giovedì 17 settembre 2015

I docenti accompagnatori







In molte occasioni l’animo umano si ritrova in netta conflittualità con la ragione.

L’impressione discende dalla constatazione che alla ragione vengono nascoste motivazioni ritenute dominio dell’intimità e quindi escluse dalla necessità di consegnarle al giudizio.

Secondo voi, perché alcuni docenti si privano delle ferie, rinunciano a godersi un lungo periodo di riposo per seguire sedici “sconosciuti” all’estero, addossandosi grandi responsabilità?

Incoscienza ?

Trattandosi di persone mature, la sola incoscienza non convincerebbe totalmente chi dall’esterno cerca di capire.
 
Adducendo motivazione egoistiche, si potrebbe pensare a un’imperdibile vacanza gratuita all’estero, magari con il riferimento malizioso a un arrotondamento economico dello stipendio. 

Ma anche questa motivazione non apparirebbe stabile. 

Una vacanza con sedici ragazzi da controllare non può essere tale! 

Anche il rientro economico non può giustificare il rischio di dover spendere soldi per altri motivi qualora sgraditi inconvenienti potessero capitare.

Allora? Qual'è il motivo?

Mi sono imposto di riflettere e ho costretto al mio cuore a dire la verità.

“Ascoltami, cuore, confessa! Perché mi hai spinto ad accettare un’esperienza del genere boicottando il periodo più piacevole per un professore?”

“Luigi, non far finta di non sapere nulla! Tutti sanno che ti piace parlare la lingua della regina Elisabetta e quando balbetti il tuo inglese, ti senti un divo!”

“Prima di tutto, non balbetto e poi non sono convinto che sia solo questo il motivo!”

“Hai ragione, testone! La verità è che i professori veri, sono innamorati dei propri ragazzi e hanno paura di confessarlo anche a se stessi. 

Quando capita che possono stare con loro, lontano dalla formalità e dalle imposizioni della didattica, ecco che si scoprono opportunisti e scrocconi nei confronti della comunità europea. 

Dimenticano i rischi che corrono e si affidano alla fortuna che tutto vada liscio.”



Al termine di questo colloquio interiore ho trovato il motivo e voluto provarlo anche cercandolo nei miei colleghi.

Ho fatto una scoperta incredibile. 

Ho notato come un valore connaturato con il proprio essere possa spargersi su tutto ciò che è umano e quindi sui ragazzi che i genitori ci affidano.


La gentilezza e la premura delle mie colleghe sono valori incorniciati intorno al loro cuore.

È stato un continuo piacere essere stato un loro compagno di viaggio, conoscerle oltre il velo dell’apparenza. 

Se esiste veramente la macchina della verità, è quella del loro modo di essere, ancor prima di docenti, mamme.  

Girando per le strade Dublino, condividendo spazi e sedendo con i ragazzi allo stesso tavolo di mensa, compensa qualsiasi fatica, bilancia qualsiasi rischio e si capisce quanto sia bella la nostra professione.


martedì 15 settembre 2015

Il cibo Irlandese



Trascorrere tre settimane all’estero implica adeguarsi a un ciclo alimentare diverso e ancora più importante, significa misurarsi con un tipo di alimentazione inconsueta.

Nel caso di percorsi di studi finanziati, alle caratteristiche del cibo locale si unisce il misuratore economico dei servizi di mensa. 

Il risultato, quindi, è un compromesso, frutto di un bilancio economico tra quanto si intende spendere e quello che si può comprare.

Le vitamine, proteine, calorie di approvvigionamento al fabbisogno corporeo dei giovani corsisti faticano a rientrare nei limiti delle diete raccomandate, sia in termini di quantità sia in qualità.

Capirete benissimo come gli stimoli della fame, se non completamente appagati, possano portare i ragazzi ad assumere cibi spazzatura. 

Per fortuna il loro giovane sistema digerente è abbastanza forte da macinare patatine e coca cola senza problemi.

Gli orari dei pasti: 8.00, 13.20, 18.00 corrispondono ai tempi di lavoro degli operatori in mensa e non a quelli del metabolismo giovanile.

Alla prima colazione, latte freddo, tè e caffè americano interessano poco i ragazzi, trovano invece più appetibile spalmare mini vaschette di nutella in dosi giganti all’interno di cornetti super morbidi che inizialmente possono essere confusi con ologrammi. 
 
Aprire con un coltello (che non taglia) questi cornetti, è un’operazione molto delicata e difficile poiché si rischia di strapparlo o schiacciarlo.

Per conto mio, la colazione si esauriva riempiendo minivaschette di latte (spesso freddo) con cereali e conservare un po’ di frutta per i momenti lontani dai pasti. 

Ho sempre tentato di regalare il mio cornetto a qualcuno dei più affamati ma senza successo. Ho dovuto anche rimproverare (mio malgrado) i più voraci per un approvvigionamento di nutella oltre il limite consentito. 

Il pranzo e la cena si consumavano tra ingredienti fissi: riso, penne scotte, pollo, patate e insalate con comparse saltuarie di salsiccia e carne di maiale. 

La leggerezza del pranzo era quasi accettata, sia per l’imminente cena, sia per sostenere lunghe passeggiate pomeridiane in programma. 

La cena invece lasciava molti di loro inappagati per cui era facile incontrarli nei fastfood tradizionali quando si trascorreva tempo libero nel centro di Dublino.

domenica 13 settembre 2015

Il clima in Irlanda





L’avventura alla latitudine di 53° 26’ nord (quasi la stessa di Mosca con 55° e 45’), Dublino accoglie i 18 visitatori. 

L’obiettivo è chiaro studiare l’inglese sul campo e contemporaneamente raccogliere il meglio dell’Irlanda in termini di storia e divertimento.

I 36° di temperatura abbandonati nell’Italia dei genitori, stridono con i 14° ritrovati allo sbarco. 

Per i ragazzi non conta nulla. L’energia interna alimentata dall’entusiasmo della giovane età, è sufficiente a rendere morbido l’impatto con la diversa meteorologia.

Infatti, nei giorni successivi, i pantaloncini indossati in modo frettoloso denunciavano il caldo di ferragosto ancora presente nelle menti.

Il clima in Irlanda è molto variabile. Insegna a credere che nella vita a parte la morte, nulla è certo e il divenire è una costante. 


Le verità sono illusioni del momento, esattamente come gli sprazzi di sole che fendono nubi del cielo d’Irlanda in continuo movimento. 



Anche la pioggia sembra adeguarsi all’incostanza; è facile trovarla in compagnia del sole. 

Sottili filamenti di acqua si alternano a brevi e improvvisi rovesci. 

Gli irlandesi sembrano non farci più caso, anzi, le giornate di sole pieno e senza nuvole, li sorprendono.

Così, l’ombrello in borsa è una scommessa sempre vincente contro la speranza del tempo bello. 

In compenso, distese di verde coprono grandi aree, generando nei cuori di chi vive nelle cementate vie urbane delle nostre città, un inspiegabile benessere e un invito ad allungare i respiri. 


Gli occhi difficilmente rimangono immobili, si spostano per portare nell’interno dell’immaginazione tutto ciò che si ammira. Intanto, si assapora il piacere di vivere l’esperienza del nuovo e del diverso.      

Il periodo di permanenza comincia con un weekend e ciò significa niente didattica per due giorni. Si attendono escursioni e visite del territorio.

Inutile dirvi che durante i trasferimenti in pullman o in bus pubblici, al clima meteorologico esterno si contrapponeva quello goliardico interno. 

I miei ragazzi si facevano notare sempre. Sana allegria e poco innocenti parole cantate a piena voce, erano biglietti da visita presentati ovunque si andava.

In quanto a docente accompagnatore, devo confessare che mi riusciva difficile moderarli poiché il piacere di vedere in loro la mia stessa euforia giovanile spesso mi induceva a far credere di essere sordo o distratto.

L’incontro con una donna ubriaca fu uno degli episodi che si ricorderanno.

La donna pretendeva di filmare con un cellulare (presumibilmente spento) i volti dei ragazzi. 

Ingenuamente, i più vivaci si opposero e per impedire alla donna di continuare le riprese, chiesero al sottoscritto di intervenire.

Sorpreso dalla inusuale richiesta, salii al piano superiore del bus per rendermi conto del problema. 

Una donna barcollante chiedeva ad alta voce di poter filmare e rivolgendosi verso di me chiedeva di ordinare ai miei ragazzi di non ostacolare i suoi intenti. 

Credendo a una instabilità mentale della donna, chiesi ai giovanotti di non dar seguito alle provocazioni. 

La mia presenza non bastò perché l’ubriaca, avvicinandosi, pretese di filmare anche me. 

Soltanto allora capii che si trattava di un’ubriaca e che il cellulare con il quale intendeva filmare era spento.

L’insistenza e il cattivo odore che si spargeva nel bus mi spinsero ad assumere un tono di voce tale da ordinare alla donna di allontanarsi dal gruppo e di sedersi tranquilla più avanti nella corsia.

La donna ubbidì ma, alternando imprecazioni in gaelico (suppongo) o in inglese disarticolato, continuò nella sua opera di disturbo anche stando seduta e rigirata su se stessa. 

I ragazzi erano già vivaci per loro natura e questo episodio non fece altro che mettere paglia sul fuoco.

Tutto il trambusto seguente non passò inosservato all’autista del bus che immediatamente chiamò via telefono la polizia. 

Alla fermata successiva due agenti salirono a bordo e costrinsero l’instabile viaggiatrice al termine anticipato del viaggio.

Sapevamo che a Dublino la birra scorre più dell’acqua nelle gole di molti suoi abitanti ma averne immediata esperienza diretta era impensabile. 

Successivamente, altri ubriachi vivacizzarono la nostra permanenza ma l’esperienza di quell’episodio permise di considerarli presenze”normali”, promotrici di ulteriori spunti di allegria.

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