LUIGI: Caro
Ett, mi ripeti che siamo troppo limitati per cui ci è impedito di compiere il
grande salto evolutivo, indispensabile per “vedere” una realtà universale
nuova. Mi spegni la speranza di cogliere qualche verità eccezionale. Permettimi
ancora qualche domanda.
ETT: Avanti!
Non esitare!
LUIGI:
Secondo la tua teoria, eliminando una collocazione temporale del mio presente,
io potrei essere in ogni punto dell’universo o essere parte di una unione
cosmica riscontrabile in ogni elemento parte di esso. Non avrei una mia
individualità. Non sarei una presenza autonoma. Non potrei riferirmi a
nessun’altra realtà che sia diversa dalla mia. Con queste premesse, dove sarei
io ora? Perché esisto? Quale
disegno giustifica la stessa mia esistenza nell’universo?
ETT: Le tue
domande vanno ben oltre a ciò che le mie parole potrebbero rivelare.
In ogni
caso, mi offri la possibilità di instaurare il dubbio nella mente umana e
soffermare la vostra consapevolezza in ambiti meno assoluti.
Per fornirti
subito qualche risposta, ho bisogno di puntualizzare qualche concetto che, per
voi umani, sembra chiaramente assunto.
Per esempio,
voi amate riferirvi come “Esseri umani”, cioè implicitamente ammettete, prima,
di “essere” delle realtà permanenti in un punto preciso misurato nel concetto
del tempo, e poi di qualificarvi “umani” nell’ambito della stessa realtà
precedentemente ammessa come unica e vera.
LUIGI: Vuoi
chi io dubiti sulla mia stessa esistenza?
ETT: No,
voglio semplicemente focalizzare l’attenzione sull’idea del tuo esistere.
LUIGI: Uno
dei nostri filosofi, portava a prova della nostra esistenza il pensare; questo
non basta?
ETT: Per
provare una realtà non si può estrarre la prova dal mondo per il quale si vuole
la prova!
LUIGI: In
questo caso, non si potrebbe mai addurre una prova definitiva, perché nessuno
degli umani sarebbe capace di uscire dal suo mondo.
ETT:
Benissimo, stai anticipando il mio pensiero.
LUIGI:
Allora, continua! Sono ansioso di apprendere la tua conclusione.
ETT: Luigi,
il vostro mondo non è né un divenire, né un permanere.
Se fosse una
realtà in continua evoluzione, allora, fra un numero indefinito di anni-tempo,
si giungerebbe a quella finale ed esso cesserebbe d’esistere.
In questo
caso, la realtà a cui si giungerebbe, coinciderebbe con l’essenza dell’
“essere” che sarebbe il nulla.
Se fosse,
invece, una realtà definita, sarebbe indipendente dal tempo e soggetta ad una
evoluzione virtuale.
Il mondo,
rimarrebbe uguale a sé stesso e cambierebbe soltanto perché si rifletterebbe
internamente in modo diverso.
In
quest’ultimo caso, l’essenza dell’essere coinciderebbe con l’immagine della
consapevolezza d’essere nel punto del suo rivelarsi.
LUIGI:
Stento a capire.
ETT: Prendi
ad esempio un fiume e supponi che tu mi chieda se l’acqua del fiume è una
realtà; se essa esiste e perché esiste.
I tal caso,
l’acqua del fiume non può essere un divenire poiché quando giungerà al mare,
essa cesserà d’esistere come acqua fluviale.
Non può
nemmeno essere un suo permanere, perché scorre e cambia continuamente rispetto
ad un osservatore immobile.
Il
cambiamento non può che essere virtuale, legato alla posizione, allo stato e
alla mente dell’osservatore.
La realtà,
concepita in questo modo, è l’idea consapevole di ciò che l’osservatore elabora
con la sua mente e condizionata dalle variabili presenti nel contesto.
Quindi,
esisterebbero tante realtà quanti sono i possibili punti di osservazione, i
possibili stati mentali e le capacità elaborative dell’osservatore.
Dovendo la
realtà essere una, si potrebbe concludere che la sua essenza ultima sarebbe,
come nel divenire, il nulla.
LUIGI: La
conclusione finale è “oltre me stesso c’è il nulla”?
ETT: No,
Luigi! Non giungere a questa drastica conclusione.
Il nulla è
il vuoto di pensiero che si crea utilizzando il paradigma mentale con il quale
vi siete evoluti.
Devi
intendere il nulla, non come assenza di qualcosa, ma come occupazione di
qualcosa che sfugge al vostro pensiero.