronunciava pochissime parole. Restava in silenzio per la maggior parte del tempo, come se fosse perso in qualche pensiero profondo.

“Sam, perché non giochi per strada con gli altri bambini? Ti annoierai stando qui tutto il giorno.” Sollecitò sua madre.

Difatti, lui non si annoiava mai. Preferiva sempre sedersi tranquillamente in un angolo della casa, senza causare disturbo a nessuno. Quando fu abbastanza grande per andare a scuola, pregò sua madre di procurargli un libro di religione. Voleva conoscere di più su Dio e il Paradiso.

“Sam, devi fare i compiti di scuola. Come fai a leggere il tuo libro?” obiettò sua madre.

“Mamma, leggerò il mio libro quando avrò finito con i miei doveri di scuola.”

La mamma lo accontentò. Scese giù di casa e si recò dalla libreria dell’angolo dove acquistò varie copie di libri di orientamento religioso. Il bambino era in grado di leggere subito senza che nulla gli venisse insegnato. Giorno dopo giorno sedeva in un angolo a leggere i suoi libri e a meditare.

Quando divenne grandicello e finì le scuole dell’obbligo, chiese alla madre di trasferirsi da solo presso la loro casa di campagna, lontana dal paese, dove avrebbe potutto studiare e riflettere senza essere disturbato.

Anche questa volta, la madre acconsentì. Durante quel periodo lei gli portava cibo e acqua; lasciava i piatti pieni nella piccola cucinetta e li ritirava vuoti la volta successiva.

Ma un giorno la donna si allarmò. Nella casetta, inginocchiato vicino a suo figlio trovò una donna che piangeva.

“Che cosa è successo? Perché piangi?”  domandò agitata la mamma.

“Sam ha guarito mio figlio. Le sue preghiere hanno compiuto il miracolo. Karl non riusciva a stare in piedi e ora cammina.”

La madre sconvolta corse in chiesa e raccontò al sacerdote tutto ciò che aveva visto. Ma il prete la calmò dicendo: “Non temere, tuo figlio è un’anima eletta e il buon Dio ascolta le sue preghiere.”

L’episodio si sparse per tutto il paese e dintorni. La gente veniva a trovare Sam ogni giorno e gli chiedeva di pregare per il loro bene.

Quella casetta di campagna divenne un santuario. Un giorno, però, Sam scomparve dalla casa. Tutti cercarono il divino fanciullo. Trascorsero molti anni e il ragazzo non fu più ritrovato.

Ci furono molte teorie sulla fine del giovane. I religiosi dicevano che sicuramente era stato portato vivo in cielo dagli angeli. La gente comune aveva pensato ad un rapimento. La verità non si seppe mai.

Una evidenza fu sotto gli occhi dell’intera comunità: tutta la famiglia di Sam visse in serenità, illuminata dal cielo dal loro amato figlio.

 

sabato 2 dicembre 2023

Il dolore della Luna


Un bambino si trovava con la mamma nel piccolo giardinetto del suo paese. Aveva finito da poco di giocare con i suoi amichetti e si riposava accanto alla madre. Erano entrambi seduti su una panca. Si era fatto buio, ma le luci del piccolo parco tardavano ad accendersi.

Giosuè stringendosi al braccio della mamma e con lo sguardo rivolto al cielo, guardava i primi tenui bagliori delle stelle, domandò:

“Mamma, come sono nate le stelle?”

La mamma colse l’occasione per raccontargli una vecchia leggenda: “Giosuè ti rivelo una storiella che tuo nonno, quando avevo la tua età, mi raccontò.”

“Sì, si ... dai racconta!” subito sollecitò il bambino.

<<Prima che nascesse il mondo che vedi, la Terra era soltanto un enorme sasso che girava intorno al sole. Accanto a lei c’era la Luna. Si diceva che sia il Sole e sia la Luna avessero un’anima. In realtà il Sole era lo sposo della Luna. Dopo tanti e tanti anni, la Luna aveva un bambino nella pancia. Fu felicissima di questo suo stato e ne parlò con entusiasmo al Sole, suo marito. Tuttavia, il Sole non si mostrò troppo felice.

Quando la Luna chiese il motivo, lui rispose: “Speriamo che non sia una bambina!”

La Luna non capì l’implicazione e domandò di nuovo: "e se fosse una bambina?"
Il Sole, deciso, rispose: “Una donna non può stare come me. Se sarà così, la uccideremo. Io voglio un uomo che sia forte come me e che possa mantenere intatto il mio prestigio.”

La Luna fu devastata dal dolore pensando a questa funesta possibilità.  
Tre giorni dopo, la Luna diede alla luce una bambina. Il pensiero di saperla morta la terrorizzava. Decise di nascondere la bambina per evitare la sua tragica fine.

Quando il Sole seppe della nascita del figlio, chiese: “Dov’è il bambino? Voglio vederlo.”

“Era una bambina." La Luna rispose, “Così l’ho uccisa ieri, prima che lo facessi tu.”

Il Sole sapeva che la Luna non era abbastanza forte per uccidere qualcuno. Quindi, cercò per tutta la sua superficie il neonato ed infine trovò la bambina.

“Perché mi hai mentito?” il Sole Urlò.

Infuriato, afferrò la bambina e la fece in infiniti pezzettini e li sparse per l’universo. Quei pezzettini del corpo della poverina sono diventati le stelle lucenti che meravigliosamente ornano il nostro cielo notturno.>>

Giosuè restò a bocca aperta ed esclamò: “Mamma era cattivissimo il Sole!”

“Infatti Giosuè, la Luna e Il Sole litigarono così forte che alla fine si separarono. Per non vergognarsi del Sole, da quel giorno lei brilla solo di notte e si nasconde di giorno.”

Il bambino fissò le stelle, e disse: “Chissà se quella bambina fosse vissuta, cosa sarebbe diventata!”

“Una piccola Luna protettrice di tutti i bambini del mondo.” La mamma concluse il suo racconto e si alzarono dalla panchina per rincasare.

 

venerdì 1 dicembre 2023

Il re e le figlie invidiose

 

 

Molto tempo fa viveva un vecchio re che era molto triste. E perché non dovrebbe essere così? Soffriva da molto tempo di una malattia dolorosa. Nemmeno i migliori medici del suo regno o di altri vicino avrebbero potuto trovare un rimedio. La malattia lo indebolì facendolo continuamente soffrire. Non sapendo cos’altro fare, diffuse un comunicato nel regno promettendo sua figlia in sposa a chi lo avesse guarito.

Un giorno, un giovane apparve alla corte reale e rese omaggio al re.
“Cosa vuoi?” Chiese il re, ansioso di ascoltare chi potesse alleviare il suo dolore.

"Buon Dio, mi hanno detto che siete malato e che cercavate qualcuno che sapesse curarvi. Io conosco una medicina che vi potrà aiutare. Vi chiedo di lascami provare."

Il re e i suoi cortigiani erano titubanti all’inizio. Ma l’uomo sembrava convincente e sicuro di ciò che diceva e poi il re soffriva da già molto tempo per cui provare anche senza convinzione del buon risultato era anche accettabile.

Dopo un po' di riflessione, il re acconsentì. A quel punto, il giovane, dopo aver osservato i sintomi della malattia, preparò il suo farmaco e ne stabilì una accurata posologia. Ogni dose doveva essere assunta soltanto in seguito a pur lievi benefici riscontrati.

Dopo la prima dose al re girava la testa come una trottola. I cortigiani iniziarono a preoccuparsi ma il giovane medico assicurò che presto si sarebbe ripreso.
E veramente il re si riprese! Il miglioramento fu evidente per cui la somministrazione del farmaco procedette secondo pianificazione. Ben presto il grande monarca si alzò in piedi. La sua malattia sparì e ringraziò il giovane un milione di volte per la sua genialità. Come promesso, fece lo sposare con la figlia più giovane, Giada. La ragazza fu molto triste quando seppe che doveva sposarsi un popolano. Ma la notte dopo il suo matrimonio, cambio atteggiamento; era felicissima di vedere il suo sposo seduto nel suo letto. In realtà, il giovare era un principe di un regno lontano che aveva saputo della straordinaria bellezza di Giada. Si trattava di Samir, figlio di uno dei prestigiosi re orientali giunto nel regno appositamente per lei. Le altre figlie del re non si spiegavano il motivo di questo cambiamento di umore nel confronto dello sposo. Una notte, in assenza di Samir, entrarono nella stanza della sorella e le imposero la spiegazione.

Quando seppero la verità l’invidia prese il suo corso. Le due figlie, da sempre invidiose delle grazie di Giada a causa della sua straordinaria bellezza, decisero di avvelenare il proprio padre pur di incolpare Samir come responsabile della sua morte e quindi, poi farlo imprigionare e giustiziare.   

L’occasione si presentò nell’ora di pranzo. Jasmin, la figlia maggiore del re, volle presenziare la preparazione delle pietanze prima che queste fossero servite. Danil, coperta dalla sorella, colse l’attimo per versare del veleno nella coppa riservata al re.

Il caso volle che quando il re stava per bere il veleno, un movimento maldestro del braccio fece cadere il calice per terra. Il gatto che solitamente faceva compagnia al re, non perse tempo nel sorseggiare da terra quel nettare. Già molte altre volte il re ne aveva versato un po’ per dar gradimento al suo animale affezionato. Quella volta, però, il gatto, prima si contorse e dopo pochi spasmi e rotoloni sul pavimento, morì.

Il re spaventato e infuriato convocò i suoi servitori per individuare chi avesse voluto avvelenarlo.

“Chi è stato a mettere il veleno nel mio vino?” urlò “vi farò frustare fino alla morte se nessuno di voi parlerà”.

Nessuno dei servitori sapeva nulla. Uno di loro disse: “Maestà, noi siamo tutti tuoi fedeli devoti. Ci hai dato tutto il necessario per servirti al meglio, perché avremmo dovuto avvelenarti? Le principesse erano presenti mentre si preparava il pranzo. Loro potranno confermarvi che non abbiamo fatto nulla di male.”

Il re si innervosì, e urlò ancora: “Se non siete stati voi, chi può essere stato?”

Un altro servitore si fece coraggio perché stava per qualcosa di cui il re si sarebbe ancora di più infuriato. A capo chino disse: “Maestà, non mi crederete, ma ho la prova che qualcosa la principessa Danil dovrebbe sapere.”

Il re sbigottito, guardò minacciosamente il servitore e domandò: “Quale prova hai, malefico impertinente, per accusare mia figlia?”

Il servitore si fece piccolo; allungò il braccio per indicare una direzione e disse: “Maestà, la principessa Danil ha una macchia sulla parte bassa della veste. Quando lei ha versato il veleno nella coppa, non ha fatto caso alla goccia caduta.”

Il re si avvicinò alla figlia e osservò da vicino la macchia. Poi chiamò un esperto di corte e chiese: “Questa è una macchia di veleno?”

L’esperto, la analizzò attentamente e non ebbe dubbi dicendo: “Sì! Maestà, il colore è identico a quello che il veleno lascia sugli indumenti dei condannati a morte.”

A questo punto, la principessa Danil si inginocchiò davanti al padre e piangendo, disse: “Confesso, padre sono stato io. Fai di me quello che vuoi!”

Accanto a Danil si inginocchiò anche la principessa Jasmin, confessando la sua complicità con la sorella.

Attentare alla vita del re significava morte sicura per qualunque suddito. Il re, però, non voleva perdere contemporaneamente le due figlie, e chiese: “Datemi un motivo valido affinché io possa perdonarvi.”

Jasim, rispose: “Siamo state acciecate dall’invidia verso Giada. Abbiamo stupidamente pensato di indurre la colpa al suo sposo.”

Danil aggiunse: “Perdonaci, Padre. Qualunque punizione che deciderai di darci, sarà quella giusta.

Il padre, triste e deluso per la pochezza d’amore delle sue figlie, emise il suo giudizio: “Non posso darvi la punizione che meritate perché siete mie figlie, ma da questo momento perderete ogni onore di corte e vivrete con umiltà. L’invidia è una debolezza dell’anima, sintomo di tardiva maturazione.  Quando mi sarà riferito di nuovo vostro spirito d’animo rivedrò a mia decisione.”


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