lunedì 9 giugno 2014

L'utopia di Luca

    Tratto dal racconto autobiografico


Sognare doveva essere un modo per Luca di fuggire dalla fredda realtà.

Non aveva bisogno di avere sonno per sognare, gli bastava un angolo solitario in cui rifugiarsi e lasciarsi trasportare dalla sua immaginazione.

Ovviamente, la scena da cui decollava era proiettata nel futuro, da dove si osservava come spettatore di un film. 

La trama del suo film che lo vedeva protagonista assoluto, era quasi sempre la stessa. 

Era condizionato dalla lettura del libro “Cuore”, per cui il bene trionfava sempre sul male.

Genitori premurosi, brava gente ovunque, comprensione e tenerezze si sentivano nell’aria come incenso in chiesa. 

Una spiritualizzazione del volersi bene era nel clima di vita dei suoi sogni.

I sogni ad occhi aperti erano i suoi viaggi nel mondo che non esiste, dal quale con molta riluttanza si risvegliava. 

Anche di notte sognava, però i contenuti erano diversi. 

I sogni notturni Luca non riusciva a controllarli completamente. 

Partiva con le sue scene preferite, ma nel seguito la trama prendeva altri percorsi. 

Un giorno sognò di volare in un mondo meraviglioso, abitato da gente dolcissima. 

Serenità e calma accogliente erano le sensazioni che lo investivano. 

Nessuno di questi abitanti parlava, ma non serviva farlo. 

Una magia proveniente dal cuore gli suggeriva qualunque cosa a lui riferita, appena avesse rivolto lo sguardo. 

Tutti erano attenti al suo pensiero e vogliosi di trasferire il loro bene dell’anima.

Luca, in questo sogno, si muoveva con una disinvoltura incredibile. 

Gli sembrava come se fosse ritornato in un luogo dove avesse già passato tanto tempo. 

Conosceva tutti e tutti riconoscevano lui. 

Egli però, era consapevole che sarebbe tornato nel suo mondo prima o poi, allora pensò di capire e memorizzare tutto ciò che potesse successivamente essergli utile.

Volare nel mondo reale era una gran cosa!

Immediatamente, nel suo sogno ricostruì il suo paese e volò tra gli edifici intorno alla sua casa. 

Vedeva da lontano le persone che egli conosceva ed era eccitato nel pensare di farsi vedere in quello stato. 

Immaginava di entrare nei loro pensieri e sentirsi rivalutato. 

Luca voleva convincerli che un modo migliore poteva veramente esistere.

venerdì 6 giugno 2014

DANIL



DANIL

UN AMORE MAI VISSUTO




La veste di una verità rivela un’essenza che prende significato e consistenza dell’essere, comunque essa sia derivata. 

La mia verità è vestita di me ed è la regina nel mio mondo. 

Raccontando di me, riporto la mia verità, unica e inappellabile, 
poiché nessuno potrebbe abitare in me.

Guardando in alto nel cielo e perdendo il pensiero nell’infinito, 
echeggia il battito del cuore che tutto traduce a me stesso.

Lasciate che dimentichi di essere tra voi 
poiché la mia verità è sola dentro di me.

                                                              


sabato 31 maggio 2014

Parlare in una lingua straniera


 
 
ETT: Amico mio, non credi di affannarti un po’ troppo nel seguire quel tuo corso di inglese?

LUIGI: Probabilmente, questo è ciò che appare all’attenzione di molti dei miei simili. Anzi, ti dirò di più. 
Qualcuno è convinto che io abbia una fissazione per la lingua straniera.

ETT: Non è così?

LUIGI: Ett, ciò che mi muove si chiama passione!

ETT: Ecco un’altra delle vostre stranezze.
Particolari attività a qualcuno procurano fatica, ad altri generano piacere. 
È una contraddizione tipica di voi umani!

LUIGI: Questo tipo di contraddizione permette agli esseri umani di non rincorrere le stesse cose. 

Siamo oltre sette miliardi, immagina che cosa succederebbe se tutti inseguissero le stesse cose! 

Oltretutto, la passione è il miglior generatore di energia fra gli individui che tendono alla stagnazione o che si ritrovano a ripetere sempre le stesse azioni.

ETT: Infatti, io sono ancora in riflessione per cercare spiegazioni ai tuoi modi di fare proiettati nel seguire il corso di inglese.

Dimmi che cosa ti spinge ad imparare una lingua che non userai mai se non per capire qualche testo di canzone oppure per far bella figura con i tuoi ragazzi di scuola?

LUIGI: Evidentemente c’è molto di più di quanto si potrebbe rilevare attraverso una osservazione superficiale o quantomeno esterna alla psicologia dell’appassionato.

ETT: Sono pronto ad ascoltare le tue motivazioni.

LUIGI: Intanto, devo precisarti che per i nuovi docenti, conoscere una lingua straniera è già una necessità didattica, ma a presindere da questa motivazione, personalmente credo che si aggiunge qualcosa di speciale al carattere professionale di un professore. Nel mio caso, sotto forma di passione si maschera una voglia di sentirsi diverso.

Pertanto, in relazione a ciò che la passione produce, un noto proverbio umano recita: 
Chi sa dove andare anche le montagne si spostano per fargli strada”.

La passione è un cavallo furioso che sa dove andare e mentre galoppa, la convinzione sulla necessità di raggiungere la meta aumenta al crescere della velocità della corsa stessa. 
In questo contesto, la fatica è solo un intermezzo al piacere della prospettiva che attende.

La passione nasce per un voler bene a se stessi e si giustifica nel colmare un’assenza o nel riempire un vuoto insostenibile.

Si tratta di inseguire qualcosa di cui non si ha a sufficienza ma che è indispensabile a soddisfare un bisogno psicologico irrinunciabile.

ETT: Allora, nel tuo caso quale sarebbe questo bisogno?

LUIGI: Parlare usando un’altra lingua è anche un modo di uscire dal proprio mondo e, in un certo senso, è avere la possibilità di giocare con la propria esistenza.

ETT: Mi pare di capire che il tuo mondo “italiano” non ti piace?

LUIGI: Inconsapevolmente, forse è così! 
Parlando nel mio linguaggio nativo, credo che emerga nel mio animo un senso di incompletezza, di grigia consuetudine; ho la sensazione di vivere un habitat limitato in cui tutto è stato già deciso senza tener conto della mia volontà. 

In questo mondo non scelto da me, verso tutto ciò che non mi piace, racchiudendo dispiaceri, incomprensioni, cattiverie, qualsiasi altra cosa non confacente ad un animo buono.

Uscendo, quindi, da questo contesto, lascio anche ciò che mi ha fatto soffrire, mentre allo stesso modo, entro in un altro; buffo, misterioso, da vivere con lo spirito della consapevolezza e della scoperta. 

L’autodeterminazione, la razionalità, il cambiamento, la rinascita, sono i sentimenti che si muovono nel mio immaginario, verso il quale la lingua nuova crea la premessa di una fuga emotiva.

venerdì 23 maggio 2014

Gita a Praga(Fine)

LUIGI: Raccontando delle vicende di vita, è quasi impossibile non sconfinare in riflessioni sulla natura umana.

A questo punto, temo che annoierei ad insistere su tutti gli episodi accaduti durante la gita scolastica.

Allora, mi accingo a ripiegare ogni piccola emozione vissuta in un piccolo cofanetto di memoria con su scritto: 

“Viaggio di istruzione a Praga 4/8 maggio 2014”. 

Conserverò questo piccolo dono della vita in un angolo del cuore insieme con molti altri simili.

Tali tesori non avranno un valore in moneta; non daranno fama e lustro, ma saranno perle da usare a ornamento di una vita semplice di un anonimo insegnante.

ETT: Luigi, inevitabilmente ricadi nel tuo romanticismo.

LUIGI: Perdonami, ETT, ma credo di non poterlo evitare!
Probabilmente, qualcosa è rimasto bloccato o incompiuto in me.

Continuo ad emozionarmi, continuo ad avere grande fiducia nei miei ragazzi; continuo a vedere il mondo e la vita come una opportunità unica e meravigliosa.

Come posso rinunciare ad essere contaminato dal “sentimento” per qualsiasi cosa che mi succede?

Senza questa essenza, permettimi Ett, potrei chiudere in una valigia il sole, la luna, il mare, le stelle e tutto ciò che allo sguardo mi emoziona e venire con te, lasciando questa terra alla fredda indifferenza.

ETT: Continua pure ad emozionarti, Luigi! 
Vivendo con te, prima poi, renderai anche me meno extraterrestre.

LUIGI: Noi umani siamo troppo impegnati a cercare la felicità che spesso pur avendola sotto gli occhi, come i miopi, non riusciamo a scorgerla.

Chissà quante volte resto stupito dai modi di fare dei nostri animali. 

La devozione di un cane per il proprio padrone, per esempio, sarebbe stupefacente se fosse riportata nelle relazioni umane sotto il segno del rispetto e della comprensione reciproca.

Purtroppo si dice che siamo “intelligenti” e per questo motivo c’è un prezzo da pagare.

ETT: Presumete di esserlo! 
Nel mondo dei ciechi chi vede pochissimo è colui che vede meglio.

LUIGI: Certamente è così!

L’ultima mia attenzione la voglio riporre nei cuori di ognuno dei ragazzi partecipanti alla gita. 

Ti giuro, ETT, ho visto ragazzi diversi ma uguali nella bellezza della loro età. 

Ho visto semplicità, spontaneità e tanta bellezza d’animo. 

Ho visto usare parole che volevano dire altro. 

Ho ascoltato silenzi che mi raccontavano delle loro ansie e perplessità. 

Sono convinto che non può esserci cattiveria quando ci si cerca per stare insieme. 

Sento di ringraziare ognuno di loro per esserci passati attraverso il mio esistere. 

Un ringraziamento doveroso devo estenderlo ai miei due generosi colleghi. 

Per quei pochi giorni siamo stati costretti a vivere insieme, a conoscerci più a fondo e a vederci oltre quel sipario della formalità che nella vita quotidiana scolastica ci obbliga a vestire inconsapevolmente. 

Ciao ragazzi!!

lunedì 19 maggio 2014

Gita a Praga(7)

(continua dall'art. precedente)
..........................
Spostarsi in 45 e utilizzando la metropolitana, non è il modo tranquillo di condurre una visita nelle grandi città.


Praga dispone di tre linee metropolitane che coprono l’area abitativa, ognuna di queste, identificate da colori diversi, hanno punti d’accesso sotterranei a più livelli.

I ragazzi erano diventati pratici nell’individuare colori e direzioni, anzi, sembravano divertirsi un mondo nei saliscendi di quelle ripide scale mobili.

 Lo stazionamento sulle scale mobili, in una virtuale linea obliqua, era lo spunto per commentare le posture e le facce dei viaggiatori in direzione opposta.

La certezza di parlare una lingua sconosciuta, consentiva ai ragazzi più vivaci di osare pericolosi sfottò verbali ai quali i poveri residenti rispondevano con disorientati sorrisi.

In quei tre giorni di turbinio metropolitano, si sono provati anche canti corali che, come onde lunghe in un mare calmo, diffondevano lo spirito italiano. 

Questo era il clima di allegria che l’intera comitiva portava in giro.

ETT: Non ti dispiaceva, vero?

LUIGI: La fatica delle lunghe passeggiate si dimentica al piacere di vivere e condividere i problemi più banali con coloro che solitamente si “vedono” come nomi in un registro.

Nonostante noi insegnanti, ci sforziamo di “vedere” i ragazzi nella loro psicologia, ci scopriamo sempre in ritardo con le loro vere attitudini. La differenza d’anni, di esperienza e di sapere, non favorisce la nostra piena consapevolezza per il loro momento di vita. 

Travolti da voler dar il meglio di noi stessi, non curiamo abbastanza il metodo per trasmetterlo. 

Per usare una metafora, siamo come dei vinai che volendo riempire bottiglie a collo stretto, senza usare l’imbuto adeguato e senza rispettare i tempi di travaso, finiamo per far rovesciare gran parte del vino fuori dalle bottiglie. 

A conclusione del lavoro, poche bottiglie saranno piene, mentre qualcuna avrà soltanto pochi sorsi sul fondo.

I ragazzi sono nel nostro mondo ma non apparteniamo al loro. 

Sebbene comunichiamo e vogliamo il loro bene, non riusciremo mai ad entrare pienamente nei loro pensieri e interpretare la loro realtà. 

I giovani sono punti proiettati nel futuro a cui gli occhi degli adulti non possono arrivare.

ETT: La barriera generazionale rende meravigliosa la vostra umanità. Voi umani non vi rendete conto della magia dell’universo che realizza l’eternità attraverso voi.

LUIGI: Cioè?

ETT: Il vostro mondo è fatto di materia e questa, in un'altra dimensione, è semplicemente un modo rudimentale di esistere.

Il decadimento, la vecchiaia, sono segni di un divenire che l’intelligenza umana traduce in transitorietà mentre la natura attraverso la riproduzione formula l’eternità.

(continua)

domenica 18 maggio 2014

Gita a Praga(6)

Forse non tutti sanno che una gita scolastica solitamente prevede lunghe passeggiate a piedi tra vie e viottoli piene di negozietti traboccanti di souvenir. 

Una colonna di 45 persone non passa inosservata, specialmente se accompagnata da allegria o da vocii vivaci, frutto di scambi di punti di vista. 

La guida, solitamente affiancata dalla instancabile professoressa, era alla testa del serpentone che si snodava nel traffico praghese, mentre io e il collega ci accontentavamo di stare in coda.
ETT: Luigi, come al solito, sei stato il lumacone del gruppo.
LUIGI: Ti confesso che, nonostante il mio spirito giovanile, un po’ di stanchezza l’accusavo. 

Non volendo però mostrarla pubblicamente, coglievo in qualche precario sostegno l’idea della sedia e, simulando una riflessione o una pausa di ammirazione per le bellezze artistiche della città, ne approfittavo per bere il nettare del riposo. 

Il mio collega si chiedeva perché non si usassero i mezzi pubblici di trasporto, bus o metrò che fossero. 

Probabilmente, chi era in testa al gruppo aveva deciso per tutti che una sana e salutare attività fisica fosse ideale per miscelare il risparmio economico e l’abbraccio alla città di Praga.



Nel perdurare del passeggio, la mia immaginazione si soffermava su comode poltrone e rilassanti divani. 

Non ascoltavo più nemmeno il brontolio del mio collega che non aveva modo di gustarsi la sigaretta di rito. 

Niente caffè, poco cibo e poco sonno, non potevano indurre discorsi di alto contenuto scientifico. 


Cercando di dimenticare questa condizione di insoddisfazione, ci consolavamo in un umorismo di bassa leva, commentando e valutando le automobili di lusso parcheggiate come se fossero le nostre gloriose Fiat Cinquecento.


La collega di religione, abituata dai suoi lunghi pellegrinaggi, non dava nessun segno di cedimento.

Io e l’altro collega, ormai stabili in coda al serpente, cercavamo di rimanere attaccati al gruppo grazie a sguardi continui che ci legavano alla testa. 

Capitò che chiacchierando e ironizzando sulla nostra condizione di docenti accompagnatori stanchi, lo sguardo si spostò erroneamente su una persona che indossava abiti con gli stessi colori della nostra collega. 

Di lì a poco, non ci volle molto per capire che avevamo perso il gruppo.

 I tempi stretti per il rientro non ci permisero di esitare e immediatamente ci orientammo per il primo punto d’accesso alla metropolitana che ci avrebbe condotto al nostro albergo.
Sapemmo dopo che nessuna remora sopravvenne alla coscienza della collega rimasta sola alla guida del gruppo.


Si disse dopo che due docenti grandi e vaccinati non potevano perdersi in una qualunque capitale europea.

(continua)


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