venerdì 12 aprile 2024

Un mattino di sole

  
S'alza in cielo, come d'un intenso respiro

ed è bianco su tutte le cose intorno.

Pressa a velar luce,

a esibir orgoglio d'essere sole.

 

Lento, abbraccia l'orizzonte.

Indugia al sereno clima

prima che il ferro percuota i cuori

e la speranza tradisca l'ingenua promessa.

 

Oggi è un nuovo dì,

quel futuro or è davanti,

pronto a correre nel ricordo.

 

Abbandona solo tracce del suo essere sulla mia pelle,

per alcuni sono brividi di un corpo muto ...
per altri,

sono meravigliose emozioni.
 

mercoledì 10 aprile 2024

ll bene infinito dei genitori

 

Domenico è un bel ragazzotto di quattordici anni. Ha una mamma meravigliosa, con il pensiero fisso su lui e un papà scelto tra i più perfetti del pianeta. 

Un giorno pose una strana domanda alla mamma: “Mamma, com’ero da piccolo?”

La mamma sorrise e accarezzandolo, rispose: “Eri semplicemente favoloso!”

“No! Tu mi stai prendendo in giro. Tutti i bambini piccoli procurano fastidi, perché io sarei stato diverso?” Ribadì, il ragazzo.

“Tesoro mio, ciò che un bambino piccolo fa è soltanto il suo modo per conoscere il mondo che lo circonda. Egli ha come unici interlocutori soltanto i genitori. Inoltre, l’impossibilità di usare il linguaggio degli adulti, lo costringere ad emettere suoni imitanti ciò che ascolta. Si rifugia nel pianto come ultimo mezzo per far capire che vuole attenzione e che qualche problemino lo disturba. Quindi, l’agire di un bambino non può essere mai visto come fastidio dal genitore che gli vuol bene. È probabile che le stesse scene vengano viste dall’esterno e giudicate fastidiose, ma ciò non significano che lo siano per la mamma e il papà. Nel tuo caso, anche quando mi procuravi impicci, me lo ripagavi con una stretta al cuore o dandoti un grosso bacio alle tue paffutelle guance.”

Domenico sentì tutto l’amore della mamma. Volle così provocarla con un’altra domanda ancora più strana: “Mamma, se non fossi nato, la tua vita sarebbe stata più libera, ti saresti divertita di più, non è vero?”

“È vero, ma è altrettanto vero che non avrei mai conosciuto le emozioni che mi hai regalato! Tuo padre non avrebbe mai esclamato alla tua nascita <è bellissimo! ha gli occhi alla cinesina, come me!> e io non mi sarei mai potuto vantare di avere un bambino stupendo come te. 

Devi sapere, Domenico, che qualsiasi cosa che si fa con il cuore non fa sentire fatica, non ti fa accusare privazione, anzi esalta lo spirito del genitore e gli dà senso vero alla sua vita. Si vive per esaltare i sentimenti, per sentire i brividi scorrere sulla pelle, quando hai prova che il figlio ti vuole bene e come genitore si è riusciti a trasmettere valori sani in modo che possa andare fiero nel mondo dell'amore ricevuto.”

Domenico si emozionò e le rispose: “Mamma, il mio bene per te è papà sarà infinito.” 

Dicendo così, abbracciò la sua mamma e continuò a parlare con la voce muta del suo cuore.

martedì 9 aprile 2024

La fretta come vizio della società moderna

 

La fretta è una nota molto comune del modo di agire del nostro tempo. Caratterizza la società di una inspiegabile necessità di risparmiare tempo. Non è escluso nessun settore da questo silente problema, iniziando dal lavoro, investendo la cultura, divorando il tempo libero, spogliando di emozioni i rapporti umani.

Nietzsche ci aveva avvertiti! Già nelle sue opere aggettiva la società moderna come società della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia che vuol “sbrigare”, “finire”, in fretta ogni cosa. Dunque, coglie la fretta come vizio di una cultura in decadimento.

Sottace una malata convinzione che dà valore alla cosa ottenuta con il massimo risparmio di tempo. Qualcuno confonde questo atteggiamento come efficienza, produttività, utile. Addirittura, risparmiare tempo o evitare la perdita di tempo tacitamente costituisce una virtù.

La tranquillità, l’ozio, diventano vizi da combattere per ridurli a piccoli e inevitabili frammenti di vita.

Le ricadute devastanti si hanno sull’essenza umana. L’uomo frettoloso è malato e i sintomi della malattia rendono il suo lavoro frustrante; perde inesorabilmente di saggezza e l’opportunità di riflettere. Così diventa ostaggio della sua febbrile esistenza, tutta rivolta a produrre, ad acquisire il massimo nel minimo tempo. 

Di conseguenza, si sente male quando si ferma; si sente incriminato perché non fa nulla. Anche quando deve riposarsi, l’iperattivo pensa di farlo in fretta.

In questo modo, il tempo della poesia, della musica, delle arti in genere, diventa un tempo clandestino. 

Si finisce di “perdere” la capacità di emozionarsi e ritrovarsi improvvisamente vecchi.

 

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