mercoledì 22 maggio 2013

Comunicare con il sesto senso


 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le esperienze di vita sono intrinsecamente non comunicabili. 

Possono certamente essere scritte e raccontate, ma non trasmettono il profondo vero senso. 

Arrivano al lettore o all’ascoltatore con parole ordinate in frasi che hanno un accurato senso logico, ma prive di peso. 

Il protagonista potrebbe infuocarle con la sua foga, il suo calore e il tono di voce, ma otterrebbe solo attenzione e vaga interpretazione di un vissuto non suo.

Alcuni rimangono impressionati dall’enfasi, dallo stato di agitazione, dalle reazioni straordinarie del comunicatore, ma difficilmente, il senso dei contenuti tocca l’anima nella direzione giusta.

Una situazione simile è riscontrabile vedendo un film. 

Dimenticando se stessi nel buio della sala cinematografica, entriamo nella trama, nella sensibilità degli attori e siamo condizionati dalle loro esternazioni, ma è necessario attendere la fine del film, per ricomporre a freddo tutti gli elementi psicologici che danno il contenuto alla trama.

Nel momento in cui si vuol comunicare un’esperienza vissuta, l’ascoltatore promette e non manterrà la promessa, che comprenderà il senso dopo, mentre subito offre la sua solidarietà e consolazione.

Non intendo dichiarare un’ipocrisia diffusa, che in alcuni casi potrebbe anche esserci, ma di un modo di rispondere all’esperienza del prossimo, “naturale”.

Ho sperimentato l’impossibilità di camminare e di manifestare in pubblico l’handicap. 

Vi assicuro che si è protagonisti di una comunicazione silenziosa molto articolata e presente nella maggioranza delle persone, indipendentemente se si è conosciuti o no.

La malattia o l’handicap, è “visto” inconsciamente come un male che si vuole esorcizzare e si tenta un’emarginazione sotterranea della persona colpita.

A livello di coscienza, poiché l’emarginazione non è una virtù, si reagisce con atti esteriori formali di solidarietà.

Questa interpretazione “cattiva” delle reazioni del prossimo, le riscontriamo in modo palese (assenza di coscienza) anche tra gli animali, i quali addirittura, minacciano l’esemplare menomato che chiede sostegno dal gruppo.

Se ci fate caso, le occhiate che vogliono apparire fugaci o casuali, le pause di colloquio che si notano alla vista di una persona menomata, sono momenti intensi di comunicazione senza parole.

I contenuti del colloquio nascosto sono chiarissimi e fanno molto male a chi, oltre al danno, riceve la beffa.

martedì 21 maggio 2013

Il sesto senso a rapporto




AMORE: Ciao Luigi, ti sento triste. Dimmi, qualcosa ti inquieta?

LUIGI: Sono triste per causa tua!

AMORE: Ti sei innamorato?

LUIGI: Dai non scherzare! Mi hai convinto che amare non è essere innamorati e ora, vuoi che io lo confonda con l’innamoramento?

AMORE: Conosco voi uomini! Mi tirate dentro discussioni che non mi competono e allora faccio buon viso a cattivo gioco.
Forza, sfogati! Dimmi che cosa non va.

LUIGI: Mi rattristo vedere associato il tuo nome a parole come “malefico”, “assassino”, “traditore”, e potrei continuare per molto.

Mi hai insegnato che l’Amore non conosce cattiveria, è piena dedizione al bene. Vederti accanto a quelle parole, immagino il declino dell’uomo, l’inutilità della sua storia.

AMORE: Ti comprendo, Luigi! 
Contemporaneamente, però, sono costretto a redarguirti. 
Hai dimenticato due elementi importanti che mi caratterizzano. 

Il primo riguarda la gioia di “essere” in Amore. La persona che mi porta con sé, deve sorridere, non essere mai profondamente triste, perché porta nel suo cuore la certezza e la consapevolezza dell’esperienza del bene. 

La seconda, non meno importante, l’Amore non è uno stato di reazione alle esperienze condotte con gli altri, non è passività interiore. 

L’amore è una forza che prescinde dall’amato e che mira dritta al suo bene. L’amore si presenta con la forza del dominatore e non ammette altro se non la vittoria.

LUIGI: Credo di averlo sempre saputo! Tu mi parli continuamente e mi rendi un guerriero frastornato nel mondo degli egoismi e della materialità. 

Alberghi nel mio cuore, ma continuo a chiedermi perché non invadi il cuore di tutti. Sei bello, splendente nel cuore di eroi e santi, mentre rimani eclissato fino ad annichilirti nell’animo di tantissimi uomini.

AMORE: Studiare d’Amore non si finisce mai!
In qualità di professore, dovresti saperlo.  

La mia volontà e ambizione, mira esattamente all’obiettivo che lamenti. Io opero in continua espansione e invasione del mondo buio al bene. 

Ho bisogno dell’apporto di tutti gli esseri viventi affinché io possa colonizzare tutti i cuori. 

Non posso impormi con i mezzi tipicamente umani, pressoché sbrigativi. Ho bisogno di consapevolezza e grande maturità dell’anima umana.
L’uomo in sé, è fondamentalmente buono, nonostante si tenti di dipingerlo come diavolo. 

Il suo problema è semplicemente di natura funzionale; un po’ come i tuoi programmi per computer, che inspiegabilmente compiono azioni non previste dal suo generatore (il programmatore). 

Tutti gli uomini vivono la realtà quotidiana come una propria proiezione mentale, assolutamente originale, e pertanto, costruiscono dei castelli ideologici responsabili per scelte comportamentali errate. 

Il vostro agire è frutto di un modello mentale incentrato su apparenti valori imprescindibili. 

Soltanto se questi valori sono in linea con il bene del prossimo, allora io posso invadere i cuori e regalare tutta la gioia che meritate.

LUIGI: Ragionar d’Amore è facile ma con le difficoltà di cui parli, operare d’Amore mi sembra un dono.

AMORE: Non disperare, Luigi! Le vie del Signore sono infinite e come tu ben sai, io mi trovo dove va Lui.  

Sorvolando



Mi accompagno dal tempo della prima ragione.

Un'unione indissolubile, silenziosa,
intima fino al rossore.

Disegni giganteschi coprivano il cielo.

Affidato alla speranza del domani,
il piccolo fiore ha lentamente aperto i suoi petali.

Tra i freddi venti del divenire 
e le piogge degli umori,
il germoglio ha indurito il suo stelo.

Ora è tronco,
e prima che il tempo lo svuoti,
affondi le radici nei piaceri dell'animo umano.

Sollevi in alto la chioma delle sue foglie,
per convicersi di non essere nato ivano.

 

lunedì 20 maggio 2013

Dialogo senza voce

 

Ho imparato a chiedere perdono
Ricominciando da me
Cedendo all’orgoglio di continuare a farmi male
 

Ho fatto un passo indietro
Senza indugio e tentennamenti
Dimenticando e lasciando andare ogni rancore
 

Ho liberato finalmente i fantasmi
Dalla mente e distrutto gli elfi
Delle delusioni stanandoli dal cuore ferito.
 

Ho capito che nessuno può farci male
Distruggerci senza il nostro consenso.
Le cicatrici sono le mie medaglie d’onore.


by Regina Resta



Porterei lontano tra le stelle quel sacco colmo di tormenti.

Lì, nel vuoto, dove fuggono i Quark e parlano i Bosomi,
disperderei la cattiveria.

I misteri dell'universo mi aiuterebbero 
a trasformare le pene in consolanti promesse.

Raccoglierei quella polvere magica d'Amore
per spargerla sul tuo cuore;
non per renderlo più dolce,
ma per per farlo brillare agl'occhi dei ciechi.

Le tue medaglie le cancello;
si appendono ad una pelle lacerata.

Non sono degne dello sguardo di chi ti vuol bene.
  
by Luigi Squeo

domenica 19 maggio 2013

Apparenti sicurezze


All'aprir di coscienza per cercar nel mondo qualcosa senza forma,
fisso il pensiero senza direzione.

Mi soffermo a pensare ....
e il tempo passa.

Racconto a me stesso verità che non conosco.

Illuso, rivolgo forza alla speranza,
che al stretto abbraccio, il cuor solleva.

Soltanto allora, cercar m'è dolce, 
la luce ridente del sole alto.

Bussar al mio ardore,
è solito suo fare.

Vorrebbe addormentare la tristezza per quel giorno ormai perso.

Mi sollevo a sentir peso.
La mia catena è ancor robusta.

Anima mia, disperar non puoi.




Una voce che passa attraverso il silenzio - di Fabio Squeo



Molto spesso Gesù, durante le sue lunghe passeggiate, a molte gente che incontrava diceva:
Non abbiate paura fratelli (Luca 1,30), nello stesso modo in cui questo dire fu comunicato dall’angelo a Maria e a Giuseppe.

Ma di che cosa “non dovremmo aver paura”?
Non dobbiamo temere le nostre imperfezioni, non dobbiamo temere il nostro corpo ma accettarlo con sana consapevolezza. 
Dobbiamo, tuttavia, ritrovare il successo morale che ci rende coscienziosamente grati dinnanzi all’onnipotenza di Dio, in stretto rapporto con il  “valore umano” conferitoci da Dio Stesso.  
Non dobbiamo nemmeno avere paura di Dio e della sua potenza, perché in realtà, egli ci ama con tutto il suo cuore e ci invita a non demoralizzare in qualsiasi momento. Egli è la risposta alle nostre infinite domande.
In poche parole: non dobbiamo temere la verità su noi stessi “Giovanni Paolo II”.
Pietro ne prese coscienza ma fu sempre turbato e disse a Gesù: Signore, allontanati da me che sono un peccatore” (Luca 5,8) Ma Gesù rispose: “Non temere, da ora sarai pescatore di uomini, io so già quello che c’è in ogni uomo”.
“ ricordati, di non chiamare nessuno Padre, perché uno solo è il Padre Vostro, quello del Cielo… e non fatevi chiamare Maestro, perché uno solo è il Vostro Maestro”.

Non abbiate paura nemmeno di invocarlo perché egli è sempre a disposizione per ascoltarvi:  “Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato il tuo nome…” “non abbiate paura di Chiamarlo Padre” (Matteo 6,9) . 

Egliuna volta invocato, vi terrà per mano lungo il cammino insidioso dell’esistenza. La preghiera è la ricerca di Dio. Occorre però pregare con “Gemiti inesprimibili”  per entrare nel ritmo delle suppliche dello Spirito Santo.

Però Dio dice:  Se volete il mio soccorso: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”(Matteo 5,45)

Nell’insidioso sentiero dell’Esistenza, Dio c’invita a fare attenzione: perché sul quel sentiero “c’è Satana che ti sta cercando e ti ha cercato per vagliarti come il grano; ma io ho pregato per te… tu, una volta ravveduto, conferma nella fede i tuoi fratelli” (Luca 22,31-32)

Anche dopo la sua resurrezione, Cristo disse a Pietro in modo molto eloquente: “Pasci i miei agnelli… Pasci le miei pecorelle” (Giovanni 21,15)

Cristo dice : dato che mi hai sempre voluto bene e hai creduto in me, io ti affido il gregge perché vada avanti e fai in modo che il gregge ti segua (come hai fatto tu con me).  Esso ti seguirà, come si segue il pastore di cui le pecore conoscono la voce. 
Questo significa, preoccuparsi perché al gregge non manchi il necessario, incominciando dagli agnelli, cioè dai malaticci, dai più deboli; il che significa, pertanto, difenderli dai pericoli, ed è necessario essere preparati a dare la propria vita, perché abbiano la vita.
Dopo le torture sulla croce, Cristo dirà a Tommaso: “beati quelli che pur non avendo visto crederanno! La fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono.

Cioè: beati coloro che hanno creduto in Cristo, beati coloro che all’ascolto delle sue parole hanno ascoltato e riconosciuto la sua forza e la sua speranza.  Una forza incrollabile che rende l’uomo libero dalle catene della materia.

E prima di salire al cielo, Cristo disse: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,20)
Nel senso: mi raccomando alimentate costantemente la fiamma che arde nei vostri cuori, allenate lo spirito alla comprensione dei valori del mondo. Il mondo vi sarà grato per le rinunce effettuate.
L’uomo è sacerdote dell’intera creazione (Giovanni Paolo II)

Ma Dio, cosa ci vuole trasmettere attraverso le sue parole:
“ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, affinchè l’uomo non muoia, ma abbia la vita eterna”  (Giovanni 3,16)
Dio creando la vita nella sua universalità, si rende conto di quello che crea ed è felice vedendo gli uomini felici. La vita è fonte di Gioia per gli uomini, dona loro la possibilità di godere dei frutti della terra, di meravigliarsi continuamente delle bellezze della natura, scrivere inni e contemplare la grandezza dei mari e delle montagne. Ma questa gioia essenziale della creazione racchiude, nell’abbraccio dell’immenso, il valore della salvezza e della redenzione.
“Io ho vinto il Mondo” dice Gesù, vale a dire che il bene trionfa sempre sul male. Il bene è la cosa più grande e più bella che esista nel mondo. Sottolineato a parole mie: “Quella volta, Cristo è venuto per ufficializzare la verità del suo prossimo ritorno nel mondo”.
“ Il Figlio unigenito viene nel mondo non per giudicare il mondo, ma perché si salvi dal male” (Giovanni 3,17)
La venuta di Gesù è un fatto rilevante: Egli è venuto, quella volta, non per giudicare i vivi e i morti, ma ad annunziare la salvezza di quel popolo che non si lascerà corrompere dalla potenza del male, dal divenire dell’imperfezione. San Paolo è fiducioso; scriverà: “laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”.

La grandezza della grazia (in quanto dono di Dio, – ripreso da Sant’Agostino – ) e del suo valore più intrinseco si comprendono senza alcuna fatica intellettuale. L’uomo attraverso l’impegno, con la pienezza dello spirito di carità, di solidarietà e di umiliazione, ha udito la voce della verità di Dio. 

L’uomo, per ascoltare la sua voce, deve essere un uomo umile, giusto e mai schiavo dei tumulti nel territorio del divenire delle cose.  “L’uomo giusto ha cura della vita del proprio animale; soltanto gli empi gli usano crudeltà”.    

L’uomo giusto è colui che vive il proprio rapporto con Dio, chiude i propri occhi e avverte l’impalpabile sintomo di gioia e di tenerezza per le biodiversità viventi. Egli riscopre la vita oltre la vita, vive il proprio prolungamento d’essere nella direzione dell’unità inscindibile con il creatore.

Ma l’uomo, una volta arrivato al culmine del suo percorso, non deve mollare la presa di sé; deve riconoscere il proprio vicino, il proprio simile, il proprio amico o nemico, che con lentezza arranca a gamba tesa per oltrepassare l’ennesimo gradino nel percorso della direzione di Dio. 
E’ fondamentale, ammonisce Gesù: prestare ascolto non solo al nostro Padre Creatore, ma altresì, alla voce della grandezza infinita della nostra anima al fine di creare le condizioni di vita per un’esperienza morale cristiana fondata sull’amore, sulla considerazione e sulla cura per il prossimo, senza eccessi e difetti, alcuni con se stessi. 
“L’amico è come una piantina… va costantemente annaffiata” [Luciano De Crescenzo].
“Non essere invadente per non essere respinto. Non essere distante per non essere dimenticato.”
    

sabato 18 maggio 2013

Presentazione del mondo illusorio a San Ferdinando



Il dott. Pasquale Verzicco mi presenta

Una ripresa in corso d'opera


Ognuno di noi anche se si professa ateo o agnostico nel suo intimo, trovo difficile pensare che rinnegherebbe l’idea di una “Persona” attenta ai suoi bisogni, consolatrice nei momenti oscuri della vita e infine discreta accompagnatrice, sostenitrice delle nostre ragioni spirituali.

Personalmente credo che il fascino dell’universo perderebbe qualcosa, se non chiudessimo gli occhi alla fredda ragione e non ci abbandonassimo al desiderio di “vedere” una presenza dalle sembianze umane, a cui ricondurre ogni bene e meraviglia.

In questo modo, la serenità dell’anima che ne deriverebbe, favorirebbe tutte le possibili aperture mentali per le quali scienza, religione e fantasia, tutte coesisterebbero e si integrerebbero, celebrando nel momento  in cui il pensiero si forma, la miglior realtà possibile.

Potrei affermare:

Credo in Dio perché attraverso il battito del mio cuore Lo sento.

Credo nella scienza perché forma il mio pensiero.

Credo nella fantasia perché è prateria della mia anima.

Qualunque sia la realtà o la verità da inseguire, mi rendo conto che la vita rimane un meraviglioso gioco.   



martedì 14 maggio 2013

Nascita dell'universo.

 
Esistevano, in un mondo fantastico, tre essenze: Direzione, Verso e Intensità.


L’universo ne era pieno e per questo motivo mancava il vuoto.

Erano invisibili e instabili nelle loro identità.

Per comunicare utilizzavano particolari intermediari: dubbio, istinto, sensibilità, ragione.

Utilizzando l’istinto attiravano; con il dubbio si espandevano, con la sensibilità si trasformavano e con la ragione si alimentavano.

Le tre essenze non potevano far nulla senza qualcosa che le consentissero di creare una forma solida capace di portare il loro segreto nella sostanza in cui esse si sarebbero potuto rivelare.

Dio, allora, inviò, tardivamente, una parte di sé con la quale permise la loro combinazione come primo passo verso la nascita dell’universo.  

Oggi, le infinite combinazioni che la particella di Dio ammetteva, nosconde il suo segreto e rende superlativo il suo fascino, racchiudendolo nella conchiglia del mistero.

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