sabato 26 luglio 2014

Maturità 2014 (3)




(continuazione) 

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ETT: Allora, attendo che mi disegni il quadro di giovialità all’interno della tua commissione.   

LUIGI: Iniziando a descriverti la prof di italiano, devo ammettere per la seconda volta di essermi sorpreso.

La signorile e stilizzata figura della collega, era molto lontana da quella che avessi potuto associare al mio archetipo di professoressa di storia e letteratura italiana.

Ai miei tempi lontani di studente, le insegnanti di italiano spesso apparivano appesantite dalla cultura e, dando ragione a Leopardi, a volte curve e un po’ bruttine. 

In questo caso, la nostra prof d’italiano si è imposta alta, elegante e con qualche vena d’ironia.

Il suo sguardo, apparentemente distratto, girava nell’area della commissione come radar in pieno mare, pronto a riportare a se l’essenza del sapere.

 Il mistero si esaltava al termine dei lavori, quando, inforcando occhiali da VIP, si accingeva al saluto di commiato. 

Solo a posteriori posso comprenderla!

Poverina, ha dovuto leggere 45 temi in stile ultra-moderno in cui vocabolario, lessico e grammatica erano frutto di grandi rivoluzioni intellettuali dei miei maturandi.

Per fortuna che non ha potuto leggere tracce storiche poiché avrebbe avuto un grave imbarazzo per rapportarle alle sue antiche conoscenze.

La figura femminile del docente di italiano non poteva passare inosservata per un grande intenditore di donne, quale era il nostro bravo prof di elettronica.

Il maestro del “godi la vita” o del “ciclista” o del “mare e amare”, è stata una presenza lieta all’interno di una commissione che spesso tendeva alla seriosità. 

Purtroppo, i miei ragazzi non sono mai stati appassionati per la sua materia. 

Qualcuno dei loro insegnanti, a furia di ripetere che l’elettronica è una materia difficile, li ha inconsapevolmente convinti ad abbandonarla o, addirittura, ad averne paura.

Se si vuole minacciare a morte uno studente, basterebbe annunciargli una domanda in elettronica!

Il mio caro collega di elettronica, quindi, non ha potuto esprimersi nel suo sapere; il tempo dedicato alle sue domande poste agli studenti timorosi, era proporzionale alla quantità di conoscenze da accertare, perciò dell’ordine di pochi minuti. 

Questa snellezza delle interrogazioni, da noi colleghi, è stata accettata felicemente, pensando così di finire prima delle fatidiche due di pomeriggio il turno dell’esame orale.

Per questo motivo, era facile osservare il collega ricurvo e con lo sguardo fisso su un cellulare nuovissimo appena comprato.

La curiosità discendente dalla sua professione lo condizionava ad esplorare ogni funzione del telefono, cercando perfino soluzioni alternative a quelle standard.

Il terzo membro esterno era la collega di matematica. In questo caso, però, la figura istituzionale del rappresentante di questa disciplina è stata rispettata. 

Questa nostra collega, silenziosa, di poche parole, dall’aspetto burbero, ha operato nella formalità del suo ruolo; forse per questo motivo, il presidente di commissione ha voluto che fosse la sua vice.

La matematica è un’altra materia che gli studenti non molto studiosi non amano. 

Purtroppo, quando una materia non piace, anche chi la insegna diventa brutto e bisbetico agli occhi del discente.

La collega di matematica, in procinto di pensionamento, sembrava insensibile o “abituata” alle bordate di sciocchezze che i candidati potessero intentare. 

La sua testardaggine nel chiedere il perché su alcune disquisizioni matematiche, a qualche studente appariva provocatoria. 

Non le bastavano le definizioni imparate a memoria o qualche schizzetto? 

Nella mente di questi particolari studenti, era presente un sipario che doveva calare di lì a poco, per sempre sulla scena dello studio di questa disciplina.

venerdì 25 luglio 2014

Come non piangere!




Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva...scioccato. Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza.


"Mamma, sono uscita con amici. Sono andata ad una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. 

Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, così ho bevuto una Sprite. 

Mi sono sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici. 

Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto. 

Quando la festa è finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. 

Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. 

Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava... 

Qualcosa di inaspettato! 

Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice:

Mamma, la sua voce sembra così lontana... 

Il mio sangue è sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono:

Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocità. 

Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... 

Perchè le persone fanno tutto questo, mamma? 

Sapendo che distruggeranno delle vite? 

Il dolore è come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. 

Di' a mia sorella di non spaventarsi, mamma, di' a papà di essere forte. 

Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... 

Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva...

La mia respirazione si fa sempre piu debole e incomincio ad avere veramente paura... 

Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento così disperata...

Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. 

Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene per questo... 

Ti voglio bene e.... addio."

giovedì 24 luglio 2014

Il paradigma mentale


(tratto dal "Il mio caro ETT")





ETT: Il pensiero è tale quando lo esprimi. 

Un attimo dopo, quando la mente si occupa d’altro, quello stesso pensiero non c’è più; ma non per questo puoi dire che non esiste.
Pertanto, tutto ciò che non si lega alla materia, non puoi dire che non esiste.

LUIGI: Infatti, la materia (il corpo) è la prova tangibile del nostro esistere. Se gli umani possono pensare, lo devono al proprio cervello. 

I pensieri esistono fino a quando il cervello ha facoltà di generarli o richiamarli, in alternativa abbiamo la scrittura che consente al pensiero di continuare ad esistere in altri cervelli.

ETT: Allora, Luigi, se tu sei frutto del tuo cervello, allora non avrei più bisogno di parlare con te; mi basterebbe trafugare la tua massa cerebrale e stimolarla a generare pensieri.

LUIGI: La fonte dei nostri pensieri si trova nel nostro cervello che comunque è materia. 
Altro, non riesco a immaginarlo.

ETT: In realtà, oltre la materia c’è di più!

Ogni pensiero, come il rumore, è una frequenza, un’armonia, un messaggero di un esistere in sé.

LUIGI: Siamo in grado di esistere esprimendoci con il pensiero ma senza la materia(corpo)?

Mi è difficile accettare un pensiero che non sia stato originato da un cervello. 

Inoltre, io sono nel mio pensiero e se questo non avesse un posto dove risiedere, come e dove potrei collocarmi?

ETT: Le tue domande rispondono all’esigenza di omologazione ad un paradigma mentale proprio dell’essere umano. 

In altre parole, l’essere umano, in qualità di prodotto spirito-materia, ha bisogno della dimensione spazio-tempo per formare e giustificare il pensiero.

Superando questo limite, il pensiero, nella forma più semplice, puoi riportalo ad un’onda sonora che si propaga nell’aria.

L’onda sonora per esistere ha bisogno dell’aria attraverso cui si diffonde. Senza dell’aria è difficile ammettere la presenza del suono. 

Allo stesso modo, senza della materia, ti è difficile credere in un pensiero e dunque, in uno spirito indipendente dal corpo.

Potenzialmente, tutto può esistere. 
Poiché, ciò che crediamo non esistere è una forma di realtà che nel momento in cui riflettiamo non trova le condizioni di esistenza.

LUIGI: Modificando lo stato di una realtà, potremmo dar vita a ciò che nello stato precedente era considerato irreale?

ETT: Sì.

LUIGI: Quindi anch’io, per esempio, potrei entrare nel tuo mondo se riuscissi a cambiare qualcosa nel mio paradigma mentale.

ETT: Certo! Soltanto che ti risulterebbe troppo difficile farlo, considerando il tuo stato di omologazione all’attuale paradigma che usi dalla nascita. 

Anche se tu riuscissi a farlo, verresti isolato dai tuoi simili e probabilmente finiresti in un manicomio.

LUIGI: Non ci sono speranze, dunque?

ETT: No, per adesso. I cambiamenti verranno con il tempo. 
L’evoluzione della società umana porterà in crisi l’attuale paradigma e il vostro mondo comincerà ad essere più vicino al mio.
     

domenica 20 luglio 2014

Professori seri?


(continuazione)



LUIGI: Quest’anno la squadra di commissari è stata orfana del docente di inglese e capirai quanto mi sia nascostamente annoiato nell’adempiere al formale compito.

ETT: Conosco la tua passione per la lingua straniera.

LUIGI: Eravamo in otto, tutti abbastanza gentili, disponibili. 
Ovviamente, ognuno interpretava l’evento con i propri pregi e difetti.

ETT: La natura umana è interessante, appunto perché è varia; non è così?

LUIGI: Sì, è vero! 

Saprai certamente che a me non dispiace relazionarmi con tutti in mondo spontaneo, trasparente e allegro.

Non mi piace rimanere insieme ad altri e non scambiarsi qualche battuta comica che faccia dimenticare i problemi e a maggior ragione, a concepire nella dimensione umana qualsiasi accadimento.

ETT: Qualcuno della commissione ti appariva riservato?

LUIGI: Per noi docenti, la riservatezza o l’apparire pragmatici, è un segno della propria autorevolezza.

Pensiero comune vuole che l’allegria, visibilmente espressa, è un segno che depone sfavorevolmente allo spessore della cultura del professore.

La seriosità è la qualità irrinunciabile dello scienziato o dell’eminente professore universitario.

I ragazzi misurano il livello del sapere dei loro professori dai modi compassati, freddi, rigidi e distaccati, mostrati nella vita dell’aula.

ETT: Probabilmente, il peso del sapere influisce sulla forma fisica umana!

LUIGI: Credo che sia proprio così! 
I ragazzi traducono questo modo di essere come carattere inavvicinabile, spinoso ed infine, cattivo.

ETT: Quindi, per un insegnante mostrare spirito allegro e confidenzialità nei rapporti con i propri alunni, sarebbe come portare una macchia sull’abito della propria professionalità?  

LUIGI: Questa idea non viene affermata chiaramente, ma nascosta sotto forma di mezzi sorrisi ed imbarazzanti silenzi, molti professori di antica istituzione la fanno intendere.

ETT: Allora, Luigi, in questo senso tu sei messo male!

LUIGI: Purtroppo, sì! 
In compenso, però, godo del piacere di sentirmi vivo ed umano anche quando la formalità aggredisce.  

ETT: Non c’è il rischio che gli alunni non rispondano ai loro doveri di studenti con la necessaria responsabilità?

LUIGI: Questo è il rischio che si corre! 

Comunque, nella nostra vita esiste sempre il rovescio di ogni medaglia. 

L’importante è rendersi conto della direzione che la nave prende quando questa è in alto mare e occhio alla bussola, mantenere saldo il timone tra le mani.

ETT: I professori di commissione erano seriosi?

LUIGI: Alcuni di loro dovrebbero esserlo per forza, a causa del peso di difficoltà della materia.

Per esempio, a pensiero di popolo, la matematica, l’elettronica, l’informatica, la chimica e la fisica, dovrebbero imporre tanta seriosità.

Per altre materie, la durezza è opzionale; essa è lasciata al carattere più o meno tranquillo del docente. 

Per finire, Educazione fisica (scienze motorie) e Religione, dovrebbero essere, per definizione, insegnate da docenti sempre allegri e disponibili.

ETT: Allora, attendo che mi disegni il quadro di giovialità all’interno della tua commissione.   

(continua)

sabato 19 luglio 2014

Israele-Palestina: solo così può finire




In Israele e Palestina è iniziata una nuova fase di violenza e stanno morendo sempre più bambini: serve un'azione non violenta che metta fine una volta per tutte a questo incubo. I nostri governi e le nostre aziende continuano a commerciare e investire nel conflitto, ma possiamo contribuire a farla finita spingendo le banche, i fondi pensione e le imprese più importanti a ritirare i loro investimenti dall'occupazione. Unisciti ora:


firma la petizione
In Israele e Palestina è iniziato un nuovo ciclo di violenze e stanno morendo sempre più bambini: chiedere l'ennesimo cessate il fuoco non basta più, serve un'azione non violenta che metta fine una volta per tutte a questo incubo che dura da decenni.

I nostri governi hanno fallito: mentre parlavano di pace e votavano le risoluzioni dell'ONU, loro e le nostre aziende hanno continuato ad appoggiare, commerciare ed investire nel conflitto. Questo è un ciclo infernale di confische dei territori palestinesi, maltrattamenti quotidiani di intere famiglie palestinesi innocenti, razzi sparati da Hamas su Israele e bombardamenti israeliani su Gaza, e l'unico modo per spezzarlo è rendere insostenibili i costi del conflitto.

Sappiamo che può funzionare: il governo israeliano ha tremato quando 17 paesi UE hanno approvato le linee guida per sconsigliare di investire negli insediamenti illegali, e quando i cittadini olandesi sono riusciti a convincere il fondo pensionistico PGGM a ritirarsi, hanno scatenato una tempesta politica.

Forse non sembrerà un metodo diretto per fermare le uccisioni di questi giorni, ma la storia dimostra che far salire il costo dell'oppressione può portare alla pace. Chiediamo a 6 tra le banche, i fondi pensione e le aziende più importanti di ritirare gli investimenti da aziende e progetti che finanziano gli insediamenti illegali e l'occupazione: potrebbero farlo se tutti insieme li metteremo sotto pressione. Sarebbe un duro colpo per l'economia israeliana e potremmo mandare a monte i piani degli estremisti che sfruttano politicamente questo inferno:

https://secure.avaaz.org/it/israel_palestine_this_is_how_it_ends_loc/?bglFhdb&v=42697

Nelle ultime cinque settimane tre adolescenti israeliani sono stati uccisi in Cisgiordania, un ragazzo palestinese è stato bruciato vivo, un giovane statunitense è stato pestato brutalmente dalla polizia israeliana, e a Gaza sono già morti oltre 40 bambini per i bombardamenti aerei israeliani. Altro che "Conflitto in Medio Oriente", questa ormai è una guerra contro i bambini. E noi stiamo diventando insensibili a questa vergogna.
I media presentano la vicenda come un conflitto irrisolvibile tra due parti uguali, ma non lo è. Gli attacchi degli estremisti palestinesi contro civili innocenti devono essere condannati e fermati, ma il conflitto nasce dall'espropriazione che subisce il popolo palestinese. Al momento Israele occupa, colonizza, bombarda e attacca una nazione legalmente libera, riconosciuta dalle Nazioni Unite, e ne controlla l'acqua, il commercio e i confini: ha creato la prigione all'aperto più grande del mondo e poi l'ha isolata. Ora, mentre cadono le bombe, le famiglie non hanno letteralmente alcuna via di fuga.

Sono crimini di guerra che non accetteremmo da nessun'altra parte, allora perché li accettiamo in Palestina? Mezzo secolo fa Israele ed i suoi vicini arabi sono entrati in guerra e Israele ha occupato la Cisgiordania e Gaza. Spesso ai conflitti seguono delle occupazioni, ma nessuna occupazione militare dovrebbe diventare una tirannia lunga decenni che incoraggia e avvantaggia solo gli estremisti che usano il terrore per colpire i civili. E chi soffre? La maggior parte delle famiglie da entrambe le parti che vogliono solo libertà e pace.
Per molte persone, in Europa e in Nord America, chiedere alle compagnie di non finanziare o prendere parte all'occupazione israeliana della Palestina sembra una posizione di parte. Ma è invece la strategia non-violenta più efficace per fermare questa violenza ciclica, assicurare la sicurezza di Israele e ottenere la libertà per la Palestina. Il potere e la ricchezza di Israele schiacciano la Palestina: se rifiuterà di porre fine all'occupazione illegale, il mondo deve attivarsi per renderne il costo insostenibile.
Il fondo pensione olandese ABP investe in banche israeliane che contribuiscono a finanziare le colonie in Palestina. Colossi bancari come Barclays investono nei fornitori di armi per Israele e in altre attività legate all'occupazione. Il gigante dell'informatica Hewlett-Packard costruisce sofisticati sistemi di sorveglianza per controllare i movimenti dei palestinesi. Caterpillar invece vende i bulldozer che sono usati per demolire le case e le fattorie dei palestinesi. Se riusciamo ad organizzare il più grande appello globale per chiedere a queste società di tirarsi fuori dal business dell'occupazione, dimostreremo che il mondo non vuole più essere complice di questo bagno di sangue. Il popolo palestinese chiede al mondo di sostenere questa soluzione, appoggiata anche dagli israeliani progressisti. Uniamoci a loro:

https://secure.avaaz.org/it/israel_palestine_this_is_how_it_ends_loc/?bglFhdb&v=42697

La nostra comunità lavora per portare la pace, la speranza e il cambiamento in alcuni dei conflitti più difficili al mondo e questo significa assumere spesso posizioni difficili per affrontarne le cause alla radice. Per anni abbiamo cercato una soluzione politica a questo incubo, ma con questo nuovo ciclo di violenza che si sta scatenando a Gaza, è arrivato il momento di usare sanzioni e disinvestimenti per porre fine all'orrore per gli israeliani e i palestinesi.

Con speranza e determinazione,

Alice, Fadi, Ben, Laila, Anna, Ricken, Jo, Nell, Mais e tutto il team di Avaaz

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