venerdì 24 novembre 2023

Il barbiere e il conte

 

 

Molto tempo fa viveva un ricco e nobile signore, conosciuto nel suo paese come conte Francese. Il suo patrimonio era così grande che poteva permettersi grandi regalie, ma anche creare enormi problemi a chi lo contrariava o addirittura gli mancava di rispetto.

La gente conosceva il carattere bisbetico del conte e volentieri evitava di avere contatti con lui o, ancor meglio, di incontrarlo per strada.

Il conte era anche molto superstizioso. Questa sua caratteristica condizionava la sua vita. Era convinto che la faccia della prima persona incontrata nel mattino potesse influenzare l’andamento della giornata, sia in positivo, sia in negativo. Di conseguenza, la persona che gli portava positivismo la onorava, ricompensandola con donazioni in denaro o offrendo privilegi, mentre quella gli portava sfortuna e tristezza si adoperava per tenerla lontana dalla sua zona di residenza, inducendo ostilità tramite la sua cerchia di conoscenti.

Tutti nel paese sapevano della credenza del conte per cui, come prima cosa ogni mattina, la gente cercava di tenersi lontana dalle strade che solitamente quell’uomo percorreva per le sue passeggiate.

Certamente, sarebbe stato bello essere ritenuto persona positiva poiché i regali del conte erano abbastanza generosi, ma in caso contrario la loro vita sarebbe stata resa difficile. Così poche persone ritenevano opportuno rischiare.

Giovanni era un barbiere di professione molto conosciuto nel paese. Tutti lo chiamavano “rasoio facile” per via della grande disinvoltura che mostrava nel sbarbare i suoi clienti. Nessuno, meglio di lui, sapeva conciare i capelli.

Un giorno il conte Francese, passeggiando di primo mattino, passò davanti alla bottega di Giovanni. Fino a quel momento lui non aveva incontrato nessuno. Sfortunatamente quel giorno Giovanni aprì la bottega prima del solito per mettere in ordine un po’ di cose.

Il conte, vedendo la porta dell’esercizio aperta sulla strada, si affacciò e disse: “Buongiorno, Giovanni! Già a lavoro?”

“Signor conte, come vede non c’è nessuno. Sto soltanto mettendo un po’ d’ordine e fare delle pulizie più accurate.” Rispose il barbiere.

Il conte aveva voglia di parlare, entrò nella bottega, e disse: “Bene! Poiché non hai gente, ne approfitto per una ripassatina ai miei capelli.”

Giovanni sapeva della scaramanzia del conte. Cercò di anticiparlo nei pensieri e invitandolo a sedere sulla poltrona di lavoro, disse: “Lo sa conte che lei è la prima persona che vedo, stamattina?”

Il conte sorrise: “Beh, anche tu sei il primo viso che guardo! Speriamo bene.”

Il barbiere, sogghignando, aggiunse: “speriamo bene per entrambi!”

Giovanni iniziò il suo lavoro mettendo molta cura e attenzione nelle sue azioni. Stava completando l’opera con gli ultimi dettagli quando decise passare il rasoio sulla parte superiore del retro collo per togliere i peli superflui. Nello scorrere delicatamente la superficie del cuoio capelluto, la lama toccò una piccola protuberanza. Il conte gridò: “Aih, mi hai fatto male!”.

Da quella anomalia sulla pelle uscì del sangue. Giovanni tutto preoccupato, cercò di tamponare e disinfettare la zona lesa.

Il conte si alzò dalla poltrona tutto infuriato e andò via riversando anatemi sul povero Giovanni.

In quello stesso giorno il conte si fece visitare da un dermatologo il quale si insospettì sulla strana composizione del tessuto cutaneo. Immediatamente commissionò un’indagine accurata in merito.

Si scoprì che il barbiere involontariamente aveva scoperto un tumore della pelle allo stato iniziale. Il conte in breve tempo fu operato nel punto toccato dal rasoio e fu asportata ogni cellula malata.

È inutile raccontare in che modo il conte ringraziò e ricompensò Giovanni che, nel momento dell’incidente con il rasoio, aveva già preventivato l’enormità dei guai in arrivo. 

 

giovedì 23 novembre 2023

Se la vita fosse facile

di Giovanna Sgherza


E tra giorni brevi e notti infinite
ho cercato l’essenza del vivere:
immobile in certi gesti,
atroce valanga nei sentimenti.
 

E’ come stare in stazione:
partenze e arrivi da salutare
ogni giorno un viaggio da fare…
Il finestrino del treno
accarezza vite smarrite
e le spinge oltre un sogno.
 

Palpita un cespuglio di malinconie;
un sorriso scuote la testa,
afferra pensieri, nuvole, impronte della gente.
 

Se la vita fosse facile
non riempirebbe vagoni affollati:
starebbe in equilibrio sui binari della Storia
per scrivere il futuro alla prossima fermata.

Un incidente stradale

 

 

Si chiamava Vito Tedone ed era un povero contadino lucano. Aveva una bancarella di frutta e verdura nei pressi del suo orto. Un giorno, mentre cercava di guadagnarsi da vivere per la sua famiglia, sentì un grido di aiuto provenire dalla strada confinante. La curva della via impediva la visione per cui abbandonò ogni cosa e corse sulla strada per capire cosa fosse successo. Lì, schiacciato da un’auto rivoltata, c'era un ragazzo terrorizzato, che urlava e lottava per liberarsi. L'agricoltore tornò velocemente indietro nel suo podere dove aveva il trattore. Si portò sul posto dell’incidente e dopo aver legato la macchina al trattore, la spostò quel tanto che bastava per liberare il giovane. Capì subito che il ragazzo non era in grado di alzarsi. Infatti, la sua gamba appariva slegata.

La bancarella vuota aveva allertato Paolo, il figlio quindicenne del contadino, che nel frattempo aveva raggiunto il padre, richiamato dal rumore del trattore. Il ferito si rivolse a Paolo suggerendo di prendere il telefonino dal suo borsello, ancora nell’auto, per chiamare il soccorso e avvisare la famiglia.

Dopo circa dieci minuti giunse l’ambulanza che condusse immediatamente lo sfortunato automobilista al pronto soccorso.

Trascorsero dei giorni dall'incidente quando si presentò davanti alla sua bancarella un distinto signore appena sceso da una macchina di lusso.

Si presentò: “Buongiorno signore, mi chiamo Donato Cantoni; sono il padre di Andrea, il ragazzo che hai soccorso nell’incidente stradale.”

Il contadino Ricordò subito quella triste occasione e rispose:

“Sì! Mi è ancora viva quella brutta scena. Ma ditemi come sta ora il ragazzo?”

“Oh, niente di preoccupante! È stato soltanto obbligato a rimanere immobile per un po’ di tempo, ma poi tutto si è sistemato per il meglio. Sono qui per ringraziarti personalmente. Grazie per tutto quello che hai fatto per mio figlio. Se non lo avessi soccorso in tempo, probabilmente oggi non sarebbe più con me. Aveva una emorragia interna, fortunatamente bloccata in pronto soccorso.”

Il contadino stette interessato ad ascoltare e non potette trattenersi di esclamare: “Grazie a Dio, se è andato tutto bene!”

"Voglio ripagarti", disse il ricco signore. “Hai salvato la vita di mio figlio.”

"No, non posso accettare il pagamento per quello che ho fatto." Rispose l'agricoltore declinando l’offerta.” Poi aggiunse: “Avrei agito allo stesso modo per chiunque si fosse trovato in quello stato!”

In quel momento, il figlio del contadino si avvicinò alla bancarella.
“È tuo figlio?" Chiese il nobile. "Sì", rispose con orgoglio il contadino.

“Lascia che mi sdebiti. Voglio che tuo figlio possa studiare e laurearsi.
Se lui è qualcosa di simile a suo padre, diventerà un uomo di cui potrai essere orgoglioso.”

Il contadino voleva bene a suo figlio e ritenne che questa opportunità andava colta. Con il tempo, Paolo si laureò in medicina e divenne un’autorità nel suo campo.

Anni dopo, il figlio del nobile fu colpito da una terribile malattia dalla quale, grazie all’intervento di medico, dottor Paolo Tedone, fu salvato nuovamente.

 

mercoledì 22 novembre 2023

Dio creò la mamma

 

 

Quando Dio creò il corpo delle mamme, era al sesto giorno di lavoro straordinario. Un angelo apparve al suo cospetto e chiese: "Perché Signore passi così tanto tempo su questo lavoro?"

E il Signore rispose: “Hai letto la scheda tecnica su di lei?"

“No, Signore.” Rispose l’angelo.

Allora Dio spiegò: “Deve essere completamente lavabile, ma non elastica; avere 200 parti mobili, tutte sostituibili; deve correre con un caffè nero e accontentarsi di avanzi per cena; deve avere un girovita capace di contenere almeno tre bambini contemporaneamente e che scompare quando si alza; deve avere un bacio che può guarire qualsiasi cosa, da un ginocchio raschiato a un cuore spezzato; e in più deve avere sei paia di mani."

L'Angelo restò sbalordito ed esclamò: “Sei paia di mani? No, Signore, è bruttissimo!”.

Il Signore rispose: “Oh, non sono le mani il problema. Sono le tre paia di occhi che le madri devono avere!”

“Sarà questo il modello standard?” Chiese l'Angelo, ormai abituato alle sorprese.

Il Signore annuì d’accordo: “Sì, un paio di occhi serviranno per consentigli di vedere attraverso le porte chiuse mentre chiede ai suoi figli cosa stanno facendo (anche se lei lo sa già). Un’altra coppia posta nella parte posteriore della sua testa sarà usata per le sue necessità di controllo anche quando la sua attenzione è diretta in un’altra direzione (anche se nessuno potrà vederli). E la terza coppia sarà posta qui davanti alla sua testa. Servirà per osservare il bambino quando sbaglia e senza dire una parola, fagli capire che comunque gli vuole bene.”

L'Angelo invitò il Signore a riposarsi: “Questo lavoro è troppo per un giorno solo. Magari domani si potrà finire con calma.”

“Non posso!” Il Signore obiettò: “Sono così vicino a finire questa creazione che sento la più vicina al mio cuore.”

L’angelo non disse più nulla, e il Signore compiaciuto continuò a spiegare: “La mamma sarà in grado di curarsi da sola quando sarà malata; potrà sfamare una famiglia senza troppi problemi. Gli darò un tocco di imprevedibilità e abbastanza inventiva da far stare un bambino di nove anni sotto la doccia in tranquillità.”

L'Angelo si avvicinò, toccò la donna e disse: "Ma tu l'hai resa così morbida, Signore".

Il Signore sorrise e replicò: “È vero! È morbida, ma sarà anche abbastanza dura. Non hai idea di cosa possa sopportare o realizzare.”

“Sarà in grado di pensare?” Chiese l'Angelo.

Il Signore rispose: “Non solo sarà in grado di pensare, sarà in grado di ragionare e negoziare".

L'Angelo poi notò qualcosa sul viso, allungò la mano e toccò la guancia della donna. “Ops, sembra che ci sia una perdita di liquido con questo modello. Forse state esagerando con i requisiti.”

“Non è una perdita.” Ribattè il Signore. “È una lacrima!”

“A cosa serve la lacrima?” Chiese l'Angelo.

Il Signore rispose: "La lacrima è il suo modo di esprimere la gioia, il dolore, la delusione, le pene, la sua solitudine e il suo orgoglio."

L'Angelo rimase impressionato ed esclamò: “Signore, sei un genio! Hai pensato a tutto in questa creazione. Hai persino creato la lacrima!”

Il Signore guardò l'angelo e sorrise ancora, poi disse: “Ho paura che tu abbia di nuovo torto. Io ho creato la donna, ma lei ha creato la lacrima!”

 

Esistere


 

 

 

 

 

Posar la mente sul vano quesito
sofferma il pensiero all'arcano dubbio.

Respirar aria è praticar d'illusione.

La rangion vaga per l'angusto confin d'essere.

L'occhio afferra nebbia,
a misurar bugia così grossa.

Al raccontare favole,
il fanciullo s'addormenta.

allor, d'esistere non importa.

 

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