domenica 24 marzo 2024

Complimentarsi

 

Sappiamo che le auto vanno a benzina, a gasolio, a gas. Non sappiamo che l’uomo va a lode (sinonimo di encomio, gratifica, plauso, consenso, apprezzamento). Sappiamo quanto costa la benzina, ma purtroppo è inevitabile la spesa se decidiamo di spostarci con l’auto. Non sappiamo che lodare una persona costa niente ma che produce risultati strabilianti.

Vi assicuro che complimentarsi con qualcuno è un vantaggio reciproco. Accende il fuoco dell’amor proprio, chi lo riceve. S’inebria di una doccia fresca e vivace, chi lo porge.

Nasce una tacita battaglia d’amore, dove i due duellanti fanno del loro meglio per proteggere l’avversario dai colpi di un virtuale nemico comune. Chi riceve l’elogio è chiamato perentoriamente a giustificare il riconoscimento. Si carica di un’energia inspiegabilmente celata prima, ma che irrompe con tutta la sua forza e trasforma la persona in un eroe.

Chi pronuncia l’elogio imbeve se stesso di una potenza giudicatrice capace di produrre energia e crescita. Come un carro armato (chi riceve l’elogio) che con tutta la sua forza trova coraggio e necessità di attraversare un ponte di legno, malconcio (chi elogia). Il ponte di legno ricorre a tutte le sue chiodature per non traballare e apparire sicuro e fermo al carro armato, ormai cieco al pericolo.

La risolutezza del carro armato e lo sforzo conscio del ponte, mascherano una realtà ben diversa, ma che produce un risultato evidente. Il carro armato riesce ad attraversare il ponte!

Complimentiamoci tra noi anche per piccolissimi traguardi raggiunti o per qualità apparente o per pregi invisibili. Vi garantisco che l’oggetto del complimento subisce un processo d’ingrandimento e rivalutazione immediata.

Oggetti per i quali complimentarci con qualcuno se ne trovano in abbondanza. Siamo circondati e chiedono solo la nostra attenzione. Se qualcuno di noi ha difficoltà nel cercare alla luce del sole, può addirittura ricorrere ai miraggi!

L’oggetto è secondario, l’effetto è l’obiettivo primario. Sperimentatelo e vi diranno che siete socievoli, simpatici … avete “Charm”.

 

 


sabato 23 marzo 2024

L'attesa attiva


Gli inglesi dicono: “Act as if”.

Gli italiani dicono: “Agisci come se ciò che ti impedisce di farlo non esistesse”.  Attendere … che brutto verbo!

Attendere chi e che cosa? Che la vita si consumi?

Quanto uso ne fa i giovani! Pensano di essere eterni?

Quanto uso ne fa gli oziosi! Pensano che qualcuno si prenderà carico dei loro antipatici, faticosi, insopportabili lavori?

Quanto uso ne fa gli irresponsabili! Pensano che col tempo tutto si risolva?

Quanto uso ne fanno i burocrati! Pensano che le persone siano pratiche da evadere?

È ovvio, che chi ricorra spesso all’attesa è un debole, incapace di essere protagonista, un timido di professione. Sappiamo che i frutti maturano. Hanno bisogno di tempo per cadere dal ramo che li sostiene. I furbi lo sanno. Infatti, anziché salire sull’albero per verificare la maturazione e quindi raccogliere, credono bene di distendersi e riposarsi sotto la chioma dell’albero (magari a bocca aperta), poiché, attendendo, il frutto alla fine cadrà.

Il ragionamento sembra non fare una grinza! Purtroppo, occorre considerare che i frutti piacciano a molta gente, uccelli compresi, e la loro caduta potrebbe essere anticipata da eventi imprevisti.

Il paziente, ozioso, dormiente, potrebbe non riuscire mai a mangiarsi il suo frutto. In tal caso, la colpa sarebbe da attribuire alla sfortuna o a qualche altra strana congiunzione astrale. Conosco molte persone che hanno atteso per anni un evento e per sfortuna, quando questo si è presentato, non sono state pronte ad accoglierlo o addirittura, a riconoscerlo.

Per i malati di Attesa suggerisco l’attesa attiva! Che cosa è? Agire nell’attesa che il presunto evento si mostri.

Mentre si agisce, si compie un miracolo: l’evento atteso si presenta! Come chi in attesa di completare un percorso di 10 km, conta il numero di passi che compie.

In informatica, l’attesa attiva è utilizzata per evitare il blocco del calcolatore. Immaginate due persone che devono essere ricevute dal dentista. L’ingresso è disciplinato da un avviso: “Libero” o “Occupato”. I due pazienti sono in ansiosa attesa dell’antipatica prestazione del dentista e guardano continuamente l’avviso.

L’ansia vorrebbe vederlo “Libero” subito. La paura vorrebbe vederlo “Occupato” per sempre. Appena l’avviso si commuta a “Libero”, il primo dei pazienti a notarlo, scatta dalla sedia ed entra. L’avviso torna a mostrarsi nuovamente “Occupato”.

Il secondo paziente tira un lungo fiato di sospiro. Il paziente appena entrato, morso da una paralizzante paura, si trattiene nell’anticamera della sala dove opera il dentista. Succede quindi, che il dentista attende invano l’ingresso nello studio del nuovo paziente.

Il primo paziente attende nell’anticamera, immobilizzato dalla paura; il secondo, in sala d’attesa, continua a guardare l’avviso che ridiventi “Libero”. Tutti sono in attesa!

Se non interviene qualche evento esterno, il dentista non lavora più. Diciamo semplicemente che il sistema si è bloccato!

L’infermiera zelante interviene per incoraggiare il paziente appena entrato e spiegargli che il dentista non gli farà sentire nessun dolore. Questa funzione, assolta dell’infermiera, in inglese prende un bel nome: “Wake up” (sveglia!).

In questa visione, l’attesa è un gran guaio e se vogliamo, possiamo commutarla in sfortuna.

La fortuna è agire per prepararsi a incontrare l’opportunità.

 

venerdì 22 marzo 2024

Il tono di voce

 

Ognuno di noi è così diverso dal suo vicino, amico, collega, fratello, che per non lasciar dubbi, il Padre eterno abbia timbrato la voce. Egli si è pure divertito a lasciar trasparire lo stato di una persona dal suo timbro di voce.

Non avete nessuna difficoltà a riconoscere la voce di donna o di uomo. Non ci vuole molta esperienza per capire se tale voce proviene da una persona agitata o calma, ignorante o colta, monotona o interessante, riservata o intrigante, fredda o sensuale, materialistica o romantica, impulsiva o riflessiva. Come in un puzzle, questi aggettivi formano un’architettura caratteriale che inconsapevolmente tende a inglobarci, appena un dialogo s’instaura.

Il grado di riluttanza con cui entriamo in questo mondo è proporzionale all’intensità della risonanza che gli aggettivi producono in noi. Difficilmente succede che nessuno entri, poiché per ognuno di noi, gli aggettivi negativi sono stati distribuiti con mano sapiente! Se fossero tutti positivi, saremmo Santi, mentre se fossero tutti negativi, saremmo Diavoli.  

Per la premessa fatta, s’intuisce che il nostro tono di voce influisce certamente sulla capacità di attirare l’altrui attenzione e guadagnare la stima. Conquistando la stima del nostro prossimo gli diventiamo amico. Siamo la miglior medicina per i suoi dolori. La sua fiducia è il passaporto che ci permette l’ingresso nella sua interiorità. Attraversando il suo mondo, ci porta dove si nasconde il suo male. Chiede il nostro aiuto per abbattere il mostro.

Non so quanti di voi, da bambini, hanno avuto la fortuna di addormentarsi con il racconto di una favola. La voce calda, lenta, amorevolmente modulata, della mamma (chi altri, se non Lei!) è come il più dolce e innocente degli anestetici, che inverte i ruoli tra la fantasia e la realtà. Il risultato che produce è un benessere che si perde nel sonno. La trama della favola potrebbe stridere con il clima del racconto. Azioni travolgenti si potrebbero alternare a scene anche paurose, ma ciò rende ancora più affascinante l’atmosfera.

Quando vuoi sentirti vicino a una persona, abbassa il tono di voce, guardalo negli occhi, pendi dalle sue labbra. Egli si sentirà al centro del mondo e tutto spento attorno. Una sola luce chiara e forte, giunge sul suo viso. Non esisterà nulla al mondo più importante di quello che dirà. Se volete, potete sostituire questa scena con una sola parola: “Comprensione”. 

 

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