venerdì 21 febbraio 2025

Essere pieni per donare

 

Quando siamo in grado di donarci al prossimo?

Si dovrebbe pensare che per donare dobbiamo prima essere noi stessi completi e soddisfatti. In altre parole, una persona che vuole donare non è scontato che abbia la capacità di farlo. Chi riceve è nel bisogno di sé ma potrebbe essere anche il contrario.

È scritto nel libro dei Proverbi: “Per sapienza il Signore fondò la terra; con l'intelligenza creò i cieli.”

Se riempiamo un bicchiere d'acqua al lavandino, potremmo scoprire parte di questa saggezza. Osserviamo il bicchiere (inizialmente) vuoto riempirsi lentamente: il livello dell’acqua sale fino al punto in cui raggiungendo il bordo, trabocca.

Ecco il punto! Il bicchiere è completamente pieno … soltanto ora inizia a traboccare; l’acqua affluisce ma non resta nel bicchiere.

Solo dando agli altri diamo prova di essere pieni

In altre parole, è lo straripamento del nostro contenitore che dimostra la nostra completezza.

Quando il bicchiere non è pieno, esso continua ad accumulare acqua, dando evidenza di non essere pieno e gli occorre ancora “prendere”.

Quindi, su base spirituale, forse l’atto di dare ci rende realmente pieni e completi. Ma il contenitore ha bisogno di una fonte per essere riempito così che possa traboccare.

Allo stesso modo, le nostre anime, i nostri esseri hanno anche bisogno di una fonte per riempire i nostri occhiali spirituali per traboccare.

Quella fonte spirituale dovrebbe essere la fonte della benedizione che ogni giorno ci viene fornita dal Creatore. Se ci concentriamo sui miracoli che riceviamo ogni giorno dal Creatore dell’universo, allora riconosciamo la rilevanza di ciò che riceviamo continuamente.

Riceviamo aria per respirare, cibo da mangiare, il fatto che la gravità continua a funzionare e non andiamo a volare fuori dal pianeta, o il pianeta non esploda in attività violente.

Tutti i milioni di oggetti che potrebbero ferirci ogni giorno e non lo fanno è una benedizione del Creatore. Poi ci sono i miracoli che riceviamo sotto forma di buona salute, famiglia e ricchezza.

Se non diamo nulla per scontato, apprezzeremo la moltitudine di benedizioni che riceviamo ogni giorno. Naturalmente ci sono momenti in cui feriremo e saremo frustrati, ma se inquadriamo questo all’interno dell’intero schema dei milioni di miracoli che si compiono, riconoscemmo il nostro rubinetto di benedizione. 

Con questo in mente, allora il nostro bicchiere rimarrà pieno e traboccante di gentilezza verso gli altri e il nostro mondo.

mercoledì 19 febbraio 2025

Siamo meravigliosamente complicati

 

La capacità di sintesi della mente umana è incredibilmente ineguagliabile.

Fateci caso, se tentate di esprimere un concetto, una moltitudine di segnali provenienti da ogni parte del nostro corpo si convoglia in poche parole. La graduazione, l’originalità e la tipologia, attraverso gli innumerevoli livelli, qualificano quel messaggio, che attraverso i sensi, filtrati dalla conoscenza e dalla psicologia individuale, giunge a destinazione.

Ancora più miracoloso appare il fenomeno, se pensassimo a quella lente d’ingrandimento (sensibilità) che focalizza e punta direttamente nell’anima, concretizzando un pensiero germogliato con l’emozione.

In altre parole, usiamo meccanismi complicatissimi con la facilità che rasenta la banalità. Forse questo si intende, quando si afferma che la natura lavora senza sforzo?

La mamma aquila che insegna a volare al suo piccolo, lo fa senza essersi scontrata con le regole e le tecniche di volo.

La furbizia della volpe viene esercitata con innocente naturalezza.

L’elegante ed efficace corsa delle antilopi viene acquisita senza lo studio delle complesse arti motorie.

Le strategie di attacco dei branchi di lupi vengono attuate senza che i partecipanti si scambiano parole.

Tenendo bene in mente questi scenari, ci si dovrebbe arrabbiare entrando in un’aula scolastica.

I poveri alunni pagando con il migliore del loro tempo vita, sono costretti a stare ore, seduti su una sedia e ascoltare la guida didattica.

Tutti gli animali imparano giocando mentre gli uomini, seriosi, devono seguire il percorso formativo.

Gli insegnanti si pregiano del titolo di “chiarissimi”, quando riescono a trasmettere idee articolate su una logica riconosciuta. Il più chiaro dei professori che potrete incontrare, è solo un’imbarazzante controfigura del più ingenuo animale che gioca con il suo cucciolo.

Tornando alla corsa dell’antilope, potrei offrirvi un esempio che mostra come la complessità di un pensiero consapevole maturato attraverso definizioni, regole, postulati, teoremi, leggi, possa fornire una motivazione in base alla quale il fenomeno esiste, funziona e si può ripetere.

“L’antilope, grazie alla sua conformazione fisica, è in grado di muoversi cambiando repentinamente velocità e direzione, sfruttando a suo favore la legge d’inerzia e richiedendo al predatore grosse riserve di energia”.

L’idea che un’antilope corre, nella vostra mente è facile da costruire, ma diventa meno semplice se cercate la motivazione consapevole.

Allora, tenete i nervi saldi, concentratevi e leggete:

“Il principio di inerzia (o prima legge di Newton) è il primo principio della dinamica e stabilisce che un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme a meno che non intervenga una forza esterna a modificare tale stato. Si parla di principio e non di legge, perché si tratta di un assioma, un fondamento del moto dei corpi, ricavato per induzione da moltissime esperienze e osservazioni. Ciò significa che qualunque teoria o legge riguardante il movimento dei corpi non può entrare in contrasto con questo fondamentale principio, per il semplice motivo che essa sarebbe erronea”.

Siamo meravigliosamente complessi?

martedì 18 febbraio 2025

Un viaggio oltre la realtà

 

Non ricordo come ero giunto in quel luogo, ma era così fantasticamente caldo e rassicurante, che credevo di esserci già stato e non avevo nessuna paura. Solitamente sono dubbioso e come attento osservatore dell’anima umana, trovo sempre nei miei simili qualcosa di straordinario.

In quel luogo, nulla mi sfiorava. Ero così tranquillo che, come Dante nella Divina Commedia, ero fuori dal contesto. Diversamente da Dante, però, non avevo accompagnatore, ma una parte di me stesso era staccata, come un palloncino legato con lo spago alla mano di un bambino.

Il viaggio che dovevo compiere, mi appariva piacevole e incantato nel tempo. Riconoscevo molta gente, tra loro c’erano molti amici e colleghi di lavoro. Non avevo nessun modo di apparire a loro, però, erano in grado di sentirmi e rispondere alle mie domande. Loro non sapevano di comunicare con me, erano certi di parlare liberamente alla propria coscienza.

Il mio primo incontro avviene con un ex-collega. A rivederlo mostro tutta la mia gioia nel ritrovarlo. Noto subito che appare isolato nel suo mondo, ma testardamente gli chiedo:

“Andrea, non sai come mi fa piacere ritrovarti! Dimmi, come conduci la tua vita, sei felice?”.

Il mio amico tarda a rispondermi, come se fosse molto preso dalle sue idee e faticasse a staccarsi per confezionarmi una risposta.

Infine, mi dice:

“Luigi, sono molto impegnato a educare i miei figli e a dare esempio di integrità morale nella società. Spendo la mia vita facendo mille sacrifici, per sostenere quei valori morali che vedo sempre più incerti”.

Curioso, come al solito, riprendo:

“Ma Andrea, come hai maturato queste tue convinzioni?”.

“Luigi, prima di noi Gesù e poi tutto il cristianesimo con suoi Santi, ci ha lasciato fulgidi esempi”.

Non contento di una risposta banale, insisto:

“Intendevo chiederti, quale è stato il meccanismo, in base al quale, è scattata la convinzione che ha mosso tutte le scelte della tua vita”.

Improvvisamente, Andrea scompare nella sua coscienza e non comunica più. Mi dispiace per l’interruzione, ma non mi perdo d’animo e proseguo cercando di individuare qualcun altro.

Non mi ci volle troppo tempo per scorgere un amico di vecchia data.

Diversamente da come lo ricordavo, appariva triste, quindi fu automatico rivolgergli la domanda:

“Ciao Michele, se io non avessi ancora in mente il tuo viso, avrei avuto difficoltà a riconoscerti. Mi sembri molto triste, non va bene la tua vita?”.

Michele non mi risponde con le parole, ma il suo sguardo è eloquente.

Egli non vuole rattristarmi e frena le umane lacrime trasformandole in goccioline brillanti che orbitano intorno ai suoi occhi.

No, non pensate che piangesse, era solo sudore, ancora affiorante per una vita consumata prendendo tutto ciò che gli capitava e lasciando a dopo i sacrifici. Non so dirvi se ha fatto bene, perché la sua vita è finita troppo presto.

In quel luogo, pienissimo di persone, volevo restarci per sempre, in modo di aver tutto il tempo necessario per parlare con ognuno di loro, ma la tensione di quel palloncino sulla mano, mi ricordava che ero un ospite e prima o poi, dovevo abbandonarlo. Cercai di avvicinarmi a una figura famigliare. Con mia grande sorpresa riconobbi mio padre.

“Papà!”, esclamai.

“Eri di poche parole, allora! Dimmi che pensi di me, sei felice per i risultati ottenuti da tuo figlio?”.

Le mie parole erano bagnate di lacrime e il mio cuore attendeva quelle sue, che cercavo e non avevo mai sentito pronunciate dalla sua bocca.

Avrebbe voluto non rispondermi per non influire sui ricordi coperti da un alone irreale, ma dovette farlo per non indurre altro dolore.

“Caro, sono felice per te, ma le mie parole, ora, hanno altri significati. Io ero ai miei tempi, quello che sei tu nel tuo. Ho usato i mezzi del mio tempo. Essi erano rozzi, approssimati, condizionati e guidati da verità sempre mutevoli. Tutto ciò che ho fatto, era quello che avrei potuto costruire e mostrare, compreso volerti bene a modo mio”.

Avrei voluto prolungare il colloquio per porre tante domande, ma capii che avrei forzato la sua volontà. La paura di interpretare le parole e tradurle in idee senza contesto, mi fece desistere. Sarebbe come individuare un oggetto dai rumori provocati da un battitore.

Mi rattristo nel pensare un mondo senza un Dio creatore e direttore dell’universo, dove l’amore, come polvere di stelle, si posa ovunque.

Questo Dio, più di qualche pensatore non lo vuole.

Vi ricordo di Giordano Bruno, allevato nella cristianità per poi rivoltarsi contro completamente, è stato un convinto assertore di un mondo opaco, cieco a qualunque sentimento nobile, guidato soltanto dall’assoluta necessità.

Inoltre, ci redarguisce dicendo di non illuderci di poterci riferire o riportare Dio nel nostro mondo, perché, se pur esistesse, rinnegherebbe se stesso, a causa della nostra finitezza rispetto al suo indefinibile, infinito essere.

Di peggio ci ha detto Nietzsche, affermando che esiste soltanto uno scontro eterno tra forze che mirano solo ad affermare se stesse. Il pendolare degli opposti ci illude sulla vittoria del bene sul male, o sulla vittoria dell’armonia sulla contraddizione. Anche la direzione dello spazio e del tempo è un’illusione. Per Nietzsche, noi siamo semplici pagliuzze trasportate da un vento capriccioso, che sbattono contro di tutto, assumendo ciecamente la realtà della circostanza. Solo un bilancio di forze può determinare e dare il senso al prossimo spostamento.

Dicendoci che “Dio è morto”, ci rende consapevoli che siamo soli e non siamo che casuali, infinitesime forze di un universo in evoluzione per se stesso.

Vivere e morire sono verbi senza significato, a cui nessuno nell’universo darebbe importanza.

Nel mondo fantastico che continuavo a esplorare, un uomo mi rivolse la parola e mi domandò:

“Dimmi amico, che cosa stai cercando? Perché sei così convinto che troverai le risposte che cerchi? Il mondo in cui vivi non appaga i tuoi bisogni?”.

Rimasi interdetto per pochi secondi, prima di cogliere la fermezza e l’irruenza del mio interlocutore. Il piacere di avere un confronto emotivo con questa persona, fece sì che potessi rispondere:

“Ti ringrazio per le domande che mi poni e approfitterò della tua disponibilità per conoscere le tue idee.

Sono nel momento della vita dove le riflessioni si trasformano in atti di piacere. La consapevolezza di pensare è un inno alla natura di uomo. La razionalità e la naturale predisposizione di credere che tutto proceda secondo un fine, conducono inevitabilmente, a esplorare ogni sapere.

Ma, come succede a un ricercatore, l’ultima scoperta è sempre la più importante e rivoluzionaria, nonostante, di lì a poco, diventi corollario alla prossima.

Non so che cosa io sto cercando, ma certamente mi piace.

Sono convinto di trovare verità, per lo stesso motivo per cui esisto. Io sono parte del mondo in cui vivo ed è questo mondo che tra i suoi bisogni fa emergere la necessità di interrogarsi e conoscere”.

In seguito a queste mie parole, l’amico commentò:

“Sono convinto che gli argini di un fiume siano logici e necessari per il suo fluire, come i paraocchi ai cavalli per non spaventarli e farli procedere decisi lungo il loro cammino. All’uomo è stata fornita la ragione per illudersi e i sentimenti per addolcire le pene derivanti dalla consapevolezza dei suoi limiti.

Il cammino di vita miscela le esperienze e produce il pensiero, motore di ogni atto.

Se vuoi fermare le tue ricerche, hai bisogno di credere ed essere convinto a prescindere, poiché il perché, chiaro e deciso, deve albergare dentro di te.

Questa condizione dell’essere si può chiamare Fede.

Se invece, vuoi continuamente agitarti nel dubbio e sentirti sempre vivo, allora continua a leggere, esplorare, imparare e riflettere.

Ti scoprirai filosofo!

Un filosofo arabo, Averroè, disse che la fede è per le anime semplici, la filosofia per le persone colte.

Con un po’ di presunzione, mi espongo nell’affermare che Tommaso d’Aquino subì il trauma della verità assoluta quando fu folgorato dalla sua ispirazione prima di morire.

Il 6 dicembre del 1273, durante una messa, fu colpito da qualcosa che lo sconvolse profondamente. Da quel momento in poi non scrisse più nulla. Confessò al suo segretario, Reginaldo da Piperino, le seguenti parole: “Promettimi, in nome del Dio vivo e onnipotente e della tua fedeltà al nostro ordine, dell'amore che nutri per me, che non rivelerai mai, finché sarò vivo, ciò che ti dirò. Tutto ciò che ho scritto è come paglia per me in confronto a ciò che ora mi è stato rivelato [...]. L'unica cosa che ora desidero è che Dio dopo aver posto fine alla mia opera di scrittore possa presto porre termine anche alla mia vita”.

Passeggiare nel mondo della fantasia è un altro vivere, trascorri momenti unici, completamente dedicati a te stesso. La gioia è aria che respiri. In questo mondo, sei in compagnia con l’anima dell’universo, a cui presto tornerai, perché senti di farne parte. La tua vita è solo un’effimera apparizione in questo mondo, è l’ombra di una verità, è il confine con l’infinito. Tieni stretto i tuoi pensieri, ascolta il pulsare del tuo cuore, allarga lentamente i tuoi polmoni e apprezzerai ogni attimo della tua vita. Nascerà inevitabilmente l’amore per ogni vita intorno a te. Cullerà in te il desiderio di gridare fuori con tutta la forza che vuoi bene al mondo, che non sei solo, perché ognuno intorno a te, è come te, e vorrebbe strapparsi dal viso la maschera dell’apparenza.

Mentre ero preso nei miei pensieri, una donna allinea il suo sguardo ai miei occhi. Vi confesso che la mia anima subì un ruzzolone, al punto che passando dal cuore, sembrava volesse uscire attraverso il respiro. Faticai a ricacciarla giù, ingurgitando tanta aria quanta quella di un boccone di pane.

La sua bellezza era senza confronti!

Si senza confronti, perché ogni donna ha la sua bellezza e solo chi sa guardarla riesce a cogliere la sua unicità.

Siamo portati quasi sempre, a giudicare per confronto, ma è come essere costretti a buttar via la parte migliore di ogni cosa.

Ricordando i rudimenti di algebra, capirete che il valore assoluto di una grandezza è sempre molto maggiore della differenza con un riferimento.

Per esempio, se confrontate e giudicate due valori 100 e 104, la differenza è 4, per cui potreste scegliere 104 solo per il 3,8% del suo valore assoluto (104), tralasciando l’altro termine a valore 100.

La donna che mi guardava, ignara per ciò che mi stava succedendo, si rivolse verso di me esclamando:

“Luigi, ma non mi riconosci?”.

Incredulo, per il tipo di domanda, pensai subito a uno scambio di persona. Non potevo aver dimenticato un viso così bello, se pur l’avessi incontrata prima.

“Mi dispiace deluderti, ma forse non sono la persona che intendi”.

La donna si affrettò a rispondermi:

“No Luigi, sei proprio tu. Giocavamo insieme da piccoli. Quante gare di velocità mi hai fatto vincere!”.

Queste ultime parole rievocarono in me le magiche scene della prima giovinezza. La mia mente, immediatamente, si riempì di suoni d’allegria, di odori delle giornate primaverili trascorse per strade e campagne che oggi non ci sono più.

Tanto tempo fa non esistevano nella nostra vita semplice, pub, pizzerie e discoteche, si usava riunirci e giocare all’aperto facendo della voce e della corsa l’aspetto più evidente di essere felici.

Tra i miei amici c’era una ragazza che tranquillamente si confondeva tra noi maschietti. La sua femminilità si limitava solo al timbro della voce e alla necessità di rientrare a casa prima di noi ragazzi.

Questa irrequieta ragazza, dotata di sana e semplice irruenza, ha condizionato già d’allora, il mio modo di intendere le donne.

Sono convinto che la differenza tra uomo e donna sia da ricercare solo nell’aspetto fisico e non esiste nessun altro particolare che permette di risalire a una proprietà riconducibile esclusivamente alle donne o agli uomini.

La natura, di cui uomini e donne fanno parte, ha solo messo il fiocco alla donna, come per esempio, ha tolto la criniera alla leonessa o ha messo le grandi antlers (corna) agli alci.

Queste differenze, ha dovuto farle per favorire la procreazione e quindi definire un’intercapedine sensoriale necessaria per i ruoli di maschio e femmina. Dall’interno dell’anima, però, non ha potuto farci nulla, per cui ci sono donne e uomini cattivi, da intendere come prodotti di un’infelice evoluzione psicologica che sfocia in una formazione caratteriale fortemente variegata.

L’8 marzo, non dovremmo festeggiare solo le donne, ma loro insieme agli uomini, affinché si accorgano entrambi di essere due valori diversi, estremamente complessi e affascinati.

 

lunedì 17 febbraio 2025

Quando la ragione cede il passo all'esaltazione


Non basta conoscere come si deve procedere per seguire il percorso.

Sembra strano ma succede proprio così!

Credete che non si sappia che l’alta velocità nella guida di un autoveicolo è causa primaria di incidenti mortali?

Sicuramente tutti lo sanno, ma io riesco a contare solo pochi “inebetiti” sulla strada che si attengono alle indicazioni ripetutamente.

Non parliamo del fumo di sigaretta, perché sfonderei una porta aperta da molto tempo.

Potrei continuare per molto e solleverei questioni trite e ritrite.

Aggiungerei modeste parole a campagne di sensibilizzazione o a trasmissioni televisive che inseguono indici di ascolto.

Vediamola da un particolare punto di vista.

Tentiamo di operare con razionalità e contemporaneamente siamo condizionati dal sentimento dell’essere.

La razionalità ci impone un pensiero rigoroso che si proietta nel futuro attingendo dati dal passato.

Dovete riconoscere che questa attività, se esercitata nel momento opportuno, non ha un risvolto pratico immediato, ma risulta essere solo un saggio ammonimento intelligente.

In altre parole, mentre state andando ad alta velocità e rischiate la vita, la razionalità che formula il pensiero di “Attento! Sai che stai rischiando?”, vi propone un pronostico per ciò che potrà succedere in base ad una conoscenza che già avete.

Il pensiero che vi suggerisce di rallentare dovrebbe essere adottato per una probabilità di incidente presente solo negli studi di settori, ma che ora sembra non riguardarvi.

Il pensiero, invece, che vi chiede di spingere ancora sull’acceleratore, è più reale, è lì pronto a regalarvi subito l’emozione che state cercando.

Allora, arrivano in soccorso le frasi stupide come: “Si vive una sola volta” o “meglio un giorno da leoni che cento da pecora”, per cancellare quel persistente barlume di razionalità e per considerare la conoscenza come un’inutile suppellettile.

In questi casi si perde l’allineamento tra ciò che sentiamo e la realtà circostante.

Sicuramente in paradiso o in un’altra dimensione andar piano non ci servirà, ma fino a quando ci dobbiamo portare insieme ossa e muscoli, qualche limite dobbiamo imporcelo.

Nelle occasioni difficili potremmo pensare al fiammifero e al carbone.

Il primo, accende per pochi secondi e passa per elevate temperature prima di spegnersi a sua insaputa. Il carbone, invece, lento ad arrossirsi, diffonde piacevolmente il calore; combatte col tempo per esistere nascondendosi sotto la fredda cenere per custodire in sé l’ardente e celato fuoco.

 

domenica 16 febbraio 2025

Addormentandoci insieme


Avvicinati, guardami negli occhi, le parole vogliono riposarsi per lasciar spazio all’ascolto del tuo respiro.

Mi accorgo di respirare con te e il mondo tutt’attorno si spegne.

La tenerezza delle nostre anime vola nel paradiso dell’essere, costruendo il più dolce degli scenari che la mente umana può raffigurarsi.

Siamo catturati dal sonno e rapiti da pensieri che saranno dimenticati.

Per poche ore abbandoneremo quel corpo che ora giace tutto intento a rigenerarsi. Siamo liberi di essere ciò che avremmo voluto essere in ogni istante di vita.

In questo tempo, come nella morte, tutto abbandoniamo e facciamo tesoro di ogni particolare che la vita cosciente ha timbrato come “inutile”.

È stato inutile vederti come se lo facessi per la prima volta?

È stato inutile ascoltarti come se tu fossi la persona più importante del mondo?

È stato inutile contagiarti con il mio sorriso, la mia allegria, per distoglierti dalle tue paure?

Avvicinati, non aver paura di farmi male, i nostri corpi sono là che riposano.

Voglio riprendermi il tempo che ho perso per lavorare.

Voglio riprendermi i piaceri che mi sono stati promessi da Colui che mi ha fatto nascere.

Voglio stare con te, ora!

sabato 15 febbraio 2025

Identikit del "distaccato" sociale


La sensazione di sentirsi imbarazzati davanti a un'altra persona, ha molto a che fare con l'intelligenza emotiva, l'apertura caratteriale e l'essere consapevoli di sé e di chi ti circonda. Solo una persona stupida sarebbe distaccata da sé stessa e dall'ambiente circostante.

Una persona stupida è guidata dalla propria ignoranza. Le convinzioni personali e gli elevati livelli di ingenuità alimentano questa ignoranza. Questa persona ti mostrerà chi è fin dall'inizio, ma si aspetta che tu la ammiri.

Si offende facilmente e non è in grado di interpretare le espressioni delle persone, i segnali non verbali e le evidenti risposte verbali, non importa quanto possano essere chiare.

Le persone stupide sono su un altro livello e amano prendere un argomento e diffamarlo in tutto lo spettro del contesto. Con i social media, c'è una comprensione interculturale più ampia e appiattisce anche le possibili barriere di comunicazione culturale che aiutano l'interpretazione della realtà.

Comunque, ci sono individui, presenti in tutte le culture, che sono spesso odiosamente presenti e mostrano modelli comportamentali di diritto e ipocrisia. La loro bussola si trova nei stereotipi e nelle generalizzazioni; sono fissati su credenze senza fondamenta.

Questi sono sciocchi che sbiancano ogni briciolo della loro fibra più profonda. Non hanno senso dell'orientamento. Sono facilmente impressionabili e preferirebbero competere con tutti quelli che li circondano, compresi i loro familiari. Questa natura competitiva deriva da una bassa autostima cronica spesso mascherata da "persona socievole".

È abbastanza ricorrente per questo tipo di persone avere un secondo fine: fare amicizia attraverso il pettegolezzo e farsi piacere dalla gente. In un certo senso, è un fatto triste perché una persona così non potrebbe mai trovare appagamento senza l'attenzione degli altri.

Inoltre, danno voce a tutte le cose di cui sono orgogliosi. Badate bene, questi individui, ed è qui che entra in gioco la mancanza di consapevolezza, sono così estroversi che non si tirano indietro dall'esporre la loro natura invidiosa. Sono così loquaci che dimenticano di ascoltare sé stessi; quindi, condividere ciò che scatena in loro emozioni di gelosia non è un problema, perché lo negherebbero subito.

Il loro comportamento sociale consente loro di mostrare personalità disponibili e accessibili, ma poiché sono molto insicuri, diventano spaventosi e appiccicosi molto rapidamente. La loro infatuazione per gli altri è di vasta portata e sicuramente devi loro qualcosa se accetti i loro sforzi disonesti per aiutarti.

Una volta che ti hanno offerto il loro supporto, si aspettano che tu li ringrazi più di una volta, perché la loro autostima dipende da questo.

Se non dai valore ai loro sforzi per quanto hanno fatto per te, o non ti ricordi di ricambiare un favore ricevuto, puoi essere sicuro che saranno loro a rinfacciarti quel favore.

Si confidano troppo con gli estranei appena conosciuti e si aspettano che questi facciano lo stesso.

Per lo stesso motivo, potrebbero assumere il ruolo di maestri manipolatori, poiché il loro talento principale è quello di assumere facce diverse quando hanno a che fare con chiunque si trovi intorno a loro.

Sono in grado di farlo perché non hanno ricordi dei loro modi malvagi. Sono inconsapevoli quando esagerano in contesti sociali, figuriamoci quando oltrepassano i confini degli altri. Non riescono a leggerci dentro perché non hanno rispetto di sé, il che consente loro di screditare i confini degli altri.

Non filtrano con la ragione i loro pensieri, poiché non hanno bisogno di preoccuparsene in quanto orgogliosi del loro essere sempliciotti. Mentono quanto la loro inclinazione all'inganno glielo consente.

Vederli imbarazzati e senza consapevolezza, è come assistere ai movimenti di una mucca pazza: divertente ma anche ridicolo.

Purtroppo, per i “distaccati” è difficile riconoscersi fuori da sé stessi.

venerdì 14 febbraio 2025

Amore a San Valentino


 

Amore, nominato sempre e da tutti, molto spesso richiamato in modo improprio, scese sulla terra sotto forma di voce nascosta per interrogare il primo umano che gli capitasse.

“Ciao.”

“Ciao, chi sei? Ti conosco?” Domandò sorpreso l’uomo.

“Non mi riconosci?”

“Ti presenti così … all’improvviso e pretendi che ti riconosca?”

“In effetti, hai ragione. Non hai imparato a distinguermi tra le tante mie sosie ed è giustificabile la tua sorpresa.”

“Allora, parlami di te così io possa riconoscerti.” Disse l’uomo.

“A dir il vero, molti tuoi simili mi tirano in ballo con nomi diversi, convinti che sia sempre io ciò che loro hanno in mente. A volte, si riferiscono a me intendendo sesso, piacere, ironia, desiderio, convenienza, abuso, violenza … e tanti altri nomi.”
“Non ti capisco … cosa vorresti dirmi?” Domandò l’uomo sempre più stupito.
“Oggi festeggi l’amore romantico … ma già da domani di romantico non ricorderai più nulla.”
“Ah, oggi è San Valentino! Tu sei amore?”

“Bravo! Mi hai riconosciuto grazie ad una data sul calendario e per il nome di un Santo. Non ti sembra un po’ imbarazzante?”

“Scusami, Amore, mi rendo conto che la società ti ha confezionato in un pensiero comune poco nobile e molto consumistico.”

“Non mi importa se tu festeggi con cioccolatini, fiori odorosi, gioielli luccicanti per darmi un onore di cartone. Sono interessato a chi mi accoglie in discrezione tutti i giorni e opera a mio nome per far del bene, per aiutare, per confortare, per rendere un po’ migliore il mondo in cui vive.

Caro amico, vorrei essere riconosciuto nei modi che usi, nel sorriso che regali, nel rispetto che dai … soltanto allora si compirà la mia magia e cioè quella che tu diventi me … e il festeggiato saresti tu in quanto degno di me!”

“Certamente vorrei che si parlasse di te nel modo giusto, ma sai, è veramente difficile. In alcuni casi è anche scoraggiante. Esistono troppe trappole fuorvianti, troppe distrazioni illusorie, pochissima attenzione ai veri valori umani. Inseguiamo chimere costruite con l’avidità e l’egoismo. Soltanto quando è troppo tardi arriva la consapevolezza di ciò che veramente conta nella vita.”

Amore vide tanta tristezza nel cuore dell’uomo e per il suo stesso essere, si affrettò a rincuorarlo.

“Amare non dovrebbe implicare sforzo … è la normalità dell’essere … la scoperta continua dei propri valori, intrisa di volontà e piacere di condividerli. La società non favorisce questo intendimento, ma attraverso una propria rivoluzione interiore ognuno di voi può dare il buon esempio ed espandere l’onda stessa dell’amore. Come precetto ti chiedo di rivolgerti con dolcezza al tuo prossimo almeno una volta al giorno. Vedrai che presto ti abituerai al clima festoso di cui io sono portatrice.”

giovedì 13 febbraio 2025

Il fascino della conoscenza interconnessa

  


Cosa farai da grande? 

È l’ultima domanda che si pone al candidato in procinto di diplomarsi.

Questa domanda fa sì che i giovani selezionino e poi riducano le possibilità.

Chi interroga si aspetta che lo studente esprima una o al massimo due scelte.

Se si elencano dieci possibilità diverse, non vengono prese sul serio.

Il nocciolo del problema che tormenta gran parte del pensiero umano, è la convinzione generale che esista una faglia tra le scienze naturali da un lato e le discipline umanistiche e le scienze sociali umanistiche dall'altro (tra la cultura scientifica e quella umanistica).

Uno studioso inventò la parola “consilienza” per collegare i vari alberi della conoscenza in un tutto unico. Egli definì il termine come: "l'interconnessione di spiegazioni causa-effetto tra diverse discipline, come, ad esempio, tra fisica, chimica e biologia e, più controversamente, naturalmente, biologia e scienze sociali".

Lo studioso vedeva questa idea come di buon senso, poiché "il cervello, la mente e la cultura sono composti da entità e processi materiali", che "non esistono in un piano astrale sopra e fuori dal mondo tangibile".

In altre parole, abbattere muri e collegare nicchie. Scienziati, filosofi, storici, ingegneri e rappresentanti di tutte le discipline dovrebbero mescolarsi e imparare gli uni dagli altri. I risultati aprirebbero innumerevoli nuove porte.

Sebbene la parola consilienza non è una novità. Essa ha dato un nome a qualcosa che è sempre stato con noi e ha alimentato figure brillanti di molte epoche, dando loro abilità speciali per vedere ciò che non è sempre chiaro.

Consente ad alcuni di predire il futuro (preveggenza).

Rende altri immuni alla cecità che infetta le masse durante il loro tempo (vista chiara).

Il pensiero consiliente crea percorsi per i creatori per costruire cose veramente nuove (vista unica).

Potrebbe persino essere l'unica cosa che ci protegge dall'intelligenza artificiale che sostituisce l'umanità (vista insostituibile).

La vita umana è sempre stata vissuta sull'orlo di un precipizio. La cultura umana ha sempre dovuto esistere all'ombra di qualcosa di infinitamente più importante di sé stessa. Se gli uomini avessero rimandato la ricerca della conoscenza e della bellezza fino a quando non fossero stati al sicuro, la ricerca non sarebbe mai iniziata" - C.S. Lewis, Imparando in tempo di guerra.

Nel 1939, C.S. Lewis e la facoltà di Oxford si trovarono di fronte a un interessante dilemma. Il mondo era sull'orlo della guerra. Molti si chiedevano se il college dovesse chiudere durante questa emergenza nazionale.

Tra lo sguardo fisso e i rimorsi, C.S. Lewis diede una risposta rapida e chiara: diavolo no!

Nel suo discorso Learning In War Time, descrive innumerevoli esempi storici di come l'umanità abbia continuato a ricercare la conoscenza e la bellezza estetica nonostante il caos che il mondo aveva scelto di gettarle addosso nel suo tempo.

Per Lewis fu facile capirlo perché passò molto tempo a studiare varie discipline, dalle discipline umanistiche alla storia, dalla poesia alla scienza. Afferma:

"Un uomo che ha vissuto in molti luoghi non è probabile che venga ingannato dagli errori locali del suo villaggio natale".

Allo stesso modo, uno studioso che ha "vissuto in molti tempi" è in un certo senso "immune dalla grande cataratta di assurdità che sgorga dalla stampa e dal microfono della sua stessa epoca".

Quindi, lo studio di queste varie discipline non era una sciocchezza meschina; era un viaggio nel tempo e una visione più ampia del mondo che ti circondava. Ciò consentiva allo spettatore di vedere oltre il punto critico più vicino. Inoltre, schiarisce la tua vista, accecata dalla narrativa popolare del giorno.

Ma oltre a schiarire la tua vista, un approccio coerente ti consente anche di immaginare cose nuove con una vista unica.

 

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