mercoledì 6 marzo 2024

La stranezza dell'arte


 

Durante le mie solite passeggiate tento di svuotare la mente e occupare l’anima. Questa mia abitudine fa sì che incontrando conoscenti “dimentico” il saluto fino ad apparire ai loro occhi sgarbato o addirittura vanitoso.

Un giorno incontrai Antonio e conoscendomi, si impose alla mia attenzione.

“Andrea, sei sempre con la testa fra le nuvole!”

“Scusami, Antonio, godevo di questa bella giornata.”

“Allora, accompagnami al bar. Devo darti una bella notizia.” Lo disse in modo beffardo.

“Va bene! Sono curioso di sapere cosa ti sei inventato!”

Appena fummo seduti comodi all’aperto con il sole primaverile che lambiva i nostri visi, l’amico cominciò a raccontare:

“Ho comprato un quadro e gli ho dato il titolo: La valanga di neve sulla città!”

Incuriosito per lo strano titolo, domandai: “Chi è l’autore?”

Antonio voleva stupirmi: “Non ci crederai, ma è della tua amica Silvia! Guarda la foto della stanza in cui l’ho esposto …”

“Sei incredibile Antonio! Mi hai sempre detto che non comprendi il suo stile e poi ne appendi un suo quadro nel salotto!”

Antonio rise e aggiunse: “Beh, non interpretarlo non significa che non mi piace!”

Mi resi conto che le mie idee sull’arte avevano condizionato i gusti del mio amico. Cercai di dare un seguito a quei pensieri.

“Antonio, sai che cosa sono gli OOPART?”

“Mi chiedi troppo! Forse un termine dialettale?” domandò.

“È un nome dato ad antichi manufatti; fossili impossibili, creati con tecnologie fuori dal tempo, manufatti anacronistici. In altre parole, se la storia del mondo che conosciamo è corretta questi reperti non dovrebbero esistere.

Ecco! Un quadro Di Silvia Senna in casa tua potrebbe essere un OOPART!”

Seguì una mia risata che non voleva essere un modo di prendere in giro il mio amico, ma una manifestazione di affetto e apprezzamento della sua iniziativa.

“Dai! Vuoi prendermi in giro?” Domandò, pur sapendo che scherzavo.

“Però mi hai incuriosito … parlami di questi strani oggetti.”

“Secondo lo schema quadridimensionale della nostra cultura, questi fossili non esistono. Se proviamo per gioco ad ammettere una quinta dimensione, qualche idea straordinaria potrebbe aiutarci a fornire una spiegazione.

“Quale sarebbe la quinta dimensione?” domandò con interesse.

"Sappiamo che due oggetti uguali nelle dimensioni geometriche, osservati in istanti diversi, potremmo differenziali come vecchio e nuovo, mentre, se invece sono diversi nelle dimensioni geometriche, ma osservati nello stesso momento, potremmo differenziali in più lungo, più alto, più largo, a seconda della dimensione diversificata.

Gli oggetti OOPART potrebbero essere “visti” in uno spazio a cinque dimensioni e occupare un posto nobile nella storia dell’uomo.”

“La quinta dimensione è quella dell’anima!  È piacevole pensare che circa 200 mila anni fa un umanoide forgiando un oggetto per i suoi bambini, si sia lasciato trasportare dalla sua anima in un mondo dove a guidare la sua mano non fosse solo lo stato delle sue conoscenze, ma un mondo interiore senza tempo.”

“Andrea, tu sei solito mettere anima in ogni cosa … da persona concreta che sono mi dà un senso di fantasia, ma devo confessare che mi piace terribilmente.”

Questa volta ridemmo insieme.

martedì 5 marzo 2024

Vite parallele


Continuamente conduciamo una doppia vita.

Una vita esterna, guidata dal desiderio, dalla speranza che qualcosa succeda. Ci affanniamo nel dirigerla nella miglior direzione. I segnali di ciò che si può fare e ciò che non si può fare, ci umiliano, ci inibiscono.

La direzione cambia continuamente in seguito ad urti contro ostacoli non visti in tempo. I risultati, in termini di soddisfazioni, ci fanno accelerare, mentre le delusioni ci rattristano provocando momenti di stallo.

Abbiamo bisogno di essere spinti per riprendere il cammino. Tra la momentanea illusione di aver ritrovato la verità, il ritmo, le circostanze giuste e il successivo ricredersi, si percorre il sentiero accidentato della vita.

Si ha il bisogno di credere in qualcosa di certo. Si ha bisogno di un punto di partenza al quale riferire tutte le future scelte. Si ha bisogno di qualcosa che la natura umana non può garantire.

L’assoluto!

Siamo sommersi da problemi! Problemi a quindici anni, a venti, a trenta, cinquanta, settanta e potremmo continuare ancora. Ci rifiutiamo di ammettere che questa è la vita reale, convinti che deve esistere un’altra vita.

L’altra vita è quella interna, guidata dalla fantasia, dalla potenza dell’anima. In questa vita non ci poniamo limiti. Tutto ci viene facile e spontaneo. L’azione è l’unica condizione necessaria per raggiungere qualunque obiettivo. L’azione è facile da intraprendere. Non esiste l’inerzia perché non c’è né accelerazione, né frenata. Tutto si compie con immediatezza è bellezza. Come scoprire un arcobaleno che si confonde nelle distanze tra due punti dell’orizzonte. Non ci poniamo domande perché non ci sono dubbi.

In questa vita non c’è bisogno di ragionare. Esiste e basta!

Se guardi un fiore o un bambino che gioca, a che ti serve ragionare. Rimani investito di piacere e tenerezza ed entri in un campo, dove l’anima è padrona. Non ti chiede nessun biglietto d’entrata, ma solo la tua voglia di compiacerti. Ti chiede di non udire, odorare, gustare, toccare, guardare … ti chiede di far vibrare le corde della tua sensibilità, poiché attraverso esse si entra in mondo tutto da esplorare.

 

lunedì 4 marzo 2024

La carenza emotiva

 

Perdere la fiducia nel prossimo è una malattia mortale.

Si bruciano i germogli della speranza, si chiudono gli occhi dell’ottimismo, si stabilisce un calmo e sterile buio interiore.

Ci si sente soli muovendosi tra la folla.

Brevi frasi fatte con le stesse parole, ripetono esperienze vuote di entusiasmo, spente di passione e prive di sentimento; si muore rimanendo nel corpo.

La lenta progressione della malattia è silenziosa, si cela dietro gli steccati seriosi del lavoro, degli sfortunati eventi di vita che producono menomazioni fisiche o psicologiche.

Il bisogno di vivere insieme e di legarci con i sentimenti in una comunione che va oltre la nostra ragione, trapela dalle abitudini e dalle tendenze comportamentali.

Vogliamo inconsapevolmente stare insieme, come la terra che ci fa roteare con sé e contemporaneamente intorno al sole, ci porta in giro per l’universo.

La forza di gravità agisce come una potente calamita, costringendoci a rimanere attaccati alla superficie e imitando così, la forza dell’amore che lega le anime.

Solo per questo motivo capisco perché si inumidiscono gli occhi al più piccolo gesto di tenerezza; capisco da dove vengono tutte quelle emozioni che la musica, la poesia e l’arte tutta, inducono.

Capisco, anche, perché darei tutto me stesso a chi chiede solo un abbraccio.

Il genere umano ha avuto un grande dono che, per la sua stessa grandezza, appare invisibile; si tratta della capacità di emozionarsi.

Non emozionarsi significa portar con sé una malattia mortale.

No, non intendo la classica malattia che conduce alla morte, ma a quella che va ben oltre.

La morte, almeno per i Cristiani, è un varco di frontiera tra la terra e il Paradiso; un passo necessario ma comunque transitorio, mentre la morte delle emozioni conduce a uno stallo esistenziale perenne.

Uno stimato scrittore (Paul Auster) che porta in sé alcune cicatrici di questa malattia, scrive quanto segue:

Credo nonostante tutto che ogni persona sia sola tutto il tempo. Si vive soli. Gli altri ci stanno intorno, ma si vive soli. Ognuno è come imprigionato nella sua testa e tuttavia noi siamo quello che siamo solo grazie agli altri. Gli altri “abitano” noi. Per “altri” si deve intendere la cultura, la famiglia, gli amici. A volte possiamo cogliere il mistero dell’altro; penetrarlo è talmente raro! È soprattutto l’amore a permettere un incontro di questo genere. Circa un anno fa, ho ritrovato un vecchio quaderno dei tempi in cui ero studente. Lì prendevo appunti, fermavo delle idee. Una citazione mi ha particolarmente impressionato: -Il mondo è nella mia testa. Il mio corpo è nel mondo-. Avevo diciannove anni e questa continua a essere la mia filosofia.

Gli altri “abitano” noi, se siamo in grado di accoglierli, se la malattia non ha murato gli ingressi.

Tutto ciò che l’uomo scopre, è sempre un passo dopo il precedente. Il passo successivo non si sa dove ci porta, però, se mosso dal bene, sicuramente quel luogo sarà migliore di quello in cui viviamo oggi.


venerdì 1 marzo 2024

Ingannare il pensiero

 

La teoria dell’evoluzione di Darwin ci suggerisce a chiare lettere che ci siamo evoluti grazie ad un rapporto con l’ambiente sempre più favorevole e in forte sintonia con i bisogni materiali e psicologici. L’aspetto psicologico della questione, appare sottovalutato, anzi, subordinato alle trasformazioni fisiche.

Ci sarebbe da pensare che forse si dovrebbe capovolgere l’idea dell’evoluzione legata all’aspetto fisco o alle funzioni vegetative, rispetto alle motivazioni più intrinsecamente psicologiche.

Il pensiero è colui che guida l’azione e anche se disturbato dalla paura, dall’ignoranza e dall’istinto, è lui il motore responsabile della nostra evoluzione.

Il pensiero, frutto della razionalità e dell’imitazione, interpreta il pericolo o il vantaggio che un’azione potrebbe determinare.

Se date per vero, quanto detto, sarà facile ammettere che qualunque sia l’origine del pensiero, sarebbe meglio se potessimo ingannarlo e portarlo nell’euforia dove indipendentemente dal risultato finale, creiamo subito un habitat felice che possiamo considerare responsabile per la futura evoluzione della specie.


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