sabato 12 settembre 2015

Get a move on (prima puntata)




Raccontare è un modo per consentire ai sentimenti del narratore di tentare di vestirsi con le parole. 

Egli non riuscirà mai a trasferire la vera esperienza che rimarrá personale, ma gli servirá per contagiare il lettore con quello spirito giusto dal quale estrarrà il proprio piacere.  

Incredibilmente travolto dal “move on”, un prof di materie tecniche si ritrova a essere accompagnatore di sedici baldi giovani in cerca di una formazione linguistica. 

Sono tutti ragazzi under 18, dotati di ottima predisposizione al divertimento e una buona capacitá di rispondere a un dovere didattico. 

Sono stati selezionati come i migliori nel ventaglio dei risultati scolastici ottenuti.

Si sa, peró, che i giudizi dai quali discendono i risultati sono contaminati dalla soggettività e non tengono conto di altri fattori connessi con il profilo caratteriale. 

Succede che i ragazzi possano essere contemporaneamente bravi studenti e vivacissimi ragazzi. 

Ció non significa che siano da disprezzare, ma che bisogna mettere in conto di porre un’attenzione extra per le eventuali esondazioni di entusiasmo. 

Nel clima di allegria leggera è facile che non si considerino le conseguenze per azioni incaute, quali, per esempio, attraversare una strada con il semaforo rosso, esagerare nell’assumere cibo e bevande non proprio salutari, o semplicemente, urlare come dannati in ambienti poco adatti.

La mia storia inizia con un appuntamento in aeroporto. 

Un incontro con 16 sconosciuti e una collega legata al mio stesso destino.

I visi spersi dei ragazzi si muovono in cerca di punti di riferimento.

I loro genitori nascondono un’ansia che li muove come carrelli in un supermercato.

Il lungo anticipo d’arrivo costringe i protagonisti a un’attesa fervida di pensieri miscelati da raccomandazioni e aspettative.  

Il lento procedere delle operazioni precedenti all’imbarco scioglie nettare nell’immaginazione di chi parte e di chi vede partire.

La barriera del check-in segna il confine per imporre gli ultimi saluti ai genitori premurosi. 

Pochi metri all’interno dell’aeroporto sanciscono la prima vera separazione e l’inizio dell’avventura in terra straniera.

Come cuccioli intorno alla mamma, i sedici corsisti seguono i due prof per rimanere alla loro vista fino all’ingresso nell’aereo. Tutti brandiscono una carta d’identitá e un foglio di viaggio come bandiere al vento del “get a move on”.

Poche ore servono per dimenticare l’Italia poichè il suolo irlandese si ritrova sotto i piedi della comitiva. 

Brevi frasi scambiate tra i protagonisti diventano strumenti per iniziarsi a conoscersi e stabilire le prime empatie.

Due activity leader sono in attesa di accogliere il gruppo. 

Un foglio sgualcito, con su scritto “FERRARIS”, funge da faro per i naviganti in arrivo.

La simpatia dei due leader emerge e una certa intesa subito nasce. 

Soltanto poche decine di minuti mancano per prendere visione del proprio alloggio.
Nessun problema si rileva nell’adottare la temporanea nuova casa. 

Le camere sono singole e raggruppate per appartamenti dotati di una cucina comune (ottimo punto di ritrovo per future baldorie).

Otto pizze giganti, accompagnate da bottiglie di Coca Cola, sono sufficienti a chiudere la trattativa con la fame. 

Il riposo della notte chiude la giornata tanto attesa.

I primi giorni sono fondamentali per raccogliere dati con i quali si costruiscono metri di giudizio di comportamento, utili per la socializzazione.

La squadra comincia a delinearsi:

Sergio: Bandiera dell’allegria ed esempio dell’incoscienza giovanile. Dotato di spirito autonomo, vede le regole come trappole da aggirare nonostante il suo senso di responsabilità gli imponga l’ubbidienza.  

Francesco: Solidale in tutte le scelte di Sergio, ha mostrato tanta tenera ingenuità e attitudine allo scherzo. Atleta e belloccio, ha illuso la comitiva con le sue illusorie conquiste amorose irlandesi.

Domenico: Il gigante buono che si muoveva come farebbe un elefante in una cristalleria. Sempre disponibile a far gruppo e chiasso, ha fatto parte del tris di assi del gruppo.

Emanuele: Il più loquace del gruppo. La sua voce si espandeva ovunque, che si trattasse d’inglese e dialetto molfettese. Istruttore dei leader irlandesi alle tradizioni nostrane, ha fatto parte del quartetto più vivace della comitiva.

Davide F.:ha composto, insieme a Giovanni, la base strutturale del gruppo, non facendo mai mancare solidarietà e allegra partecipazione.

Emanuela: L’unica componente femminile del gruppo ma che ha permesso con la sua dolcezza e attiva partecipazione, di concretizzare una perfetta fusione degli entusiasmi. Ha condiviso tutti i momenti di allegria del gruppo, lasciandosi trasportare anche in un gergo non sempre perfettamente elegante.

Salvatore: È stato uno degli elementi più statici del gruppo; moderatore per gli eccessi di entusiasmo e tranquillo compagno di passeggio di Emanuela. Ha prediletto il lento e sobrio vivere senza esimersi dal sostenere la vivacità del gruppo.

Mirco, Mauro, Vincenzo, Davide B., Corrado, Matteo, Nicolò, Andrea: Sono stati la base tranquilla del gruppo. In alcuni casi, hanno fatto gruppo separato ma comunque sempre solidali e partecipativi alle iniziative dell’intero gruppo. 
In altre parole, si sono mostrati come ragazzi da nove in condotta.

giovedì 20 agosto 2015

Onnipotenza dell'essere





Sono pochi i momenti in cui lasciamo libero il pensiero. 

Si parte per un viaggio senza meta e i nostri sensi smettono lentamente di funzionare.

La ragione va in pausa. 

Sono banditi i “perché”, i “come”, i “quando”, i “dove”.

Gli occhi si chiudono, le orecchie non odono e il corpo non esiste.
Tutto si predispone per dormire.

La vita segue un’altra trama. 

Una trama di un film semplice e senza spettatori giudicanti. Anche le comparse sono modeste. 

Troviamo attori importati vicino ad altri sconosciuti, ma comunque, indispensabili per il film. 

Niente è impossibile raggiungere o ottenere, tutto è a immediata portata di mano.

Se vogliamo volare, umiliando la fisica, allarghiamo le braccia e siamo subito in volo. 

Se vogliamo scambiare qualche parola con chi è dall’altra parte, eccolo lì davanti a noi pronto ad ascoltarci.

Non ci dobbiamo nemmeno preoccupare delle distanze o dei protocolli. 

Infatti, possiamo senza fare attenzione allo spazio e al tempo, conferire sia col più umile dei nostri conoscenti, sia col più prestigioso personaggio di tutti i tempi. 

Perfino, senza timori di sorta, col nostro Padre eterno. 

Siamo, insomma, onnipotenti, e poiché in queste condizioni siamo anche senza problemi, dovremmo ammettere di essere in paradiso.

Si capisce, quindi, come nello stato vigile tutto è maledettamente complicato.

Immaginate per un attimo di trovarvi chiusi in una stanza e di non avere la consapevolezza di potervi muovere, sentire e vedere.

Improvvisamente, giungono dall’esterno sensazioni di una vita allegra, dinamica, razionale e densa di emozioni, piaceri, soddisfazioni e quant’altro desiderabile da un essere umano.

Similmente a un toro infuriato in un recinto, prendereste a cornate tutto ciò che vi capita. 

L’unico sentimento che ci anima è uscire dalla stanza e intraprendere il miglior percorso possibile per giungere alla meta della piena realizzazione dell’essere, quale padrone del mondo materiale e depositario delle verità dell’universo.

Purtroppo, la segnaletica presente sui possibili percorsi è molto approssimata, anzi, spesso contraddittoria. 

È facile decidere su una verità che in breve sbiadisce e poi scompare, per cui, come la tela di Penelope, si lavora tutto il giorno per buttar via tutto durante la notte.

Alcuni grandi uomini ci hanno dato valenti suggerimenti, hanno consumato la loro vita ad arrovellarsi su teorie che rimangono tali.

Platone ha fantasticato con il “mondo delle idee”. 

Cristo si è immolato per l’idea dell’amore. 

Kant ha scolarizzato il pensiero. 

Nietzsche è impazzito incaponendosi sul superuomo e sulla volontà di potenza. 

Freud ha dato le sue motivazioni ai nostri problemi interiori.

Altri si sono occupati di matematica, fisica e politica, si sono prodigati per trovare motivazioni e spiegare il funzionamento della natura di questo granellino detto Terra e quale é il miglior modo possibile per viverci sopra.

Ognuno di loro, però, ci ha regalato un raggio rifratto nel mezzo opaco dell’umanità, rubato all’onda di luce dell’universo.

venerdì 14 agosto 2015

Intelligenza





Il miglior modo per capire la realtà, è quello di vederla proiettata fuori dal nostro mondo, libera da preconcetti, condizionamenti o convinzioni.

È più facile capire perché un computer non è intelligente, anziché scoprire perché non lo siamo noi.

Il computer è fatto dall’uomo e poiché egli non ha più fantasia del nostro Creatore, è stato riprodotto in termini di funzioni, in modo grossolano, imitando il nostro sistema d’azione.

Un computer dovrebbe essere “intelligente” perché ha un CPU per elaborare, una RAM per ricordare, un HD/CD/DVD per archiviare, un sistema operativo per funzionare, dei programmi applicativi per offrire servizi e periferiche per fornire i risultati ottenuti.

L’uomo dovrebbe essere intelligente perché è dotato di cervello?

Potenzialmente si!

Il computer lavora per brevissimi intervalli temporali, ad altissima velocità, ma i risultati, quantunque utili e interessanti, siano ben lontani da quelli che si vorrebbero.

L’uomo lavora per lunghi tratti di tempo e bassissima velocità, sfruttando esageratamente l’inerzia e l’istinto. I risultati spesso diventano aspirazioni o occasioni mancate.

I programmi per avanzare (elaborazione) hanno bisogno di tempo di CPU.
L’azione dell’uomo, per essere sensata, deve essere frutto di una riflessione.
Essa ha bisogno di tempo “cervello”.

Ai programmi, il tempo CPU è gestito e garantito dagli ottimi sistemi operativi.
All’uomo il tempo cervello è gestito e fornito dal suo carattere biologico, etico, psicologico, culturale.

In conclusione, non abbiamo nessuna garanzia su quale percentuale di tempo “cervello”, c’è assicurata quando dobbiamo prendere decisioni.
Inoltre, sono troppe le distrazioni che ci distolgono dal cercare nella grande biblioteca del sapere, spesso poco illuminata.

Volendo ad ogni modo, sbilanciarci nel dare una definizione di intelligenza, potremmo dire che essa è la capacità che ha ognuno di noi, di ricavare nuove idee da informazioni che già possediamo. Le nuove idee devono essere però, utili a noi stessi giacché, devono accrescere il nostro e altrui benessere.

L’intelligenza non si misura nei secondi per dare una risposta, né nella quantità di denaro racimolato in un affare, ma nell’originalità, profondità, nobiltà e lunga gittata di una risposta.

giovedì 13 agosto 2015

Tra le stelle




Può sembrare una anormalità ma quando mi trovo solo nelle aree abbandonate dalle luci, una forza interna mi spinge a fermarmi, alzare lo sguardo al cielo stellato e abbandonarmi al pensare per qualche minuto.

Mi chiedo perché la terra non è sola.

Lo sguardo, senza un riferimento, si muove tra un indefinito numero di puntini luminosi.

Allora, addormento la ragione,
lascio che il tremore sobbalzi sulle mani....
fino a muoverle come fa un vecchietto.

Cerco un punto dove fermarmi e ricondurre il mio peso.

M'illudo di vedere ciò che ad altri è impossibile, quasi a voler sprofondare oltre il visibile.

La mente mi asseconda e gli occhi smettono di funzionare come di solito fanno.

Improvvisamente, appaiono contorni sfuocati  che velocemente si ricompongono in immagini irreali.

La razionalità sferra l'ultimo attacco, tentando di fornire una logica allo scenario fantastico che si agita incontrollato.

Nella quiete del luogo solitario, i brividi scorazzano per la mia pelle.

Sono stati lasciati liberi dalle emozioni.

La fantasia è padrona della mente e il diletto trova il suo momento.

Un lungo respiro mi ricorda di essere dentro un corpo, mentre credevo di essere lassù.


lunedì 10 agosto 2015

Troppo basso per il tuo cielo

 
 
Fletti i tuoi rami,
sono piccolo per la tua chioma.

Avvicina quelle nuvole,
sono alte anche per il mio albero.

Anche tu Luna,
bella e luminosa,
sei  lontana dal mio cuore.

A chi racconto delle mie ansie?

Con chi condivido le mie gioie?

Quali mani stringo per non aver paura del buio?

Voglio il tuo cielo.
Voglio la tua pace.
Voglio il tuo amore.
 
Ti darò in cambio le mie emozioni.
Tutte racchiuse di generosità.

Non ti curare della loro umidità.
Qualche volta ho pianto.

Forse è troppo poco 
e io sono troppo basso per tue stelle.

Proverò a sollevarmi.
La mia anima è leggera.

Di più non so fare.

Sei tu a decidere quando potrò elevarmi da terra.


lunedì 27 luglio 2015

I figli non ci appartengono


 
I figli sono nostri, ma non ci appartengono.

Abitano nel mondo che per i genitori è estraneo e nel quale non è permesso entrare.

Vivono acconto ai noi ma contemporaneamente sono lontani.
Occupano un futuro a noi connesso e a senso unico.
Quantunque ci si sforzi a entrare nel loro mondo, si rimane ospiti temporanei. 

Si attiva una strana realtà che assomiglia molto a una simulazione.

Ci accettano con riserva e con una grossa cauzione, determinata dal bene che si tenta di trasmettere.

I figli sono le foto dei genitori ritoccate dal tempo trascorso e da una società in continua evoluzione.

L’immagine che si compone diventa l’opera d’arte, determinata da una infinità di fattori non tutti riconducibili alla saggezza degli adulti.

Chi sia l’architetto del progetto, non è nelle nostre facoltà saperlo.

Chiniamo il capo e decidiamo come chiamarlo: destino o Dio?

domenica 26 luglio 2015

Il valore della solitudine


 
 
 
 
 
 
 
Il grande Totò! 
Condivido con lui il sentimento della solitudine.

Un sentimento visto in positivo, capace di far emergere nell'anima il senso ultimo della vita, fatta di piccole e semplici cose.

Riporto un tratto dell'intervista concessa ad Oriana Fallaci e pubblicata  dal  «L’Europeo», nel 1963.

O.F.  Principe: io non La ho mai vista ridere. A parte il fatto che esser triste è la legge dei comici, io temo che Lei abbia sempre riso pochissimo: che non conosca il sapore di una bella risata.

Totò: "Pochissimo, niente. Io non rido, sorrido. 

E, anche quello, raramente. 

Sorrido a lei, per esempio, perché è una donna: non si può mica parlare a una donna con il musone.

Però vede: non è esatto nemmeno dire che io sia triste: 

Son calmo, privo di ansia. 

Io l’ansia non la conosco. 

Deve influire, in questo, il mio residuo di sangue orientale, bizantino. 

Non so… starei ore e ore fermo a guardare il cielo, la luna. 
 
Io amo la luna, assai più del sole. 

Amo la notte, le strade vuote, morte, la campagna buia, con le ombre, i fruscii, le rane che fanno qua qua, l’eleganza tetra della notte. 

È bella la notte: bella quanto il giorno è volgare. 

Il giorno… che schifo! 

Le automobili, gli spazzini, i camion, la luce, la gente… che schifo! 

Io amo tutto ciò che è scuro, tranquillo, senza rumore. 

La risata fa rumore. 

Come il giorno.”

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