lunedì 17 novembre 2025

La storia di Nadil



(continuazione del post precedente) 

Nadil aveva assunto la forma del neutrino, dell’elettrone, dell’atomo, della molecola e del complesso strutturato che la trasformazione determinava.

Si verificava l’assurdo per cui uno stesso soggetto diventava componente e derivato di sé stesso. Questo concetto è difficile da accettare nell’ordine delle idee dettate da una logica separatista, mediante la quale due oggetti sono tali perché divisi oppure un oggetto diviso non può essere contenuto da una delle sue parti.

In matematica, attribuiamo il nome di “infinito” a un oggetto rilegato nella fantasia, capace di contenere una sua parte grande quanto sé stesso.

La netta separazione di un elemento da una sua parte, ci mette in difficoltà, ci costringe a pensare per parti e a giustificare l’osservazione con un sistema di riferimento “truccato” dall’illusione di essere autosufficienti e indipendenti dai protagonisti della scena osservata.

Guardando la figura, noterete come osservatore e osservati si includono reciprocamente influenzandosi tra loro.


Come non è possibile cedere all’illusione di considerarsi parti isolate?

Come non è possibile riferirsi a schemi interni per giudicare?

Senza l’illusione, nessuno conterrebbe tutto, ne potrebbe giustificare completamente la sua esistenza indipendentemente dagl’altri.

Esisteva, quindi, un flusso universale che tutto racchiudeva e che non poteva essere desunto dalle singole parti, se non attraverso una forma di “percezione” derivata dalla consapevolezza; accettatrice quest’ultima della presenza di mutevoli forme astratte e inquadrate nelle teorie ricavate dai singoli modi di osservazione.

Il fantastico flusso del divenire comprendeva ciò che oggi ci sembra assolutamente separato e inconciliabile: mente e materia.

I due soggetti, tanto diversi ai nostri occhi, erano gli stessi oggetti osservati, presenti nella magica onda universale cavalcata dalla consapevolezza.

Mente e materia, così come intuito da Aristotele, diverse nella forma, nella sostanza e nella logica agente, dovevano entrambe essere guidate dalla causa finale, direttrice dell’onda globale trasformatrice.

La definizione di strutture autonome sempre più complesse aveva fondato mondi separati, incapaci di giustificare anche la propria esistenza, e ciò che sembrava più triste, era la crescente cecità nel riguardo degli altri mondi.

Sarebbe come se un progettista disegnasse una grande città e affidasse a specialisti diversi ogni edificio e le strutture accessorie per i servizi comuni. All’inizio dell’opera globale, nessun osservatore esterno potrà capire che cosa si stia facendo, anche se potrà più facilmente comprendere l’obiettivo dei singoli lavori in corso. 

L’osservatore potrà intuire il grande disegno attraverso le differenti attività che si svolgono freneticamente. I singoli esperti cureranno la costruzione del proprio edificio ignorando tutti gli altri. Il progettista, invece, osserverà l’avanzamento generale di tutti i lavori e sarà condizionato dalle singole parti osservate, poiché dovrà assicurarsi che si rispettino le direttive di progetto. 

Qualora dovesse rilevare incongruenze o ritardi, sarà costretto a intervenire e imporre il cambiamento alle parti coinvolte.

Il singolo edificio non deve essere considerato come qualcosa di indipendente dal progetto globale ma come un elemento che si è determinato per comporre il progetto. Come, poi, esso è strutturato e come risolve i suoi problemi interni, dipende della funzione assegnata nell’ambito del quadro globale. 

Per esempio, se il progetto prevede la costruzione di una chiesa, questa attività non deve considerarsi parte autonoma nel progetto in sviluppo, ma dovrà tener conto della zona in cui il progettista ha deciso di costruirla e che si tratta di una chiesa e non un albergo. Come infine, l’esperto locale implementerà le sue tecniche, è una problematica confinata nell’ambito di quel particolare cantiere.

Il direttore dei lavori curerà la costruzione della chiesa riferendosi ai parametri imposti dal progettista della città poiché solo quest’ultimo disporrà di informazioni di livello superiore.

Se al capo cantiere si chiedesse perché deve costruire quella chiesa, la sua risposta sarebbe solo un’inutile opinione.

Immaginate che cosa succederebbe se intestardendosi assumesse decisioni autonome. Forse non costruirebbe più una chiesa qualora la ritenesse inutile o la costruirebbe con materiale scadente per aumentare i propri ricavi.

In definitiva, avrebbe danneggiato l’intera comunità.

Il pericolo di mondi chiusi in sé stessi, ciechi alla logica universale, cominciò a preoccupare seriamente Nadil. L’autocorrezione insita nel meccanismo evolutivo su cui egli fidava per il rientro nel disegno originale, tardava a manifestarsi. Le difficoltà crescenti causati dalla lentezza di propagazione dell’onda lunga, generata in seguito alla necessità di correggere il funzionamento dei sistemi autonomi nell’ambito della struttura universale, imposero interventi straordinari.

Si stavano verificando quegli effetti tipici causati nei sistemi controllati da una logica retroattiva positiva, per i quali, la stabilità interna è minacciata dalle azioni di controllo non sincronizzate con gli effetti prodotti delle stesse azioni.

Per una miglior comprensione di questo problema, noto con il nome di “retroazione positiva”, immaginate di essere alla guida di un’automobile e di percorrere un tratto di strada rettilineo trafficato. Supponendo che improvvisamente si verifichi un problema al meccanismo di accelerazione, nel senso che la risposta dell’auto, in termini di aumento della velocità rispetto alla pressione esercitata con il piede sulla leva di accelerazione, sia non lineare. 

Guidare in modo sicuro e veloce in mezzo al traffico, diventa difficilissimo, mentre la probabilità di tamponare i veicoli che precedono e che seguono, è elevatissima. Intuirete che accelerando, non avremo la risposta nel tempo utile per stabilire se la pressione del piede sull’acceleratore sia stata sufficiente o meno, per cui, potremo continuare ad accelerare fino a quando la risposta conseguente diventa incontrollabile con la frenata e mestamente ci rivediamo sotto forma di incompetenti piloti.

Interpretando romanticamente l’atteggiamento dei sistemi degeneranti, è dolce far risalire l’origine dei problemi alla reazione manifestata dall’energia racchiusa nella materia inerte e allo sconforto causato della libertà perduta. Essa, inespressa, mostra stanchezza, inconsueto disuso della sua brillantezza e vivacità; denuncia una condizione di malattia: l’isteresi (caratteristica intrinseca che impedisce al sistema di reagire con immediatezza alle sollecitazioni subite, tenendo memoria della sua storia precedente).

Il motivo per cui i sistemi in evoluzione fossero esposti alle degenerazioni era da ricercare nella natura stessa che l’evoluzione implicava. La capricciosa divisione dei discendenti di Nadil, aveva condotto nella realtà dell’essere la distinzione marcata da una strana aggettivazione: vivente e non vivente. La presenza nell’universo di qualcosa di vivente fu una novità dal punto di vista della caratterizzazione dell’esistere. 

Il significato legato alla parola “vivente”, rincorreva quello di “evoluzione”, ridotto in una scala temporale limitatissima e incentrato su infinitesimali punti di materia intrisi da un programma rudimentale per l’auto-mantenimento. Le fortissime limitazioni presenti in questi dispositivi dell’esistere, inevitabilmente divennero la fonte del complesso di degenerazioni da cui si intendeva cautelare.  

Nadil, nato nella coscienza dell’elettrone e diventato successivamente struttura complessa, ritrovandosi contemporaneamente sotto forma di spirito e materia, aveva consapevolezza della minaccia e perciò aveva bisogno di uno strumento che potesse utilizzare e che superasse le limitazioni connesse con i mondi in cui intervenire.    

Serviva un ultra-sistema, una causa prima alla quale ricondurre tutto e a cui affidare il suo messaggio, similmente al pensiero felice utilizzato da Peter Pan per volare, che potesse funzionare da catalizzatore positivo nell’onda lunga di correzione.

Il principio attivo perfetto avrebbe dovuto operare in una logica non lineare e che la sua non linearità si sarebbe dovuta sempre manifestare nel senso opposto a quello delle possibili degenerazioni.

In questo modo, ad ogni necessità di intervento si sarebbe generata una procedura di correzione dinamica insita nel principio perfetto, indipendentemente dalle azioni negative che eventualmente potessero insorgere.

Questo meccanismo ultra-fantastico avrebbe assicurato il successo dell’opera finale.

Da allora Nadil, in ossequio a colui che tutto dispone e tutto comprende, fungendo da mediatore, si è divertito a formare realtà e parvenze tali da raccogliere tutte in un giocattolo dalle infinite sfaccettature, in ogni modo divertenti e interessanti da morirne “dentro”. 

Non abbiamo tante parole per riferirci a questo complesso, però pensando all’universo come entità racchiudente qualunque elemento che possiamo immaginare, non resta che riferirci all’ultra universo come l’insieme di mondi che vanno oltre la nostra capacità di immaginarceli e che Nadil ne è un lontanissimo testimone.  

Nonostante sia passato molto tempo, visto con gli occhi degli uomini, il progetto di Nadil è tuttora allo stato primordiale. 

Egli dando seguito a quel capriccio che gli imponeva di essere un semplice elettrone, ha dato inizio a una spettacolare avventura sostenitrice di un ambizioso obiettivo. 

Ciò che noi separiamo e distinguiamo, lo facciamo perché usiamo gli strumenti di cui disponiamo e per i quali esistiamo. 

Qualsiasi elemento nel nostro mondo non può che essere una ridicola approssimazione dell’unica forma primaria e che questa, nelle nostre rappresentazioni non ha motivo d’esistere se non per far proseguire un processo di cui siamo apparenti protagonisti.

Questo obiettivo che ha la forza di un miracolo, dovrebbe svegliare la mente dell’uomo e acquistare la saggezza dello spettatore osservato. 

L’uomo in qualità di giudice e giudicato di sé stesso, non potrebbe mai pronunciarsi poiché per farlo, il codice delle leggi non dovrebbe essere scritto dalla sua mente. 

Lasciamo quindi, che egli si occupi dei problemi del suo modo per catalogare, definire e sentenziare, ma lasciamo la porta aperta, il giudizio eternamente sospeso per quanto riguarda il suo spirito.

Se questa idea diventasse concetto nella logica degli uomini, Nadil sarebbe felice per la sua primordiale disubbidienza.   

La storia di Nadil è la storia dell’universo rapportata a una umanità senza mezzi per comprenderla. Qualunque teoria, nascente rivoluzionaria, è stata e lo sarà, un ventaglio di possibilità basate su idee che quantunque ad ampio raggio (universali), e presunte oggettive (dimostrate), esse resteranno solo prodotti dell’uomo, evidentemente limitato per definizione.

Nessun commento:

Posta un commento

Esprimi il tuo pensiero

Post più letti nell'ultimo anno