sabato 9 gennaio 2016

Il nonno


Il viso scarnito, il passo misurato e il bianco dominante tra i capelli, afferma l’età non più giovane.

Quel lontano futuro gli è ora davanti.

Si è presentato discretamente in punta di piedi e come un alone magico lo circonda, vorrebbe esaltarlo, quasi a farsi perdonare per la sua invasiva pretesa di essere presente.

Le parole sono meno frequenti, poiché il silenzio alleandosi con la saggezza, le rende inutili e le fa cadere come foglie in autunno.

Verrà il momento in cui gli occhi rimpiccioliti si perderanno nelle orbite sempre più incavate e nascoste da precari occhiali.

La pelle rugosa, come la corteccia degli alberi secolari, conteggerà gli anni passati che vedranno all’orizzonte le tre cifre.

La poltrona sarà una sua amica che lo sorprenderà in quel falso sonno inopportuno.

La sua mente, con eroica resistenza, combatterà fino all’ultimo respiro affinché la ragione e il ricordo non lo abbandonino.

Il suo cuore tornerà a essere quello del bambino di un tempo, forse per rinascere più forte nel mondo della gioia infinita.

venerdì 8 gennaio 2016

Un percorso tutto da inventare





L’animo umano è complesso, tentare una sortita conoscitiva è un’esperienza affascinante che non crea nessun precedente.

Illustri psicologi si sono avventurati e hanno catturato qualche teoria interessante, ma hanno tirato fuori solo idee discutibili, anzi, hanno gettato benzina su un fuoco che già era parte di un incendio.

Un dato certo esiste. Ognuno di noi nascendo è costretto a sopravvivere.

Questa incombenza è un macigno che ci portiamo sulle spalle e che ci impedisce di guardarci attorno. 

Non riusciamo, per la fatica, nemmeno a guardarci fra noi, poiché rimaniamo paralizzati dalla diffidenza.

Solo parvenze di intimità ci leniscono il dolore di una solitudine voluta da una natura, di cui facciamo parte, ma non ne siamo padroni. 

La coscienza di una vita che dovrà terminare ci forza il pensiero della morte. 

Il crudele automatismo si innesca così: “Sono cosciente di dover morire e mi affanno a rimandare quel momento, occupando il tempo a trovare il sistema migliore per ritardarlo”. 

Alla fine del percorso molti si rendono conto che hanno rincorso la propria coda, consumando il prezioso tempo vita.

Mi ricorda la storia di un cane che, lasciato solo per intere giornate, al rientro del suo padrone, iniziava a rincorrere la propria coda impedendo al padrone di accarezzarlo.

Vi apparirà evidente che il cane divorato dall’ansia di rivedere il proprio padrone, chiedeva a se stesso di consumare un piacere per troppo tempo rimandato. 

Il meccanismo psicologico adottato dal cane ha funzionato in assenza del padrone, ma non gli ha consentito di raggiungere lo scopo per il quale il meccanismo era stato costruito.

In altre parole, il surrogato di un piacere ha fatto in modo che si sia dimenticato il vero piacere.

È verosimile pensare che, conducendo una vita in cui sbarcare il lunario ci impegna, diventi inevitabile posticipare o a non occuparci mai di questioni più vicine alla sfera umana.

Ed ecco che l’età e la cultura intervengono come bastone e carota per il povero uomo.

L’età, mentre avanza, ti costringe a sentire sempre più forte il peso del macigno e ti fa sperimentare a piccoli passi che cosa significa morire.

La cultura, come una droga, ti fa dimenticare il peso del macigno e abbassa la sensibilità alla stanchezza, sebbene a intervalli di tempo ti illuda di essere così speciale nell’universo fino a far apparire la morte come un’antipatica sosta o un angusto passaggio della natura.

Chi di noi è positivo al test della cultura è dominato dal super-IO (Freud e Nietzsche, mi perdonino) e pensa che grazie alla propria capacità di astrazione, di essere in grado di sopportare quell’antipatico passaggio senza rovinarsi i tratti finali della vita.

Allo sfortunato utente del proprio corpo, quel passaggio è durissimo. 

Solo la religione e il mistero potranno aiutarlo, poiché in questi sentieri non c’è bisogno di ragionare; basta la fede e la speranza.

domenica 3 gennaio 2016

Natale 2015


Ora che Natale è passato, gli auguri per l’inizio del nuovo anno sono stati distribuiti, è il momento per una riflessione un po’ più seria.

Miglioreranno le condizioni di vita nel 2016?
 
Prima di rispondere, guardiamoci intorno.

Dicono che l’Italia ha un debito pubblico di 2.211.800.000.000 €.

La popolazione italiana e di circa 59.830.000 unità, per cui ogni italiano, da 0 a 100 anni, è indebitato di 36.968 €.

Nel mio caso, avendo una famiglia di 4 persone, avrei un debito di 147.9496 €.

Nella qualità di capofamiglia, dovrei essere preoccupato per questo debito. 

Volendo estinguerlo, per non caricarlo sui miei figli, dovrei vendere la mia casa e contemporaneamente condurre una vita molto modesta. 

In realtà, il debito non è proprio mio, è dello Stato!

Lo stesso Stato che mi dà lavoro, mi garantisce la pensione e mi offre servizi.

C’è qualcosa di strano nel ragionamento, vero?

Uno Stato indebitato che mi “offre”?

Sento di essere preso in giro!

Tutti contribuiamo a ripagare lo Stato per i servizi che ci offre attraverso le tasse. 
Ma questo non basta, visto che lo stesso Stato continua a indebitarsi. 

Ciò significa che bisognerà pagare più tasse o che tutti non pagano come dovrebbero.

Ci dicono che il salumiere non emette lo scontrino per il panino venduto al bambino di un suo cliente.

Ci dicono che ci sono moltissimi artigiani che evadono.

Ci dicono che molte società di servizi sperperano denaro pubblico. 

Per esempio, molti cittadini chiedono frequentemente visite specialistiche o assumono badanti inutilmente o dichiarano malattie che non hanno.

Ci dicono che viviamo meglio e che a 65 anni un professore è ancora un ragazzino.

Ci dicono che i nostri figli tendono ad essere mammoni perché il lavoro umile lo lasciano agli immigrati.

Ci dicono che il peso dell’assistenza pubblica è enorme.

Insomma, siamo noi stessi i colpevoli di questa tragica situazione.

Non si capisce bene, però, perché si parla in sordina quando si parla di fallimenti delle Banche, pensioni e liquidazioni megalattiche, di acquisti inutili, spese di sostegno ai politici incredibili, e tanto altro ancora.

In quest’ultimo tipo di evasione, non sono pochi o centinaia di euro che vanno via, ma ordini di grandezza che renderebbero timido il valore del debito pubblico.

Ultima considerazione. 

Chi sono i Nostri creditori?

Le banche! Ma non quelle che falliscono, sono quelle internazionali che galleggiano sul petrolio, diamanti e oro.  

Queste stesse banche hanno inventato un sistema per arricchirsi e schiavizzare tutto il mondo. 

Il sistema della moneta stampata e venduta a caro prezzo con nome di “interesse”.

L’ultimo grande affare lo hanno fatto con l’euro.

Ovviamente i padroni non hanno identità! 

Stendo "omissis" non parlando di guerre di interesse!!


Fatto questo piccolo riassunto, come sarà il 2016?

Cerchiamo di rimanere bambini e crediamo alle favole.



venerdì 1 gennaio 2016

Ricordo di Dublino



Mi piace pensare a cose assurde.

Almeno quelle definite tali dalla ragione.

Ma per il pensare e il feeling, l'assurdo non esiste.

Tutto è possibile.

Sono sicuro che la nostra anima non sia così semplice come è immaginata.

In essa non si raccoglie soltanto il nostro mondo interiore, ma anche quello di tutti.

Una specie di universo dei mondi.

Forse, per questo motivo, non impariamo nulla di veramente nuovo ma semplicemente prendiamo coscienza di realtà diverse.

Forse, per questo motivo, portiamo con noi i ricordi dei luoghi che visitiamo, il profumo delle persone che amiamo.

giovedì 31 dicembre 2015

Eterno presente





La nostra mente non è in grado di stabilire in modo assoluto l’intensità di un’emozione, il grado di lucentezza, la dimensione, peso di un oggetto. 

Tutto ciò va a dispetto dell’esattezza delle scienze fisiche e matematiche. 

Einstein, con la sua relatività, ha posto il problema nel dominio della razionalità. 

Egli ha spiegato che qualunque legge fisica è vera fino a quando i nostri riferimenti continuano ad essere quelli tradizionali altrimenti, tutto va rivisto nell’ottica della relatività.

Studi più recenti (sollecitati da indagini di mercato per scoprire nuovi metodi per favorire le vendite), hanno rivelato una qualità della nostra mente sorprendente.

Pensiamo, decidiamo e agiamo come se il passato, pur consapevoli della sua esistenza, non fosse tenuto in esatta considerazione.

Propongo un esempio.

Immaginate di entrare in un negozio di scarpe di lusso. 

La sensazione sul valore che attribuite a un paio di scarpe che vi viene mostrato, è determinata dalla differenza di prezzo rispetto e quello dell’ultimo paio visto prima. 

In altre parole, se la scarpa che state osservando ora costa 300 €, e quella che avete visto prima costava 120 €, il vostro giudizio v’impone l’idea che le prime scarpe erano di scarsa qualità, dimenticando che, in un altro negozio più modesto, precedentemente visitato, avete avuto la stessa sensazione confrontando una scarpa di 30 € con l’altra di 90.

La nostra mente fa sempre paragoni tra ciò che gli occhi vedono “ora” e ciò che hanno visto di simile ultimamente, mostrando grande difficoltà a mantenere una lucida panoramica su un ampio ventaglio di alternative che si apre sul nostro passato.

Lo stesso discorso si potrebbe fare sulla luminosità di una stanza, sulle qualità morali di un vostro amico, sulla qualità della vita tra generazioni, sul giudizio storico di alcuni eventi (che come avrete sperimentato è molto ballerino).

Tutto questo mio dire, porta ad un’inevitabile conclusione: tutto è opinabile poiché tutto è frutto di un confronto con il presente, il quale è soggetto a continue mutazioni, sia in termini biologici, sia in termini psicologici (trascurando gli aspetti culturali, sociali, politici). 

La felicità non sta nel passato, né nel futuro, ma nella vita quotidiana, generata dai sussulti emotivi che tiriamo fuori come conigli da un cilindro. 

Il gradiente di emotività pari a 100, può venir fuori da (200 – 100) oppure da (2000 – 1900), l'effetto sulla nostra pisiche è identico.

Molti si affannano per portarsi sui 2000, pensando così di avere maggiori opportunità di "consumare" gioia. 

Intanto, consumano il bene unico e non rigenerabile, quale è il tempo vita. 
    

mercoledì 30 dicembre 2015

in arrivo il 2016

 
Non capisco la convinzione diffusa che fa intendere la presenza di un’entità esterna che, sapendo dell’ingresso del nuovo anno, ci predispone un futuro che vorremmo fosse migliore del presente.


Questa entità per molti è un Dio, per altri il destino, per altri ancora un capriccioso caso. 

In tutti i casi si percepisce una figura che, in relazione al nostro modo di agire, è quasi predisposta a spianarci la via del futuro. 

L’entità può influenzare la nostra salute, il nostro successo negli affari e nell’amore; siamo convinti che questa può disporre dello sviluppo della nostra vita. 

Implicitamente, sentiamo di essere passivi, impotenti ai suoi capricci per cui anche le disgrazie che ci piovono addosso, non dipendendono da noi, non ne siamo responsabili e quindi, siamo sempre degni di comprensione o di una benevola assoluzione.


Qualcuno di noi, ha la sensazione che, nel ruolo di costruttore del proprio futuro, un posto nella scala decisionale comunque lo abbiamo e per questo, enuncia un piano di buoni propositi che rimarranno scritti nell’aria del primo gennaio.


Credo, invece, che dovremmo prendere atto che siamo noi i costruttori della vita e che ciò che siamo è il risultato di quello che abbiamo fatto, delle decisioni prese, delle rinunce e degli investimenti operati.


Il quadro economico, sentimentale, professionale che ci incornicerà il primo gennaio del prossimo anno, sarà quello che inizieremo a costruire ora. 

Se siamo attivi da subito, faremo incontrare l’opportunità con la preparazione pronta a coglierla. 

Per molti, questo modo di approcciarsi con la vita e chiedere a essa il meglio, si chiama FORTUNA.


Chi disponendo delle stesse opportunità e non le ha saputo sfruttare, attribuisce staticamente il merito alla fortuna. 

Nasce così, quel sentimento di sconfitta chiamato INVIDIA, con il quale lo sfortunato utilizza le armi del discredito per nascondere i propri peccati e quella serie d’insufficienze determinate dalla pigrizia.


Presumo che qualcuno obietti facendo notare che per qualunque attività servono gli attrezzi, le condizioni, gli investimenti, gli stimoli, che spesso non dipendono della volontà di chi vuole modellare il proprio futuro.


Ovviamente, non potrei dissentire, ma ribalto la questione ponendovi un interrogativo: 

Quando vorremmo iniziare un’attività, facciamo sempre tutto quello che serve per intraprenderla? 


Capita spesso che una leggerissima contrarietà diventi un ostacolo insormontabile; per esempio: una brutta giornata piovosa, un piccolo mal di testa, un giorno prefestivo, un appuntamento irrinunciabile, eccetera. 

In questi casi basta il più piccolo dei pretesti che offre alla pigrizia la possibilità di ingigantire la contrarietà, giustificando così la rinuncia. 

In generale, sono sempre pochissimi i casi in cui veramente incontriamo alberi spiantati che impediscono il transito sulla nostra strada. 

Alcuni, chiamateli maghi, riescono pure a tradurre l’ostacolo in un’opportunità aggiuntiva o alternativa.


In tutti casi la qualifica di ostacolo “insormontabile” è sempre attribuita dal nostro giudizio che palesemente è quasi sempre condizionato dai suoi limiti.


Augurandovi un meraviglioso 2016, ricordatevi, con un segno su tutti i mesi del calendario, che voi siete il direttore dei lavori della vostra vita.


Decidendo di aumentare il numero delle Domeniche, amplificherete la dose della fortuna necessaria per conseguire il vostro successo. 

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