domenica 13 settembre 2015

Il clima in Irlanda





L’avventura alla latitudine di 53° 26’ nord (quasi la stessa di Mosca con 55° e 45’), Dublino accoglie i 18 visitatori. 

L’obiettivo è chiaro studiare l’inglese sul campo e contemporaneamente raccogliere il meglio dell’Irlanda in termini di storia e divertimento.

I 36° di temperatura abbandonati nell’Italia dei genitori, stridono con i 14° ritrovati allo sbarco. 

Per i ragazzi non conta nulla. L’energia interna alimentata dall’entusiasmo della giovane età, è sufficiente a rendere morbido l’impatto con la diversa meteorologia.

Infatti, nei giorni successivi, i pantaloncini indossati in modo frettoloso denunciavano il caldo di ferragosto ancora presente nelle menti.

Il clima in Irlanda è molto variabile. Insegna a credere che nella vita a parte la morte, nulla è certo e il divenire è una costante. 


Le verità sono illusioni del momento, esattamente come gli sprazzi di sole che fendono nubi del cielo d’Irlanda in continuo movimento. 



Anche la pioggia sembra adeguarsi all’incostanza; è facile trovarla in compagnia del sole. 

Sottili filamenti di acqua si alternano a brevi e improvvisi rovesci. 

Gli irlandesi sembrano non farci più caso, anzi, le giornate di sole pieno e senza nuvole, li sorprendono.

Così, l’ombrello in borsa è una scommessa sempre vincente contro la speranza del tempo bello. 

In compenso, distese di verde coprono grandi aree, generando nei cuori di chi vive nelle cementate vie urbane delle nostre città, un inspiegabile benessere e un invito ad allungare i respiri. 


Gli occhi difficilmente rimangono immobili, si spostano per portare nell’interno dell’immaginazione tutto ciò che si ammira. Intanto, si assapora il piacere di vivere l’esperienza del nuovo e del diverso.      

Il periodo di permanenza comincia con un weekend e ciò significa niente didattica per due giorni. Si attendono escursioni e visite del territorio.

Inutile dirvi che durante i trasferimenti in pullman o in bus pubblici, al clima meteorologico esterno si contrapponeva quello goliardico interno. 

I miei ragazzi si facevano notare sempre. Sana allegria e poco innocenti parole cantate a piena voce, erano biglietti da visita presentati ovunque si andava.

In quanto a docente accompagnatore, devo confessare che mi riusciva difficile moderarli poiché il piacere di vedere in loro la mia stessa euforia giovanile spesso mi induceva a far credere di essere sordo o distratto.

L’incontro con una donna ubriaca fu uno degli episodi che si ricorderanno.

La donna pretendeva di filmare con un cellulare (presumibilmente spento) i volti dei ragazzi. 

Ingenuamente, i più vivaci si opposero e per impedire alla donna di continuare le riprese, chiesero al sottoscritto di intervenire.

Sorpreso dalla inusuale richiesta, salii al piano superiore del bus per rendermi conto del problema. 

Una donna barcollante chiedeva ad alta voce di poter filmare e rivolgendosi verso di me chiedeva di ordinare ai miei ragazzi di non ostacolare i suoi intenti. 

Credendo a una instabilità mentale della donna, chiesi ai giovanotti di non dar seguito alle provocazioni. 

La mia presenza non bastò perché l’ubriaca, avvicinandosi, pretese di filmare anche me. 

Soltanto allora capii che si trattava di un’ubriaca e che il cellulare con il quale intendeva filmare era spento.

L’insistenza e il cattivo odore che si spargeva nel bus mi spinsero ad assumere un tono di voce tale da ordinare alla donna di allontanarsi dal gruppo e di sedersi tranquilla più avanti nella corsia.

La donna ubbidì ma, alternando imprecazioni in gaelico (suppongo) o in inglese disarticolato, continuò nella sua opera di disturbo anche stando seduta e rigirata su se stessa. 

I ragazzi erano già vivaci per loro natura e questo episodio non fece altro che mettere paglia sul fuoco.

Tutto il trambusto seguente non passò inosservato all’autista del bus che immediatamente chiamò via telefono la polizia. 

Alla fermata successiva due agenti salirono a bordo e costrinsero l’instabile viaggiatrice al termine anticipato del viaggio.

Sapevamo che a Dublino la birra scorre più dell’acqua nelle gole di molti suoi abitanti ma averne immediata esperienza diretta era impensabile. 

Successivamente, altri ubriachi vivacizzarono la nostra permanenza ma l’esperienza di quell’episodio permise di considerarli presenze”normali”, promotrici di ulteriori spunti di allegria.

sabato 12 settembre 2015

Get a move on (prima puntata)




Raccontare è un modo per consentire ai sentimenti del narratore di tentare di vestirsi con le parole. 

Egli non riuscirà mai a trasferire la vera esperienza che rimarrá personale, ma gli servirá per contagiare il lettore con quello spirito giusto dal quale estrarrà il proprio piacere.  

Incredibilmente travolto dal “move on”, un prof di materie tecniche si ritrova a essere accompagnatore di sedici baldi giovani in cerca di una formazione linguistica. 

Sono tutti ragazzi under 18, dotati di ottima predisposizione al divertimento e una buona capacitá di rispondere a un dovere didattico. 

Sono stati selezionati come i migliori nel ventaglio dei risultati scolastici ottenuti.

Si sa, peró, che i giudizi dai quali discendono i risultati sono contaminati dalla soggettività e non tengono conto di altri fattori connessi con il profilo caratteriale. 

Succede che i ragazzi possano essere contemporaneamente bravi studenti e vivacissimi ragazzi. 

Ció non significa che siano da disprezzare, ma che bisogna mettere in conto di porre un’attenzione extra per le eventuali esondazioni di entusiasmo. 

Nel clima di allegria leggera è facile che non si considerino le conseguenze per azioni incaute, quali, per esempio, attraversare una strada con il semaforo rosso, esagerare nell’assumere cibo e bevande non proprio salutari, o semplicemente, urlare come dannati in ambienti poco adatti.

La mia storia inizia con un appuntamento in aeroporto. 

Un incontro con 16 sconosciuti e una collega legata al mio stesso destino.

I visi spersi dei ragazzi si muovono in cerca di punti di riferimento.

I loro genitori nascondono un’ansia che li muove come carrelli in un supermercato.

Il lungo anticipo d’arrivo costringe i protagonisti a un’attesa fervida di pensieri miscelati da raccomandazioni e aspettative.  

Il lento procedere delle operazioni precedenti all’imbarco scioglie nettare nell’immaginazione di chi parte e di chi vede partire.

La barriera del check-in segna il confine per imporre gli ultimi saluti ai genitori premurosi. 

Pochi metri all’interno dell’aeroporto sanciscono la prima vera separazione e l’inizio dell’avventura in terra straniera.

Come cuccioli intorno alla mamma, i sedici corsisti seguono i due prof per rimanere alla loro vista fino all’ingresso nell’aereo. Tutti brandiscono una carta d’identitá e un foglio di viaggio come bandiere al vento del “get a move on”.

Poche ore servono per dimenticare l’Italia poichè il suolo irlandese si ritrova sotto i piedi della comitiva. 

Brevi frasi scambiate tra i protagonisti diventano strumenti per iniziarsi a conoscersi e stabilire le prime empatie.

Due activity leader sono in attesa di accogliere il gruppo. 

Un foglio sgualcito, con su scritto “FERRARIS”, funge da faro per i naviganti in arrivo.

La simpatia dei due leader emerge e una certa intesa subito nasce. 

Soltanto poche decine di minuti mancano per prendere visione del proprio alloggio.
Nessun problema si rileva nell’adottare la temporanea nuova casa. 

Le camere sono singole e raggruppate per appartamenti dotati di una cucina comune (ottimo punto di ritrovo per future baldorie).

Otto pizze giganti, accompagnate da bottiglie di Coca Cola, sono sufficienti a chiudere la trattativa con la fame. 

Il riposo della notte chiude la giornata tanto attesa.

I primi giorni sono fondamentali per raccogliere dati con i quali si costruiscono metri di giudizio di comportamento, utili per la socializzazione.

La squadra comincia a delinearsi:

Sergio: Bandiera dell’allegria ed esempio dell’incoscienza giovanile. Dotato di spirito autonomo, vede le regole come trappole da aggirare nonostante il suo senso di responsabilità gli imponga l’ubbidienza.  

Francesco: Solidale in tutte le scelte di Sergio, ha mostrato tanta tenera ingenuità e attitudine allo scherzo. Atleta e belloccio, ha illuso la comitiva con le sue illusorie conquiste amorose irlandesi.

Domenico: Il gigante buono che si muoveva come farebbe un elefante in una cristalleria. Sempre disponibile a far gruppo e chiasso, ha fatto parte del tris di assi del gruppo.

Emanuele: Il più loquace del gruppo. La sua voce si espandeva ovunque, che si trattasse d’inglese e dialetto molfettese. Istruttore dei leader irlandesi alle tradizioni nostrane, ha fatto parte del quartetto più vivace della comitiva.

Davide F.:ha composto, insieme a Giovanni, la base strutturale del gruppo, non facendo mai mancare solidarietà e allegra partecipazione.

Emanuela: L’unica componente femminile del gruppo ma che ha permesso con la sua dolcezza e attiva partecipazione, di concretizzare una perfetta fusione degli entusiasmi. Ha condiviso tutti i momenti di allegria del gruppo, lasciandosi trasportare anche in un gergo non sempre perfettamente elegante.

Salvatore: È stato uno degli elementi più statici del gruppo; moderatore per gli eccessi di entusiasmo e tranquillo compagno di passeggio di Emanuela. Ha prediletto il lento e sobrio vivere senza esimersi dal sostenere la vivacità del gruppo.

Mirco, Mauro, Vincenzo, Davide B., Corrado, Matteo, Nicolò, Andrea: Sono stati la base tranquilla del gruppo. In alcuni casi, hanno fatto gruppo separato ma comunque sempre solidali e partecipativi alle iniziative dell’intero gruppo. 
In altre parole, si sono mostrati come ragazzi da nove in condotta.

giovedì 20 agosto 2015

Onnipotenza dell'essere





Sono pochi i momenti in cui lasciamo libero il pensiero. 

Si parte per un viaggio senza meta e i nostri sensi smettono lentamente di funzionare.

La ragione va in pausa. 

Sono banditi i “perché”, i “come”, i “quando”, i “dove”.

Gli occhi si chiudono, le orecchie non odono e il corpo non esiste.
Tutto si predispone per dormire.

La vita segue un’altra trama. 

Una trama di un film semplice e senza spettatori giudicanti. Anche le comparse sono modeste. 

Troviamo attori importati vicino ad altri sconosciuti, ma comunque, indispensabili per il film. 

Niente è impossibile raggiungere o ottenere, tutto è a immediata portata di mano.

Se vogliamo volare, umiliando la fisica, allarghiamo le braccia e siamo subito in volo. 

Se vogliamo scambiare qualche parola con chi è dall’altra parte, eccolo lì davanti a noi pronto ad ascoltarci.

Non ci dobbiamo nemmeno preoccupare delle distanze o dei protocolli. 

Infatti, possiamo senza fare attenzione allo spazio e al tempo, conferire sia col più umile dei nostri conoscenti, sia col più prestigioso personaggio di tutti i tempi. 

Perfino, senza timori di sorta, col nostro Padre eterno. 

Siamo, insomma, onnipotenti, e poiché in queste condizioni siamo anche senza problemi, dovremmo ammettere di essere in paradiso.

Si capisce, quindi, come nello stato vigile tutto è maledettamente complicato.

Immaginate per un attimo di trovarvi chiusi in una stanza e di non avere la consapevolezza di potervi muovere, sentire e vedere.

Improvvisamente, giungono dall’esterno sensazioni di una vita allegra, dinamica, razionale e densa di emozioni, piaceri, soddisfazioni e quant’altro desiderabile da un essere umano.

Similmente a un toro infuriato in un recinto, prendereste a cornate tutto ciò che vi capita. 

L’unico sentimento che ci anima è uscire dalla stanza e intraprendere il miglior percorso possibile per giungere alla meta della piena realizzazione dell’essere, quale padrone del mondo materiale e depositario delle verità dell’universo.

Purtroppo, la segnaletica presente sui possibili percorsi è molto approssimata, anzi, spesso contraddittoria. 

È facile decidere su una verità che in breve sbiadisce e poi scompare, per cui, come la tela di Penelope, si lavora tutto il giorno per buttar via tutto durante la notte.

Alcuni grandi uomini ci hanno dato valenti suggerimenti, hanno consumato la loro vita ad arrovellarsi su teorie che rimangono tali.

Platone ha fantasticato con il “mondo delle idee”. 

Cristo si è immolato per l’idea dell’amore. 

Kant ha scolarizzato il pensiero. 

Nietzsche è impazzito incaponendosi sul superuomo e sulla volontà di potenza. 

Freud ha dato le sue motivazioni ai nostri problemi interiori.

Altri si sono occupati di matematica, fisica e politica, si sono prodigati per trovare motivazioni e spiegare il funzionamento della natura di questo granellino detto Terra e quale é il miglior modo possibile per viverci sopra.

Ognuno di loro, però, ci ha regalato un raggio rifratto nel mezzo opaco dell’umanità, rubato all’onda di luce dell’universo.

venerdì 14 agosto 2015

Intelligenza





Il miglior modo per capire la realtà, è quello di vederla proiettata fuori dal nostro mondo, libera da preconcetti, condizionamenti o convinzioni.

È più facile capire perché un computer non è intelligente, anziché scoprire perché non lo siamo noi.

Il computer è fatto dall’uomo e poiché egli non ha più fantasia del nostro Creatore, è stato riprodotto in termini di funzioni, in modo grossolano, imitando il nostro sistema d’azione.

Un computer dovrebbe essere “intelligente” perché ha un CPU per elaborare, una RAM per ricordare, un HD/CD/DVD per archiviare, un sistema operativo per funzionare, dei programmi applicativi per offrire servizi e periferiche per fornire i risultati ottenuti.

L’uomo dovrebbe essere intelligente perché è dotato di cervello?

Potenzialmente si!

Il computer lavora per brevissimi intervalli temporali, ad altissima velocità, ma i risultati, quantunque utili e interessanti, siano ben lontani da quelli che si vorrebbero.

L’uomo lavora per lunghi tratti di tempo e bassissima velocità, sfruttando esageratamente l’inerzia e l’istinto. I risultati spesso diventano aspirazioni o occasioni mancate.

I programmi per avanzare (elaborazione) hanno bisogno di tempo di CPU.
L’azione dell’uomo, per essere sensata, deve essere frutto di una riflessione.
Essa ha bisogno di tempo “cervello”.

Ai programmi, il tempo CPU è gestito e garantito dagli ottimi sistemi operativi.
All’uomo il tempo cervello è gestito e fornito dal suo carattere biologico, etico, psicologico, culturale.

In conclusione, non abbiamo nessuna garanzia su quale percentuale di tempo “cervello”, c’è assicurata quando dobbiamo prendere decisioni.
Inoltre, sono troppe le distrazioni che ci distolgono dal cercare nella grande biblioteca del sapere, spesso poco illuminata.

Volendo ad ogni modo, sbilanciarci nel dare una definizione di intelligenza, potremmo dire che essa è la capacità che ha ognuno di noi, di ricavare nuove idee da informazioni che già possediamo. Le nuove idee devono essere però, utili a noi stessi giacché, devono accrescere il nostro e altrui benessere.

L’intelligenza non si misura nei secondi per dare una risposta, né nella quantità di denaro racimolato in un affare, ma nell’originalità, profondità, nobiltà e lunga gittata di una risposta.

giovedì 13 agosto 2015

Tra le stelle




Può sembrare una anormalità ma quando mi trovo solo nelle aree abbandonate dalle luci, una forza interna mi spinge a fermarmi, alzare lo sguardo al cielo stellato e abbandonarmi al pensare per qualche minuto.

Mi chiedo perché la terra non è sola.

Lo sguardo, senza un riferimento, si muove tra un indefinito numero di puntini luminosi.

Allora, addormento la ragione,
lascio che il tremore sobbalzi sulle mani....
fino a muoverle come fa un vecchietto.

Cerco un punto dove fermarmi e ricondurre il mio peso.

M'illudo di vedere ciò che ad altri è impossibile, quasi a voler sprofondare oltre il visibile.

La mente mi asseconda e gli occhi smettono di funzionare come di solito fanno.

Improvvisamente, appaiono contorni sfuocati  che velocemente si ricompongono in immagini irreali.

La razionalità sferra l'ultimo attacco, tentando di fornire una logica allo scenario fantastico che si agita incontrollato.

Nella quiete del luogo solitario, i brividi scorazzano per la mia pelle.

Sono stati lasciati liberi dalle emozioni.

La fantasia è padrona della mente e il diletto trova il suo momento.

Un lungo respiro mi ricorda di essere dentro un corpo, mentre credevo di essere lassù.


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