martedì 16 aprile 2013

Essere cattivi, perchè?

 

La cattiveria?
Chissà da quale angolo sperduto dell’universo sarà giunta!

La cattiveria è una malattia dell’anima molto difficile da curare. 

Essa ha bisogno dei santi per combatterla. 

Si innesca nel cuore degli uomini per debolezza dello spirito e per la sfortuna di nascere nel momento e nel luogo sbagliato.

Subire una cattiveria è un come scoprirsi sotto una doccia gelida … non puoi farci nulla! 

Ti rendi conto di quanto si possa rimproverare ad un essere umano e di quanta naturalezza esiste nel mondo degli animali.

In qualità di tecnico, ho imparato a non dimenticare che ogni soluzione a qualunque problema conserva vantaggi e svantaggi.

Ammaliati dai vantaggi, spesso gli svantaggi ci appaiono piccoli e trascurabili ma che nel momento giusto mettono in forse il giudizio iniziale.

Se per godere della consapevolezza bisogna convivere con la cattiveria, allora qualcuno potrebbe rinunciarci.

Vi confesso che mi sforzo tantissimo nel vestire i panni di colui che è preso dalla cattiveria, ma non trovo né una spiegazione plausibile né il gusto per esercitarla. 

Tento di filosofare su possibili motivazioni, ma ho l’impressione di vagare come uno stupido in un campo dove non esiste la razionalità.

Nello scavare sul fondo dei pensieri mi è facile perdere nella fantasia o nei ricordi infantili. 

Allora, quando giocavo con le formiche o soffiavo sulle corolle dei piccoli fiori per figurarmi il polline, forse ero cattivo?

Io ero grande e potente mentre quei piccoli esseri correvano indifesi per trovar rifugio.

Improvvisamente mi rendo conto che forse il cattivo è un bambino che non ha mai giocato con i fiori, le lucertole e le farfalle.

Quel bambino, ora adulto cattivo, non ha avuto modo di vivere la tenerezza dei sentimenti più semplici; non ha sentito la dolcezza di una carezza o l’ebbrezza di sentirsi amato e padrone di un mondo tutto da scoprire nel clima dell’Amore.


lunedì 15 aprile 2013

Illuminar di vero


opera di Silla Campanini

Saggezza soggiace all'umana spoglia.

Riempir vita di re e di troni, 
 è vana gloria.

Misera anima che d'inquietar non smetti,
solleva il cor dal veder basso.

Altri luoghi si addicono.

Nobili sentimenti ti appartengono. 

Alta casta vale l'onor tuo.

D'illuminar di vero, attendi.

Distratto, il mortal lume vede nebbia.

Ostinar è caratter tuo,
sin che il sol spinga l'alba radiosa.

Gioir, allor, sarà il premio più alto 
che misura non conosce.


.

domenica 14 aprile 2013

L’occhio dell’anima nell’esperienza estetica della musica - di Fabio Squeo



 

Può la musica al giorno d’oggi trovare spazio nel cuore degli uomini, distratti dal rumore assordante della materia?

Nell’esperienza estetica della musica l’uomo si stacca dalle catene della materialità e dai falsi miti che essa genera, aprendo un panorama idilliaco, nuovo, dove gli incontri vivono la voce del silenzio melodico, dove l’occhio cinico dell’anima non si limita a vedere, ma con raffinata osservazione gode nel prospetto dell’oggettività.

Ecco che, con cristallina evidenza, l’occhio dell’anima determina il proprio campo d’azione, attraverso il proprio effetto dirompente e rivoluzionario sul mondo entro cui esso è calato. 

L’effetto dichiara solenne la propria scaturigine, specialmente in colui che si espone sensibilmente a “riconoscere energicamente” la musicalità del mondo, la propria linea d’onda ininterrotta.

La musica, qualora fosse “riconosciuta” offrirebbe sane e terapeutiche possibilità di ritrovarsi in sereno rapporto con le proprie forze psico-motorie.

Facendo leva sull’esperienza estetica della musica, l’ascoltatore annulla le barrire dei condizionamenti, oltrepassa gli argini delle preoccupazioni fino a ritrovare la giusta empatia compatibile con le singole energie del mondo, affinché egli possa trovare mutuo soccorso nei momenti più difficili.

La musica esprime tutta la sua saggezza, domandando continuamente al cuore degli uomini – assicurando la giusta dichiarazione d’amore all’universalità dei rapporti umani”.

E’ un appuntamento con l’Occhio dell’anima per un’esperienza unica del suo genere. Essa seduce inevitabilmente e ci appronta confidenzialmente alle acque più profonde dell’Io.

L’artista è l’emblema dell’ascoltatore energico che riconosce da lontano i propri spiragli di verità.

Egli ha la capacità di sintonizzarsi con le singole frequenze energetiche offerte dalla musica, partendo dalla propria pre-disposizione “al riconoscimento della Musicalità.

Egli non guarda gli oggetti nella loro utilità pratica, bensì, con pacata naturalezza, scorge essenze fine a se stesse, modelli moralmente giusti, e nell’ascesi del proprio io, l’anima si unisce all’eterno.

E’ importante abbandonarsi anche per un solo istante agli eterni richiami, perché solo così l’io, nudo da ogni sipario, pone l’intelligenza al servizio del bene cosmico. 

venerdì 12 aprile 2013

Le convinzioni



 
opera di Silla Campanini



Le convinzioni sono nuvole che oscurano il cielo della ragione, nascondono il sole e rendono il cielo basso.

Le convinzioni consentono di inserire il pilota automatico durante il percorso di vita.

Le convinzioni nascono e si radicano nello spirito per esperienza.

I dati che fissano le convinzioni si ottengono per approssimazioni successive. 

La differenza tra le aspettative e i risultati ottenuti ci suggerisce il criterio per il quale si compiono alcune azioni e non altre.

Tutte le attività che l’uomo compie sono suggerite da una presunzione soggettivamente reale.

L’osservazione dell’ambiente contestuale fornisce continuamente dati al “sistema uomo” il quale è un sistema chiuso.

L’impossibilità di interagire con l’esterno impedisce qualunque via di fuga ad una ragione abituata ad usare mezzi e metodi congruenti con il mondo a cui appartiene.

In base a questa premessa, le convinzioni hanno una radicalizzazione forte ma transitoria.

La forza della convinzione ci fa apparire tanto sicuri, quanto schiavi di una “non ragione”, mentre la transitorietà diventa la qualità da scoprire solo nel futuro.

Bisognerebbe giocare d’anticipo!
Bisognerebbe strumentalizzarla, per provare strade alternative.

Sarebbe opportuno “ingannare” la ragione con dati falsi ma che se fossero veri ci offrirebbero uno scenario inesplorato.

Mi sto riferendo all’idea per cui quando le cose ci vanno male o la speranza di raddrizzarle si spegne, per via di una ragione che utilizza dati presunti veri, allora è necessario provare a cambiare il paradigma mentale.

Per esempio, credere nella possibilità di parlare con una persona a migliaia di chilometri di distanza attraverso un oggetto staccato da tutto e tenuto in mano, nel 1950 era un modello mentale (paradigma) difficile da adottare e da sperare nella condivisione con i propri simili. 

Qualcuno, però, ha tentato una timida supposizione nel considerare “veri” alcuni dati che a quell’epoca erano considerati “falsi” o impossibili da considerare.

L’ammonimento che dovremmo accettare è il seguente:

"Tutto ciò che pensiamo impossibile si trova in un altro paradigma, momentaneamente non facente parte dell’attuale modello mentale che indossiamo".

mercoledì 10 aprile 2013

Inizio di un ambizioso percorso.

I miei nuovi amici di avventura.




Il sentiero della vita



Scendo per il sentiero senza origine.

Non conosco me stesso.

Imparo dai miei limiti.

Le paure mi frenano.

Nuvole minacciose,
or parole or tuoni or lampi,
contornano l'anima con una dura corteccia.

La mia linfa si perde alla vista del mio vicino.

Il mondo si sposta sul mio apparire.

Il tempo irrompe, 
scuote l'antica quercia.

Complici le onde del mar incerto del sapere,
sobbalzano il cuore e toglie fiato ai timori.

Il grande nocchiero attraversa oceani e la solitudine è la sua ciurma.

Ormai, non si fida più dei suoi occhi,
né dà gusto all'ornamento.

Maestro il vento,
gli ha insegnato a volgere il viso per orizzonti lontani.

La tenera brezza musica emozioni.

I clamori della grande festa si odono.

Annunciano il senso del momento 
che tra poco sarà ricordo. 
 

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