domenica 5 agosto 2012

Mistero dell'anima



Avvolgimi  mistero dell’anima.
Svela i segreti più reconditi.
Silenzioso a te mi raccordo.

La morte conservi, perché della vita sei padrone.

Racchiudi timori, speranze e passioni,
nelle sacche dell’umile contadino,
costretto ad attendere il domani per un fiore.

Assegni alterigia al tempo,
che modella il mio corpo
e appronta l’anima al giudizio della vecchiaia.
  
Il mio cuore, intento, ascolta attonito.

Comanda ai suoi battiti di frenare,
affinché nel silenzio si celebri il rito.

Egli crede nell’immenso.

Offre tutta la sua ingenuità,
per accogliere la verità.

Nel procedere dei battiti rallentati,
 cela la speranza della vita eterna.

Nato per amare,
 continua a battere,
 credendo che nella vita non ci debba essere
altro che tenerezza infinita.


venerdì 3 agosto 2012

L'amore "idea"le


L’amore che io prospetto è quello ideale, inteso come “idea” dell’amore che parte dal proprio cuore e mira incondizionatamente al bene dell’amato a prescindere dalla sua immagine e dalle sue reazioni.

L’operato della persona amata non può scalfire la potenza d’amore di colui che ama. 

L’amore maturo, saldo, fermo nella volontà, imperturbabile alla foga del sentimento, è dispensatore di un forte senso della vita e di realizzazione nell’esistere. 

Lo stato, per nulla transitorio, di chi ama è di serenità interiore e fiducia nelle proprie azioni che sa di compiere con la razionalità del vivere in comunione.

Chi ama comanda se stesso, guida la propria anima nella tempesta delle emozioni ed è insensibile al richiamo ammaliatore degli egoismi. Nessuno, oltre se stesso, deve poter disporre delle scelte per le quali egli mira con i suoi atti d’amore.

La “fatica” nell’amore nasce dalla consapevolezza di mantenere e rinverdire la volontà di adoperarsi per il bene, in quanto ogni atto materiale d’amore è costretto a relazionarsi con gli organi sensoriali che giudicano e corrompono l’ideale. 

Riferendomi a un uomo, amare una bella donna e adoperarsi per il suo bene, è più facile ritrovare lo slancio rispetto a una brutta e intrattabile. Accogliere e Curare una bambina sporca e deforme, è più difficile farlo rispetto a un’altra che si presenta bella, pulita e intelligente.

L’amore in qualità di attività dell’anima, avendo come fine ultimo il bene, deve prescindere dalla persona amata, poiché lo stesso bene è un valore immutabile.

L’agire in amore è gratificante perché si sperimenta la potenza dell’essere intesa come capacità di volare sui limiti della natura umana, richiamando uno spirito di gratitudine che si allinea allo stato di felicità interiore.   

Le attività ispirate dall’amore e mirate alla persona amata, sono sempre le stesse, ma la “fatica” si scorge sottoforma di sforzo per vincere l’inerzia, in riposta al giudizio inconsapevole sancito per ciò che si vede, si sente, si odora e si tocca.  

L’amore vero è per pochi eletti che diverranno santi, poiché comandare i propri sensi e disciplinarli alle regole dell’amore è l’attività suprema dei maestri dell’amore, a cui si giunge soltanto dopo una pratica perseverante condotta per l’intera vita.

L’idea dell’amore che si vuol confondere con quello vero, è figlia del consumismo. 

In questo ambito, inizio e fine, sono le fasi di uso di un prodotto, che si deteriora nel tempo e del quale, successivamente si ricorda soltanto il gusto. 

L’amore imperfetto ha bisogno delle emozioni per accecare i sensi e camuffarsi nell’innamoramento.

giovedì 2 agosto 2012

L'Amore imperfetto



Mi piace immaginare la creazione del mondo sviluppatasi con gli stessi incanti presenti in una fiaba.

Un giorno del tempo del Signore, l’universo fu creato e con esso, tutte le parti materiali più belle furono distribuite a caso in ogni luogo. 

Il pianeta Terra ebbe il mare, montagne colorate e un cielo azzurro protettivo. 

Al termine dei lavori, il Creatore si fece un rapido giro lasciando scie di arcobaleno ovunque. La sua ricognizione non lo rese del tutto soddisfatto. 

Pensò di lasciare traccia di sé, creò anche una figurina semovente, semiautomatica, a cui gli è stato assegnato il nome di uomo.

Egli non completò il lavoro poiché sarebbe stato viziato dalla sua perfezione, lasciò, comunque, la possibilità che si completasse attraverso l’evoluzione. 

Per non correre il rischio che questo processo si deteriorasse o si arrestasse, spruzzò sull’universo una sostanza narcotica che richiamasse, in caso di pericolo, la sua potenza e bontà. 

La nube di questa sostanza iniziò ad espandersi e a contaminare ogni elemento dell’universo fino a giungere sul nostro pianeta e a posarsi sull’uomo. 

La qualità della sostanza si miscelò con la materia e assunse profili particolari che, a vario grado di contaminazione, divennero quell’entità conosciute con i nomi di Consapevolezza, Amore.

L’entità meno contaminata fu Amore per cui il segreto in esso racchiuso rimase bloccato in se stesso, e tuttora è ancora difficile da comprendere agli uomini mortali.

Se non ci fossero le sensazioni a guidare in questo ambito, forse Dio avrebbe fatto un dono inutile! 

Per fortuna, Egli è immune all’errore e con l’aiuto fornitoci dalla consapevolezza, ha confezionato i sentimenti di cui facciamo largo uso.

Il punto su cui la contaminazione dell’Amore produsse il maggior danno fu la natura discreta dell’essere. 

Amore dovette misurarsi con l’idea della separazione, della divisione e della logica, per la quale, uno è la metà di due, e le due parti sono diverse e sparate.

La separazione, figlia della discretizzazione, fece nascere l’egoismo e accrescere il potere di giudizio degli organi sensoriali usato come strumento improprio nell’ambito dell’Amore.

L’innamoramento rappresenta, appunto, questo strumento improprio dell’Amore viziato dai cinque sensi. 

Le disposizioni, in termini di ordini, condizionate dai cinque sensi, creano quei moti dell’anima che, come si suole dire, fa vivere l’Amore travolgente.

Con il trascorrere del tempo, i giudizi espressi dai sensi mutano e rallentano il moto dei sentimenti fino a determinare la stasi completa, consegnando, così, la loro fraudolenza alla consapevolezza.

Questa ideale analisi incoraggia una riflessione più profonda sull’Amore. 

Amare produce piacevoli sensazioni che hanno bisogno del sostegno dell’azione affinché lo stato ameno possa persistere e si possa godere dei suoi frutti. 

Queste azioni discendono da una volontà nata dalla convinzione interiore assunta per aver inteso il vero significato di Amore.

Purtroppo, capire l’amore in modo cattedratico, se pur fosse possibile, oltre che difficile è anche inutile; esso percorre le strade dell’irrazionalità e lo si sperimenta per tentativi ed imitazione attraverso una pratica caparbia.

L’Amore svincolato dalla volontà diventa una nobile dichiarazione di intenti utile a giustificare l’inerzia dell’anima.

L’Amore che io intendo è faticoso, gratificante, prescinde dal carattere della persona amata; non si esaurisce; alberga nel nostro cuore ed è indifferente a ciò che succede fuori.

Quando un amore è finito, significa che non è mai iniziato; ci sono stati soltanto giochi d’amore.

Quando due innamorati si separano, significa che non si sono mai amati; si sono solamente piaciuti per l’aspetto fisico o per la reciproca disponibilità caratteriale.

Il vero Amore non ha bisogno del sigillo formale della religione o dello stato; nemmeno della prova dei figli.
  

mercoledì 1 agosto 2012

Inutile pietismo



Un bambino piange.
Una parte del mondo piange.
Nessuno ascolta.

Non vale per l’attenzione da dedicare.
Non vale per il tempo da dedicare.
Non lo conosco.

So bene che vive in qualche posto 
sperduto del “terzo” mondo.
Lontano da dove dimoro io.
Lontano dalla mia coscienza.

Distratto dalla pubblicità per gatti.
Distratto dalle showgirl, 
dalle partite di calcio, 
dalle olimpiadi.

Se guardando la sua foto, 
il suo sguardo smarrito 
e i rivoli del pianto che stentano ad asciugarsi, 
un moto interno non parte,
allora anche queste mie parole sono inutili.

Si!
Inutile pietismo.

martedì 31 luglio 2012

Artefici del proprio destino



L’idea che il destino sembra accanirsi contro alcuni sfortunati non può che essere frutto di una reazione al dolore in quanto esso è impersonale, agisce in relazione alle nostre azioni e al clima emotivo che creiamo intorno a noi. 

Il destino è la somma delle decisioni prese nel passato. Esso è assunto come responsabile dello stato attuale. Tale stato, condizionato dalla consapevolezza dei risultati raggiunti, diventa guida per scelte ulteriori nella continuità delle sensazioni in essere. 

Il destino, in seguito a decisioni assunte, si arricchisce di nuovi elementi e prospetta scelte più variegate, accrescendo, così, l’incertezza. 

L’ampio ventaglio delle scelte in incremento riduce la possibilità di cogliere riferimenti dal passato (esperienza) e favorisce decisioni condizionate dallo stato emotivo in cui si vive.   

Riproponendo tale concetto con un esempio figurato, il destino è assimilabile alla forza che spinge nuvole e provoca bufere giustificate da un quadro meteorologico che si forma intorno al pianeta. 

Giochi di alta e bassa pressione, condizionate dalla geografia della terra e dalle leggi dell'astronomia, localizzano aree della terra dove il cielo è sereno e altre zone dove invece il maltempo infierisce. 

In relazione al quadro meteorologico complessivo, non è razionale affermare che il maltempo abbia la volontà di insistere nei luoghi già flagellati da molto tempo, se le condizioni per le quali il maltempo si forma, permangono. 

Le correnti sono riconducibili alle emozioni. Esse in negativo rappresentano le basse pressioni mentre in positivo, le alte. 

I sentimenti negativi, similmente alla bassa pressione che richiama nuvole, buio, pioggia, tuoni e lampi, allo stesso modo essi si conciliano con la tristezza, il rancore, l'odio, la gelosia e ogni sorta di malanimo.

È necessario attendere l’azione di una causa esterna affinché il quadro emotivo cambi e i sentimenti positivi entrino in azione per mutare lo stato emotivo generale. 

Il sopraggiungere dell’alta pressione porta con sé l’ottimismo, l'allegria e una rinnovata fiducia nel futuro.
 
In fondo ad ogni teoria, riscopriamo quasi sempre l’uomo come artefice della trama con cui tesse la propria esistenza.

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